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Autore: Malakia    15/12/2012    3 recensioni
Perchè i Secoli Bui erano bei tempi e perchè il nascondiglio di Pitch è proprio sotto quel letto. In un'Europa medievale al tempo della la caccia alle streghe, il Re degli Incubi vede nelle capacità misteriose di una bambina la via per il potere assoluto.
Personaggi: Pitch Black, Sandman, 2 OC. Prevedo PitchXOC se mi dovesse prendere male.
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Notanotella: ci sono dei mini-spoiler per chi non avesse letto "Nicholas Nord & la battaglia contro il Re degli Incubi".... ENJOY!



Non appena la pioggia cessò, Jack si mise in marcia.
Del villaggio erano rimasti in piedi soltanto i camini di pietra e le mura annerite della cattedrale che s'ergevano minacciose su quella distesa di legna carbonizzata. Sbocconcellando il tozzo di pane raffermo che spettava a Sybil, non senza sentirsi un pò in colpa, Jack dette le spalle al luogo che era sempre stato la sua casa e s'addentrò nel fitto della foresta.
Conosceva un sentiero utilizzato dai pastori che l'avrebbe condotto al paese vicino, dove ogni anno si recava con la nonna e la zia per vendere il latte e le granaglie al mercato. Non conosceva nessuno di quelle parti ad eccezione di un garzone di bottega che di tanto in tanto faceva consegne in giro per la campagna sul dorso di un macilento asino. Una volta arrivato sarebbe andato da lui, chiedendo ospitalità in nome della loro amicizia e delle sua situazione assolutamente disperata.
Non gli avrebbe parlato dell'Uomo Nero, sarebbe servito soltanto a peggiorare le cose. Se manteneva un buon passo e non si fermava troppo a lungo per riposare, sarebbe arrivato a metà pomeriggio. Non poteva permettersi ritardi, la sola cosa che contava era trovare un vero letto prima del calar delle tenebre.
Il sole faceva capolino tra le nuvole ancora gonfie di pioggia e i suoi raggi dorati gli riportarono alla mente la strana visita di poche ore prima. Aveva sentito parlare di un folletto che vegliava sui sogni degli uomini servendosi di una polvere magica. Alcuni dicevano che nei vortici della sua sabbia era possibile scrutare il futuro, se si sapevano interpretare correttamente i segni… ma il futuro che Jack aveva visto per sua sorella non gli piaceva affatto.
Si sforzò di accelerare l’andatura nonostante il sentiero si facesse sempre più ripido, i pensieri che indugiavano tristemente sulle ultime parole che aveva scambiato con Sybil.
La lanterna gli pendeva al fianco legata alla cintura e il ramo di frassino che aveva raccolto appena entrato nella boscaglia gli servì da appoggio per superare anche l’ultimo, pericoloso tratto della salita.
 
Sybil vagava in silenzio per le enormi e cupe sale del reame dell’Uomo Nero. Lui l’aveva lasciata libera di esplorare a patto che non toccasse niente e con il categorico divieto di scendere ai piani inferiori dove “orrori inimmaginabili”, queste le parole testuali, non avrebbero esitato un attimo a trasformarla in una di loro.
Gli zoccoli di sabbia di Tremilioni battevano ritmicamente sulle lastre di pietra mentre l’incubo seguiva docilmente la bambina.
- Ho fame. – brontolò ad un certo punto, sedendosi sull’ultimo scalino di uno dei tanti ponti sospesi che davano a quell’abisso l’aria decadente e al tempo stesso magnifica di una città come Venezia. Non che Sybil l’avesse mai vista, Venezia. Questo sia chiaro.
Tremilioni scrollò la criniera sfilacciata e nitrì con quella che a Sybil suonò come approvazione – Anche tu, mh? Mangi fieno come gli altri cavalli? –
L’incubo sembrò offeso.
- D’accordo… allora, cosa mangi? -
Tremilioni chinò il muso fino a che questo non si trovò alla stessa altezza degli occhi di Sybil che, intimorita, indietreggiò. Nelle orbite vuote e nelle fauci della creatura, brillava una palpitante sabbia dorata.
- Cos’è questa roba? – chiese, e per tutta risposta il cavallo lasciò scivolare un po’ di polvere luminosa sulle sue dita. Sybil la osservò attentamente, avvertendo un leggero pizzicore sulla pelle e al contempo un calore ipnotico stringerle il cuore. Improvvisamente sentì le palpebre farsi pesanti e senza chiedersi il perché di quell’improvvisa sonnolenza si raggomitolò sugli scalini in una posizione tutt’altro che comoda e crollò addormentata sotto lo sguardo affamato della creatura.
Pitch osservava la scena nascosto nell’ombra di una delle gabbie sospese, le gambe accavallate sotto il lungo abito e un calice d’argento incastonato di gemme nere come l’inchiostro nella mano destra. Sorseggiando distrattamente uno dei migliori istanti d’orrore che avesse mai ispirato (e che conservava imbottigliato con estrema cura per le occasioni speciali) guardò la sabbia dorata spruzzata sulla veste della bambina volteggiare sopra la sua testa fino ad assumere la forma di uno stentato bel sogno.
Così in profondità la sabbia dorata di quel piantagrane di Sanderson non poteva arrivare e perciò la piccolina avrebbe dovuto accontentarsi di quella offertale dal foraggio dei suoi incubi. Era sabbia d’oro, certo, ma ogni cento granelli di sogni lieti lui ne aveva infilato uno nero come la pece. Andando avanti così e aumentando poco a poco le dosi, Sybil avrebbe iniziato a considerare bei sogni quelli che per ogni altro essere umano sarebbero stati incubi orrendi. Invece di svegliarsi di soprassalto madida di sudore, lo avrebbe fatto col sorriso soddisfatto di chi ha appena assaporato l’ebbrezza di una folle cavalcata nella notte.
Una sensazione che lui conosceva fin troppo bene ma che nessun’altro, o almeno nessuno sano di mente, avrebbe desiderato condividere. Una sensazione di potere e libertà così grandi che persino i più ambiziosi e spietati tra gli uomini avrebbero faticato a comprendere.
Trangugiò anche le ultime gocce di paura gettando svogliatamente il calice giù nell’abisso. Niente di tutto ciò che sprofondava in quelle tenebre era perduto per sempre, non per lui.
Sgusciando da un’ombra all’altra Pitch raggiunse la scalinata dove Sybil stava dormendo serena come se si trovasse ancora al caldo nel suo lettino, completamente ignara dello scalpitare sempre più affamato di Tremilioni.
L’Uomo Nero ammonì l’incubo con un gesto e si chinò sulla bambina. Quanti marmocchi aveva visto rigirarsi nel sonno con quell’espressione di felicità inebetita lasciata sui loro volti dai sogni di Sanderson? Quante volte si era divertito a sgretolare tra le dita le figurine danzanti e a plasmarle in nuove, tenebrose forme?
L’istinto gli imponeva di farlo anche adesso. Era costretto a serrare i pugni e a far appello a tutto il suo autocontrollo per non avventarsi sugli scintillanti ed innocenti viaggi onirici della bambina.
Ci sarebbero voluti degli anni per addestrarla a dovere, per modellarla come sabbia a suo piacimento, ma il tempo era la sola cosa che non gli mancava. La pazienza invece… ah, quella sì che era sempre stata il suo tallone d’achille.
Voleva sempre tutto e subito ed esigeva nientemeno che la perfezione. Del resto era un Re, anche se autoproclamato, e come tutti i sovrani era ambizioso quanto incontentabile.
Ricacciando indietro Tremilioni che aveva nuovamente osato avvicinarsi, Pitch prese tra le braccia la bambina precipitandosi verso la superficie, al piano più alto della sua torre sotterranea. Era un posto che odiava, perché la luce dell’esterno penetrava attraverso le aperture nella volta, ma neanche lui poteva fare a meno di quei fastidiosi spifferi. Senza quelle finestre le sue orde di incubi non avrebbero potuto riversarsi nel cielo ogni notte, senza quegli accessi lui sarebbe stato sepolto e dimenticato come una cosa morta.
Era già successo in passato, lo ricordava indistintamente ma con profondo orrore. Un orrore che doveva assolutamente controllare se non voleva che i suoi scattanti destrieri di sabbia lo spolpassero sino alle ossa. La prigionia, l’immobilità, il silenzio… queste erano le sue più grandi paure. Era stato prigioniero per secoli, forse millenni con una scheggia di cristallo conficcata nel cuore e gli occhi sbarrati, fissi nel vuoto.
Sybil si agitò nel sonno, distogliendolo ancora una volta dai suoi pensieri. Gli arcobaleni e la festa pastorale che animavano il teatrino di sabbia sopra la sua testa si stavano progressivamente tingendo di nero. Nubi di tempesta oscuravano il cielo e le case prendevano fuoco…
Scosso, Pitch la lasciò cadere di peso attutendo la caduta con un velo di sabbia nera appena prima che la poveretta finisse faccia a terra sul pavimento di pietra.
No, decisamente non ci sapeva fare con i bambini né tantomeno era in grado di tenere a bada i suoi oscuri pensieri. Con apprensione, guardò i sogni di Sybil tornare poco a poco splendenti e il sorriso lampeggiare di nuovo sul suo volto.
Com’era accaduto la prima volta che Sybil l’aveva toccato, anche adesso uno squarcio di cielo azzurro si aprì nel nero della sua memoria ma l’unico risultato fu una spiacevole emicrania che il Re degli Incubi si sarebbe portato appresso per tutta la giornata senza intuirne neanche lontanamente la causa.
Gli incubi non si avventuravano mai sino ai piani alti durante il giorno, perciò non rischiava di trovare Tremilioni e i suoi amichetti intenti a banchettare con i sogni della bambina mentre lui era assente. Massaggiandosi le tempie con disapprovazione, Pitch uscì dalla sua tana correndo di ombra in ombra fino a raggiungere la protezione offerta dagli alberi secolari.
Con un gesto, fece materializzare il suo bastone da passeggio decorato di acchiappasogni e si calò il cappuccio nero sulla fronte, addentrandosi nel fitto della foresta.
  
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