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Autore: Melanyholland    11/07/2004    6 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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9. Reflection in the Mirror

Il sole era alto in cielo, la gelida nebbia del primo mattino andava dissolvendosi. Le strade ormai pullulavano di automobili, si udivano i rombi dei motori e qualche clacson occasionale; sui marciapiedi la gente avanzava in varie direzioni, con buste, borse e valigiette, seduti ai tavolini dei bar i ragazzi si godevano il loro unico giorno di riposo prima di tornare dietro le grigie mura degli edifici scolastici. Un ragazzo e un bambino erano seduti proprio ad uno di questi tavoli, confusi tra la folla e il chiacchiericcio, ma al contrario degli altri non sorridevano spensierati, né parlavano fra di loro: osservavano attenti il condominio che si trovava dall’altra parte della strada. Heiji fece un grosso sbadiglio e si lasciò andare scompostamente sulla sedia: "Cavolo, sono già le nove...se avessi saputo che sarebbe andata così non mi sarei mai alzato all’alba..." Borbottò, visibilmente annoiato. Conan gli lanciò un’occhiata in tralice, infastidito: "Tu eh? Ti faccio presente che sei arrivato all’appuntamento con mezz’ora di ritardo!". Heiji sbuffò, indeciso se ricordargli o no che erano lì per lui e dirgli che avrebbe dovuto ringraziarlo per il suo aiuto, poi decise che per irritarlo c’era un metodo molto più divertente e meno meschino: "Io mi sono alzato in tempo, non è stata colpa mia, ti ho già detto che ho dovuto sviare i sospetti di Ran. Dovresti essermi grato, piccolo Conan kun!" gli sorrise maligno e gli arruffò i capelli, Conan scacciò con rabbia la sua mano dalla testa: "Oh già, e ci hai messo mezz’ora a convincerla? Ma fammi il favore!! Secondo me è successo qualcos’altro che non vuoi che io sappia. Te l’ho letto in faccia quando sei arrivato..." bisbigliò, scrutandolo da capo a piedi. Heiji non smise di sorridere: gli aveva tenuto nascosto la faccenda della conversazione con Ran preoccupato per la sua reazione, ma tutto sommato infastidirlo era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti; cogliere i punti deboli del signor Perfettini e prenderlo in giro era divertente, perfino i genitori di Kudo erano contenti di stuzzicarlo, ogni tanto. Perché lui dunque doveva essere da meno? Spostò lo sguardo sull’edificio e rispose con noncuranza: "Hai colto nel segno Kudo, ancora una volta però non è stata colpa mia, ma della tua ragazza." Conan sobbalzò, si sporse verso di lui per quanto la sua statura glielo permettesse e domandò incuriosito: "Che vuoi dire? Che è successo?" Nella sua voce Heiji colse una punta quasi impercettibile di gelosia. "No niente...come mai Mori ci mette tanto?" Chiese distrattamente, e come previsto Conan si accalorò: "Non lo so, ma cosa intendevi? Perché Ran ti ha fatto perdere tempo? Che avete fatto?" lo guardò dritto in faccia ma lui non fece una piega: si limitò a scrollare le spalle. Conan sbuffò contrariato: da quanto aveva capito per gli standard femminili Heiji Hattori era considerato un bel ragazzo, e il fatto che avesse passato il tempo con Ran non lo rendeva affatto felice. Gli tornò in mente lo sguardo che la ragazza gli aveva lanciato la prima volta che l’avevano visto, mentre indagava sul caso del diplomatico...era lo stesso che spesso aveva rivolto a lui quando esponeva le sue deduzioni. Sentì qualcosa di simile alla rabbia crescergli in corpo, a cui non sapeva dare nome: "Smettila di fare l’idiota e dimmi cos’è successo, Hattori!" disse a voce un po’ più alta, stavolta il detective dell’ovest percepì chiaramente la gelosia; era riuscito nel suo intento, ma prima di piantarla voleva divertirsi ancora un po’: "Okay...ha insistito perché prendessi il tè con lei. Soddisfatto?" Conan sentì in cuor suo una punta di risentimento verso Ran.

Ah è così prima piange disperata perché io non ci sono e poi prende tranquillamente il tè con un altro? Le donne non si accontentano mai che ci troveranno poi in questo coso secondo me non ha il minimo fascino e non è neanche questa gran bellezza se proprio vogliamo essere sinceri il tè ma si può essere più volubili e ha anche insistito che roba non posso crederci...

Fortunatamente era troppo innamorato di lei per arrivare a odiarla; non avrebbe avuto scrupoli però con il ragazzo che gli stava davanti gongolante: "TU HAI PRESO TRANQUILLAMENTE IL TE’ INSIEME A RAN MENTRE LA MIA VITA E’ SULL’ORLO DELLA CATASTROFE?" Gridò infuriato, portando istintivamente la mano destra verso il polso sinistro; quasi tutti i ragazzi seduti intorno a loro si voltarono, una cameriera graziosa con lunghi capelli neri si avvicinò e chiese con un sorriso di circostanza: "Va tutto bene qui? Hai litigato con tuo fratello, piccolo?" Conan sbuffò e incrociò le braccia: "Non è mio fratello, non sono imparentato con quello là, per fortuna..." bofonchiò, lei lo guardò perplessa e poi spostò lo sguardo su Heiji, che scosse la testa con un’aria da *lasci perdere è un bambino* . La cameriera rimase immobile per un attimo, poi annuì e si allontanò. Heiji guardò Conan e notando il suo aspetto truce decise che era meglio smetterla prima che gli saltasse addosso desideroso del suo sangue. Gli sorrise benevolo: "Calmati Kudo...Se Mouri mi ha fermato è stato solo perché voleva parlassimo di te." Disse con voce calma, il piccolo detective lo guardò e quando parlò di nuovo i sentimenti di rabbia e gelosia erano scomparsi completamente, lasciando il posto a semplice curiosità: "Sul serio? E...cosa vi siete detti?" domandò, sentendosi un po’ in colpa per aver pensato male di Ran. Heiji si rimise composto: "Voleva sapere se tu parli mai di lei mentre siamo insieme." Conan arrossì di colpo e lo tempestò di domande su cosa esattamente le avesse risposto; il fatto che Ran avesse chiesto di lui gli dava una strana sensazione, era...emozione, sì, sicuramente, ma c’era anche dell’altro...qualcosa che gli aveva fatto battere forte il cuore e contrarre lo stomaco in modo piacevole...sorrise pensando che se qualche anno prima gli avessero detto che avrebbe provato una cosa simile per la sua amica d’infanzia, la bambina con cui era cresciuto, che da piccola non faceva altro che stargli appiccicata tutto il giorno assillandolo per giocare con lei e poi piangeva battendo i piedi ogni volta che lui proponeva una partita a calcio o il gioco guardie e ladri (tuttora non riusciva a capire dove fosse il problema, sarebbe potuto essere molto divertente) , probabilmente gli sarebbe scoppiato a ridere in faccia. Adesso invece, era lì che sudava freddo desideroso di sapere subito cosa si erano detti, incurante del fatto che il suo atteggiamento insistente era davvero infantile e che Hattori sembrava essere davvero divertito da tutto ciò; aveva come l’impressione che Heiji stesse giocando con lui fin dall’inizio, che l’equivoco iniziale non fosse stato del tutto casuale e che il detective del Kansai avesse manovrato ogni cosa per ammazzare la noia per la quale prima si era lamentato. La cosa non gli piaceva affatto, e benché adesso avesse affari più importanti di cui occuparsi, promise a se stesso di fargliela pagare cara in un futuro prossimo... Heiji, ignaro dei pensieri alquanto ostili che il bambino di fronte a lui stava creando nella sua testolina, sorrise tranquillo: "Le ho detto di sì, ma non ho specificato niente. Non sapevo se tu volevi o no che le rivelassi tutto e ho preferito tenere la bocca chiusa, e per non metterti nei guai con lei le ho confessato che non me la sentivo di parlargliene." Affermò con semplicità, tenendo lo sguardo fisso sul condominio. Conan rimase colpito e si ritrovò a riflettere sul perché tutti pensassero che si confidava con Hattori, poi dovette ammettere suo malgrado che in effetti era quello che faceva, nonostante lui fosse così molesto, alle volte. Si accorse che si fidava di Heiji Hattori, semplicemente, perché era una persona su cui poter contare e un amico eccezionale. Si rese conto inoltre che era sempre pronto a sentire i suoi problemi, ma allo stesso tempo non gli confidava mai i suoi e non gli chiedeva mai aiuto per niente, quasi non volesse sovraccaricarlo con le proprie frustrazioni. Era l’unico dei suoi amici che non si era mai veramente aperto con lui, perfino Ai Haibara, per quanto i suoi atteggiamenti fossero freddi e indifferenti, una volta aveva chiesto il suo sostegno. Eppure non poteva essere il ragazzo più felice della terra...infatti non solo l’indifferenza ma anche l’allegria può essere una maschera....Aprì la bocca per dirgli qualcosa ma Heiji fu più veloce e gli chiese: "Tu però non mi hai ancora detto perché ieri eri così triste..." ancora non lo guardava. Conan sussultò e abbassò lo sguardo, poi sorrise malinconico e rispose con voce flebile: "Ecco...è difficile da spiegare...Ran, ieri mattina...dopo che l’ho salvata...cioè dopo che Conan l’ha salvata....ha detto fra le lacrime di odiarmi. Di odiarmi come Shinichi intendo..." Rise, per nulla divertito: "E’ buffo, sai, perché ha sostenuto di essere stata abbandonata da me...e dire che io la vedo tutti i santi giorni fino alla nausea..." Heiji si voltò verso di lui, percependo il suo dolore e sussurrò cercando di risollevarlo: "Però mi sembra che dopo la conversazione con Kazuha le cose siano migliorate...e lei vuole vederti, no? Dai, magari è stato solo uno sfogo lì per lì, niente di serio..." Conan si strinse nelle spalle: "Può darsi...ma la cosa che mi fa stare male non è questo...è che..." sospirò "Mi ha fatto riflettere. Su come sono io...mi ha definito un insensibile, una persona terribile. E io mi chiedo se non abbia ragione..." Heiji gli diede un colpetto sulla testa: "Ma piantala...ecco, quando fai così diventi proprio odioso...Non dire scemenze..." sibilò con gli occhi a fessura di nuovo voltati verso l’edificio. Stettero in silenzio per qualche minuto, mentre attorno a loro il chiacchiericcio continuava. Conan si lasciò andare sullo schienale della sedia, speranzoso sul fatto che dire tutte le cose che lo opprimevano potesse farlo sentire un po’ meglio. Solo un pochino, non chiedeva altro: "Io ero felice che lei soffrisse, Hattori." Disse scandendo le parole, lui si voltò e guardandolo in faccia notò un’espressione che non gli aveva mai visto prima, inquietante, quasi sinistra...che lo fece sussultare. Conan si accorse della sua reazione e sorrise, poi si voltò verso il condominio, senza fare una piega nemmeno quando lui parlò: "Cosa vuoi dire?" Conan scosse lentamente la testa, Heiji stava per ribattere qualcosa quando il piccolo detective si alzò in piedi: "Eccolo, sta uscendo..." disse, riacquistando determinazione e freddezza. Lasciarono i soldi dei due caffè che avevano finito di bere un’ora prima e si avviarono, uno seguendo il giornalista e l’altro attraversando la strada verso l’edificio.

La luce che penetrava dalle grandi finestre dell’agenzia investigativa illuminava sicura tutti i mobili e gli oggetti, riflessa occasionalmente dai pochi specchi dalla casa; davanti ad uno di essi stava seduta Ran, le gambe accavallate e le braccia conserte, mentre i lunghi capelli bruni erano tirati su disordinatamente e tenuti da qualche forcina colorata. Guardò rassegnata la sua stessa immagine e sospirò, chinando leggermente il capo, intanto qualche ciocca si liberava dall’opprimente giogo e si riversava sul suo volto e sulla schiena. Dietro di lei comparve Kazuha con i capelli raccolti nella sua solita coda di cavallo, il volto sudato e raggiante: teneva in mano un oggetto oblungo, di metallo, formato da due parti che si aprivano manualmente e da un lungo filo nero, inghiottito dalla presa di corrente vicino al lavandino: "Ecco, un po’ di pazienza e avrai dei capelli magnifici, Ran chan!" esordì, lei sospirò incredula, chiedendosi come aveva fatto a permetterle di conciarla in quel modo

Sono la sua Barbie...mi ha scelto il vestitino e le scarpette e adesso mi pettina poi mi manda all’appuntamento con Ken...

Soffocò una risata e scrollando il capo altre ciocche sfuggirono alle forcine; Kazuha la guardò perplessa, aggrottando le sopracciglia, poi si strinse nelle spalle e prese fra le mani un ciuffo di capelli bruni, lo fece sparire fra le due parti della piastra e lo riscoprì caldo e morbido. Dopo aver ripetuto un paio di volte quest’azione, lo lasciò e ricominciò con un altro: "Senti un po’, Ran chan... ti sei alzata molto presto stamattina, vero?" Chiese dopo qualche minuto. La ragazza assentì, guardando l’amica del Kansai attraverso lo specchio: "Beh, allora...sai mica dove è andato Heiji?" domandò con falsa disinvoltura, ma Ran sentì la sua mano stringere più forte i propri capelli e capì che doveva essere a disagio: "Oh, sì...ha detto di voler fare una passeggiata per schiarirsi le idee, se non sbaglio...per cui dovrebbe essere di ritorno a momenti." concluse in tono incoraggiante, tuttavia l’attenzione di Kazuha si era focalizzata su un altro punto: "Ha detto..." sussurrò lentamente, stringendo ancora di più sia la piastra che i capelli: "...perciò ci hai parlato..." Ran sentì un brivido percorrerle la schiena e una strana sensazione di freddo alle sue spalle: "Sì...ecco...stamattina si è svegliato molto presto anche lui e così abbiamo fatto colazione insieme e allora..." balbettò sorridendo, Kazuha lasciò andare i suoi capelli e la guardò dall’alto in basso, attraverso lo specchio: "Così hai fatto colazione con Heiji...dev’essere stato bello, voi due soli..." sibilò, guardandola torva. Ran si voltò agitata: "Ma no! Cosa dici? Hai frainteso...ho fatto troppo tè e così l’ho invitato a berlo insieme.." si accorse del suo errore madornale solo quando aveva finito di parlare. Kazuha lasciò andare la piastra con violenza e quella sbatté sulla superficie di marmo: "Ah, l’hai invitato a berlo insieme..! Non ti basta solo Kudo, è così?" gridò, lei si alzò in piedi e furono alla stessa altezza: "Ti sbagli, siccome Hattori è amico di Shinichi volevo che lui mi dicesse una cosa. Non ho minimamente pensato a...e se avessi saputo che ti dava fastidio..." Cercò di dire ma Kazuha la interruppe: "Certo, come potevi immaginarlo? È una cosa così poco ovvia..." il suo tono risentito e di accusa colpirono profondamente Ran: in effetti avrebbe dovuto saperlo, ma non aveva avuto assolutamente cattive intenzioni...non le era passato per la mente che la potesse far infuriare in quel modo e lei non aveva il diritto di accusarla così. Aprì la bocca per ribattere quando Kogoro entrò nel bagno, protestando per le loro urla e guardandole entrambe infastidito; sembrava essersi alzato da poco: i capelli erano scompigliati, piccoli peli ispidi spuntavano sul mento e sulle mascelle, la camicia era stropicciata e non del tutto infilata nei pantaloni. Il suo sguardo si soffermò sulla figlia e vedendola combinata in quel modo balbettò perplesso: "Che diavolo...Ran, ma che ti sei fatta in testa...cosa state..." Prima che riuscisse a terminare la frase Kazuha lo superò e disse a voce alta e senza guardare in faccia nessuno: "Oh, indovini, Mouri san...sua figlia si stava facendo bella perché stasera ha un appuntamento galante con Kudo kun!" rivelò acida e scomparve nel corridoio. Kogoro guardò truce Ran, che arrossì di colpo e chinò la testa: "Che cosa!?" la investì: "Hai un appuntamento con quel ragazzino che si atteggia sempre a detective..? Ma non era andato via dalle scatole per sempre? E per di più ti sei conciata...in quel modo...per lui..." sembrava non riuscire a credere alle sue stesse parole, Ran si vergognò come mai nella sua vita, non riuscendo a pronunciare una sola parola mentre il rossore le si arrampicava dal collo fino alle guance: "Levati subito quella roba dai capelli e quella minigonna..." guardò allibito le gambe nude della sua bambina, poi alzò lo sguardo verso la sua pancia altrettanto scoperta: "...e quella maglietta oscena." Ordinò in tono perentorio, Ran annuì senza alzare la testa, tenendo i pugni stretti e congiunti davanti alle gambe, sentendosi tremendamente stupida ad essersi conciata in quel modo e provando un moto di odio verso Kazuha, che probabilmente era dietro l’angolo a ridere beata per il suo scherzetto. Kogoro era diventato paonazzo e la scrutava con occhi inquisitori: "Tu prova ad uscire in quel modo ed io ti segrego in camera finché sarò vivo! Quel ragazzo...non mi è mai stato particolarmente simpatico e adesso meno che mai...non mi fido di lui, se ti vede vestita così potrebbe cercare di..." la voce gli morì in gola e scosse la testa; Ran diventò ancora più scarlatta quando capì cosa intendeva il padre e alzò un poco la testa "Ma papà!!" gridò con voce acuta. Lui la guardò con gli occhi fiammeggianti e lei si affrettò a chinare di nuovo il capo: "Niente ma!!" urlò, credendo che si riferisse a quello che aveva detto prima: "Tu stasera non vai da nessuna parte, così la prossima volta ci penserai due volte a scegliere i vestiti da metterti." Concluse e fece per avviarsi all’uscita, ma Ran lo bloccò per un braccio: "No papà! Ti prego, devo andare, è importante...devo vedere Shinichi! Vado vestita come vuoi tu e non metterò più questa roba, lo prometto, ma per favore non farmi questo!" lo fissò implorante, Kogoro guardò il luccichio dei suoi occhi e per un attimo l’espressione severa vacillò, ma si ricompose quasi subito: "No, ho detto. Lo faccio per il tuo bene. Non vorrei ritrovarti con un...sei tu una bambina ancora, Santo Cielo!" la voce gli tremò, poi aggiunse fermo: "La questione è chiusa." con un tono che non lasciava speranze, Ran lo superò con uno strattone e si chiuse a chiave nella sua stanza: "Ti odio! Tu non capisci..." gridò con voce rotta e il padre capì che stava piangendo: "Tanto esco lo stesso!! Stasera sarai così ubriaco che non te ne renderai nemmeno conto! Ci scommetto...non mi sorprende che la mamma ti abbia lasciato, sei un mostro!" urlò, piangendo disperata e sentendosi in colpa per quelle parole subito dopo averle pronunciate. Kogoro sospirò, sentendo un grave peso sul cuore e avviandosi lentamente verso la scrivania del suo ufficio: ogni suo singhiozzo era un colpo secco e doloroso per lui. A sconvolgerlo non erano state le parole in sé, ma l’odio con cui la figlia le aveva pronunciate: possibile che quella fosse la stessa voce che la sera gli dava la buonanotte, o che anni prima lo pregava di prenderla sulle spalle? Possibile che a parlare fossero state le stesse labbra che occasionalmente gli schioccavano un bacio sulla guancia o sulla fronte? Possibile che quella ragazza abbigliata in quel modo fosse la stessa bambina che, abbracciando l’orsacchiotto, piangeva disperata per aver fatto un brutto sogno e si accoccolava fra le sue braccia finché non si riaddormentava? Si sedette alla scrivania e si lasciò andare stancamente sulla sedia; guardò le lattine vuote di birra che erano sparse qua e là per lo studio, chiedendosi se avesse ragione e se tutto sommato non fosse stato granché come padre; in fondo era Ran che si occupava di lui e non il contrario, preparandogli i pasti, pulendo la casa e facendogli mille raccomandazioni quando usciva, di non bere, di non giocare d’azzardo, di non fumare...sospirò, domandandosi se fosse stato meglio affidare subito la bambina ad Eri, quando se ne era andata...e se non fosse troppo tardi rimediare. Guardò il telefono sulla scrivania e si lasciò andare ad un nuovo sospiro, mentre nel silenzio della casa udiva il singhiozzare disperato di sua figlia.

Aprì gli occhi e, con la vista ancora un po’ appannata, si guardò intorno sbadigliando: la stanza era completamente inondata di luce, davanti a lei scorrevano le immagini di un buffo Screen - Saver creato dal professore e alle sue spalle sentiva strani tintinnii e qualche occasionale esplosione: era stata proprio una di quelle a svegliarla. Sospirò rassegnata, si rimise in posizione eretta e sentì un fastidioso dolore che gli percorse la schiena fino al collo, mentre non poche ossa scricchiolarono in modo preoccupante. Pensò irritata che probabilmente avrebbe avuto quei dolori tutto il giorno e l’idea non le piaceva affatto; tutta colpa di Kudo e della sua fidanzata...Ai si stiracchiò e solo quando le scivolò dalle spalle si accorse della coperta di lana; la prese in mano e la ripiegò con un gesto quasi meccanico, prendendo nota a mente di ringraziare il professore per averla coperta, poi diede un colpetto al mouse e il documento word riapparve, procurandogli una fitta alla testa al primo sguardo: eccolo, l’odioso antidoto per il quale era stata sveglia fino a notte inoltrata, incurante della stanchezza e dell’emicrania galoppante; eccolo, il motivo per il quale Kudo era andato a trovarla la sera prima, il motivo per il quale ancora la voleva accanto e non l’aveva cacciata via e abbandonata a se stessa. Ora lei gliel’avrebbe preparato, lui l’avrebbe preso e sarebbe corso fra le braccia di Ran Mouri, e insieme avrebbero passato una serata indimenticabile...loro due....Diede l’ordine di stampa e stette ad aspettare che tutte le pagine fossero pronte; in quel mentre il professor Agasa entrò nella stanza, reggendo con una presina imbottita un bricco di caffè e una piccola tazzina di ceramica lucida: aveva i capelli scompigliati, i baffi e il camice intrisi di fuliggine scura: "Oh, Ai, ti sei svegliata!" esordì in tono paterno: "Come stai stamattina?" la bambina si voltò stancamente verso di lui, guardandolo con i suoi occhi ibernali: "Bene, grazie...solo un po’ indolenzita..." scrollò le spalle e si girò appena in tempo per afferrare il foglio che la stampante aveva appena sputato. Il professore le si avvicinò: "Ti ho preparato il caffè, mi raccomando, bevilo adesso che è ancora caldo...avrai sentito freddo stanotte, hai dormito qui..." aggiunse in tono preoccupato, Ai sorrise gelida, annuendo e lanciando occhiate alla coperta ripiegata e al dottore; lui se ne avvide e chiese meditabondo: "Hey, ma quella non è la coperta che avevo dato a Shinichi per la notte?" Ai si voltò in fretta verso di lui lasciando che il foglio che aveva in mano si stropicciasse: "Cosa? Vuole dire che non è stato lei a..." si interruppe e riassunse la sua aria indifferente, il professore la guardò interrogativamente ma lei si limitò a scuotere la testa, continuando a fissare la stampante: "Potrebbe lasciarmi il laboratorio, professore? Appena ho finito qui vorrei iniziare a lavorare concretamente." Disse in tono etereo, l’uomo annuì, lasciò il bricco e la tazzina sulla scrivania e uscì dalla stanza. Ai rimase immobile a osservare i fogli scritti e freschi di stampa che si accumulavano davanti a lei; così non era stato il professore a coprirla ma Kudo stesso, prima di uscire...percepì uno strano calore all’altezza del petto e prima di rendersene conto sentì la stessa sensazione sulle guance; fuori il vento scuoteva le fronde degli alberi e udiva lo stormire delle foglie, così acquietante e naturale...non come l’artificiosa sostanza che aveva creato e che aveva sconvolto l’equilibrio più sacro che esiste: il tempo. Con il suo composto era riuscita ad ingannarlo e distruggerlo, a dare una falsa illusione dello scorrere degli anni, privando se stessa e tutti coloro che l’avevano preso di una vita vera, e donandogli in cambio quella scadente imitazione dell’esistenza, in cui non a lungo si può perdere la coscienza di sé, è vero, eppure accade: l’aveva osservato e percepito in quel ragazzo, che pian piano stava diventando sempre più Conan e sempre meno Shinichi...realizzare l’antidoto per quel crimine, facile a dirsi...estremamente complicato nella realtà; perché le conseguenze di quel composto erano molto più di quello che si poteva vedere, e le ferite che aveva provocato non sarebbero guarite così facilmente...non era in grado di realizzare un vero antidoto al composto perché in effetti era impossibile...non arrivati a questo punto. E quando finalmente Shinichi Kudo sarebbe tornato se stesso, se ne sarebbe accorto anche lui, a malincuore sì, e all’inizio non sarebbe riuscito ad accettarlo forse, ma prima o poi l’avrebbe capito. E ne avrebbe sofferto. Sospirò e prese gli ultimi fogli sputati dalla stampante, riempì la tazzina di caffè nero e si avviò verso la porta della stanza, a passi lenti e strascicati.

Conan si diresse verso il portone dell’edificio, chiedendosi cosa poteva escogitare per farsi aprire; importunare un’altra coppia di sposini forse? Non era una buona idea, era mattina e non più oppresse dal sonno le persone (in particolare le donne, penso fra sé con un sorrisetto) diventano piuttosto curiose e invadenti riguardo a certe cose. Fortunatamente riuscì ad evitare di spremersi le meningi: una signora piuttosto bella, alta e slanciata, che indossava un paio di jeans sotto un cappotto cremisi aprì il portone e lasciò passare due bambini, all’incirca della stessa età apparente di Conan. Quest’ultimo sorrise, lanciò un educato buon giorno al trio e si avviò verso l’ascensore. Mentre saliva, sbuffò seccato e un tantino irritato: perché diavolo doveva essere lui a perquisire la casa del giornalista? Sarebbe stato più giusto che lo facesse Hattori, mentre lui avrebbe pedinato l’uomo. In fondo era il suo caso! Perché doveva sorbirsi il compito più noioso?! Aggrottò la fronte ripensando alle parole del detective dell’ovest: ‘No, Kudo, è meglio che sia io a seguirlo; lui non mi conosce e quindi ci sono meno probabilità che si accorga di essere osservato.’ Sbuffò indispettito; si riteneva un detective abbastanza bravo da riuscire a pedinare una persona senza farsi scoprire. Quel genere di cose erano l’ABC dell’investigazione! Si voltò verso lo specchio dell’ascensore e attraverso la superficie leggermente sporca e piena di impronte riconobbe la sua immagine riflessa; dopo quella sera al Tropical Land, guardarsi allo specchio gli faceva sempre uno strano effetto, sentiva come un brivido lungo la schiena e un capogiro. Sbatté le palpebre, riconobbe i suoi occhi azzurri, resi lievemente più grandi dalle lenti degli occhiali, i suoi capelli bruni, le ciocche della frangia che non volevano mai stare in ordine e finivano sempre per aria, per quanto li pettinasse... tutto di quel riflesso apparteneva a lui, eppure nell’insieme l’immagine riflessa non gli apparteneva. Era quasi un paradosso. Aggrottò la fronte corrucciato: da quanto tempo era che non vedeva più il suo vero aspetto? Il ricordo di se stesso stava lentamente sfumando nella sua mente, tutto della sua vita adulta si stava allontanando dalle sue percezioni. Ora come ora gli sarebbe sembrato stranissimo alzarsi la mattina e non sentire il profumo della colazione preparata da Ran, una cosa assurda risolvere un caso e non addormentare Kogoro per spiegarlo con la sua voce, una cosa impensabile andare a scuola senza essere circondato da persone in uno stato di completa ammirazione mentre risolveva senza problemi una divisione a TRE cifre...sì, tutto questo faceva parte della sua vita, mentre le altre cose erano così...lontane, quasi come se fossero state frutto di un sogno. Non riusciva a pensare di dover frequentare nel tempo libero altri se non Ayumi, Genta e Mitsuhiko, non riusciva a credere di dover stare più di qualche ora lontano dalla sua Ran neechan... e il pensiero di tutto questo lo spaventava. Lui non era Conan Edogawa, per quanto adesso fosse costretto a recitare quella parte...lui era Shinichi Kudo, il liceale detective, non una specie di bambino prodigio troppo intelligente per la sua età. Eppure adesso quella vita gli sembrava più familiare, essere chiamato Conan kun era gli pareva una cosa normale - e più giusta, pensò con orrore - e perfino i suoi atteggiamenti non erano più forzati come prima, ormai infatti comportarsi da bambino gli veniva naturale. Tutto questo gli faceva paura, si chiese spaventato cosa sarebbe successo se fosse rimasto in quello stato ancora per molto, se davvero avesse cominciato a dimenticare il suo vero io...

Ran mi ha definito una persona terribile ma prima ha detto che anche se avevo i miei casi avevo sempre tempo per lei quando ero a casa e se fossi cambiato davvero oltre che nell’aspetto se mi sono veramente trasformato senza accorgermene non è così assurdo tutti crescono giorno dopo giorno ma se ne accorgono solo molto tempo dopo riguardando vecchie fotografie e se io non fossi più io in fondo fingo di non esserlo da così tanto tempo se mi fossi trasformato più di quanto riesce a riflettere lo specchio se veramente Shinichi Kudo non esiste più se per me è arrivato solo adesso il momento di vedere quella vecchia fotografia mentre Ran l’ha già vista e ha capito ha capito che sono diverso dalla persona con cui è cresciuta dalla persona a cui voleva bene mi sono trasformato in qualcuno che non fa altro che ingannare e mentire e fingere e io non voglio essere così...

Le porte dell’ascensore si aprirono e Conan fu riscosso di colpo da quel fluire di pensieri angosciosi; uscì lentamente dalla cabina e si ritrovò allo stesso piano che aveva visitato la sera prima con il suo collega del Kansai, solo che adesso l’ambiente era ben illuminato dai caldi raggi del sole e tutto sembrava meno tetro e triste. Si avvicinò alla porta di legno di frassino scuro che aveva visto la sera prima, guardando la serratura. Chiusa, naturalmente. Era preparato ad una cosa del genere, fortunatamente sapeva come entrare nell’appartamento anche senza dover buttare giù la porta; sorrise, chiuse gli occhi e cominciò a ricordare.

Aveva dodici anni, era appena tornato a casa dopo una partita a calcio con i suoi compagni di classe. Era molto soddisfatto del modo in cui aveva giocato e ancora sorrideva pensando al fantastico gol da fuori area che era riuscito a segnare e alla sua spettacolare rovesciata. Andò in cucina e trovò suo padre Yusaku, vestito di tutto punto, con giacca, camicia e pantaloni; una cosa stranissima, dato che quando era immerso nella stesura di un libro appariva piuttosto trasandato e non badava molto all’abbigliamento. Quando si accorse di lui lo salutò con un sorriso: "Ciao papà" rispose lui non ricambiandolo: "Come mai sei vestito in quel modo? Devi uscire?" domandò curioso, il padre gli lanciò uno sguardo divertito con falsa aria di sufficienza: "Io sono uscito, Shinichi. Non diventerai mai un detective se non riesci nemmeno a dedurre queste semplici cose." Recitò guardandolo dall’alto in basso con un sorrisetto. Lui sbuffò indispettito e chiuse gli occhi a fessura, Yusaku sorrise maligno. "Comunque, sono andato alla centrale. Avevo bisogno di alcune informazioni per scrivere il mio libro..." il ragazzino alzò la testa, un luccichio interessato e avido nei suoi occhi: "Che genere di informazioni, papà? Riguardo qualche omicidio?" la sua stizza aveva completamente lasciato il posto alla curiosità; Yusaku scosse la testa: "No, non esattamente...ma in una parte della mia storia il poliziotto una sera torna a casa e scopre che il criminale che cerca si è introdotto nel suo appartamento...e sai come ha fatto?" Chiese sempre sorridendo, Shinichi aggrottò la fronte: "Uhm...forse è entrato dalla finestra, oppure ha buttato giù la porta..." seppe che la risposta era sbagliata ancora prima di finire. Suo padre aveva scrollato il capo. "No, certo che no...è difficile salire fino alla finestra di un appartamento in pieno giorno...e se avesse buttato giù la porta chiunque fosse passato al suo stesso pianerottolo se ne sarebbe accorto..." fece una lunga pausa, tenendolo sulle spine nel modo quasi sadico che conoscono solo gli scrittori; Shinichi lo guardò scocciato ma non disse nulla: voleva sapere cosa gli frullava in testa e, se fosse stato maleducato, probabilmente per ripicca lui non glielo avrebbe rivelato: "Ha aperto la porta...come hai fatto a non arrivarci?" un altro sbuffo stizzito di suo figlio: "e come avrebbe fatto, senza le chiavi?" chiese in tono di sfida, Yusaku sorrise ed estrasse un fil di ferro: "Con questo" rispose allegro "Vedi Shinichi, il meccanismo di una serratura da poco non è nient’altro che un bilanciere*..." fece oscillare la mano: "Se vuoi rovesciare una sedia a dondolo, non devi fare altro che afferrarla per le slitte e rovesciarla. Un gioco da ragazzi. Ed è esattamente quello che devi fare con una serratura: sollevi il meccanismo di blocco e fai scattare lo scrocco alla svelta, prima che si blocchi di nuovo." Si rimise il fil di ferro in tasca: "Tutto chiaro?" lui annuì sicuro, il padre soddisfatto gli arruffò i capelli con la mano. Conan aprì gli occhi e il suo sorriso rimembrante si trasformò in un ghigno. Estrasse dalla tasca un fil di ferro, molto simile a quello che suo padre gli aveva mostrato in un pomeriggio di primavera e cominciò ad armeggiare sulla serratura, tenendo a mente le parole di Yusaku. Era la prima volta che ci provava e in molte occasioni fece cilecca: trovava il meccanismo di ritegno, ma poi il fil di ferro scivolava giù e il meccanismo scattava prima che riuscisse a fare qualcosa. Si asciugò il sudore dalla fronte, chiedendosi come poteva grondare a quel modo se era immobile lì davanti da mezz’ora e rincuorato dal fatto che non fosse per niente portato a fare lo scassinatore. Più di una volta aveva sentito passi sulle scale o l’ascensore che si muoveva e aveva dovuto lasciar perdere tutto e assumere un’aria innocente. Nell’ultimo caso era certo che se non fosse stato interrotto avrebbe potuto riuscirci e quel pensiero lo innervosiva, facendo sì che tutto diventasse ancora più difficoltoso e facendogli sfuggire lo scrocco altre quattro volte prima che potesse farlo scattare.

Papà non aveva detto che era così difficile un gioco da ragazzi eh? Ma per favore a sentir lui persino un imbecille ci riuscirebbe è proprio vero che gli scrittori riescono a farti credere qualunque cosa presentandotela in un certo modo...

L’ennesima volta riuscì a trattenere il meccanismo di ritegno e sentì che faceva resistenza. Pregò mentalmente che non fosse un altro buco nell’acqua e cercò di far scattare lo scrocco, stringendo i denti mentre una goccia di sudore gli colava dalla fronte. Esercitò una leggera pressione sul fil di ferro. Nella sua mente si figurò il bilanciere, la lingua metallica che pian piano si ritirava...ancora un pochino...e sentì che il filo si stava piegando. Strinse ancora più forte i denti e le sue preghiere mentali divennero disperate, continuò nonostante il cedimento della sua arma, spinse forte e...la porta si aprì con un cigolio. Conan sorrise trionfante e quasi cominciò a fare salti di gioia. Il volto era arrossato ma esultante, alzò i pugni al cielo: "Sì sì sì!! Beccati questa papà!" si trattenne dall’urlare e entrò giulivo nella casa del giornalista. Sentì subito una zaffata d’aria viziata e stantia, che lo fece smettere di sorridere all’istante; pensò con disgusto che forse nessuno aveva detto a Mori che la mattina si aprono le finestre per cambiare l’aria, e che non sapeva nemmeno cosa fosse l’ordine. L’ingresso si apriva su un salotto piccolo, con un tavolo al centro sopra il quale stavano un mucchio di scartoffie e di lattine di birra. Un televisore impolverato si trovava su un mobiletto davanti ad una poltrona di pelle nera. Chiuse la porta dietro di sé e avanzò con una mano premuta sul naso e sulla bocca: c’erano altre tre stanze, una cucina stretta, con un lavandino stracolmo di stoviglie da lavare e con roba da mangiare sparsa qua e là, tra cui una confezione di pesce surgelato che stava scongelandosi sul tavolo. Un bagno, in cui riconobbe disgustato un odore di vomito, con lo specchio pieno di impronte e macchie di dentifricio, mentre il lavandino qui era pieno di capelli neri. Una camera, con un letto disfatto, il cuscino pieno anch’esso di capelli e vari oggetti buttati alla rinfusa, tra cui i vestiti che indossava il giorno prima, quando Conan l’aveva incontrato allo stabile.

Se non altro vive da solo non avrei sopportato che un essere del genere avesse anche una famiglia eh sì sei solo come un cane e l’unica cosa che hai è il lavoro ci credo che ti sei impuntato così su di me e per di più hai problemi di stomaco e perdi i capelli vecchio mio...

Ridacchiò, guardandosi intorno indeciso su dove cominciare la sua indagine. Mori avrebbe potuto nascondere il nastro ovunque, e dovette ammettere che l’idea di frugare fra le sue cose non gli piaceva per niente, per quanto volesse essere professionale. Si prese il mento fra l’indice e il pollice e cominciò a riflettere, consapevole di essere completamente all’oscuro riguardo al tempo che aveva per agire: Mori sarebbe potuto rincasare in qualsiasi momento e, sebbene Heiji lo avrebbe avvertito in anticipo, si sarebbe sicuramente accorto che la serratura era stata forzata.

Vediamo un po’ se io fossi un giornalista fallito e avessi in mano lo scoop più grande della mia vita DOVE lo nasconderei? Sotto qualche asse smossa del pavimento?

Cominciò a dare colpetti leggeri con il tallone della gamba sana al parquet della camera da letto; il bagno e la cucina avevano piastrelle di ceramica e l’avrebbe notato subito anche solo a occhio se qualcuna fosse stata smossa. Continuò quello strano tip - tap per tutta la stanza, poi si inginocchiò e fece la stessa cosa con il pugno, infilandosi sotto il letto; ne riemerse spettinato e deluso, con gli occhi ridotti a fessura.

No certo che no tu non sei così banale hai inventato un modo MIGLIORE per salvaguardare i tuoi interessi...

Sospirò, la ricerca sarebbe andata per le lunghe, a quanto pareva. Lanciò qualche maledizione sia al giornalista che al suo collega, che si stava godendo tutta l’azione e aveva riservato a lui quel lavoro tedioso, invece. Si diresse verso il salone visibilmente irritato, passò accanto al televisore e vide che poggiava su un videoregistratore, con accanto varie cassette; lesse i titoli e non rimase per niente stupito dal genere dei film preferiti da Mori.

È dura non essere sposati eh vecchio mio? Anche i mostri bastardi hanno i propri bisogni da quel punto di vista...

Ridacchiò di nuovo, lanciò un occhiata alla poltrona di pelle e preferì non avvicinarvisi troppo; d’altronde il nastro non poteva certo essere nascosto lì e aveva paura di quello che poteva trovarci al suo posto. Si diresse invece verso il tavolo carico di scartoffie, guardando con rassegnazione la pila di fogli e pensando che se fosse stato sotterrato lì in mezzo non avrebbe avuto la minima speranza di trovarlo se non prima di molte ore, e dopo una ricerca minuziosa.

Un nascondiglio ideale certo ma tu non ci hai pensato vero? Uno che non trova un modo migliore che rapire una povera ragazza innocente per scrivere un articolo non è in grado di escogitare una cosa del genere...

Conan lisciò con l’indice la superficie di un foglio stropicciato; a parte tutto quello che poteva pensare personalmente su Mori, l’ipotesi di trovare il nastro là era del tutto errata: c’erano almeno due dita di polvere su quelle carte, segno che non erano state smosse di recente. Solo sul bordo vicino ad una sedia sembravano pulite, ma a controllare quel punto ci avrebbe messo cinque minuti. Rifletté tuttavia con orrore sull’ipotesi di poter trovare qualche ‘ospite’ indesiderato se avesse scavato troppo a fondo. Si diresse verso il bordo del tavolo, si mise in ginocchio sulla sedia in modo da essere alto quasi come un adulto seduto e il suo sguardo cadde sui fogli sottostanti, quando il suo cuore ebbe un tonfo; rimase a bocca aperta e quasi gemette, mentre le pupille si dilatarono per lo stupore. Sentiva il suo stesso battito cardiaco rimbombargli nella testa. Quello che aveva visto era

Non può essere...

Fuori, il clacson di un’automobile ruppe il fluire silenzioso dei suoi pensieri.

Note dell'autrice: uhm... questo è stato un capitolo ESTREMAMENTE difficile, sotto molti punti di vista; ho avuto un calo d'ispirazione precipitoso, e in effetti avrete notato che il ritmo è piuttosto lento... comunque, spero davvero che vi sia piaciuto, anche se, onestamente, non è un capitolo che metterei fra "i più riusciti" purtroppo -_-" *sigh* ; _ ; (della serie: critichiamoci da soli così possiamo dire a chi lo fa a sua volta: "Beh, io te l'avevo detto!") Comunque, inettitudine a parte...(w i paroloni) c'è una cosa che ci tengo a sottolineare: avete presente il punto in cui Yusaku spiega al figlio come scassinare una porta? Beh, io non sono una scassinatrice, e non avevo proprio idea di come si facesse. Ho pensato di chiederlo al papà di una mia amica che fa il carabiniere, ma avevo un po' paura della sua reazione, sinceramente.. .chissà poi che ti andava a pensare, quello lì...così ho cercato un libro che ne parlasse e ho trovato la descrizione completa in "Misery", di Stephen King. Chi lo ha letto, o lo leggerà in futuro, troverà sicuramente delle analogie, come ad esempio il paragone con la sedia a dondolo.

Chiarito questo punto, voglio ringraziare tutti quelli che hanno commentato il chap 8...mi ha fatto davvero piacere, anche perché è uno dei miei preferiti in assoluto fra quelli che ho scritto...*THANKS!!* :***

Allora, Mokichan, non vedi l'ora che Ran e Shinichi s'incontrino, eh? Beh, quel momento (se mai arriverà, non sottovalutare la mia perfidia! : pppp) dovrà aspettare ancora un po', è ancora mattina e, se ben ricordi, loro hanno appuntamento alle sei. Comunque, ripeto, non sono le capacità di scienziata di Ai a doverti preoccupare, quanto il fatto che, ancora una volta, la richiesta di Conan ha scatenato nel suo animo un conflitto d'interessi. Non dico altro, leggi fra le righe e trai le tue conclusioni. Grazie ancora per il commento! Sei stata dolcissima, spero di risentirti. ^^ Un bacione anche a te.

Elly-chan, addirittura tre recensioni in tutto! Non sai quanto mi hanno fatto piacere, sei un angelo! ^///^ La fiducia che riponi in me mi ha commossa...a meno che io non abbia frainteso...senti, ma quando hai detto 'non ho dubbi' intendevi sul fatto che non sarebbero stati all'altezza o il contrario?! O __ ò ...............beh, comunque, grazissime per tutto, è ufficiale, io ti adoro!! ( oggi Mel è in vena di fare la ruffiana...e considerando che parla di se stessa in terza persona, è probabile che al mare abbia preso un'insolazione...) Scherzi a parte, ti sono davvero riconoscente, mi aiuta molto sapere che ci sono lettrici come te! E scrittrici, ho saputo da Wil... a proposito, perché non metti le tue fic qui? Ti prometto che se le posti sarò la prima a commentarle!!(ti ho già scritto qualcosa di là, a dire il vero..) Se hai problemi a metterle, puoi contattarmi...anch'io non ci riuscivo all'inizio, infatti ho iniziato a scrivere questa storia in autunno e l'ho pubblicata solo sui primi di giugno, mi sembra...e io sono un'imbranata totale, - _ -" perciò, se ci sono riuscita io, CHIUNQUE può farcela! Capito!? Non farti problemi a chiedermi quello che vuoi (nei limiti del ragionevole, naturalmente ^^"). Ci sentiamo, un bacio.

Ti ringrazio del complimento, Mareviola, sei davvero gentile; sono contenta che la mia fic ti piaccia. Quest'altro capitolo come ti sembra? Carino? Passabile? Fammi sapere!

Infine, un grazie a Irma per le e-mail che mi manda. Lo apprezzo molto molto molto molto. Mi piace l'idea di poter contare sul tuo sostegno. Thank you girl!

Beh, direi che ho parlato fin troppo. Ancora un po' e le risposte ai commenti saranno più lunghe del capitolo. A presto con il cap.10!!

Bye

-Melany

  
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