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Autore: Aven90    17/12/2012    1 recensioni
Prefazione. Ebbene sì! Si torna alla carica con un argomento ad alta tensione! La trama è pressappoco questa: il commissario Svente è uno stacanovista, e nessuno si è mai lamentato di lui.
Ma stavolta una brutta gatta da pelare lo costringerà a scendere a patti col nemico. Riusciranno i nostri eroi a salvare tutti i prigionieri di uno psicopatico?
Genere: Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accadde tutto in pochi secondi: Archie Embratson era sicuro di aver colpito l’odiato commissario, ma una fitta violenta al ginocchio lo fece piegare, constatando coi suoi stessi occhi una copiosa perdita di sangue nel punto colpito, dovette lasciare andare anche il tipo strano, che venne soccorso dall’ambulanza, già pronti con gli anestetici e tranquillanti, come se stessero trattando un animale zoppo e in cancrena particolarmente feroce.

Tuttavia, se davvero vi era qualcuno di particolarmente feroce, quello era Archie Embratson, il quale tolse la pallottola con le mani e la buttò noncurante a terra. Il bossolo insanguinato raggiunse i piedi di Alexander, il quale aveva assistito addirittura ad un’operazione quasi chirurgica, e dire che avrebbe dovuto solo pagare una bolletta, invece stava succedendo di tutto in quell’ufficio postale.

Era il momento per l’evaso di scegliere un terzo ostaggio con cui provare a superare la guardia di Svente, per scappare.

“Tu! vecchia!” la sua scelta ricadde su un’anziana signora sfortunatamente rimasta nell’ufficio.

L’anziana si ritrasse abbracciando i soldi appena intascati della pensione. Era curioso come l’omino dietro il bancone teneva in funzione la posta nonostante l’emergenza.

“Ma non voglio la tua pensione ricevuta con le monetine! (ovviamente le banconote erano sotto la sua custodia) Voglio uscire di qua con te!”

La vecchia ebbe un fremito di gioia “Oh, finalmente sono un’ostaggia! Posso dire, ora, di aver vissuto! Finalmente!”

A parte il neologismo, Svente stava ancora osservando la particolare forma che aveva preso il buco nel parabrezza, poi cominciò ad intavolare un secondo contatto con l’ostaggio “Vecchia.”

“Mi chiamo Georgia” rispose acida l’anziana.

“Signora Georgia, non faccia gesti inconsulti. Va bene che non riceve attenzioni da chissà quanto tempo, ma lui non è Tarzan”

Martha chiese “Perché, secondo lei Tarzan andrebbe con le vecchie?”

Svente rispose “No, non credo…”. Non sapeva neanche lui cosa stava dicendo. Poi si rivolse ad Embratson “Allora, lascia andare questa signora e…”

“No!” Georgia s’intromise.

Svente e Martha pensarono all’unisono “Ci risiamo…”. Sarebbe stata un’altra trattativa difficile.

Nel frattempo, Georgia spiegò le sue ragioni “Ma perché dovrei farmi lasciare andare da quest’uomo? se riuscissimo a scappare da voi, avremo abbastanza soldi da poter vivere in un’isola ed essere riverita, e non mangiare zuppa bagnata dell’ospizio!”

Martha era quasi convinta, ma Svente chiese “E cosa ne sarà allora dei suoi nipoti, non appena giovedì (Natale, ndr) non riceveranno la sostanziosa mancetta annuale che sganciano le nonne, eh? Non ci ha pensato? Avrebbe dovuto pensarci prima, invece è partita per le Indie Orientali con l’inserviente! È… angosciante…NONNAAAA!” e scoppiò in lacrime.

Martha non sapeva che Svente aveva quel trauma, quindi si ritrovò imbarazzata nel constatare che un uomo conviveva ancora con quel ricordo natalizio.

Il ragazzo occhialuto che fece amicizia con Alex  sorrise “Pazzesco, il commissario ha un trauma infantile. Sua nonna è partita per le Indie Orientali (chiamarla solo India sarebbe stato troppo banale, per lo stesso motivo per cui ho nominato la sifilide e non una malattia moderna nel Romanzo Rosa, ndr)proprio il giorno di Natale”

Alex immaginò nonna Linda partire per le Indie Orientali con il badante birmano di suo marito, ma poi scacciò via dalla mente quel pensiero: nonno Mike aveva bisogno anche di lei, per andare in bagno.

Georgia rispose in quel momento all’obiezione sollevata dal commissario piagnucolante come quel giorno di ventisei anni prima “Ormai sono tutti troppo grandi per ricevere la mia mancetta. Mio marito è morto in circostanza poco chiare, ormai mi resta poco dalla vita, a parte Archie, che è comparso così violentemente nella mia strada”

Martha chiese “Le ricorda il figlio che non va mai a trovarla, vero?”

Georgia ne aveva uno di quel genere, quindi capì di essere stata presa in castagna e prese a piagnucolare anche lei.

Uno pari coi traumi, allora.

Archie si accarezzò con due dita l’inizio del naso e sentenziò “Allora. Non m’importa se sono il sosia di chicchessia, tuttavia consiglio ad entrambi di dimenticare i traumi e di continuare le trattative, perché non vorrei che i negozi di vestiti chiudano”

“Che cuore di pietra! Sei cattivissimo!” protestò Svente.

“Lo so, sono un evaso” si giustificò Archie.

“Allora! Io direi, per garantire l’incolumità dei tuoi uomini, di fare spazio con le volanti cosicché io e Georgia andiamo per le Bahamas, evitando di sporcare la carrozzeria delle macchine col sangue”; ma Svente rispose “Non prima di aver ricevuto la mia mancetta! Uffa!”, era ancora rimasto nella modalità infante.

Georgia obiettò “Ma non sono tua nonna! Come posso darti la mancetta, dunque?”

“Non importa, nonna! Se papà è rincoglionito, comunque gli vuoi bene!”

Martha decise di riportare alla realtà il suo capo “Commissario…”

“Eh?”

“Commissario Svente!”

“Vado ancora in quarta elementare, però mi piacerebbe davvero essere un commissario, signorina agente!”. Martha era allibita, ma ecco che spuntava dal nulla Gregory, che conosceva Svente da più tempo, e sapeva come riportarlo alla realtà.

Prese il megafono abbandonato a sé stesso e disse, sicuro di sé “COMMISSARIO! C’è una donna nuda come ostaggio e lei mi fa questa figura?”

Svente si ridestò. Riprendendo anche colore sul viso “Ah, scusate, ragazzi. Bei tempi di una volta! Neanche stavolta vi sono donne nude, vero Greg?”. Martha era scandalizzata.

“No, signore, solo una vecchia rattrappita che è convinta di sopravvivere alle turbolenze del mar dei Sargassi!”

Svente ghignò “Sentito, signora? Il suo cuore reggerà? Ha mai preso un aereo? Dei suoi pericoli? Della gente inaffidabile che ci sale?”

Georgia ebbe dunque le prime titubanze. In effetti, non era mai partita tramite aereo, e le Bahamas non si raggiungevano di certo in treno. Così si rivolse ad Archie e cominciò a scusarsi con lui “Mi dispiace, ma non posso venire con te”

“Cosa? Prima eri tutta contenta!”

“Sì, però sono sopravvenute cose per cui vale la pena non seguirti”

Svente si congratulò tramite megafono “Ha fatto la scelta giusta, mia cara signora! Adesso venga qui e la curiamo!”

“Curiamo da che?” chiese Georgia.

“Dallo shock di essere stata rapita, da tutti i germi del carcere che quell’uomo si porta a spasso da quando è evaso! E non sto cercando di spaventarla! I germi carcerari sono molto pericolosi!”

Archie ebbe l’impressione di avere grossi scarafaggi che gli camminavano invisibili sull’epidermide.

“Oh, cazzo! Mi ha colpito anche stavolta! E va bene; l’hai voluto tu, Svente! Nessuno si muovi da qui o sparo!” ordinò al gruppo di ostaggi sbagliando anche verbo, il quale si era ormai alzato dalla posizione supina che avevano assunto all’inizio e stava godendo il duello Svente/Embratson in piedi e abbastanza tranquilli, con anche commenti tecnici.

Ma il clima rapina tornò in quel momento prepotente all’ufficio postale. Svente rispose “Embratson, l’abbiamo capito che sei uno che si fa rispettare, ma ti prego di non far del male a nessuno di loro, perché potresti aggravare la tua posizione! Gli anni da scontare in galera aumentano di minuto in minuto! Embratson era sicuro che il suo rivale non aveva tenuto il conto, così chiese provocatorio “E quanti minuti sono passati?”

Svente non si aspettava quella domanda, ma ecco Martha accorrere in suo aiuto “Un’ora e un quarto in questo momento, signor commissario”

Svente sorrise “Il che vuol dire settantacinque anni di galera! Sapresti sopravvivere a tanto?”

Embratson aveva trentacinque anni, il che voleva dire uscire a centodieci. Così sorrise e puntò la pistola contro lo sbirro, per ucciderlo “Certo che ci arriverò. Ma voi sbirri non mi farete finire in quella topaia, piuttosto sfondo la barriera!”


Fine Capitolo! Grazie per aver letto fin qui!

   
 
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