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Autore: Vandel    17/12/2012    0 recensioni
Si torna alle trattazioni romantiche brevi XP Questa ministoriella si può considerare un Trhiller-Romantico tanto per coniare un genere. Spero vi stupirà e vi farà un pò sorridere
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Stavamo aspettando da quanto? Forse un quarto d’ora?! A me sembrava un eternità!
E solo per attendere l’arrivo di una ragazza. Non lo capirò mai il mio amico. Cosa spera di ottenere con quel mazzo di fiori che ha in mano e che nasconde dietro la schiena?! Con quello sguardo sognante e quell’aria da beota che si porta stampato sul volto?!
Poco dopo eccola scendere le scale con un sorriso sulle labbra, appena ci vede.
“Ciao”
“C-ciao, passavo di qui e siccome oggi è il tuo onomastico…”
Il mio amico era impacciato. Voleva farle credere che quell’incontro era avvenuto per caso, ecco perché si era portato dietro me.
La ragazza assunse un’espressione confusa, non capiva. Poi la rivelazione. Non scorderò mai il sorriso che si dipinse sul volto di lei quando vide quei gambi dalla testa di variopinti colori.
Sorrise semplicemente. Sorrise sinceramente.
Non si preoccupò neanche di prendere il mazzo, gettò subito le braccia al collo di lui, per ringraziarlo. I due si abbracciarono a lungo, poi si scostarono.
Lei prese i fiori e li annusò.
“Non avevo mai ricevuto dei fiori da un ragazzo prima d’ora…” disse assumendo un aria vagamente triste.
Lui sorrideva, perché lo sapeva. Lo aveva fatto a posta ed ora si godeva il suo momento di gloria.
Solo io sapevo che non era così. Io riuscivo a leggere i loro pensieri dai loro sguardi e li scrutavo nel profondo da spettatore.
Lei non aveva mai ricevuto dei fiori, è vero, ma non voleva che fosse lui il primo a donarglieli.
I due chiacchierarono a lungo, come sempre, del più e del meno. Non ci fu niente di più. Niente che il mio amico sperasse.
Le favole che si era fatto, iniziavano a cadere una dopo l’altra. La situazione non sarebbe mai cambiata. Lei lo avrebbe considerato sempre e solo un amico. Il più caro degli amici, ma niente di più.
E lui che continuava ad osservarla con quello sguardo sognante, come ad aspettare qualcosa.
Che cieco che era!
Non potevo più sopportare tutto ciò. Non sopportavo di vederlo così! Dovevo fare qualcosa, così gli urlai di andarcene. Lo feci più volte, per essere sicuro che mi desse ascolto.
“Ecco ecco, un attimo!” mi disse, prima di rivolgersi di nuovo a lei “Io continuo la mia passeggiata allora, ci vediamo domani”.
“Si, grazie ancora per i fiori. Sono davvero stupendi!” salutò lei, esplodendo in un sorriso celestiale.
Lui era rimasto di nuovo inebetito, così mi feci sentire di nuovo.
Poi si riscosse e iniziò a camminare, salutando la ragazza con la mano.
Tirò il guinzaglio più forte e io seguii i suoi passi con le mie corte gambette da carlino.
Quel tonno del mio padrone sembrava volare sopra l’asfalto e il collare iniziava a stringere sulla mia gola.
Ma guardatelo com’è felice! Pensa di aver fatto il gesto della vita!
Tsk! Non capirò mai il mio padrone. Non capirò mai gli umani!

 
  
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