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Autore: LilyGlover    04/07/2007    7 recensioni
Questo è un finale del 7° libro di Harry Potter ed è di mia invenzione...un po' triste ma spero che vi piaccia!
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Fine

La Fine

 

La luce tenue di un lampione faceva capolino nell’oscurità della notte, in lontananza, mentre Harry correva come un pazzo, i capelli al vento, la maglia inzuppata di sudore, il petto squarciato dal dolore che l’ultima guerra contro Voldemort aveva provocato: gli occhi bruciavano di lacrime per gli amici che aveva perso e il cuore batteva più forte che mai.

Era riuscito a comprendere il significato delle parole sussurrategli da Voldemort dopo lo scontro terribile nel  suo vecchio orfanotrofio : “La fine avrà luogo all’inizio. Là, tra il tuo dolore, Harry, uno di noi due morirà.” Harry aveva capito. Il luogo in cui doveva recarsi era la casa dei suoi genitori. Per questo Voldemort l’aveva chiamata “l’inizio”. Perché là era iniziato tutto. Là i suoi genitori erano morti. Là era scattata la protezione di sua madre, che ora non era più efficace.

Harry continuava a correre. Gli mancava il respiro, ma non ci badava. I suoi pensieri indugiavano solo su Hermione, Ron e Ginny: Hermione, forse, aveva decifrato le parole di Voldemort prima di lui, ed era molto probabile che si fosse recata là, per salvarlo; Ginny, d’altro canto,  sicuramente non avrebbe indugiato a seguirla, e Ron lo stesso. Harry doveva arrivare prima di loro o, almeno, doveva riuscire a salvarli prima che fosse troppo tardi. Non poteva vivere senza Ginny, senza sentire il suo profumo, senza provare il brivido che lo attraversava tutte le volte che la sfiorava. Ma non avrebbe sopportato nemmeno la morte della sua cara amica Hermione, l’amica più sincera che avesse mai potuto desiderare. E non osava pensare alla morte di Ron, del suo fedele migliore amico.

Passò davanti alla casa dei Dursley, distrutta dai Mangiamorte che si erano recati lì per cercarlo, invano. Sotto le macerie c’erano i cadaveri degli zii e di Dudley; pur odiandoli con tutto il cuore, alla vista di quella casa gli venne un groppo alla gola. In fondo, zio Vernon e zia Petunia erano stati coraggiosi a tenerlo, nonostante fossero a conoscenza del pericolo che egli rappresentava: era colpa sua se erano morti.

Vedeva gli alberi sfrecciare davanti a sé. Pensò al Nottetempo. Ricordò quei momenti di allegria passati insieme ai suoi amici. Quei momenti felici, beati. Ma quel che è successo, è successo. Non si può più tornare indietro.

Finalmente Harry sentì il cigolio dell’insegna metallica con la scritta “Godric’s Hollow”. Sapeva che la casa dei suoi genitori era stata ricostruita, per non attirare troppo l’attenzione dei Babbani che non capivano cosa fosse successo in quel posto. Lo credevano un luogo maledetto.

Dopo aver svoltato l’angolo di un negozio, Harry vide la casa e capì che Voldemort lo stava già aspettando: le luci erano accese. Il cancelletto per entrare nel giardino era chiuso, così il ragazzo lo scavalcò agilmente con un salto. Non indugiò neanche per un istante; si lanciò contro la porta d’ingresso e la spalancò. Si trovava in un corridoio.

Ora cominciava a sentirsi strano: nello stomaco provava un senso di paura misto al senso di tristezza…

Si era paralizzato sulla porta. Le luci erano accese in tutte le stanze. Respirando affannosamente, Harry si richiuse l’uscio alle spalle.

Errore.

Ad una velocità sorprendente, la casa si immerse nel buio. Si erano spente le luci.

Mosse un piede in avanti, poi un altro ancora; il suo corpo era teso, pronto a cogliere ogni minimo rumore. E lo percepì: c’era qualcuno di fianco a lui. Avvertiva il suo respiro. Ma, senza sapere come, Harry era sicuro che non fosse Voldemort.

Girò meccanicamente la testa verso sinistra e, come se fosse stato tutto previsto, una lucina cominciò ad accendersi molto lentamente, illuminando un po’ per volta uno specchio rotondo attraverso il quale Harry vedeva la sua immagine riflessa. Ma la luce si espandeva sempre di più, mostrando riflesso nello specchio qualcun altro, alle spalle di Harry… il ragazzo gridò per lo spavento.

Un volto bianco come la morte lo stava fissando, gli occhi fuori dalle orbite, lo sguardo perso.

Ma non era Voldemort.

Il volto era incorniciato da una massa di capelli rossi.

Ron.

Harry smise di guardare nello specchio e si voltò verso l’amico.

“Ron!” chiamò.

Lo sguardo di Ron non trasmetteva niente. Era inespressivo e fissava Harry in modo strano.

“Ron…” bisbigliò Harry, la voce rotta dalla paura. Poi cominciò a tremare…forse aveva capito…

In passato, aveva visto soltanto un’altra persona comportarsi in quel modo: Alice Paciock. Il suo migliore amico Ronald Weasley era stato torturato fino alla pazzia.

Harry avvertiva dentro di sé una rabbia crescente, quasi impossibile da contenere, mentre gli occhi bruciavano di lacrime amare. Ma, prima che potesse anche solo muovere un muscolo, la porta dell’ingresso si spalancò e un lampo di luce verde, preceduto da un “Avada Kedavra!”, investì la stanza.

A Harry mancò il respiro.

Mentre la luce verde si affievoliva, il ragazzo guardò tempestivamente di fianco a lui; ebbe un pericoloso giramento di testa, mentre la nausea lo assaliva e sentiva le gambe cedere sotto al suo peso: Ron giaceva per terra, gli occhi spalancati, la bocca semichiusa.

Harry spostò lo sguardo con furia verso l’uscio della porta, pronto ad attaccare, ma…vide l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.

Non era un Mangiamorte.

Non era Malfoy.

Non era Voldemort.

Era Neville.

“Che cosa hai fatto???” strillò, mentre la rabbia dentro di lui cresceva sempre di più.

Neville deglutì e chiuse gli occhi.

In attesa di una risposta e cercando di calmarsi, Harry si concentrò a osservare un ragnetto che oscillava pericolosamente dalla ragnatela. Ron…Ron, il suo migliore amico…il suo fedele compagno di avventure… non c’era più… ed era stato ucciso da quel ragazzo paffuto che a scuola non era in grado nemmeno di correre senza inciampare. Ma era stato in grado di enunciare un incantesimo molto potente.

“Credimi, Harry” sussurrò finalmente Neville. “E’ stata la cosa migliore. Tu… tu non sai cosa voglia dire andare a trovare i miei genitori e non essere riconosciuto. Avrebbe passato il resto della sua vita coricato in un letto del San Mungo. E’…è una cosa orribile, Harry. Io…ho agito per il verso giusto.”

Entrambi i ragazzi sospirarono. Harry fece per aprir bocca, ma si bloccò. Non sapeva cosa dire…se essere arrabbiato o riconoscente…

Ma gli fu risparmiata questa confusione mentale: si accesero nuovamente le luci.

“Ciao, Harry!! Ti è piaciuta la mia accoglienza??? E ora vieni su, Prescelto… Vieni dove verrà deciso il nostro destino…”

La voce gelida di Voldemort proveniva dal piano di sopra.

Harry si fiondò sulle scale, seguito a ruota da Neville. Ogni passo sugli scalini corrispondeva ad una decina di battiti del suo cuore.

Spalancò le porte di tutte le stanze, ma non trovò assolutamente niente, eccetto un po’ di polvere negli angoli e qualche insetto che, spaventato, scappava in tutte le direzioni.

“Dove sei???” ringhiò rabbioso il ragazzo.

“Ancora più su, Harry…”

Neville suggerì:

“Forse in soffitta.”

Entrambi i ragazzi guardarono verso l’alto, in cerca di una botola. La trovarono subito, verso il centro del corridoio.

Senza nemmeno chiedere, Harry fece abbassare Neville con un calcio e gli salì sulla schiena. Questo gli permise di arrivare al gancio: tirò e la botola si aprì.

“Finalmente, amico mio.”

Harry si arrampicò e riuscì ad entrare.

Si trovava in una stanza circolare, illuminata fiocamente da quattro o cinque candele. Al centro, Voldemort si ergeva in tutta la sua potenza, la bacchetta già sfoderata, lo sguardo crudele.

Dietro di lui, Hermione e Ginny erano legate contro il muro, con la bocca tappata. Guardavano Harry disperate, in cerca di aiuto, ma allo stesso tempo preoccupate per lui.

“Allora, Harry… questo è lo scontro finale. Hai distrutto tutti gli Horcrux, devo ammettere che sei stato molto bravo… Silente ti ha insegnato molto… Ma ora siamo solo io e te” disse Voldemort.

 “Non mi metti paura, se è quello il tuo scopo. Ho solo una grandissima voglia di ucciderti e vendicare tutti” rispose Harry, con una ferocia che nemmeno riusciva a riconoscere.

“Be’, il tuo piano ha una falla: non sarai tu ad uccidermi, ma sarò io ad ucciderti.”

“Non ci conterei troppo…”

Il ragazzo tirò fuori la bacchetta.

Si fissarono negli occhi, rendendosi veramente conto di quanto fossero uguali. Entrambi orfani, entrambi grandi maghi, entrambi sull’orlo della morte…entrambi in attesa del proprio destino.

“CRUCIO!” sbraitò Voldemort, senza preavviso; ma Harry fu altrettanto veloce:

“PROTEGO!”

“AVADA KEDAVRA!” gridò il ragazzo; Voldemort rispose nello stesso modo:

“PROTEGO!”

Era una battaglia alla pari.

Nel silenzio della breve tregua, l’unico rumore che si sentiva era il continuo raspare di Neville che cercava di arrampicarsi in soffitta…senza buoni risultati.

Harry stava per tornare all’attacco, quando un improvviso grido animalesco fece voltare i due sfidanti verso la finestra.

Sbalordito, il ragazzo sgranò gli occhi: Luna Lovegood, i capelli mossi dal vento e gli orecchini a forma di rapa che svolazzavano, si stava avvicinando alla casa in groppa ad un drago…e dietro di lei, con la tunica nera incrostata di sangue, sedeva Severus Piton.

Voldemort emise un ringhio basso.

“Non aspettarti degli aiuti, Harry Potter, perché saremo solo noi due a combattere!”

La porta dell’ingresso si aprì e si sentirono i passi furiosi di Luna e Piton che salivano le scale.

“Levati di torno, Paciock!” intimò la voce furiosa del professor Piton.

Con un balzo, Piton atterrò agilmente di fianco a Harry.

“Sono venuto ad aiutarti, Potter, perché, qualunque cosa tu creda, io sono sempre rimasto fedele a Silente e ora sono pronto a proteggerti!” esclamò, gli occhi neri pieni di determinazione.

La faccia di Voldemort si tramutò in una maschera d’odio terribile; Harry sentì i peli rizzarsi sulla nuca.

“Sarà meglio che tu sappia, Harry, prima di morire, che quest’essere di fianco a te” fece Voldemort, indicando Piton con una leggera inclinazione della testa, “ti protegge solo per interesse personale! Lui era innamorato di tua madre, Harry, della cara, dolce, Lily Evans!”

Harry sentì un tonfo al cuore. Non poteva essere…. Voldemort diceva il falso…Piton, innamorato di sua madre??? Non era possibile… no…

Piton, d’altro canto, non sembrava turbato; il suo sguardo era sempre determinato e non trasmetteva emozioni precise.

“Questo non cambia assolutamente niente. E’ vero, Potter: io amavo tua madre… era l’unica dalla mia parte, l’unica che mi proteggeva… l’unica che osava mettersi contro la banda dei Malandrini! Ma, ripeto, tutto questo non ha nessuna importanza” rispose Piton, gli occhi ridotti a fessure.

Voldemort fece un sorriso amaro.

“Ah, l’amore” sospirò, spostandosi avanti e indietro. “Non sono a conoscenza di questo potere. Mi è del tutto ignoto. Ma ci sono cose più potenti dell’amore: sono le qualità che io posseggo. Per questo vi distruggerò… CRUCIO!” gridò d’un tratto, voltandosi verso Harry con una velocità sorprendente; il ragazzo, preso alla sprovvista, cadde a terra, in preda a terribili convulsioni… provava un dolore insopportabile… voleva morire… voleva che finisse tutto… e, di colpo, finì.

Harry aprì gli occhi. Aveva le ossa doloranti e la cicatrice bruciava in modo spaventoso. Spostò lo sguardo di fianco a sé e vide con orrore che Piton era stato Schiantato.

La risata di Voldemort risuonava nella stanza.

Era la fine.

“Addio, Harry Potter! Tra poco, il mondo farà a meno della tua presenza! Morirai nella casa dei tuoi genitori… spero sia onorevole, per te. Voglio però esaudire un tuo ultimo desiderio, Harry.”

Harry taceva, immobile, in attesa del proprio destino. Era tentato dal non rispondere ma, in realtà, aveva un ultimo desiderio e forse Voldemort era in grado di accontentarlo: non voleva che il suo ultimo ricordo, prima di morire, fosse la risata gelida dell’assassino di tutta la sua famiglia. Voleva morire vedendo il sorriso della persona che amava di più al mondo… voleva sentire il profumo di Ginny, voleva poterla baciare un’ultima volta… voleva chiudere gli occhi conservando l’immagine di quel fiore, di quel raggio di sole, di colei che aveva illuminato  la sua vita passata… voleva poter morire con il sorriso sulle labbra.

E, all’improvviso, Harry capì.

Si chiese come aveva fatto a non pensarci prima. Come aveva fatto ad essere così stupido?

Era ovvio. L’unica cosa in grado di distruggere Voldemort era l’amore. L’amore che provava per Ginny.

Era tutto così semplice, ora… Voldemort, diciassette anni fa, era stato quasi sconfitto dall’amore di Lily Evans che si sacrificava per suo figlio…

“Non puoi ammazzare Harry!” strillò una voce. Ginny era riuscita a strappare coi denti il pezzo di tela che le tappava la bocca e ora fissava Voldemort con uno sguardo terribile.

Ma Harry quasi non sentiva. Sapeva che stava arrivando la sua fine… ma non aveva paura.

Anzi, si sentiva leggero… si sentiva una piuma…

Nessuno si rese conto che il Prescelto si stava alzando; Harry sorrideva, felice… nulla poteva fermarlo… stava morendo nel modo migliore che avesse mai desiderato…

Sentì a malapena Voldemort che sbraitava contro Ginny… vide un lampo di luce verde… avvertì in lontananza delle grida, mentre si tuffava davanti alla bellissima ragazza…  mentre attraversava la luce verde… sentì il tonfo di Voldemort che cadeva a terra…

Il volto di un angelo dai capelli rossi fu il suo ultimo ricordo.

Ora lo attendeva il riposo.

Per sempre.

 

*

 

Ci sono leggende che narrano di periodi remoti, in cui un mago potente e malvagio governava il mondo. Si vocifera che il suo nome fosse Voldemort.

Ma l’epoca che seguì fu un periodo di beatitudine, di pace, di serenità, per la comunità magica.

Capita spesso che i genitori portino i bambini nel cimitero di Hogwarts.

Là c’è una brezza sempre costante; un leggerissimo vento muove le foglie sugli alberi. C’è una leggenda anche su questo fatto: si narra che l’anima di un ragazzo dai capelli neri e gli occhiali dalla montatura rotonda continui a vagare per quel terreno che aveva tanto amato, provocando uno spostamento continuo dell’aria.

I bambini, appena messo piede in quel luogo, sanno esattamente dove dirigersi: c’è una bara, al centro del giardino, molto più maestosa delle altre.

In quella bara riposa il ragazzo dai capelli neri e dagli occhiali rotondi.

Tra le mani, stringe una ciocca di capelli rossi.

I visitatori della tomba di Harry Potter sono molti.

Di certo, il mondo non dimenticherà in fretta quel meraviglioso ragazzo la cui foto sorridente spicca sulla lapide di marmo; quel tipetto magrolino e occhialuto dalla strana cicatrice.

  

 

Questo tristissimo finale di Harry Potter è la mia prima storia pubblicata su EFP……………….spero vi piaccia e recensite, per favore!!!!!!!!!!!!!!!! Ancora una cosa: please, datemi consigli sul modo di scrivere…non criticate troppo perché ho fatto morire Harry e Ron!!!!!!!!!!!!!!! Il giorno in cui l’ho scritta ero in vena di fare cose tristi……………………………sorry!

  
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