La Fine
La luce tenue di un lampione faceva capolino
nell’oscurità della notte, in lontananza, mentre Harry correva come un pazzo, i
capelli al vento, la maglia inzuppata di sudore, il petto squarciato dal dolore
che l’ultima guerra contro Voldemort aveva provocato: gli occhi bruciavano di
lacrime per gli amici che aveva perso e il cuore batteva più forte che mai.
Era riuscito a comprendere il significato delle parole
sussurrategli da Voldemort dopo lo scontro terribile nel suo vecchio orfanotrofio : “La fine avrà
luogo all’inizio. Là, tra il tuo dolore, Harry, uno di noi due morirà.” Harry
aveva capito. Il luogo in cui doveva recarsi era la casa dei suoi genitori. Per
questo Voldemort l’aveva chiamata “l’inizio”. Perché là era iniziato tutto. Là
i suoi genitori erano morti. Là era scattata la protezione di sua madre, che
ora non era più efficace.
Harry continuava a correre. Gli mancava il respiro, ma
non ci badava. I suoi pensieri indugiavano solo su Hermione, Ron e Ginny:
Hermione, forse, aveva decifrato le parole di Voldemort prima di lui, ed era
molto probabile che si fosse recata là, per salvarlo; Ginny, d’altro canto, sicuramente non avrebbe indugiato a seguirla,
e Ron lo stesso. Harry doveva arrivare prima di loro o, almeno, doveva riuscire
a salvarli prima che fosse troppo tardi. Non poteva vivere senza Ginny, senza
sentire il suo profumo, senza provare il brivido che lo attraversava tutte le
volte che la sfiorava. Ma non avrebbe sopportato nemmeno la morte della sua
cara amica Hermione, l’amica più sincera che avesse mai potuto desiderare. E
non osava pensare alla morte di Ron, del suo fedele migliore amico.
Passò davanti alla casa dei Dursley, distrutta dai
Mangiamorte che si erano recati lì per cercarlo, invano. Sotto le macerie
c’erano i cadaveri degli zii e di Dudley; pur odiandoli con tutto il cuore,
alla vista di quella casa gli venne un groppo alla gola. In fondo, zio Vernon e
zia Petunia erano stati coraggiosi a tenerlo, nonostante fossero a conoscenza
del pericolo che egli rappresentava: era colpa sua se erano morti.
Vedeva gli alberi sfrecciare davanti a sé. Pensò al Nottetempo.
Ricordò quei momenti di allegria passati insieme ai suoi amici. Quei momenti
felici, beati. Ma quel che è successo, è successo. Non si può più tornare
indietro.
Finalmente Harry sentì il cigolio dell’insegna metallica
con la scritta “Godric’s Hollow”. Sapeva che la casa dei suoi genitori era
stata ricostruita, per non attirare troppo l’attenzione dei Babbani che non
capivano cosa fosse successo in quel posto. Lo credevano un luogo maledetto.
Dopo aver svoltato l’angolo di un negozio, Harry vide la
casa e capì che Voldemort lo stava già aspettando: le luci erano accese. Il
cancelletto per entrare nel giardino era chiuso, così il ragazzo lo scavalcò
agilmente con un salto. Non indugiò neanche per un istante; si lanciò contro la
porta d’ingresso e la spalancò. Si trovava in un corridoio.
Ora cominciava a sentirsi strano: nello stomaco provava
un senso di paura misto al senso di tristezza…
Si era paralizzato sulla porta. Le luci erano accese in
tutte le stanze. Respirando affannosamente, Harry si richiuse l’uscio alle
spalle.
Errore.
Ad una velocità sorprendente, la casa si immerse nel
buio. Si erano spente le luci.
Mosse un piede in avanti, poi un altro ancora; il suo
corpo era teso, pronto a cogliere ogni minimo rumore. E lo percepì: c’era
qualcuno di fianco a lui. Avvertiva il suo respiro. Ma, senza sapere come,
Harry era sicuro che non fosse Voldemort.
Girò meccanicamente la testa verso sinistra e, come se
fosse stato tutto previsto, una lucina cominciò ad accendersi molto lentamente,
illuminando un po’ per volta uno specchio rotondo attraverso il quale Harry
vedeva la sua immagine riflessa. Ma la luce si espandeva sempre di più,
mostrando riflesso nello specchio qualcun altro, alle spalle di Harry… il
ragazzo gridò per lo spavento.
Un volto bianco come la morte lo stava fissando, gli
occhi fuori dalle orbite, lo sguardo perso.
Ma non era Voldemort.
Il volto era incorniciato da una massa di capelli rossi.
Ron.
Harry smise di guardare nello specchio e si voltò verso
l’amico.
“Ron!” chiamò.
Lo sguardo di Ron non trasmetteva niente. Era
inespressivo e fissava Harry in modo strano.
“Ron…” bisbigliò Harry, la voce rotta dalla paura. Poi
cominciò a tremare…forse aveva capito…
In passato, aveva visto soltanto un’altra persona
comportarsi in quel modo: Alice Paciock. Il suo migliore amico Ronald Weasley
era stato torturato fino alla pazzia.
Harry avvertiva dentro di sé una rabbia crescente, quasi
impossibile da contenere, mentre gli occhi bruciavano di lacrime amare. Ma,
prima che potesse anche solo muovere un muscolo, la porta dell’ingresso si
spalancò e un lampo di luce verde, preceduto da un “Avada Kedavra!”, investì la
stanza.
A Harry mancò il respiro.
Mentre la luce verde si affievoliva, il ragazzo guardò
tempestivamente di fianco a lui; ebbe un pericoloso giramento di testa, mentre
la nausea lo assaliva e sentiva le gambe cedere sotto al suo peso: Ron giaceva
per terra, gli occhi spalancati, la bocca semichiusa.
Harry spostò lo sguardo con furia verso l’uscio della
porta, pronto ad attaccare, ma…vide l’ultima persona che si sarebbe aspettato
di vedere.
Non era un Mangiamorte.
Non era Malfoy.
Non era Voldemort.
Era Neville.
“Che cosa hai fatto???” strillò, mentre la rabbia dentro
di lui cresceva sempre di più.
Neville deglutì e chiuse gli occhi.
In attesa di una risposta e cercando di calmarsi, Harry
si concentrò a osservare un ragnetto che oscillava pericolosamente dalla
ragnatela. Ron…Ron, il suo migliore amico…il suo fedele compagno di avventure…
non c’era più… ed era stato ucciso da quel ragazzo paffuto che a scuola non era
in grado nemmeno di correre senza inciampare. Ma era stato in grado di
enunciare un incantesimo molto potente.
“Credimi, Harry” sussurrò finalmente Neville. “E’ stata
la cosa migliore. Tu… tu non sai cosa voglia dire andare a trovare i miei
genitori e non essere riconosciuto. Avrebbe passato il resto della sua vita
coricato in un letto del San Mungo. E’…è una cosa orribile, Harry. Io…ho agito per
il verso giusto.”
Entrambi i ragazzi sospirarono. Harry fece per aprir
bocca, ma si bloccò. Non sapeva cosa dire…se essere arrabbiato o riconoscente…
Ma gli fu risparmiata questa confusione mentale: si
accesero nuovamente le luci.
“Ciao, Harry!! Ti è piaciuta la mia accoglienza??? E ora
vieni su, Prescelto… Vieni dove verrà deciso il nostro destino…”
La voce gelida di Voldemort proveniva dal piano di sopra.
Harry si fiondò sulle scale, seguito a ruota da Neville.
Ogni passo sugli scalini corrispondeva ad una decina di battiti del suo cuore.
Spalancò le porte di tutte le stanze, ma non trovò
assolutamente niente, eccetto un po’ di polvere negli angoli e qualche insetto
che, spaventato, scappava in tutte le direzioni.
“Dove sei???” ringhiò rabbioso il ragazzo.
“Ancora più su, Harry…”
Neville suggerì:
“Forse in soffitta.”
Entrambi i ragazzi guardarono verso l’alto, in cerca di
una botola. La trovarono subito, verso il centro del corridoio.
Senza nemmeno chiedere, Harry fece abbassare Neville con
un calcio e gli salì sulla schiena. Questo gli permise di arrivare al gancio:
tirò e la botola si aprì.
“Finalmente, amico mio.”
Harry si arrampicò e riuscì ad entrare.
Si trovava in una stanza circolare, illuminata fiocamente
da quattro o cinque candele. Al centro, Voldemort si ergeva in tutta la sua
potenza, la bacchetta già sfoderata, lo sguardo crudele.
Dietro di lui, Hermione e Ginny erano legate contro il
muro, con la bocca tappata. Guardavano Harry disperate, in cerca di aiuto, ma
allo stesso tempo preoccupate per lui.
“Allora, Harry… questo è lo scontro finale. Hai distrutto
tutti gli Horcrux, devo ammettere che sei stato molto bravo… Silente ti ha
insegnato molto… Ma ora siamo solo io e te” disse Voldemort.
“Non mi metti
paura, se è quello il tuo scopo. Ho solo una grandissima voglia di ucciderti e
vendicare tutti” rispose Harry, con una ferocia che nemmeno riusciva a
riconoscere.
“Be’, il tuo piano ha una falla: non sarai tu ad
uccidermi, ma sarò io ad ucciderti.”
“Non ci conterei troppo…”
Il ragazzo tirò fuori la bacchetta.
Si fissarono negli occhi, rendendosi veramente conto di quanto fossero uguali. Entrambi orfani, entrambi
grandi maghi, entrambi sull’orlo della morte…entrambi in attesa del proprio
destino.
“CRUCIO!” sbraitò Voldemort, senza preavviso; ma Harry fu
altrettanto veloce:
“PROTEGO!”
“AVADA KEDAVRA!” gridò il ragazzo; Voldemort rispose
nello stesso modo:
“PROTEGO!”
Era una battaglia alla pari.
Nel silenzio della breve tregua, l’unico rumore che si
sentiva era il continuo raspare di Neville che cercava di arrampicarsi in
soffitta…senza buoni risultati.
Harry stava per tornare all’attacco, quando un improvviso
grido animalesco fece voltare i due sfidanti verso la finestra.
Sbalordito, il ragazzo sgranò gli occhi: Luna Lovegood, i
capelli mossi dal vento e gli orecchini a forma di rapa che svolazzavano, si
stava avvicinando alla casa in groppa ad un drago…e dietro di lei, con la
tunica nera incrostata di sangue, sedeva Severus Piton.
Voldemort emise un ringhio basso.
“Non aspettarti degli aiuti, Harry Potter, perché saremo
solo noi due a combattere!”
La porta dell’ingresso si aprì e si sentirono i passi
furiosi di Luna e Piton che salivano le scale.
“Levati di torno, Paciock!” intimò la voce furiosa del
professor Piton.
Con un balzo, Piton atterrò agilmente di fianco a Harry.
“Sono venuto ad aiutarti, Potter, perché, qualunque cosa
tu creda, io sono sempre rimasto fedele a Silente e ora sono pronto a
proteggerti!” esclamò, gli occhi neri pieni di determinazione.
La faccia di Voldemort si tramutò in una maschera d’odio
terribile; Harry sentì i peli rizzarsi sulla nuca.
“Sarà meglio che tu sappia, Harry, prima di morire, che
quest’essere di fianco a te” fece Voldemort, indicando Piton con una leggera
inclinazione della testa, “ti protegge solo per interesse personale! Lui era
innamorato di tua madre, Harry, della cara, dolce, Lily Evans!”
Harry sentì un tonfo al cuore. Non poteva essere….
Voldemort diceva il falso…Piton, innamorato di sua madre??? Non era possibile…
no…
Piton, d’altro canto, non sembrava turbato; il suo
sguardo era sempre determinato e non trasmetteva emozioni precise.
“Questo non cambia assolutamente niente. E’ vero, Potter:
io amavo tua madre… era l’unica dalla mia parte, l’unica che mi proteggeva…
l’unica che osava mettersi contro la banda dei Malandrini! Ma, ripeto, tutto
questo non ha nessuna importanza” rispose Piton, gli occhi ridotti a fessure.
Voldemort fece un sorriso amaro.
“Ah, l’amore” sospirò, spostandosi avanti e indietro.
“Non sono a conoscenza di questo potere. Mi è del tutto ignoto. Ma ci sono cose
più potenti dell’amore: sono le qualità che io posseggo. Per questo vi
distruggerò… CRUCIO!” gridò d’un tratto, voltandosi verso Harry con una
velocità sorprendente; il ragazzo, preso alla sprovvista, cadde a terra, in
preda a terribili convulsioni… provava un dolore insopportabile… voleva morire…
voleva che finisse tutto… e, di colpo, finì.
Harry aprì gli occhi. Aveva le ossa doloranti e la
cicatrice bruciava in modo spaventoso. Spostò lo sguardo di fianco a sé e vide
con orrore che Piton era stato Schiantato.
La risata di Voldemort risuonava nella stanza.
Era la fine.
“Addio, Harry Potter! Tra poco, il mondo farà a meno
della tua presenza! Morirai nella casa dei tuoi genitori… spero sia onorevole,
per te. Voglio però esaudire un tuo ultimo desiderio, Harry.”
Harry taceva, immobile, in attesa del proprio destino.
Era tentato dal non rispondere ma, in realtà, aveva un ultimo desiderio e forse
Voldemort era in grado di accontentarlo: non voleva che il suo ultimo ricordo,
prima di morire, fosse la risata gelida dell’assassino di tutta la sua
famiglia. Voleva morire vedendo il sorriso della persona che amava di più al
mondo… voleva sentire il profumo di Ginny, voleva poterla baciare un’ultima
volta… voleva chiudere gli occhi conservando l’immagine di quel fiore, di quel
raggio di sole, di colei che aveva illuminato
la sua vita passata… voleva poter morire con il sorriso sulle labbra.
E, all’improvviso, Harry capì.
Si chiese come aveva fatto a non pensarci prima. Come
aveva fatto ad essere così stupido?
Era ovvio. L’unica cosa in grado di distruggere Voldemort
era l’amore. L’amore che provava per Ginny.
Era tutto così semplice, ora… Voldemort, diciassette anni
fa, era stato quasi sconfitto dall’amore di Lily Evans che si sacrificava per
suo figlio…
“Non puoi ammazzare Harry!” strillò una voce. Ginny era
riuscita a strappare coi denti il pezzo di tela che le tappava la bocca e ora
fissava Voldemort con uno sguardo terribile.
Ma Harry quasi non sentiva. Sapeva che stava arrivando la
sua fine… ma non aveva paura.
Anzi, si sentiva leggero… si sentiva una piuma…
Nessuno si rese conto che il Prescelto si stava alzando;
Harry sorrideva, felice… nulla poteva fermarlo… stava morendo nel modo migliore
che avesse mai desiderato…
Sentì a malapena Voldemort che sbraitava contro Ginny…
vide un lampo di luce verde… avvertì in lontananza delle grida, mentre si
tuffava davanti alla bellissima ragazza…
mentre attraversava la luce verde… sentì il tonfo di Voldemort che
cadeva a terra…
Il volto di un angelo dai capelli rossi fu il suo ultimo
ricordo.
Ora lo attendeva il riposo.
Per sempre.
*
Ci sono leggende che narrano di periodi remoti, in cui un
mago potente e malvagio governava il mondo. Si vocifera che il suo nome fosse
Voldemort.
Ma l’epoca che seguì fu un periodo di beatitudine, di
pace, di serenità, per la comunità magica.
Capita spesso che i genitori portino i bambini nel
cimitero di Hogwarts.
Là c’è una brezza sempre costante; un leggerissimo vento
muove le foglie sugli alberi. C’è una leggenda anche su questo fatto: si narra
che l’anima di un ragazzo dai capelli neri e gli occhiali dalla montatura
rotonda continui a vagare per quel terreno che aveva tanto amato, provocando
uno spostamento continuo dell’aria.
I bambini, appena messo piede in quel luogo, sanno
esattamente dove dirigersi: c’è una bara, al centro del giardino, molto più
maestosa delle altre.
In quella bara riposa il ragazzo dai capelli neri e dagli
occhiali rotondi.
Tra le mani, stringe una ciocca di capelli rossi.
I visitatori della tomba di Harry Potter sono molti.
Di certo, il mondo non dimenticherà in fretta quel
meraviglioso ragazzo la cui foto sorridente spicca sulla lapide di marmo; quel
tipetto magrolino e occhialuto dalla strana cicatrice.
Questo tristissimo finale di Harry
Potter è la mia prima storia pubblicata su EFP……………….spero vi piaccia e
recensite, per favore!!!!!!!!!!!!!!!! Ancora una cosa: please, datemi consigli
sul modo di scrivere…non criticate troppo perché ho fatto morire Harry e
Ron!!!!!!!!!!!!!!! Il giorno in cui l’ho scritta ero in vena di fare cose
tristi……………………………sorry!