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Autore: MarchesaVanzetta    18/12/2012    0 recensioni
Piccoli enormi rimasugli di una vita solitaria.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un tempo, quando era giovane e pieno di vita, aveva viaggiato molto, inseguendo la sua passione più grande, alla quale aveva dedicato tutta l’esistenza: l’archeologia. Per poter vivere da vero archeologo aveva studiato la sera, sfinito dal lavoro nell’officina del padre che lo liberava solo nel tardo pomeriggio, per poter ottenere prima il diploma e poi la laurea cui ambiva. Aveva maledetto suo padre e se stesso e aveva esultato come non mai per ogni piccola vittoria che lo avvicinava al traguardo.
La sera della sua laurea, con la valigia pronta nella sua stanza, aveva annunciato ai genitori che per i due anni successivi sarebbe stato in Africa con il suo professore, Luigi Guglielmetti, a cercare i resti di antiche civiltà ormai dimenticate tra le sabbie del tempo e dei deserti. Era partito il giorno dopo, prima che il cielo si schiarisse, tra le lacrime di sua mamma e lo sguardo fermo di suo padre, più tagliente del vento che lo gelava da sotto il pastrano. Non li aveva più visti per cinque anni.
Dai suoi anni all’estero aveva riportato piccoli tesori, sempre più pregiati con il trascorrere del tempo: se prima considerava di immenso valore un coccio, sul finire della sua carriera aveva riportato monili d’oro e lapislazzuli. Con quei frammenti di vite e epoche a lui estranee  aveva riempito l’appartamento che gli avevano lasciato, alla morte, i suoi genitori e aveva poi trasferito tutto il suo lavoro nella nuova casa, acquistata in occasione del suo matrimonio con Gina, la figlia di quel suo vecchio primo professore, Guglielmetti.
E ora, guardandosi intorno, non vedeva altro che schegge di vita altrui, che soffocavano quelle poche briciole della sua vita: la fotografia del suo matrimonio, una foto del figlio piccolo, sempre il figlio, ventitreenne, due mesi prima di essere ucciso negli stessi luoghi dove lui aveva cercato tesori.
Aveva spesso pensato, in quegli anni, che quelle terre avessero solo saldato i conti, prendendosi la vita di suo figlio: il suo sangue per il loro sangue. Non si era mai dato pace.
Gina gli ripeteva sempre di non dire scempiaggini, ma ora non era più con lui: quella grande casa piena di cianfrusaglie era desolata, deserta: quei reperti  non potevano stare lontani dal loro luogo di origine.
Era solo, completamente solo: non un amico era sopravvissuto e nessuno ormai si ricordava più di lui.
Si accasciò su un canapè di giunchi intrecciati e dai cuscini ormai piatti e restò a fissare il soffitto per ore o anni, rivivendo ogni attimo della sua vita, con immagini in bianco e nero.
Si sentì sempre più vecchio e solo, finché non divenne anch’egli polvere. O meglio, sabbia.
  
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