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Autore: MarchesaVanzetta    18/12/2012    1 recensioni
Una notte di calo d'ispirazione e una musa sempre pronta ed entusiasta. Ottimo ambiente per uno scrittore...
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alzò gli occhi sulle due vignette ritagliate dai Peanuts che aveva attaccato sulla parete dietro al computer, come conforto nei cali d’ispirazione o negli attacchi di noia di vivere. Anzi, noia di scrivere, come in quel momento.
Stava scrivendo le sue duemila parole quotidiane, concentrandosi del tutto sull’idea per il nuovo capitolo del suo romanzo, quando improvvisamente la noia l’aveva preso, cancellandogli la memoria dell’idea appena pensata e lasciandolo, inebetito, a fissare un foglio di word bianco, immacolato, con la piccola sbarra spaziatrice che brillava fastidiosa.
“Scrivere è un lavoro faticoso” lesse, sorridendo di Snoopy e dei suoi tentativi di scrivere un romanzo, sopra la sua cuccia. In quel momento si sentiva tanto così, accanito su un sogno vano, presto zimbello di tutti. D’altronde, se dopo ventitré capitoli d’un romanzo d’avventura, non riusciva a tirar fuori nulla per salvare la sua eroina dai guai, era proprio messo male, ben più di Jean, impantanata in una palude avvelenata e sotto tiro di una feroce tribù dell’Amazzonia.
Aveva la testa vuota e leggera, fluttuante. Decise di chiamare la sua ragazza, Giorgia, sperando di trovare di nuovo l’ispirazione; d’altronde, Jean era basata sulla sua figura orgogliosa e tenace.
“Pronto?” rispose assonnata la ragazza.
“Ciao, sono io. Senti, sono un po’ impantanato con il libro, ti va di chiacchierare un po’?” propose, immaginandola mentre si metteva le mani tra i capelli, disperata. La stava tirando pazza, con questo libro.
“Amore mio, sai che ore sono?!” ribatté, completamente rassegnata alla mancanza di realtà del fidanzato.
“Ma è presto, sono… aspetta, dov’è finito l’orologio?!... voilà, trovato. Le due di notte?! Hum, scusami, non me n’ero accorto. Vai a dormire, risolvo io. Scusami ancora!” disse il ragazzo, mortificato. E lui che pensava fossero al massimo le dieci… ma quanto era stato a fissare il foglio bianco?
“Oh dai, tanto adesso mi hai svegliata. Allora, che succede?” domandò, di nuovo sveglia. Amava quelle chiamate notturne, al folle inseguimento dell’ispirazione. Per non parlare di quanto si sentisse orgogliosa di essere la sua musa in caso di bisogno.
“Jean è in una palude velenosa. E i Cirvitos la tengono sotto tiro. Come diavolo la tiro fuori da lì?” la informò, non sapendo più che pesci pigliare.
“Ma dov’è Max?” chiese, riferendosi alla conquista dell’esploratrice.
“Se l’è data a gambe non appena ha visto le frecce dei Cirvitos. Credo che lo farò uccidere”
“Ma poverino!  Non può tornare indietro e salvarla?”
“Assolutamente no: è un vile. Magari un altro esploratore perso…?”
“No, idea! La figlia del capo dei Cirvitos. Amore e pace tra i popoli! Che ne dici?” propose lei, entusiasta.
“Che ti amo! Vado a scrivere, grazie infinite!” chiuse veloce la telefonata, tornando poi in possesso della tastiera.
Digitò freneticamente per tutta la notte, il ticchettio dei tasti e qualche rara apparizione del gatto tra le sue caviglie come unica distrazione. Alle sei, quando dalla tapparella mezza alzata iniziò a venire la luce dell’alba, smise di scrivere.
Si stiracchiò, rimanendo a lungo con la schiena distesa e le braccia allungate dietro di sé, soddisfatto e orgoglioso di se stesso: aveva tirato fuori dai guai la sua protagonista, aveva scritto un appassionato discorso di pace e fratellanza e l’aveva messo tra le labbra di una piccola donna selvaggia, aveva riportato Jean a casa e le aveva fatto ricevere pubblici onori.
Insomma, aveva finito il libro. Quattro capitoli in poco più che quattro ore, un record per lui che ci metteva una settimana per finirne uno.
Salvò il documento e spense il computer, costringendosi ad andare a letto: nel pomeriggio avrebbe mandato il terzo romanzo di Jean De Court all’editore, ma ora voleva solo godersi la sensazione di aver finito un nuovo libro e dell’esserci riuscito grazie alla sua meravigliosa compagna.
Avrebbe dovuto come minimo offrirle una vacanza, pensò, addormentandosi.
Magari, non in Amazzonia!
  
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