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Autore: thatsbacky    18/12/2012    1 recensioni
Tutto era cambiato dall'ultima guerra. Si apriva davanti a me uno scenario cupo e silenzioso, fin troppo silenzioso. Cercai nell'aria qualche rumore, tra gli alberi qualche movimento, ma nulla. L'intera atmosfera intorno a me era statica. Feci in tempo a sussurrare due parole "siamo circondati" prima di trovarmi immerso nella più totale oscurità...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Se proseguiamo ad Est, oltre le montagne, potremmo guadagnare terreno durante la notte"
"No, ci accampiamo qui, quelle sono terre troppo pericolose, non rischierò la vita proseguendo dopo il tramonto" la sua determinazione e la sua ostinazione erano tali da farmi perdere il controllo, stavo facendo tutto questo per proteggerla, per allontanarla dal pericolo e lei che faceva? Andava incontro ai pericoli come se fossero vecchi amici. Gli elfi erano creature coraggiose, straordinariamente impulsive, testarde e irritanti, se pur sagge, intelligenti e fedeli per quanto riguarda l'amicizia.
Borbottò qualcosa, la ignorai e cercai dei rami nelle vicinanze per accendere un fuoco.
Camminavamo insieme da tre lune ormai, avevo fatto abitudine ai suoi capricci e sapevo che mantenere una calma apparente era la cosa migliore da fare. Ci trovavamo nel bel mezzo della foresta del Jiho, una delle più oscure del nostro mondo, ma dopo l'ultima guerra nessun posto era sicuro, nessun luogo poteva più essere chiamato casa. Io ero l'ultimo della mia stirpe, vivevo solo ed il mio ruolo era già stato deciso prima che nascessi. Il mio scopo sarebbe stato proteggere la stirpe reale, ero l'ultimo tributo tra gli umani per il regno elfico. Durante la seconda guerra infatti, gli umani si rifiutarono di venire in aiuto agli elfi, soli contro l'oscurità delle crudeli creature del Nord. 
Così dopo aver vinto quelle sanguinose battaglie, si impegnarono a distruggere e schiavizzare noi umani. Ci suddivisero in classi, ognuna delle quali aveva un ruolo ben preciso che avrebbe dovuto rispettare per l'intera esistenza. Il mio destino dunque era quello, ogni istante della mia infanzia mi aveva condotto a questo momento. Ma non mi stupiva, ne ero a conoscenza, era stato predetto dai Quailp, i quattro grandi stregoni. Ognuno di loro possedeva un dono, Fairster aveva il fuoco nelle sue mani, Uatar poteva gestire un fiume in tutta la sua potenza, Pearte parlava con la terra, le piante e tutte le creature, infine, Arair seguiva il vento, l'aria, insieme avevano il compito di leggere le sacre carte. Esisteva una carta per ogni uomo in cui vi era scritta la sua storia, il suo destino.
Il vento soffiava gelido, riempii i polmoni di quell'aria limpida che mi dava nostalgia di casa.
Il fruscio dei castagni e i canti delle fate rendevano l'atmosfera malinconica, triste. La notte era ormai calata, tutto intorno si faceva più minaccioso, sinistro. Ogni cosa era cambiata, perfino quei castagni non erano più quelli di una volta. Quel senso di vuoto stava prendendo il sopravvento su tutto ciò che c'era di sereno nel nostro mondo. Osservai la luna rosso sangue che lentamente veniva ricoperta da una coltre di nubi nere. Afferrai l'elsa di Rogen, pronto per ogni evenienza e socchiusi le palpebre, concentrandomi silenziosamente su ciò che il buio profondo della notte mi celava.
La notte passò lenta, mi svegliai alle prime luci dell’alba. Il risplendere di due soli mi faceva capire che era iniziato il mese di Aprile, faceva ancora freddo da quelle parti, ma i mandorli erano quasi tutti fioriti e gli animali ormai usciti dal letargo animavano un po’ quelle terre. Appena la luce avvolse il mio viso mi ricordai di mettere il mantello. Una delle regole dei Gauder, così si chiamava la nostra stirpe, era quella di mostrare il proprio volto il meno possibile, in modo tale da lasciare nascosta la nostra identità e non permettere al nemico di avere un viso da ricordare nel campo di battaglia.
Svegliai la principessa barbaramente con dei leggeri calci sul costato, mi osservò scocciata, non le badai e raccolte tutte le cose montai a cavallo senza dire una parola.
Quelle non erano le mie terre, quello non era il mio mondo, più mi allontanavo da casa, più la malinconia e la nostalgia prendevano il sopravvento sul mio animo. Rimpiangevo il mio passato, rimpiangevo ogni creatura che avevo anche solo sfiorato con la lama della mia spada, perché dopotutto non avevo alcun diritto per farlo, non esistevano motivazioni valide che potessero giustificare le mie azioni.
Il vuoto che si era impossessato di quei territori aveva inebriato anche la mia mente ed il mio cuore, non ero più capace di provare emozioni o sentimenti, avevo dimenticato le parole “amore” e “amicizia”. Colpa di quell’odio, colpa di quell’indifferenza alla morte e alla sofferenza altrui, per colpa di tutto quello ora io non ero più vivo delle persone che avevo ucciso.
La giornata pareva afosa, ma conoscendo le irrequiete fate che vivevano in quegli alberi avrebbe potuto iniziare a piovere da un momento all’altro.
Di quei luoghi avevo sentito parlare solo dai miei antenati, me li avevano mostrati sulle antiche mappe quand’ero bambino, ma inoltrarsi in quei sentieri, quelle grotte, quei burroni e quelle montagne era completamente differente.
La mia casa si trovava a Sud, distante quasi un altro mondo dalle calde regioni dell’Est. La città in cui nacqui e trascorsi la mia infanzia si chiamava Erin, grande capitale del regno dei Wounder, dinastia iniziata nell’ottavo anno del Tasso e conclusa con l’ultima guerra.
Il palazzo reale si trovava al centro della città e il cristallo di cui era fatto faceva da cometa per coloro che vagavano in quelle lande, subito dopo l’entrata delle mura si apriva uno scenario movimentato e caotico con un’enorme piazza come sfondo, in cui tutte le classi si riunivano per assistere ai pronostici e ai discorsi dei Quailp, ma in particolar modo mi sono rimaste impresse le campagne circostanti, il fiume Bahin, in cui mi recavo a prendere l’acqua per mia madre e il Bosco dai Mille Tormenti, nel quale ebbe inizio il mio addestramento da Gauder…
“Sperando di trovarci nella grazia degli dei dovremmo arrivare prima della nuova luna” interruppe improvvisamente i miei pensieri.
“Non credo in nessun dio e niente sarà mai a nostro favore” respirai profondamente.

  
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