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Autore: Tomi Dark angel    19/12/2012    6 recensioni
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e…
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quando Sam si svegliò aveva un forte mal di testa e si sentiva stordito, come se gli avessero appena rifilato una botta in testa. Scese dal letto, posando a terra i piedi nudi e, come in trance, barcollò fino alla cucina. Una strana sensazione gli suggeriva di recarsi lì perché qualcuno aveva bisogno di lui, aveva bisogno di aiuto. Sì, qualcuno, Sam lo sentiva, stava soffrendo come un cane.
Quando entrò nella stanza, Sam trovò solo un caldo raggio di luce crepuscolare che bagnava le pareti e il silenzio tombale che fungeva da strascico a qualcosa andato terribilmente storto. Sam conosceva bene quel silenzio perché l’aveva ascoltato migliaia di volte, soprattutto quando era morto suo padre o quando avevano perso Helen e Jo. Era un silenzio pesante, che sapeva di morte.
Una folata di vento proveniente dall’esterno gli colpì il viso, portando con sé un profumo di dolci che Sam conosceva bene. In risposta a quell’odore, il suo cervello riavvolse il nastro dei ricordi.
Dean che crollava a terra svenuto.
Castiel che lo guardava con occhi tristi e colmi di una devozione incondizionata.
Gabriel.
Gabriel che gli regalava un ciondolo d’oro, Gabriel che gli baciava il dorso della mano, Gabriel che appariva all’orizzonte, abbracciato dalla luce gloriosamente dorata dell’alba nascente. Il suo Gabriel, il suo angelo.
Sam si sfiorò il petto in una carezza quando sentì il tocco tiepido del metallo sulla clavicola. Infilò una mano sotto la maglietta e ne estrasse un ciondolo brillante, avvolto nell’aureola di un soffuso bagliore. Quello era il regalo di un angelo, una piuma di Gabriel. Sam non poteva credere che quell’oggetto fosse stato affidato a lui, il mezzo demone, l’assassino drogato di sangue infernale.
Un basso mormorio lo distrasse. Sam si avvicinò alla finestra, appiattendosi contro il muro per non farsi vedere e sporse di poco il viso.
Gabriel era in piedi fuori al porticato, le ali abbandonate nel fango e nella terra, le piume arruffate. I capelli scompigliati gli cadevano sul viso e davanti agli occhi, dei quali si intravedeva a stento l’espressione abbattuta di chi ha pianto e si sente svuotato. Sam non l’aveva mai visto così.
-Gabriel?- chiamò, uscendo dalla cucina e infine dalla casa. Gabriel non si voltò.
-Entra in casa, zuccherino. Tra poco si annuvolerà il cielo e verrà a piovere.-
Al contrario, Sam lo affiancò e cercò di guardarlo in faccia, ma lui evitò il suo sguardo. Avrebbe voluto chiedergli di Castiel, ma sentiva che non era la domanda giusta da fare… forse non voleva sapere davvero la risposta.
-Gabriel?-
-Mh?-
-Devo ringraziarti. Dovevo farlo tanto tempo fa e… be’, non l’ho mai fatto.-
Sam abbassò timidamente gli occhi, improvvisamente troppo spaventato per guardare in faccia l’arcangelo. Gli occhi screziati d’oro dell’altro lo mettevano in soggezione, lo innervosivano più del dovuto. Si sentiva spesso schiacciato da quello sguardo giocoso ma sempre intriso di saggezza, di antichità. Gli era difficile dimenticare che prima ancora di essere un trickster particolarmente bastardo, Gabriel era un arcangelo, forse uno dei più potenti.
Sam prese un profondo respiro prima di continuare: -Tu mi hai salvato la vita, ti sei spezzato un’ala e Dio solo sa cos’altro hai fatto per proteggermi. Sei stato un angelo e un amico, ed io… io ti ringrazio per…-
-Niente sentimentalismi, tesoro. Non fanno per me.- lo bloccò bruscamente Gabriel, dandogli le spalle. Sam rabbrividì, sconcertato dall’improvvisa freddezza dell’arcangelo. Non era da Gabriel schivarlo in quel modo, anzi: solitamente faceva di tutto per attirare l’attenzione di Sam e magari un contatto fisico con quest’ultimo.
Gabriel fece per allontanarsi da lui, ma Sam gli strinse un polso con forza, sicuro soltanto di una cosa: non lo avrebbe lasciato andare. Non riusciva a pensare a una vita con quel Gabriel freddo come il ghiaccio, scostante, solitario. Per lui Gabriel era il calore del sole quando si svegliava e la luce dorata sempre pronta a sfiorargli il viso quando ne aveva bisogno. Senza il suo astro, senza la sua luce ad illuminargli la strada… Sam si sentiva perduto.
-Ti prego, non farlo anche tu.-
Gabriel si voltò lentamente, stupito da quelle parole. Guardò Sam, il cui capo chino permetteva ai capelli di ricadergli davanti agli occhi serrati in un’espressione da bambino. La sua stretta tremò intorno al polso dell’arcangelo, ma Sam si premurò di aggiungere anche l’altra mano per trattenere il suo sole.
-Sono andati tutti via. Chi prima, chi dopo, ma l’hanno sempre fatto. Mi erano rimasti soltanto Dean e Bobby, ma hanno dubitato di me anche loro, lo so, lo ricordo, come ricordo i loro sguardi. Li ho visti voltarmi le spalle, andarsene e lasciarmi indietro. Li ho inseguiti… giuro che l’ho fatto, ma non sono mai riuscito a raggiungerli per davvero. A volte mi illudo di avercela fatta, di essere come loro, ma la verità è che non sarà mai così. Perciò ti prego, non voltarmi le spalle anche tu. Io… ti prego, Gabriel.-
Gabriel guardò quel ragazzo grande e grosso, più alto di lui di diversi centimetri e dal fisico molto più massiccio del suo. Nessuno si sarebbe mai immaginato tanta fragilità in quegli occhi di cristallo sempre pronti a sgretolarsi in un mare di lacrime mai versate. Forse Sam non era così diverso dall’arcangelo.
Gabriel sentì il cuore cedergli e l’unica barriera che aveva inalberato per proteggersi dal mondo e da Sam cedette di schianto. Aveva già perso Castiel, e no, non avrebbe lasciato che anche Sam fuggisse. Era il suo ultimo pilastro, la sua ultima ancora di salvezza, e Gabriel l’avrebbe tenuto con sé fino alla fine, a costo di sembrare egoista.
Fu quasi senza accorgersene che l’arcangelo appoggiò le mani sulle guance di Sam per alzargli il viso e guardarlo finalmente in tutta la sua bellissima innocenza alla luce del sole.
I loro occhi si incontrarono in uno spettro di colori ed emozioni indescrivibili, ma alla fine fu Gabriel ad alzarsi in punta di piedi per appoggiare le labbra sulle sue in un bacio soffice, dolce come i lecca lecca che l’arcangelo gustava di continuo. Si trattava di un semplice sfiorarsi di labbra, la promessa di restargli vicino fino alla fine, e allora Sam seppe che Gabriel sarebbe stato di parola. Forse fu per questo che approfondì il bacio, o forse rispose semplicemente ad un puro istinto primordiale, ma il giovane Winchester sentiva di aver aspettato quel momento per troppo tempo.
Finalmente, almeno per quei pochi, brevi istanti, Gabriel poteva essere suo.
Quel pensiero bastò a scollegargli il cervello. Gli cinse i fianchi con un braccio, stringendoselo a sé e gli bloccò la nuca con la mano libera, sfregando il bacino contro quello dell’arcangelo, che rispose con un mugolio sorpreso, subito soffocato dalla lingua di Sam che non lasciò spazio ad altre proteste.
Gabriel gli abbracciò il torace, premendosi contro di lui, l’ansito appena accennato che scorreva dalla sua bocca a quella del ragazzo. Dio, se Sam sapeva baciare.
Si udì un fruscio, poi una potente raffica di vento, ma Sam non aprì gli occhi. Intrecciò le gambe a quelle di Gabriel mentre rincorreva la sua lingua e spostava la mano che fino a quel momento aveva occupato un posto dietro la nuca dell’arcangelo sul suo petto. Lo accarezzò, risvegliando la pelle calda di Gabriel, richiamandola a una rinascita che non si fece attendere.
Gabriel allontanò delicatamente il viso di Sam dal suo, incatenando nuovamente i loro occhi. Quelli del ragazzo erano liquidi, scuri di passione repressa, ma a Gabriel venne da sorridere quando pensò che quelle stesse sensazioni lo avevano reso insensibile a qualcos’altro.
-Sai, pensavo che l’avresti presa peggio.- sghignazzò, i capelli scompigliati dal vento.
Sam sbatté le palpebre, ancora stordito. -Eh?-  
-Ti consiglio di guardare giù.-
Sam ubbidì e per poco non svenne. Si trovavano… be’, in cima al mondo. O almeno, questo fu ciò che pensò Samuel Winchester una volta posati gli occhi sul pezzo di mondo che si srotolava intorno a loro. Da quell’altezza si poteva vedere l’autostrada che snodava i suoi bracci grigiastri d’asfalto come una serpe spesso attorniata dal verde degli alberi, che in alcuni casi si raggrumavano in piccole foreste. Più in là era ben visibile il cimitero dove era sepolta la moglie di Bobby, e poco più vicino la cittadina che aveva visto sbocciare il loro amore, anche se forse non lo aveva guardato svilupparsi.
Il vento accarezzava i corpi di Sam e Gabriel in una morbida carezza, scompigliando loro i capelli, i vestiti e i pensieri, ma non era spiacevole. Se Sam non fosse stato troppo spaventato per sciogliersi davanti a quella vista, probabilmente l’avrebbe fatto. Erano i padroni del mondo, i figli del vento, e quella sensazione di leggerezza che il ragazzo avvertiva alla bocca dello stomaco era ineguagliabile… significava libertà.
Sam si aggrappò al collo di Gabriel con un sussulto, troppo terrorizzato per gridare. Gli mancava il fiato.
-Fammi scendere subito!- strillò all’improvviso, ritrovando la voce. Gabriel gli accarezzò la schiena.
-Rilassati, mia dolce panna montata. Ti tengo, non cadrai.-
-Non mi interessa! Fammi scendere!-
-No.-
-Dio, quanto avrei voglia di…-
-Sposarmi? Hai ragione, anche io mi sposerei!-
-Ma anche no! Stavo per dire “picchiarti”.-
-Si dice così adesso?-
-Vaffanculo, Gabriel!!! E fammi scendere!-
-Oh, suvvia, io…-
Ma Gabriel non completò mai la frase. Il suo corpo ebbe un sussulto e le ali furono percorse da uno spasmo involontario che per un attimo li sbilanciò.
-Gabriel!- chiamò Sam, mentre l’arcangelo sbarrava gli occhi, lo sguardo perso chissà dove. All’improvviso strizzò gli occhi e contrasse i muscoli, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. Scosse il capo, come a voler riprendere contatto con la realtà e, una volta premuto il viso di Sam contro il collo piegò un’ala per virare in una picchiata vertiginosa.
Piombarono nel cortile di casa Singer e Gabriel spalancò le ali un attimo prima che si schiantassero, sbattendole energicamente per contrapporsi alla forza di gravità. Sam non gridò, non obbiettò, ma anzi, sembrò capire che qualcosa non andava. In quel momento, Bobby uscì dalla casa, il viso stravolto.
-Ragazzo, che diamine sta succedendo?! Tuo fratello ha urlato fino a farsi scoppiare i capillari! Non riesco a svegliarlo!-
Sam sbarrò gli occhi, spaventato. –Dean…- mormorò, cercando di raggiungere la porta, ma in quel momento Gabriel emise un gemito e si afflosciò, stringendosi il collo con entrambe le mani. Sam urlò il suo nome più e più volte, ma non ci fu verso di smuoverlo da quella posizione tremante per diversi minuti. Quando infine l’arcangelo sembrò riprendersi, lo fece solo per sollevare gli occhi su Sam in uno sguardo distrutto che mandò in pezzi il cuore del ragazzo.
-Vai… da Dean.-
-Gabriel, non…-
-VAI!!!-
Sam indietreggiò, sconfitto. Allontanarsi da Gabriel e lasciarlo in quello stato gli stava strappando un pezzo d’anima. Sam non sapeva cosa non avrebbe dato pur di tornare nel cielo, dove la sua unica preoccupazione era la paura di cadere, subito smorzata dalla stretta rassicurante e dal dolce profumo di Gabriel. Avrebbe voluto baciarlo di nuovo, accarezzarlo e sapere che andava tutto bene, ma non c’era tempo. Doveva fidarsi del suo arcangelo e andare da Dean, anche se questo significava lasciarlo lì con Bobby.
Sam corse in casa, attraversò il salone e le stanze che lo separavano da Dean e quando spalancò la porta lo vide accasciato sulla moquette, probabilmente caduto di schianto dal letto. Stringeva convulsamente le lenzuola tra i pugni serrati, il volto affondato in quelle stesse coltri e il corpo scosso dai tremiti.
-Dean!- urlò Sam, correndo al suo fianco per aiutarlo a rialzarsi. Lo afferrò per la vita, aiutandolo a voltarsi, ma quando ci riuscì vide con orrore che l’espressione di Dean era terribilmente simile a quella di Gabriel: stesso colorito esangue, stessi occhi sbarrati e persi nel vuoto. Guardando meglio, Sam realizzò con orrore che le guance di Dean erano bagnate, e non di sudore.
Suo fratello Dean, il forte, sarcastico Dean… piangeva.
-Dean, sono io! DEAN!!!- gridò Sam, scuotendo suo fratello, il quale alzò su di lui un paio di occhi spenti, privi di luce prima di tornare a chinare il capo, chiudendo gli occhi in un’espressione esausta.
Tutto ciò che disse prima di svenire fu un semplice e coinciso: -Non c’è più.-
§§§§
Dean Winchester fu preda della febbre per un’intera settimana, durante la quale il ragazzo dormiva sogni popolati di incubi e si svegliava solo per vomitare i pochi succhi gastrici che aveva in corpo. Giorno dopo giorno il suo corpo deperiva, consumandosi, scavandosi, e per quanto Sam si impegnasse per aiutarlo, non ci fu verso. L’unica cosa che riuscì a cavare dalla bocca di Dean durante i suoi brevi momenti di lucidità fu un nome: Castiel.
Sam capì che il pessimo stato in cui verteva suo fratello era dovuto all’angelo, ma quest’ultimo non rispondeva mai alle sue chiamate, nonostante Sam si sgolasse per ore chiamandolo ogni giorno. Niente. Nessuna risposta, nessun segno che l’angelo stesse bene o che fosse vivo. Per questo un pensiero cominciò a farsi spazio nella mente di Sam, ricollegando gli avvenimenti: il dolore di Gabriel, il quale dopo quel giorno sembrava essere scomparso dalla circolazione, il malessere di Dean e le sue lacrime.
In tutto quel casino, la testa di Sam sembrava perennemente occupata dal pensiero dell’arcangelo. Dov’era? Stava bene? Perché non si faceva vedere?
Sam se lo immaginava seduto in qualche luogo sperduto, magari sul picco di qualche montagna, con le ali abbandonate in un ampio cerchio dorato intorno al corpo e il capo reclinato all’indietro per catturare la luce del sole. Lo vedeva piangere nei suoi sogni e per quanto lo chiamasse o cercasse di raggiungerlo, sembrava tutto inutile. Gabriel era lontano da lui, e forse l’aveva dimenticato. Quel pensiero gli spaccava il cuore ogni giorno di più e in più parti.
-Ragazzo…- chiamò Bobby un giorno, mentre Sam, seduto su una sedia accanto al letto di Dean osservava con occhi stanchi le agonie del fratello.
-Dimmi, Bobby…-
-Credi che Castiel sia morto?-
Sam si passò una mano sul viso, strofinandosi gli occhi. Non ebbe la forza né il coraggio di dire a voce alta che sì, molto probabilmente Castiel non c’era più, perciò si limitò ad annuire lievemente. Bobby si sedette sul bordo del letto di Dean, guardando il viso scavato del più grande dei Winchester.
-Sai, quando morì mia moglie… io avevo la stessa faccia di Dean. Non riuscivo più a guardarmi allo specchio, perciò coprii o ruppi tutte le superfici riflettenti della casa. Mangiavo utilizzando cucchiai di legno e non uscivo di casa. Diventai schiavo dei miei pensieri che proiettavano la sua immagine dappertutto, ovunque mi girassi. Ero in gabbia, e quella gabbia me l’ero costruita io. Fu vostro padre a tirarmi fuori.-
Sam si voltò verso Bobby così bruscamente che gli fece male il collo. L’anziano cacciatore sorrise tristemente.
-Sì, fu tutta colpa di quel mentecatto di John. Un giorno piombò qui e scoprì tutti gli specchi. Mi trascinò davanti a uno di essi e mi costrinse a guardarmi. Dio, avevo un aspetto orribile… sembravo uno dei tanti fantasmi a cui avevo dato la caccia. Ricordo che fui costretto a coprirmi il viso per non dover più guardare, ma provai ribrezzo anche verso le stesse mani scarne che mi toccavano. Mi accorsi all’improvviso che ero scheletrico, deperito, e non ci avevo mai fatto caso prima di allora. John mi sbatté in faccia la verità e disse che mi stavo soltanto lasciando morire come un povero idiota, uno dei tanti che avevo preso a calci in culo per farli rinsavire… forse fu questo a svegliarmi del tutto. Volevo essere vivo per me e per mia moglie, volevo sperare ancora in qualcosa che non fosse una morte veloce e indolore.-
Sam guardò il volto anziano del cacciatore, pensando a quanto avesse sofferto durante la sua vita. Sì, aveva avuto momenti difficili, ma si era sempre rialzato, e lui, Sam, avrebbe costretto Dean a fare lo stesso.
Si alzò in piedi.
-Lo riporterò indietro, Bobby, fosse l’ultima cosa che faccio. Dean mi ha aiutato tante volte, e anche se mi toccherà ricoprire il ruolo che papà ha avuto con te, non lo lascerò andare.-
-Lo so.-
Quella notte Sam dormì poco e male. Rimase accanto a suo fratello, accoccolato sulla sedia, e talvolta poggiava la guancia sullo schienale per cercare una posizione comoda per riposare. Aveva sonno, era esausto da una settimana di stress e preoccupazioni, ma il suo cervello non voleva saperne di spegnersi.
-Gabriel…- mormorò, mentre una lacrima scivolava sulla sua guancia, cadendo quasi di proposito sul ciondolo posato sul suo petto. Come richiamato all’ordine, finalmente la mente di Sam sembrò acquietarsi. Ogni pensiero fu spazzato via, sostituito da una calma placida.
Senza accorgersene, Sam chiuse gli occhi e si addormentò.
 
Silenzio. Da qualche parte un orologio a pendolo batté i rintocchi della mezzanotte e un gelo indescrivibile abbracciò casa Singer. Qualcosa di bianco oscillò al vento e si posò sul davanzale mentre una potente folata sbarrava le finestre, senza però svegliare i tre cacciatori. Il fiocco di neve attraversò la stanza, sfiorò il viso di Dean Winchester e si posò infine sul dorso della mano di Sam.
Il ragazzo sussultò appena e socchiuse gli occhi, ancora insonnolito e stordito dall’ora tarda. Solamente i raggi di luna filtravano dalla finestra, illuminando una parte del letto di Dean. Per un attimo Sam si illuse che quel bagliore appartenesse alle ali di Castiel, ma subito il ragazzo sospirò, ricordando a se stesso che Castiel non c’era più, che probabilmente era morto.
La porta si socchiuse con delicatezza, lasciando entrare quello che sembrava un flebile fascio di luce dorata. Sam conosceva quella luminosità, l’aveva guardata tante volte con l’ammirazione di un uomo che fissa un angelo.
Dei passi felpati alle sue spalle, il fruscio di qualcosa che striscia sul terreno. Sam finse di dormire, ma non mancò di tenere gli occhi socchiusi per vedere, per poter finalmente scorgere di nuovo quel viso.
Si sarebbe aspettato di trovare un Gabriel con i suoi soliti jeans e la giacca sgualcita, ma ciò che vide Sam sembrava più che altro il più bello dei sogni.
Gabriel apparve nel suo campo visivo mentre camminava quasi lievitando sui piedi nudi, privi dei soliti scarponcini. Non indossava affatto gli abiti ordinari ma anzi, il suo petto scolpito, ampio, era scoperto e soltanto le gambe erano fasciate da dei larghi pantaloni di seta candida come la neve più pura. In vita Gabriel aveva legata una fascia dorata che ricadeva in avanti, giù dal nodo situato appena sopra l’inguine in ampi drappeggi. Le ali che sbocciavano dalle scapole e gli squarciavano la schiena fin quasi al fondoschiena erano ripiegate, ma generavano un alone di piume luminose che incorniciava il corpo perfetto dell’angelo biondo, i cui occhi anziani, caritatevoli, si posarono su Dean.
Allungò una mano, posandola sulla fronte del ragazzo, che sussultò.
-Talitha kum. Talitha.*-mormorò, socchiudendo gli occhi. Sam vide una flebile luce sprigionarsi dal palmo di Gabriel e accarezzare Dean con delicatezza prima di allungarsi in filamenti dorati che avvolsero le braccia di Gabriel e piovvero verso il pavimento come tante piccole cascate, scivolando sul cuscino di Dean, sulle lenzuola, sulla pelle dell’angelo. Per un attimo Sam fu invidioso, tentato di afferrare il polso di Gabriel per spostare la sua attenzione su di lui anziché sul fratello, ma sapeva che sarebbe stato stupido intervenire: qualunque cosa stesse facendo Gabriel, stava restituendo alla pelle di Dean colorito e spessore, riportando il suo proprietario all’antica bellezza.
-Buon compleanno, moccioso.- mormorò Gabriel prima di raddrizzarsi. Solo allora Sam notò che la sua pelle emanava un fioco bagliore, come se questa fosse fatta di madreperla. Era bellissimo.
Gabriel si voltò verso di lui. Sam serrò gli occhi, fingendo di dormire. Si sentì sfiorare la fronte dalle dita dell’arcangelo in una carezza che non aveva niente a che fare con il freddo tocco di quando cercava di addormentarlo.
-Mi dispiace, dolcezza. So di essere sparito e so di non essere stato corretto nei tuoi confronti. Capirò se sei arrabbiato con me, ma volevo augurarti lo stesso buon Natale… fosse anche nei tuoi sogni.-
Sam rabbrividì quando avvertì il calore delle labbra di Gabriel sulle proprie. Fu un semplice sfiorarsi, come quello dell’ultima volta che si erano visti e di nuovo Sam fu sorpreso dalla delicatezza dell’arcangelo. Si era sempre immaginato Gabriel come un tipo aggressivo, il classico uomo che ti strappa i vestiti di dosso senza neanche chiedere, ma per ben due volte si era rivelato esattamente l’opposto, e questo lo rendeva praticamente perfetto agli occhi di Sam.
-Buon Natale, zuccherino.- soffiò prima di allontanarsi. Sam avvertì il gelo della sua mancanza e quasi senza accorgersene aprì gli occhi giusto in tempo per vedere le ultime piume dorate sparire dalla finestra.
-Gabriel!- sibilò a bassa voce per non svegliare Dean e Bobby. Si sporse dal davanzale, occhieggiando l’oscurità della notte quando un piccolo fiocco di neve gli cadde sulla punta del naso.
Stupito, Sam alzò gli occhi al cielo. Stava nevicando!
-Ma che…-
-Non dirmi che eri sveglio!-
Sam abbassò gli occhi, trovandosi il viso di Gabriel a due centimetri dal suo. Si ritrasse per lo spavento, ma non poté fare a meno di lanciare uno sguardo ammirato alle ali dell’arcangelo che sbattevano lievemente per tenerlo in volo. Spalancate, coprivano in lunghezza l’intera fiancata della casa.
-Cattivo che non sei altro, io ti vengo a trovare e tu fingi di dormire!- esclamò Gabriel, fingendosi offeso. Sam incrociò le braccia al petto.
-Prima scompari e poi riappari per farmi la predica?-
Gabriel sorrise, posandogli l’indice e il medio sotto il mento per alzargli il viso. Appoggiò l’altra mano sul davanzale, le gambe piegate e le ali che sfioravano il viso di Sam ad ogni battito.
-No, cherì.- disse Gabriel. –Riappaio per darti gli auguri di Natale.-
Allora Gabriel inclinò il viso in un nuovo bacio, stavolta più intraprendente, anche se dolce come i precedenti. La sua lingua si intrufolò gentilmente nella bocca di Sam, il quale gemette soddisfatto appena fu invaso dal dolce sapore di lecca lecca che aveva imparato a conoscere. Gabriel allontanò la mano dal suo mento per posarla sul suo fianco, il pollice che accarezzava l’inguine scorrendo su e giù. Sam si sentì a un passo dalla pazzia.
-Gabriel…-
Cosa? Cosa voleva? Voleva sentirlo, voleva accarezzare quel petto nudo, liscio e tonico, voleva sentirsi chiamare da quella voce che tante volte l’aveva schernito. Voleva questo.
Gabriel interruppe la battaglia ormonale di Sam allontanandosi da lui con dolcezza. Guardandolo con i capelli scompigliati che gli cadevano ai lati del viso e sulla fronte, Sam pensò che fosse bellissimo.
-Devo andare.- soffiò l’arcangelo, gettando su Sam una secchiata d’acqua gelata.
-Cosa? Sei già stato richiamato in paradiso?-
-Sì.-
-Non andare.-
Gabriel sorrise e appoggiò le punte dei piedi sul bordo del davanzale, accucciandosi e ripiegando le ali sulle spalle come un mantello soffice che cadeva in drappeggi piumati sotto di lui. Mantenne leggermente spiegata solo l’ultima fila di ali, la più piccola, per mantenere l’equilibrio.
-Woah, attento che potrei cominciare a pensare che ti interessi davvero qualcosa di me.-
-Non dire stronzate e riporta il tuo culo piumato qui appena puoi.-
-Sembri tuo fratello quando parli così.-
Sam si guardò alle spalle dove Dean riposava con un’espressione beata e un leggero sorriso sulle labbra. Non lo vedeva con quell’espressione da più di una settimana.
-Non mi ero accorto che fosse Natale.- mormorò.
-È la vigilia, tesoro. Anche se non è esatto festeggiare la nascita di Cristo in questa data, so che per voi umani è comunque una data importante.- rispose Gabriel, appoggiando i gomiti sulle ginocchia piegate.
-Non mi ero neanche accorto che fosse la vigilia… ho avuto troppi pensieri per la testa ultimamente.-
Gabriel picchiettò un indice sulla fronte di Sam, sorridendo giocoso e inclinando la testa in una posa che gli ricordò Castiel.
-Gabriel?-
-Mh?-
-Dimmi una cosa: Castiel… è morto?-
Gabriel sussultò e le sue ali sembrarono improvvisamente afflosciarsi. Le spalle si ingobbirono e gli occhi persero lucentezza. Sam intuì la risposta e si maledisse per aver fatto una domanda così inopportuna.
-Raphael?-
Gabriel abbassò gli occhi e li chiuse. –Castiel… lui stava già morendo quando è andato incontro alla morte. Sai che un angelo profondamente innamorato di un essere umano, se non corrisposto potrebbe lasciarsi morire?-
Sam sussultò. –Non lo sapevo…- ammise, colpito. Si sorprese a chiedersi cosa avrebbe fatto Gabriel se lui l’avesse rifiutato, se si fosse lasciato morire davvero.
Idiota, Gabriel non è innamorato di te!
-Ora lo sai. Castiel… lui stava morendo per questo.-
-Oh, no…-
-Oh, sì. È semplicemente andato incontro alla morte. Il suo ultimo atto è stato proteggere il suo umano, la creatura a lui più cara.-
-Dean…-
-Sì, è stato Dean a uccidere mio fratello, ma lui non dovrà mai saperlo.- Gabriel guardò Dean alle spalle di Sam con una punta di amarezza. –Eppure è stupido. Anche se non l’ha capito prima, lui ha sempre amato Castiel, e adesso sta facendo i conti con questi sentimenti. Quell’impronta, quella che ha sul braccio, ha creato un collegamento tra Dean e mio fratello, perciò non c’è da stupirsi se la scimmia abbia vissuto almeno in parte gli ultimi momenti di Castiel.-
-Quindi è per questo che sta così male?-
-Sì, ma si riprenderà presto. Ha solo bisogno di tranquillità, ma se posso consigliartelo, evita di nominare Castiel. Non gli farebbe bene sentirne parlare.-
Sam annuì, affranto. Pensare a Castiel faceva male anche a lui. Non poteva credere che il soldato che aveva sempre lottato al loro fianco, colui che era sopravvissuto all’apocalisse e che era resuscitato per ben due volte… fosse morto. Castiel… il loro angelo…
Come intuendo i suoi pensieri, Gabriel gli posò una mano sulla nuca per costringerlo ad avvicinarsi e far collimare le loro fronti. Sam si sentì sfiorare dal leggero bagliore emanato dalla pelle di Gabriel e sospirò al suo profumo dolce eppure mascolino.
-Andrà tutto bene, dolcezza. Resta vicino a tuo fratello e non abbandonarlo. Non seguire il mio esempio, so che puoi farcela. Quando avrai bisogno di me, cercami lì dentro.- disse, indicando il ciondolo che penzolava dal collo di Sam. Il giovane Winchester cercò di parlare, ma Gabriel lo zittì poggiandogli un dito sulle labbra. –Devo andare, o una volta arrivato in paradiso mi cucineranno allo spiedo. Stammi bene, cherì.-
Allora Gabriel si diede una spinta all’indietro e piombò nel vuoto, sbatté le ali una volta e sparì alla vista. Sam rimase tutta la notte a guardare il cielo, chiedendosi se la caduta della neve non fosse in realtà il gelido pianto di un cielo invernale il quale soffriva la perdita di un bellissimo angelo dalle ali argentate e il dolore del suo più caro fratello.

Spazio dell’autrice:
*Talitha kum: queste parole furono utilizzate da Gesù per resuscitare una ragazzina dal suo letto di morte. In ebraico antico, “talitha kum” vuol dire “alzati, fanciullo/a”.
Dunque, ammetto che forse la storia sta diventando un po’ pesante, ma dovevo scrivere un capitolo natalizio e l’ho fatto XD forse dovrei aumentare il raiting, lo ammetto! Dunque, dopo questa… schifezza, potrei finalmente decidermi a rinchiudermi in un bunker e a non farmi più vedere, deciderò poi se sarà necessario XD spazio ai ringraziamenti dei miei angioletti più belli!

Blacasi: io non sono insensibile, sono semplicemente sadica, il che è peggio XD e se vuoi pestare Dean, te lo presto volentieri, l’ho già dato in precedenza a un altro recensore e me l’ha riportato un po’ a pezzi… ok, se trovo una controfigura hai il diritto di ammazzarlo del tutto, ma per ora ti prego non massacrargli almeno il viso XD quello mi serve per ora! Ahahahaha, be’, ora ti lascio e come sempre non posso che ringraziarti per il commento e inchinarmi alla pazienza che ostenti leggendo i miei casini mentali su questo sito! Grazie ancora, e a presto!
xena89: Gabriel, qui c’è una giovane fanciulla che piange per colpa tua. Fila a consolarla e a pagarla perché piange! (Gabriel: mi hai preso per la fatina delle lacrime? Ma non credevate a quella dei dentini? Io: sei stato tu a convincere la gente che piangendo si diventa milionari, perciò MUOVITI!!! Poiana che non sei altro!) eheh, Dean per ora è nelle mie mani vendicative, e sono certa che si stia pentendo amaramente di aver fatto soffrire Castiel, credo che dopo questo capitolo darà le dimissioni… be’, che dire? I tuoi commenti sono sempre stupendi e mi lasciano sempre col sorriso sulle labbra e una gran voglia di scrivere un nuovo capitolo, perciò a costo di sembrare monotona mi trovo a ringraziarti per la millesima volta e a inchinarmi al tuo cospetto, mio angioletto recensore. Grazie e a presto!
ThanatosTH: dai, farò il possibile per restituirti tutte le emozioni e i pezzettini di cuore che ti ho fatto perdere per strada. Deeeeean, prendi un po’ di scotch, abbiamo un cuore da riassemblare! (Dean: e secondo te si aggiusta con lo scotch? Io: no, tu vai lì vestito da infermiere sexy portando in braccio un Cass malato con il nasino tutto arrossato e vediamo se funziona… nel caso lo scotch sarà il piano B) Pensa che quando leggo i tuoi commenti per poco non piango io. Non pensavo che i miei scritti potessero davvero piacere a qualcuno e questo mi rende… be’, felice. Mi fa sentire bene e forse un pochino in grado di trasmettere agli altri ciò che provo. Tranquilla, forse il nostro Cass avrà il suo happy ending, anche se non ti anticipo in che modo potrebbe accadere, perché ciò che posterò in seguito sarà un capitolo alquanto bizzarro, ma non ti anticipo altro. Grazie, angioletto recensore, grazie per i tuoi commenti e per avermi spinta a continuare questa storia. Ti dedico questo capitolo, per quanto poco possa essere. A presto e grazie ancora!
 

 
 
 
  
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