Innanzitutto, volevo ringraziare tutti voi che avete seguito e commentato questa
storia, nonostante i miei lunghi tempi di aggiornamento che mi assicurano un bel
lancio di pomodori in faccia (beh, è il minimo che mi merito T_T;).
Grazie di cuore per il sostegno che mi date!
Quanto
alla storia, temo ormai che le parti "comiche", se così si possono definire,
appariranno sempre più di rado: siamo quasi alla fine e, come da copione di
Saint Seiya, si avvicina l'ultima battaglia.
Finalmente verrà svelato il mistero che lega Camus a Cris, ma noterete che c'è
ancora qualcos'altro da scoprire... pazientate, alla fine tutti i pezzi del
puzzle coincideranno!
Ah,
già, ci tenevo a dire che io non
sono proprio una fan delle storie d'amore, diciamo che a volte preferirei
evitare, perciò vi accorgerete come alla fine le coppie saranno praticamente decimate
^^;
Ma ora bando alle ciance, vi ho già asfissiato abbastanza!
In ogni allenamento
che si rispetti, che si tratti di ninja o di Saint, non può mancare la
meditazione sotto l'acqua martellante di una cascata: è un classico.
Eppure, nonostante gli Apprendisti ci fossero abituati, quel pomeriggio nessuno
di loro riuscì a concentrarsi e qualcuno finì addirittura per distrarsi, cadendo
inesorabilmente nel laghetto che la cascata formava.
Camus e Shaina, come al solito, litigavano; la quinta lite in soli dieci minuti
ed i ragazzi affidati a loro si erano decisamente stancati di quella situazione.
Cris, forse l'unica rimasta sotto la cascata, sembrava non essersene accorta:
stava là, mantenendo una strana espressione seria che di certo non le si
addiceva; non aveva aperto bocca con gli altri suoi compagni e loro avevano
deciso di lasciarla stare.
Io sono già una
Saint... pensò, aprendo piano gli occhi per tentare di vedere qualcosa, ma
il corso d'acqua era potente e fu costretta a richiuderli.
Il turbinio di pensieri che le affollavano la testa sembrava rimescolarsi con il
getto della cascata, stravolgendole la mente; le orecchie presero a fischiarle e
le impedirono di mantenere la concentrazione necessaria.
Poi, all'improvviso, iniziò a sentire l'acqua sempre più pesante, come tanti
macigni che rotolavano verso di lei schiacciandola con il loro peso; le gambe
cedettero e Cris si sentì catapultata in avanti da una forza tremenda.
Non riuscì a schivare il masso che le sembrava essersi parato dinnanzi a lei e
tutto ciò che riuscì a fare fu chiudere per la seconda volta gli occhi.
E forse sperare di non riaprirli mai più.
Non fu così, nonostante il colpo subito che avrebbe potuto spezzarle l'osso del collo come se fosse stato un grissino; quando rinvenne, il primo viso appena sfocato che riconobbe fu quello di Shaina, seguito poi da qualche altro appartenente ai suoi compagni.
Un dolore atroce prese a martellarle la testa e la ragazza si contorse appena, storcendo la bocca in una smorfia dolorosa.
"Non ti muovere..." fece la voce di Shaina, quasi in automatico. "Ti conviene tornare al campo e medicarti la ferita."
Quale ferita?
Cris inspirò profondamente, tentando di riacquistare l'uso delle dita, poi si portò l'indice a tastare la fronte; sentiva bruciare e le dita si macchiarono subito di rosso, ma nessun suono uscì dalle sue labbra e forse fu proprio questo a far preoccupare di più Shaina.
"Cris..."
"Sto bene, sto bene... ora vado."
Si alzò, traballando
appena a causa delle gambe che sembravano non reggerla; si piegò in avanti,
appoggiando le mani sulle ginocchia e lasciando che lo sguardo si soffermasse
per un momento sulle gocce di sangue che dalla sua fronte colavano sul terreno.
Non appena alzò gli occhi, però, si ritrovò a faccia a faccia con Camus per la
seconda volta in vita sua; il Gold aveva le braccia incrociate al petto e la
guardava con severità.
"L'allenamento non è
finito, Linx." disse, serio, facendo scattare Shaina in piedi come un serpente
davanti alla preda.
"Sta sanguinando, se non ferma l'emorragia rischia di perdere troppo sangue."
Lui si voltò a guardarla con sufficienza. "Fino a prova contraria sono io che
decido in questo gruppo."
"Beh, allora deciditi a mandarla in infermeria!"
"Un Saint in battaglia non può sempre contare sulle cure mediche, a volte non ci
potrebbe essere tempo. Deve quindi imparare ad aumentare la propria resistenza."
"Vogliamo vedere quanto dura la tua, di resistenza?" sbottò la ragazza, tirando
indietro il braccio; dalle sue dita iniziarono a scaturire tante piccole saette,
Camus si spostò appena da Cris, parandosi innanzi alla Sacerdotessa dell'Ofiuco.
"L'hai voluto tu, vipera."
"Fatti sotto, ghiacciolo al limone!"
Shaina non avrebbe mai potuto sconfiggere un Gold. Mai. Eppure, quando si
infuriava, tendeva a perdere la ragione.
Cris era consapevole di questo aspetto della ragazza e non esitò a correre incontro a uno degli altri Apprendisti che brandiva del sale da cucina, evidentemente per preparare il pranzo.
"Ehi!" fece quello,
quando si vide togliere bruscamente il bottiglino dalle mani, ma Linx non lo
stette a sentire: in mezzo al campo volavano già saette e cristalli di ghiaccio.
Quello, capendo cosa la ragazzina volesse fare, si alzò in piedi e tentò di
fermarla. "Sei impazzita??" esclamò, distraendo per una frazione di secondo
Shaina; Camus ne approfittò per lanciarle un dardo ghiacciato che le ferì
lievemente la guancia destra.
"Lurido..." iniziò quella, stringendo i pugni dalla rabbia nel constatare che il Cavaliere, a differenza di lei, non aveva alcun graffio ed era rimasto immobile tutto il tempo, limitandosi a schivare i colpi.
Un grido soffocato di dolore la fece voltare verso gli Apprendisti e la furia ceca si tramutò in stupore quando si accorse che Linx era caduta in ginocchio; la ragazzina si contorceva appena, stringendo i denti quasi a volersi spezzare la mandibola: aveva usato il sale per cicatrizzare la ferita ed ora quella bruciava quasi come se le avesse dato fuoco.
Nonostante tutto, trovò comunque la forza per alzarsi e guardare Camus con gli occhi velati dalle lacrime.
"Non ho bisogno dell'infermeria." borbottò, mettendosi ben diritta. "Vi prego di tenermi qui, nobile Aquarius."
La ferita faceva male da morire ed uno strano rimbombo continuava a martellarle dolorosamente la testa, ma era decisa a continuare ed il suo sguardo fiero fece sorridere appena Camus.
"Vedo che sai
assumerti le tue responsabilità, a differenza di qualcun altro..."
"Camus..." sbottò sfinita Shaina, alzando gli occhi al cielo. Lui parve non
sentire.
"Ophiucus..." lei gli lanciò un'occhiataccia, non sopportava quel soprannome
detto da Camus. "Tu occupati degli altri tre Apprendisti. A Linx ci penso io."
Shaina rimase interdetta per un attimo, forse pensando di non aver capito bene, e spostò lo sguardo sui due Saint del ghiaccio come per aspettare un'ulteriore conferma, ma si riscosse quando notò il sopracciglio di Camus inarcarsi appena.
"S-sì, gli Apprendisti, bene..." borbottò, passandosi le dita lungo il taglietto superficiale che aveva sulla guancia. "Per ora ti lascerò andare, ma non sperare di passarla liscia! Apprendisti, da questa parte, inizieremo il riscaldamento. Settanta giri di campo."
Aquarius voltò le
spalle alla Sacerdotessa, soddisfatto, e prese a dirigersi verso la foresta;
Cris, senza esitare, lo seguì.
Camminarono per un bel po' in silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri;
Linx di tanto in tanto lanciava qualche occhiata di sfuggita al Gold, il primo
che lei avesse incontrato al Grande Tempio e di cui, nonostante tutto, sapeva
davvero pochissimo; era una persona taciturna, fredda come l'elemento che
governa, ma al loro primo incontro non le era apparso esattamente così.
"Perdonatemi,
nobile Cavaliere..."
Camus alzò appena la testa, senza mostrare molto interesse alla vista della
giovanissima Saint apparsa dinnanzi a lui; non si staccò dalla colonna alla
quale era appoggiato per salutarla, semplicemente stette in silenzio aspettando
che ella continuasse.
La voce della sconosciuta, camuffata appena dalla maschera da Sacerdotessa che
le copriva il volto, gli giunse stranamente fredda e distaccata. "Sono giunta da
poco tempo in questo luogo e temo mi ci vorranno delle ore a far tutto da sola."
"Temo di non capire."
"Mi chiedevo se aveste visto una Sacerdotessa che mi somiglia qui al Grande
Tempio... Il suo nome è Axis, Cavaliere." Detto questo, si tolse la maschera.
E lui improvvisamente alzò di scatto la testa, impallidendo appena; si ritrovò
faccia a faccia con una ragazzina con i capelli rossastri e gli occhi color
miele.
Gli stessi occhi di quella bambina...
"Quanti anni hai,
ragazzina?" fu la sola domanda che riuscì a fare, dopo aver riacquistato il suo
solito tono. Lei sorrise appena.
"Quindici, signore." marcò bene l'ultima parola, quasi a volerlo prendere
in giro, ma Camus non vi fece caso, chiedendosi se tutto ciò fosse solo una
serie di spiacevoli coincidenze; certo, il nome Axis non era molto popolare,
però...
"Temo di doverti
dissuadere, non vi è nessuna Sacerdotessa con quel nome."
Il suo viso assunse un'espressione triste, quasi di dolore, ma sparì immediatamente; lui, tentando di ragionare, si soffermò a guardarla per un
istante.
Se era davvero lei, allora doveva per forza conoscere Marin, si disse,
riprendendo il controllo di se stesso ed ignorando lo sguardo perplesso della
giovane.
"In effetti, però, vi è una Sacerdotessa con i tuoi stessi capelli, ragazzina: il suo nome è Marin di Eagle, una delle Sacerdotesse più forti qui al Santuario." e mentre lo diceva, pregò tutti gli dei dell'Olimpo che il nome della Saint dell'Aquila risultasse estraneo a quella sconosciuta.
La sua preghiera, però, non fu ascoltata.
La ragazzina iniziò a saltellargli intorno, assumendo la tipica espressione di una bimba impaziente di ricevere un regalo. "La mia sorellona è qui? Allora non ho fatto questo viaggio a vuoto!"
Camus scosse la
testa, ancora più pallido di quanto non fosse già; si passò una mano sul viso,
asciugandosi il sudore. "Smettila di comportarti in modo così infantile,
ragazzina..."
"Non mi chiamo ragazzina." esclamò con voce leggera, rimettendosi la
maschera. "Il mio nome è Cristal della Lince Bianca e domino le energie fredde;
sono qui per diventare Maestra."
Lui voltò lo
sguardo altrove, desideroso di poter fuggire via: se era davvero come diceva,
allora doveva essere lui ad istruirla a dovere, essendo il maestro del ghiaccio.
E questo, di certo, non lo tranquillizzava affatto.
Impiegò del tempo per ragionare, nonostante nessuna emozione venisse riflessa sul suo viso; pensò a come togliersi da quell'impiccio e fu solo quando vide la figura del suo migliore amico avanzare verso l'Undicesima Casa riuscì a calmarsi del tutto.
"Milo..." mormorò, tirando un sospiro di sollievo, ed il sorriso atono che gli piegò le labbra di certo non lasciava intendere nulla di buono.
"Ragazzina."
Il tono del Cavaliere,
così duro, la riscosse; Cris si ritrovò a fissare l'acqua di un fiume che
brillava sotto i raggi del sole e ne rimase affascinata.
"Stando a quanto detto dai tuoi maestri, sei davvero migliorata molto." Iniziò
lui, appoggiandosi ad un tronco. "Del resto, sei stata affidata a ben due Gold."
Cristal sorrise, ma
non sembrava contenta; Aquarius rimase alquanto sorpreso di fronte a tale
indifferenza e lo stupore crebbe quando lei, scotendo la testa, prese parola.
"Due Gold, sì. Ma erano i maestri sbagliati."
"Prego?"
"Oh, per favore, nobile Aquarius, non prendermi per fessa!" sbottò la ragazzina,
mostrando i denti. "Sappiamo benissimo entrambi che saresti dovuto essere tu ad
istruirmi, mentre hai preferito scappare dalle tue responsabilità!"
Non fosse stato per l'espressione dura, il Gold sarebbe parso alquanto calmo.
"Modera il tono, ragazzina, non ti permetto di parlare in questo modo."
"Io parlo come mi pare e piace!" finì lei, puntandogli il dito contro; Camus non
si mosse, in compenso si limitò a fissarla con una sguardo terribile.
"Non direi."
Pochi attimi e Cris si ritrovò completamente ibernata in una teca di ghiaccio, con il braccio ancora levato.
Quando diavolo ha attaccato?
"Ricordati di non
abbassare mai la difesa dinnanzi ad un nemico, potrebbe risultarti fatale.
Strano che tu non lo sappia, dato che hai già avuto l'armatura."
Camus incrociò le braccia al petto, come soleva fare d'abitudine, senza mostrare
la benché minima pena per quella ragazza.
"Non starò a tediarti con i dettagli, Linx; vi sono cose che i Saint al tuo
livello non possono sapere. Perciò, non ti resta altro da fare che seguire
l'allenamento che ti imporrò."
L'espressione di rabbia sul volto della ragazzina non fu esattamente un cenno
d'assenso, ma Camus la liberò comunque per evitare di farla soffocare per
davvero; una volta libera, Linx si prese il collo con ambo le mani, iniziando a
tossire.
"Terribile, ancora peggio di come mi trattava Milo." fu la sola cosa che mormorò
lei dopo essere riuscita a riprendere fiato.
Camus non disse nulla,
ma non gli sfuggì lo sguardo triste della ragazza. "Inizieremo con una cosa
alquanto semplice." disse, invece, indicando il fiume. "Ghiaccialo."
L'espressione confusa della Saint si tramutò in un sorriso di trionfo mentre si
posizionava sulla riva del corso d'acqua, portando entrambe le mani avanti.
"Ora ti faccio vedere io, Pingu!" esclamò, chiudendo gli occhi e concentrandosi;
sentì l'energia scorrerle in tutto il corpo, attraversarle le braccia e
concentrarsi nelle mani.
Tentò di svuotare la mente, allontanando i pensieri che continuavano a
martellarle la testa, poi si mise in posizione e portò le mani dinnanzi al viso;
un raggio di una fredda luce azzurrina, opaco, si diresse verso l'acqua del
fiume e cristallizzò in un attimo quello che sembrava un masso.
"Evvai!" fece la
ragazza, alzando il pugno in segno di vittoria; Camus, dietro di lei, si mosse
appena.
"Sì, carino." fu l'unico, disinteressato commento del Gold, che scosse appena la
testa. "Finito?"
Lei si voltò di scatto, agitando le braccia. "Ehi, come sarebbe a dire? Sono
riuscita a congelare quel masso, non puoi dire che è stata una cosa da
niente!"
"Non ti avevo chiesto questo, se non sbaglio." le fece notare Aquarius, a
braccia conserte.
Per un attimo, tra i due calò uno strano silenzio che diede modo a Cris di
riflettere sulle sue parole, chiedendosi cosa avesse mai sbagliato.
"Non mi dire che... tu intendevi tutto il fiume?"
"Precisamente."
"Ma sei matto!" esclamò la ragazzina, portando l'indice a tracciare cerchi
immaginari paralleli alla tempia per accompagnare quelle parole. "E' già tanto
se sono riuscita a fare questo, dato che l'acqua scioglie presto il ghiaccio!
Congelare tutto sarebbe una cosa sovraumana!"
Camus fece spallucce. "Beh, io ne sono capace."
"Grazie tante, tu sei il Gold delle energie fredde! Ed io sono solo una Silver,
come puoi pensare che io possa..."
"Se non ne sei capace, non potrai mai diventare una Sacerdotessa Maestra."
Linx si zittì,
schiumante di rabbia, ma, prima che potesse saltare addosso al Cavaliere e
riempirlo di graffi in faccia, sopraggiunse Shaina.
"Torniamo al campo centrale, è già pomeriggio e noi siamo stati gli unici a non
aver ancora pranzato." fu l'unico commento della Sacerdotessa, aspettando una
loro reazione.
Camus annuì, voltandosi e scomparendo alla vista delle due, mentre Cris,
stranamente, aveva messo su il suo tipico broncio.
Shaina inarcò un sopracciglio. "Lezione irritante?"
"Lui è irritante!" sbottò l'altra, iniziando a camminare con un passo
talmente leggero che le sue scarpe lasciavano impronte davvero profonde sul
terreno; Ophiucus alzò le spalle, scotendo la testa.
"Niente male come inizio, Camus."
Poco distante dalla Sacerdotessa, il gruppo di Kanon si stava preparando alla
seconda fase di allenamento; il Gold sembrava abbastanza soddisfatto mentre
osservava i suoi quattro Apprendisti disporsi a coppie e combattere tra loro.
"Sembra che stiano andando bene, eh?" la voce di Aioria era quasi gioiosa alle
sue spalle e Kanon non poté far altro che annuire.
"Sì, direi di sì."
Leo si sgranchì il collo, posando l'attenzione sul suo gruppo e battendosi una
mano sul petto con orgoglio. "Comunque non potrebbero mai battere i miei
allievi, ce la stanno davvero mettendo tutta!"
"Per una volta devo dire che Lady Saori ha avuto un'ottima idea, al Santuario
eravamo tutti troppo tesi per lavorare bene."
Un'esclamazione appena
soffocata e l'avversario di Dick finì a gambe all'aria, ansimando per la fatica;
lo sguardo di Aioria si fece cupo.
"Quel tipo non mi piace." disse, osservandolo mentre si asciugava il sudore
sulla fronte. "Se non sbaglio, è il tizio che possiede il potere di creare
illusioni."
Kanon non staccò gli occhi dai suoi allievi. "Da quando abbiamo iniziato
l'allenamento si è sempre comportato bene, non capisco come mai non sia ancora
riuscito ad avere un Cloth."
"Forse non ha ancora trovato quello giusto..." fece l'altro, pensieroso.
"D'altronde, è il Cloth che sceglie il Saint, non il contrario."
S'interruppe, osservando con stupore l'altro combattimento del gruppo di Gemini:
Ashanti, poco distante da loro, era in piedi a gambe leggermente divaricate e con i pugni serrati, pronta a colpire; sembrava sfinita, ma
non accennava ad arrendersi e sul suo volto comparve un'espressione decisa.
Il suo avversario, strano ma vero, era leggermente ammaccato, nonostante la sua
stazza superasse di molto quella della ragazza; nonostante questo, sembrava
davvero sicuro di sè e prese la rincorsa, tirando
indietro il braccio e saltando in aria per sferrare il colpo.
Ashanti incrociò le braccia davanti la viso, mettendosi in posizione di difesa e
tentando di rimanere concentrata il più possibile; l'altro sorrise a quel gesto,
forse pregustando già la vittoria
mentre scendeva in picchiata verso di lei.
Il pugno dell'avversario fu tremendo e l'egiziana non riuscì a respingerlo;
cadde distesa a terra, stringendo i denti per evitare di urlare di dolore per il
colpo, eppure
non era ancora sconfitta.
"Com'è possibile?" domandò l'avversario, incredulo, quando vide Ashanti
puntellarsi sui gomiti per rialzarsi l'ennesima volta; lei sputacchiò del sangue
per terra, ma sorrise nel notare la reazione del ragazzo.
"Ci vuole ben altro per sconfiggermi, scimmione." sibilò, una volta tornata in
piedi; le braccia erano a penzoloni e sembrava che le sue gambe stessero su solo
per grazia divina, eppure l'egiziana non sembrava avere intenzione di cedere.
"Bene." Attila, così si chiamava il ragazzo, emise uno strano grugnito prima di
lanciarsi di nuovo verso di lei. "Allora stavolta ti romperò le braccia!"
Il colpo, se possibile, era ancora più potente di prima ed Ashanti non aveva più
le forze per difendersi ancora; stette ferma, immobile, aspettando di incassare
il colpo ed ansimando per la fatica di stare anche solo in piedi.
Quando l'avversario sferrò il pugno diretto verso il suo braccio destro, la
ragazza fu quasi sicura che avrebbe passato il resto del mese con l'arto
fasciato e tentò di prepararsi psicologicamente al dolore, ma il colpo non
arrivò mai.
Aioria sorrise nel vedere la faccia stravolta di Attila quando Kanon, parandosi
dinnanzi all'egiziana, aveva fermato il pugno usando semplicemente la mano
destra; l'Apprendista sgranò gli occhi non appena delle fitte dolorose gli
attraversarono il braccio teso e con l'altra mano si afferrò il polso sinistro,
gemendo sottovoce.
"Attila, pensavo di averti detto di non rompere le ossa dei tuoi compagni,
stamattina. Forse non mi sono spiegato bene." La voce di Kanon era dura e severa
e di certo non era esattamente la più rassicurante che il ragazzo avesse
mai sentito in vita sua. "Ti conviene andare in infermeria, ho paura di averti fratturato
qualche dito."
L'Apprendista non se lo fece ripetere due volte e partì a razzo, sorpassando
Aioria e sparendo dalla vista altrui; Leo sembrò sinceramente divertito ed
incrociò le braccia, avvicinandosi a Gemini. "I tuoi allievi migliorano a vista
d'occhio, Kanon. Forse dovrei iniziare a spronare di più il mio gruppo."
Lui fece spallucce, voltando il capo indietro per guardare Ashanti; lei era
rimasta a bocca aperta, immobile, osservando il suo maestro come se fosse stato
un dio sceso dall'Olimpo. "Sei stata brava. Puoi fare una pausa, se vuoi." disse
Kanon, posandole una mano sulla spalla con gesto controllato.
Ed il controllo era proprio una delle tante doti che l'egiziana non aveva, dato
che dopo un attimo di smarrimento gli saltò al collo e gli stampò un bacio sulla guancia, per poi saltellare
via.
Ci fu un fruscio di vento, ma Gemini non si mosse di un millimetro: era rimasto
nella stessa identica posizione, con la mano ancora alzata ed il viso serio;
Aioria si sforzò di non ridere e passò la mano destra davanti al volto
dell'amico per ottenere qualche reazione, ma quando lo vide rinsavire di colpo
non riuscì proprio più a rimanere serio e scoppiò a ridere senza pensare a darsi
contegno.
"Oddei, Kanon, questo sì che è stato un attacco terrificante!" esclamò Leo,
evitando per poco di rotolarsi per terra dalle risate; Gemini si affrettò a
passarsi freneticamente il dorso della mano contro la guancia, gesto solito di
chi tentava di
togliersi una macchia di dosso e pulirsi.
"Come diavolo si è permessa?" borbottava imbronciato, evitando lo sguardo di
Aioria che sembrava essersi calmato un poco.
"Maddai, Kanon, non vorrai mica dirmi che sei imbarazzato!"
"Finiscila." sbottò il Gold, lanciandogli un'occhiata assassina; non c'era
nessuna traccia di rossore sul suo volto -come avrebbe potuto esserci,
d'altronde?-, ma sembrava comunque shockato per il gesto della ragazza ed Aioria
di certo non aveva tardato ad accorgersene.
"Che timidone il nostro Gemini..."
"Ancora sfotti? Io ti disintegro!"
"Ma che hai da lamentarti?" ebbe il coraggio di chiedere Leo, dopo essere
riuscito a schivare una serie di pugni. "Insomma, come direbbe Milo: magari
avessi io un simile trattamento!"
A quelle parole, Kanon si fermò con il pugno alzato per guardare un punto
indefinito alle spalle di Aioria; un sorrisetto perfido comparve sulle sue
labbra e l'altro, da quel gesto, sembrò aver compreso in un baleno, perché alzò
gli occhi al cielo.
"Non dirmelo..." fece, con voce quasi supplichevole. "C'è Marin dietro di me,
vero?"
"Ma che bravo..." rispose a tono una voce femminile. "Hai vinto un biglietto di
sola andata per fare una visitina ad Ade."
Kanon si dileguò in un attimo, lasciando l'amico alle prese con la donna e
sorridendo soddisfatto; Aioria si voltò, incrociando gli occhi azzurro cielo
della ragazza.
"Non c'è modo di annullare la prenotazione del viaggio?" chiese, alludendo alla
frase di lei; Marin fece spallucce, guardandolo con fare divertito.
"Dipende dalla motivazione che mi darai, caro Leo."
"Uhm... ero ubriaco?" provò, senza abbandonare il suo solito sorriso nonostante
la voce fintamente incerta.
"Ritenta, sarai più fortunato."
Lui si passò una mano tra i capelli. "Stavo scherzando, Marin... Lo sai che non
dicevo sul serio."
"Sì, lo so. Nemmeno io. Però è divertente vederti in difficoltà."
Si concessero una breve risata, complice, per poi tornare ai propri gruppi,
ognuno di loro con la tipica espressione seria che caratterizza i maestri,
nascondendo la parte più umana di loro stessi.
Perché un Cavaliere non può permettersi di cedere ai sentimenti.
O almeno, così credevano.
Verso sera, tutti i gruppi tornarono dal campo principale con i loro maestri,
alcuni desiderando una bella doccia, altri sperando di sentirsi male il prima
possibile; ben sette ragazzi erano finiti in infermeria per contusioni e robe
varie e June, che si era occupata di loro assieme ad Elise, sembrava la più
sfinita di tutti.
Come da routine venne acceso un enorme falò al centro del campo, ma nessuno
degli allievi sembrava molto contento al solo pensiero di dover di nuovo
mangiare cibo in scatola come la mattina.
"Cosa sono quelle facce?" tuonò sorpreso Aldebaran, appena sbucato fuori dalla
sua tenda. "Se fate così, non c'è gusto a fare le bistecche."
Quella sola parola fu sufficiente a far rinvenire anche chi era ancora sdraiato
sul letto dell'infermeria a causa di uno svenimento; gli Apprendisti si
disposero immediatamente in cerchio attorno al falò e Tauros giurò quasi di aver
visto qualcuno di loro scodinzolare come un cagnolino.
"La cucina di Aldebaran è la migliore..." mormorò Mur, sorridendo appena.
Nessuno
degli Apprendisti osò dissentire: la carne era aromatizzata e cotta a puntino,
tanto che qualcuno pianse di gioia quando mise la bistecca sotto i denti.
Aldebaran si concesse una risata soddisfatta mentre veniva aiutato da Elise, la
quale non la smetteva più di starnutire a causa del peperoncino andatole nel
naso.
"Sembra che siano rinati a nuova vita..." commentò Shaina, osservando come Cris
ed Ashanti facessero a gara su chi sbranasse più in fretta la propria bistecca,
sotto lo sguardo perplesso di Dick.
Camus, accanto a lei, non la stava ascoltando; puntò gli occhi su Milo, appena
arrivato e messosi in disparte, così si alzò tentando di non fare troppo rumore.
Quando Scorpio vide il suo migliore amico avvicinarsi, uno strano brivido di
inquietudine gli percosse la schiena e lo costrinse ad allontanarsi appena;
Aquarius, in tutta risposta, aumentò il passo e lo raggiunse in un baleno.
"Ti devo parlare." furono le sue uniche parole, mentre gli puntava gli occhi
addosso ed aspettava che si alzasse.
Milo tentò di dissuaderlo. "Possiamo fare dopo? Sai, è da tanto che non mangio
una bistecca e a pranzo non ho messo nulla sotto i dent-"
Fu costretto a smorzare la frase, perché l'altro, senza ascoltarlo, l'aveva
afferrato per il colletto ed iniziava a trascinarlo altrove.
"Ehi, un attimo, così non rimarranno più bistecche per me!"
"Non importa."
"Parli bene, tu, ne hai già fatte fuori due! Ehi, guarda che mi si straccia la
maglia se continui a tirare!"
Si liberò facilmente dalla presa di Aquarius, rialzandosi e tentando di
togliersi la polvere di dosso; sbuffò appena, annoiato, puntando lo sguardo
sull'altro che gli stava voltando le spalle.
"Beh?" fece, appoggiandosi ad un tronco. "Si può sapere che ti prende?"
"Questa è una domanda che dovrei farti io."
Scorpio
inarcò un sopracciglio, non capendo; Camus allora si voltò verso di lui, serio
come non mai.
"Non è una domanda così difficile, Milo: perché ti comporti così?"
"Così come?"
Tempo un secondo ed il Gold dello Scorpione fu costretto ad abbassarsi per
evitare il pugno dell'altro, che andò a colpire l'albero.
Se l'algido Aquarius si comporta così, allora è una cosa che lo punge sul
vivo.
"Non
prendermi in giro." sibilò quello, ritirando il braccio. "Perché ti comporti in
quel modo con la tua allieva?"
Milo sbuffò, incrociando le braccia al petto. "Non ti riguarda."
"Ti sbagli."
"Per il sommo Zeus, Camus, ti comporti come un padre geloso!"
Aquarius
sembrò colpito da quell'affermazione, tanto che rimase interdetto per qualche
minuto; Scorpio, staccandosi dal tronco, lo fissava con occhi sgranati.
"Per Diana." disse, spalancando appena la bocca. "Non mi dirai che... Dio,
Camus, tu hai vent'anni! E poi non ti somiglia per niente..."
"Idiota, non hai capito proprio niente..." sbottò Aquarius, scuotendo la testa.
"Lei non ti ha mai parlato di sua madre?"
"Beh, no, solo accennato."
"Il suo nome era Axis, una giovane donna che viveva in uno dei quartieri più
malfamati dell'Argentina. Nonostante tutte le difficoltà che aveva affrontato,
era riuscita a divenire una Sacerdotessa di una divinità che a noi era
sconosciuta."
Milo alzò entrambe le mani, come per difendersi. "Frena un attimo." Gli puntò
uno sguardo accusatore addosso, come a voler capire se lo stesse prendendo in
giro. "Tu come fai a conoscere così tante cose sulla madre di Cris?"
"Semplice." Il viso di Camus parve contratto in una smorfia amara. "Sono io che
l'ho uccisa."
Scorpio
non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo che si ritrovò con il pugno
destro alzato, talmente stretto che le nocche sbiancarono; l'altro, per
terra, si passò il dorso della mano sul labbro sanguinante, ricambiando lo
sguardo freddo del Gold dell'Ottava Casa.
"Tu..." sibilò Milo, afferrando per il colletto quello che era il suo migliore
amico. "Lurido bastardo."
Camus posò entrambe le mani su quella di Scorpio che ancora lo teneva. "E'
successo tutto cinque anni fa. Axis ed un suo compagno attaccarono il Grande
Tempio, penso che questo tu lo ricorda, ma ovviamente non riuscirono ad entrare;
scapparono, rifugiandosi nei quartieri di Atene ed io venni incaricato di
toglierli di mezzo."
"E tu ovviamente non ti sei tirato indietro, vero?" sibilò Milo, completamente
fuori di sé; Camus non reagì, si limitò a guardarlo sprezzante.
"E' divertente ricevere la predica dall'assassino del Grande Tempio, sai?"
Scorpio
lo lasciò immediatamente andare, scattando indietro come se si fosse bruciato;
si guardarono per un momento, poi Milo abbassò lo sguardo. "Non so cosa mi sia
preso." si giustificò, osservandosi le mani.
Camus si alzò, spolverandosi la maglia sporca di terra, per poi rivolgere tutta
la sua attenzione verso l'amico. "Ora è tutto diverso, anche il nostro modo di
pensare. Però, a quel tempo, nessuno di noi avrebbe mai osato disobbedire ad un
ordine e di certo io non costituivo l'eccezione."
Alzò gli
occhi verso la volta celeste, rimirandola per un momento come se cercasse lì
parte dei suoi ricordi. "L'uomo non fu un avversario molto temibile, devo averlo
fatto fuori con un sol colpo; Axis, invece, forse non era una gran combattente,
ma in quanto ad agilità non aveva rivali e riuscì a mettermi in difficoltà un
paio di volte. I suoi movimenti ricordavano tanto quelli di un pesce ed era
davvero difficile riuscire a braccarla; doveva essere davvero un'abile spia."
Milo si lasciò cadere per terra, incurante del terriccio che gli macchiava i
pantaloni. "Immagino..." fu il solo commento che gli uscì dalle labbra, mentre
tirava un profondo sospiro; Camus ne approfittò per continuare.
"Si fermò
una volta raggiunto uno strano tempio fuori città, ben nascosto quasi quanto il
Santuario. Fu allora che iniziò il combattimento."
Attorno a lei vi era solo un paesaggio arido, quasi desertico, e di certo il
tempio non poteva bastare a proteggerla; la donna si fermò una volta raggiunta
la colonna portante, poggiandovi entrambe le mani per riprendere fiato.
"Non va bene..."
Una strana sofferenza prese a tormentarla e la costrinse a spostare lo sguardo
verso l'origine di quel dolore lancinante: lo squarcio sul fianco era enorme e
continuava a perdere sangue; inoltre, quel Cavaliere d'oro doveva averle rotto
anche qualche costola.
"Sono fortunata ad essere ancora viva dopo tutti quei colpi..." mormorò a se
stessa, chiudendo gli occhi per concentrarsi: era sicura di non poter
sopravvivere con una ferita del genere, ma avrebbe dovuto combattere fino
all'ultimo ed il dolore le impediva di muoversi con correttezza.
"Non ci devo pensare..."
Camus giunse poco dopo, senza alcun segno di graffi o ferite; procedeva lento, facendo risuonare appositamente i passi lungo quel corridoio di marmo malridotto; Axis strinse i pugni, riaprendo gli occhi e capendo al volo il motivo per cui il Cavaliere non le avesse già dato il colpo di grazia: il senso dell'attesa, la paura di non sapere quando sarebbe dovuta morire, come macigni martellavano la testa della vittima, distruggendola piano con una tortura psicologica.
Era un abile guerriero, o forse più un sadico assassino.
La voce della donna
risultò cristallina quando rimbombò contro le fredde pareti del luogo. "Mi viene
da ridere se penso che sto per essere uccisa da uno che ha pressappoco quindici
anni..."
"Non credo avrai il tempo necessario per farci l'abitudine."
Freddo ed autoritario
nonostante la giovane età; il ragazzo arrestò il passo, fermandosi proprio
dinnanzi la vittima e fissandola dritta negli occhi.
Si ritrovò a pensare che era una bella donna nonostante tutto, con quel viso
angelico da madre che si ritrovava; lo colpirono soprattutto gli occhi color
miele, carichi di tristezza e velati da quella disperazione di chi ormai si è
rassegnato al proprio destino.
Forse iniziava a capire il motivo per il quale preferiva che le Sacerdotesse del
Grande Tempio portassero una maschera a coprire il volto...
Axis si voltò verso di
lui, portando le mani indietro quasi ad aggrapparsi disperatamente alla colonna;
tentava di prendere tempo, di vivere ancora per qualche istante e forse di
sperare nell'arrivo dei rinforzi, consapevole comunque che il suo capo non
avrebbe mai sprecato un numero considerevole di uomini per cercare di salvarla.
"Mi chiedo come mai tu mi voglia uccidere a tutti i costi, invece di lasciarmi
libera."
"Se volevi vivere ancora un po', temo che tu abbia sbagliato mossa decidendo di
attaccare il Grande Tempio... Il tuo amico l'ho già congelato e a lui penserà
Capricorn, mi rimani giusto tu." Alzò il braccio destro verso di lei, come a
voler confermare quelle parole; una strana luce dorata scaturì dal suo palmo, ma
l'unica reazione di lei fu ridere.
"Beh, Kurt non è mai stato un tipo focoso, era logico che andasse a finire
così... Non puntarmi addossi quella sottospecie di faro, ragazzino, mi sembra di
essere sotto interrogatorio." sbuffò, gesto che la costrinse a piegarsi in due
per il dolore a causa della ferita; strinse i denti, riuscendo ad alzare lo
sguardo verso Camus.
"Avanti, uccidimi. Che diavolo aspetti?""
"Prima devi dirmi chi ti ha mandato e perchè."
Un colpo di tosse, violento, la scosse da capo ai piedi; sputò quel poco di
sangue rimastole in corpo, ma questo non bastò a zittirla. "E se te lo dicessi,
cosa ci guadagnerei?"
Lui la guardò dritta in volto, senza la minima ombra di pentimento. "Ti
ucciderei subito, senza farti soffrire ulteriormente."
"Tsk, allora questo è un vero interrogatorio... Beh, non parlerò se non in
presenza del mio avvocato."
"Devo prenderlo come un rifiuto?"
Axis chiuse gli occhi, respirando profondamente. "Dovrai passare sul mio cadavere."
Cadde il silenzio, rotto
solo dal respiro affannato della donna; Camus non cambiò espressione nel puntare
la mano aperta verso di lei. "Mi dispiace, se non fossi costretto non lo farei."
L'avversaria sorrise, con fare quasi comprensivo. "Non importa, so che in realtà
sei un bravo ragazzo."
Lui annuì, mentre la luce dorata lasciava il posto ad una azzurrina, opaca.
"Perdonami."
"NO!"
Una terza voce, infantile
e squillante, fece sussultare i due; a fatica, Axis tentò di mettere a fuoco la
minuta figura che le stava venendo incontro, correndo goffamente per evitare di
inciampare.
"Mio Dio... Cristal!" gridò, ad occhi sgranati, prima che un gemito di dolore le
sfuggisse dalle labbra; la donna si accasciò al suolo, sforzandosi di rimanere
sveglia il più possibile.
La bimba, perché di una bambina si trattava, si parò dinnanzi a lei a braccia
aperte, come per proteggerla, guardando Camus con gli occhi ambrati pieni di
lacrime.
"Non fare del male alla mia mamma! Sei cattivo!" gridò a pieni polmoni, tra i
singhiozzi, mentre le lacrime tracciavano una scia chiara sul viso sporco e
graffiato.
Il Cavaliere, preso alla sprovvista, esitò: non era davvero sua intenzione
uccidere quella donna, per questo non aveva usato la reale velocità che
posseggono i Gold per raggiungerla, ma gli ordini del Grande Tempio non si
potevano discutere; ora, però, iniziò a provare uno strano sentimento che faceva
capolino nell'animo del ragazzo ad ogni vittima caduta per mano sua.
Colpa.
Axis, tremando per lo sforzo, si rialzò sui gomiti. "Cristal... Come hai fatto a
seguirc-" un altro colpo di tosse, violento, ma questa volta le braccia la
sorressero. "Vai via di qui..."
La bambina si voltò di scatto verso di lei, buttandole le braccia al collo ed
affondando il viso nei suoi capelli; la donna guardò Camus, come per chiedergli
cosa avrebbe fatto.
E lui, sorprendendo perfino se stesso, abbassò il braccio, facendo sparire la
luce azzurra. "Vivi i tuoi ultimi istanti con tua figlia, donna. Non sarò certo
io a rovinarli."
Axis sorrise, grata, accarezzando con una mano la testa della figlia. "Temo di
doverti chiedere un altro favore, ragazzo." Il suo respiro iniziò a diventare
irregolare, sempre più profondo. "Fa in modo che Cristal non finisca in questo
modo."
Lui, che le aveva voltato già le spalle con l'intenzione di andarsene, a quelle
parole si arrestò di botto; guardò la donna, ormai morente, come se fosse
impazzita.
"Non ti sto chiedendo di prenderla con te... Solo, assicurati che non diventi
mai un Cavaliere."
"Non puoi chiedermi questo."
"Te ne prego..."
Camus si passò una mano sul viso, distrutto; non vide alcuna via d'uscita da quella situazione. "Va bene, ho capito. Lo prometto."
Axis non fece in tempo a
ringraziarlo di nuovo; si sentì un sonoro colpo dall'esterno, abbastanza potente
da creare un'increspatura nella parete.
Camus alzò la testa di scatto ed un nuovo colpo riecheggiò nel tempio, seguito
da molti altri; Axis si prese la testa fra le mani, sgranando gli occhi per la
disperazione. "Sono gli altri miei compagni... Ci uccideranno tutti pur di far
fuori te!"
La figlia, come paralizzata, strinse le piccole dita attorno al braccio della
madre, senza trarne comunque conforto.
"Esci da qui, cavaliere! Esci e porta via Cristal!" urlò la donna non appena i
muri iniziarono a sgretolarsi sotto gli attacchi; Camus non se lo fece ripetere
due volte, afferrando la bimba sottobraccio e preparandosi a fuggire.
"Mamma!" urlò invece la piccola, dimenandosi nell' inutile tentativo di
liberarsi dalla stretta del ragazzo.
Aquarius si voltò un'ultima volta, scorgendo lo sguardo sempre più stanco di
Axis; poi, la colonna portante cedette, finendole addosso.
Il rumore della sua schiena spezzata si confuse con il lento sgretolio del
tempio e le urla disperate della bambina, ma il ragazzo non si voltò più,
correndo, scappando sì dai nemici ma anche dall'ultimo sguardo di quella donna
che, lo sapeva, lo avrebbe tormentato per molto.
"Nonostante fossi riuscito a trarla in salvo, non sarei mai riuscito a badare
direttamente a Cristal; cercai allora Marin, l'unica che sembrava non seguire
ciecamente gli ordini del Gran Sacerdote."
Milo si massaggiò le tempie, distrutto ma deciso a non fermare il racconto
dell'amico: era la prima volta che parlavano così tanto. "Quindi lei e Cris non
sono sorelle... Mi sembrava strano, dato che non si somigliano affatto."
Aquarius si staccò dall'albero, spostando lo sguardo nella direzione da cui
erano venuti; a meno che non si sbagliasse, sentiva una strana musica provenire
dal loro campo.
"Marin portò Cristal in un orfanotrofio e io mi presentai come tutore, pagando
il mantenimento della bambina ma senza mai farmi vedere da lei."
"E non hai mai pensato che forse aveva bisogno di qualcuno che le stesse
accanto?"
"Per quello c'era Eagle; non dimenticarti che sono io l'assassino della madre di
Cristal, come avrei potuto farmi vedere da lei?"
Scorpio scosse le spalle, con indifferenza: c'era ancora qualcosa che non
capiva. "Ma allora come mai fino a poco tempo fa viveva nella strada come ladra?
E perché ora è una Saint?"
L'altro scosse la testa. "Non saprei."
"Come sarebbe a dire?"
"Nell'orfanotrofio ci è rimasta meno di un anno: è fuggita di nascosto e da
allora non sono più riuscito ad avere sue notizie."
"Camus, qui continua a non quadrare qualcosa!" esclamò Milo, perdendo la
pazienza. "Se davvero voleva vendicare sua madre, allora spiegami perché da
quando è giunta qui sembra non ricordarsi il tuo volto!"
"Beh, pare che non sia l'unica cosa che non si ricordi."
Marin di Eagle uscì dal folto della foresta, facendo sobbalzare i due Gold che,
impegnati a discutere, non avevano fatto caso alla sua presenza; la rossa puntò
gli occhi color del cielo sul Cavaliere dello Scorpione, mentre incrociava le
braccia al petto. "Tu, che sei stato il Suo Maestro, dovresti sapere meglio di
chiunque altro che, oltre al ricordo di sua madre e di me, sembra abbia perso
completamente la memoria."
Milo non abbassò lo sguardo, non lo faceva mai, ma nel suo sguardo comparve un
lampo, un senso di colpevolezza appena accennato che Marin a stento riuscì a
notare.
"Venite, gli altri si stanno chiedendo che fine abbiate fatto."
A giudicare dai volti degli Apprendisti, nemmeno loro capivano bene come tutto
quello poteva essere successo: tutto era partito da Kéril, lo strambo greco a
cui Cris aveva fregato il sale quella mattina, e dalla sua chitarra che portò
tutti a chiedersi dove cavolo l'avesse nascosta per portarla fin lassù.
Ciò che sorprese i compagni, comunque, fu l'affermazione del ragazzo al seguito
di una richiesta di una canzone.
"Spiacente, ma io non so suonarla..." farfugliò, arrossendo per l'imbarazzo tra
lo stupore generale.
"E allora perché diavolo te la sei portata?" sbraitò un altro con l'aspetto di
un teppista; allora la ragazza vicino a lui, Irzule, intervenne a favore di
Kèril avanzando l'ipotesi che lo strumento potesse essere un oggetto molto
importante per il greco ed aggiungendo quanto poco inopportuni fossero gli altri
nell'insistere per sapere qualcosa al riguardo.
Si era venuto così a creare un dibattito su una questione che era diventata di
vitale importanza ed alcuni stavano già per venire alle mani se Dick, uno tra
gli Apprendisti migliori, non si fosse messo in mezzo.
"Smettetela di far casino! Se proprio volete, io la chitarra la so suonare!"
Kéril
sembrò sollevato nel porgere lo strumento allo svizzero, il quale si sedette a
gambe incrociate ed iniziò a suonare un motivetto che aveva tutta l'aria di
essere irlandese; gli Apprendisti, curiosi, si strinsero in cerchio attorno al
ragazzo e Cris, che si era distesa accanto a lui fregandosene altamente della
situazione di poco prima, si tirò su di scatto facendo prendere un infarto ad
Ashanti, poco distante da lei.
Lo svizzero posò lo sguardo sulla ragazzina, mentre le dita continuavano a
pizzicare le corde della chitarra. "Come mai non canti? Eppure questa canzone la
conosci..."
"E tu come fai a saperlo?" sibilò lei, sospettosa, riducendo gli occhi a due
fessure; l'altro non rispose, distogliendo lo sguardo e fissandolo sullo
strumento che imbracciava.
Cris sbuffò, raccogliendo le braccia al petto mentre si chiedeva chi fosse in
realtà quello strano ragazzo, ma un
leggero picchiettio sulla spalla la fece voltare; si ritrovò il viso di Ashanti
a poca distanza dal suo e per una volta il sorriso che le stava rivolgendo
sembrava sincero.
"Dick ha ragione, Cristal, perché non canti qualcosa?"
L'altra
la guardò come se avesse capito male, fissandola a bocca aperta; poi, saltando
in piedi, le puntò l'indice contro, facendola sussultare.
"Chi sei tu? Che ne è stato della gallina spennata?" esclamò, nel panico più
totale.
Tutta la gentilezza di Ashanti svanì in un istante a quelle parole; la ragazza
aprì e chiuse le mani a scatti regolari, mentre una venetta iniziava a pulsare
sulla sua tempia.
"Ma brutta... Io ti faccio un complimento e tu..." borbottò, quasi ringhiando;
poi, però, con sommo stupore di Linx, l'egiziana inspirò profondamente e parve
calmarsi, tornando tranquilla.
"Sto solo dicendo che hai una bella voce, ti sembra strano?" spiegò, volgendo il
capo altrove. "Oppure mi vuoi dire che non sei capace a cantare?"
Ecco,
ora sì che la riconosco... fu il pensiero della diretta interessata, la
quale tirò un sospiro di sollievo. "Va bene, va bene, se la metti così,
preparati a roderti il fegato per l'invidia!"
"Sì, un po' di movimento!" esclamò Attila, apparso da chissà dove, abbracciando
le due ragazze -o forse strizzandole-; sembrava avesse già dimenticato
l'incontro con l'egiziana ed ora non faceva altro che ridere e dare pacche sulle
spalle di tutti, nonostante la mano fasciata.
Quando riuscì a liberarsi dalla gentile stretta del ragazzone, Cris tornò seduta
vicino allo svizzero, evitando gli sguardi preoccupati degli altri; poi, dopo
aver dato un colpo di tosse, iniziò a cantare.
Dick, che si era fermato per capire le intenzioni della ragazza, sorrise di
nascosto e riprese a suonare la chitarra, lieto che la ragazzina avesse deciso
di accontentarlo; Ashanti, da parte sua, fu così entusiasta che si alzò,
piazzandosi in mezzo al cerchio creato dai compagni.
Chiuse gli occhi, alzando una mano in aria e sorridendo come una bambina; poi,
muovendo qualche passo, iniziò a ballare seguendo la melodia irlandese con gesti
tanto aggraziati da non sembrare reale.
In cuor suo, Cris dovette ammettere a se stessa che quella ragazza, nonostante i
continui litigi ed il suo fare da ochetta, non era poi tanto male come persona.
"Sangue gitano ti scorre nelle vene, danzatrice del vento..." canticchiò
sottovoce Elise, sorridendo con fare inquietante; Mur decise di non farci caso,
ma sorrise nel vedere come gli Apprendisti, uno dopo l'altro, seguissero
l'esempio di Ashanti.
In poco tempo, chi in coppia e chi da solo, dei ragazzi non ve ne era più uno
seduto; persino Aioria, dopo aver intravisto Marin sbucare dalla foresta, le
prese la mano e l'attirò verso il centro del campo, ignorando le continue
proteste della ragazza.
"Sembra che Aioria abbia firmato la sua condanna a morte." commentò Shaina,
facendo sorridere June.
"Beh, dai, in fondo si stanno divertendo! Lasciamoli vivere..."
"Giusto!" s'intromise Aldebaran, sorpassandole con un balzo. "Fate largo, gente,
vi faccio vedere io come si balla!" e scoppiò nella sua solita, fragorosa
risata.
Le due Sacerdotesse si scambiarono appena uno sguardo, allibite, prima di
scuotere la testa in contemporanea.
"Massì, in fondo che male c'è?" esclamò la bionda con finto entusiasmo, come a
voler nascondere il vero tono della sua voce.
Ophiucus si voltò verso l'amica, aprendo la bocca nel tentativo di dire
qualcosa, ma quella era già sparita in mezzo agli Apprendisti.
Che ti sta succedendo, June?
"Tu non
balli?"
La voce di Camus alle sue spalle, fredda come al solito, le fece prendere un
infarto; la Sacerdotessa volse la testa a guardarlo, scrutandogli il viso con
fare critico.
"Non mi farai di nuovo la predica, vero?" chiese, riducendo gli occhi a due
fessure. Lui fece spallucce.
"Può darsi... E tu non mi prenderai di nuovo a calci, vero?"
"Può darsi..." lo imitò, prima di sorridere con fare diabolico.
Milo fu
l'ultimo a tornare dalla foresta, evitando lo sguardo indagatore di Kanon e
sedendosi su un tronco; il suo sguardo, forse pensieroso, vagò sugli astanti,
prima di posarsi su Cris; a cosa stesse pensando esattamente nessuno poteva
dirlo, ma quando la ragazzina incrociò il suo sguardo, lui, da lontano, mosse
appena le labbra, quasi sillabando.
"Perdonami."
E lei, senza smettere per un attimo di cantare, sorrise con calore.
"Perché
non ti butti, nobile Mucca?"
"Mur." la corresse per l'ennesima volta il Gran Sacerdote, con fare
stanco; Elise non vi badò, troppo intenta a muovere gli indici in aria seguendo
il ritmo della musica, non potendo usare le gambe.
"Sei preoccupato?" tentò di nuovo, stavolta evitando di storpiargli il nome; lui
annuì semplicemente, senza guardarla.
"Mi chiedo quanto durerà questa quiete."
"Ah, sei impossibile! Vuoi vedere che sei tu che ci attacchi la sfortuna?"
"Non posso fare a meno di pensare a tutto ciò che è successo." la rimproverò,
stavolta voltandosi verso di lei. "Forse Kanon ha ragione, forse Nasser non
c'entra nulla con i nostri nemici, ma le coincidenze sono troppe..."
"Le persone insignificanti e semplici come me, caro Gold Saint, la chiamano più
semplicemente sfiga."
Mur sospirò appena, scuotendo la testa, e la ragazza ne approfittò per dire la
sua.
"Tu sei troppo stressato da quando sei diventato il Gran Sacerdote...
Rilassati!" esclamò, volgendo gli occhi così diversi tra loro verso il centro
del campo. "Io credo che questi momenti di spensieratezza, anche brevi, vadano
vissuti fino all'ultimo secondo... Infondo, vivere vuol dire anche questo."
Ed Aries, forse per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, fu d'accordo
con lei.