Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: missmalfoy97    21/12/2012    3 recensioni
Regulus Black ha da poco terminato il suo quinto anno ad Hogwarts, e per lui è ormai giunto il tempo di fare delle scelte fondamentali. E' davvero pronto a decidere? E' davvero sicuro che la sua vita continuerà ad essere semplice come prima?
Regulus non riusciva a capire la voglia di fuggire di Sirius. Gli sembrava insensata: per lui il numero dodici di Grimmauld Place non era mai stato una prigione, era sempre stato il suo rifugio, la sua dimora dove nessuno avrebbe potuto fargli del male. Non poteva comprendere che per Sirius quelle mura erano state peggio di una gabbia.
[...]
A differenza di Sirius, Regulus aveva sempre apprezzato Grimmauld Place: lo riteneva un luogo accogliente, il suo rifugio.

Storia scritta per il contest "Two days, two weeks" di Chīsana kitzune sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

It couldn’t have been your “home sweet home” anymore

 
Regulus Black era da poco ritornato a casa, nell’abitazione situata al numero dodici di Grimmauld Place, nascosta agli occhi dei Babbani per mezzo di potenti incantesimi.
Era da solo, questa volta: la sua strada si era separata da quella del fratello l’anno precedente, quando Sirius, stufo di tutte le liti e le oppressioni subite dalla famiglia, aveva deciso di andarsene. Per sempre.
Regulus sapeva che non sarebbe più tornato.
Nelle nobili e maestose stanze regnava un silenzio quasi innaturale; ciò era impossibile quando c’era Sirius in giro.
Regulus si sdraiò sul proprio letto, stanco dopo il lungo viaggio in treno.
Quegli ultimi giorni di scuola, poi, erano stati più pesanti del solito a causa dei G.U.F.O., gli esami che ogni mago deve sostenere al termine del proprio quinto anno ad Hogwarts.
Si sentiva particolarmente nostalgico, quel giorno.
Aveva voglia di pensare.
C’erano vari problemi che gli ronzavano per la testa, tante domande senza risposta e tante decisioni da prendere.
Non aveva tempo di riposarsi.
Da lì a poco, avrebbe dovuto fare la scelta più grande e difficile della sua vita.
In realtà, non aveva molto da scegliere, perché il suo destino era già stabilito.
Si sarebbe dovuto unire ai Mangiamorte, presto o tardi.
Questo per tenere alto l’onore della famiglia, che aveva fatto una figura grama quando Sirius era scappato.
Regulus ricordava ancora quella notte.

« Me ne vado » dichiarò Sirius, deciso, entrando nella camera del fratello minore. Teneva saldamente nella mano sinistra la sua Nimbus 1500, mentre con la destra reggeva un grande baule che stentava a chiudersi, riempito con tutti i suoi averi.
Regulus lo fissò, piuttosto perplesso, alzando lo sguardo dal libro che stava leggendo.
« Cosa vuoi dire con quel “me ne vado”? » esclamò.
« Esattamente ciò che sembra » spiegò Sirius, cercando di tirare indietro con noncuranza un ciuffo di capelli.
« Non puoi » disse Regulus, certo delle proprie parole. Era semplicemente
impossibile ciò che il fratello voleva fare. Non stava né in cielo né in terra, non aveva senso. Era una stupidaggine.
« Chi l’ha detto? » domandò Sirius, con aria di sfida.
« Ti elimineranno dall’arazzo! » sentenziò, sconvolto. Sirius era forse impazzito?
Gli rispose con un’alzata di spalle.
« Salvati, finché puoi…
Se puoi… » concluse Sirius, prima di uscire dalla stanza.
« Aspetta, Sirius! »
Le suppliche di Regulus non furono udite da nessuno. Suo fratello, a cavallo del proprio fedele manico di scopa, era ormai un punto lontano nel cielo stellato.
Se n’era andato.
Non sarebbe più tornato.
Regulus non riusciva a capire la voglia di fuggire di Sirius. Gli sembrava insensata: per lui il numero dodici di Grimmauld Place non era mai stato una prigione, era sempre stato il suo rifugio, la sua dimora dove nessuno avrebbe potuto fargli del male. Non poteva comprendere che per Sirius quelle mura erano state peggio di una gabbia.

Quella volta, Regulus aveva passato tutta la notte a chiedersi cosa fosse andato storto con suo fratello. Non riuscì a venire a capo della sua domanda.
Quand’erano piccoli, tutto era diverso.

« ‘Osa ‘tai ‘cendo, Siri? »
Regulus aveva circa due anni, e non riusciva ancora a esprimersi molto bene. Si mangiava le parole e aveva una vocetta cordiale e timida.
Guardava il fratello con i grandi occhi grigi pieni di ammirazione.
Sirius, più grande di lui di un anno, stava volteggiando nel salotto di casa con una scopa giocattolo. Si manteneva ad un’altezza piuttosto elevata, ma era sicuro di sé e, tenendosi saldamente con le manine al manico di scopa, tentava di fare qualche acrobazia per stupire il fratellino.
« Volo! Hai visto come sono bravo? » esclamò Sirius, facendo una pericolosa sterzata.
Regulus gli correva dietro per terra, cercando ogni tanto di saltare per acchiapparlo, ma i suoi tentativi erano vani perché Sirius si manteneva a circa un metro e mezzo d’altezza, decisamente troppo in alto per essere a portata di mano di un bambino di due anni.
I due passarono qualche minuto a rincorrersi, fino a quando Sirius, che si era distratto un attimo, perse un po’ quota, e così Regulus riuscì ad afferrare la sua scopa.
Un urlo di rabbia interruppe quella buffa scenetta, con Sirius che cercava di tenere il controllo della scopa, mentre Regulus, aggrappato dietro di lui, cercava di mettersi a sedere, facendo scendere il fratello.
Walburga Black puntò lo sguardo sui suoi due figli, profondamente irritata.
« Regulus! Scendi subito di lì! » strillò la donna, rivolgendosi al più piccolo. « E tu, Sirius, quante volte ti avrò già detto di non usare quella scopa in salotto? E a quell’altezza, poi! »
Era sconvolta dal comportamento indisciplinato dei due pargoli, probabilmente non era in grado di capire che dei bambini della loro età  non possono stare fermi e ubbidienti tutto il giorno, neanche se sono due rampolli Purosangue.
« Non ho ‘atto iette! » piagnucolò Regulus, tornando a terra insieme al fratello e cercando di nascondersi dietro di lui come per proteggersi dall’ira della madre.
« Non è colpa di Reggy! » lo difese Sirius. Una delle sue priorità era difendere quel piccoletto, perché, nella sua logica di bambino, era convinto di essere l’unico ad avere il diritto di rimproverare o fare i dispetti a Regulus. Era come se fosse di sua proprietà. Aveva inventato per lui il soprannome “Reggy”, anche perché Regulus stesso, quando aveva difficoltà a pronunciare correttamente il proprio nome, lo storpiava in quel modo.
« Non è importante di chi sia la colpa! Ora filate in camera, due bambini di buona famiglia come voi non devono comportarsi in questo modo! » concluse Walburga, ancora molto seccata.
« Non mi piace la mia camera! » brontolò Sirius, incrociando le braccia.
« Ubbidisci e non rispondere così a tua madre! » tuonò Walburga.
Sirius sostenne lo sguardo della madre, guardandola quasi con aria di sfida.
Non se ne rendeva ancora conto, ma già da quei piccoli gesti aveva iniziato la sua ribellione.

Erano stati molto uniti, da bambini.
Sirius era sempre stato un bravo fratello maggiore, una sorta di divinità per il piccolo Regulus, che ammirava il suo coraggio e le sue gesta. Tuttavia, Regulus si trovò presto in una posizione piuttosto scomoda. Poiché Sirius aveva iniziato a ribellarsi alla famiglia in modo sempre più evidente, non poteva continuare ad appoggiarlo riuscendo, allo stesso tempo, a compiacere anche i genitori, cosa che la sua indole gli suggeriva.

« Orion, è successo » esclamò Walburga con aria teatrale, facendosi vento con la pergamena che aveva appena terminato di leggere.
Il marito si avvicinò a lei con fare rigido e solenne.
«
Cosa è successo? » si informò, con una nota di velata agitazione nella voce.
« Tuo figlio è finito a Grifondoro! Ti rendi conto? » disse lei, tutto d’un fiato, come per liberarsi il più in fretta possibile di un segreto sgradevole.
Il volto di Orion si rabbuiò.
Regulus, che stava giocando nella stanza accanto, aveva potuto udire tutta la loro conversazione.
Quando sentì dei passi avvicinarsi a lui e la voce di suo padre lo chiamò, temette di aver fatto qualcosa di sbagliato anche lui, così alzò timidamente lo sguardo.
« Sì, padre? »
« Regulus, io e tua madre dobbiamo parlarti » dichiarò Orion, facendo cenno al figlio di seguirlo in salotto.
Walburga era seduta sul divano, cercando invano di mantenere un’aria tutto sommato composta, e continuava a sventolare la pergamena, forse nella speranza che, stando all’aria, il suo contenuto potesse cambiare. Presa com’era nel borbottare “
Non è possibile, non è possibile”, si accorse a malapena dell’arrivo di Regulus.
« Ieri » cominciò Orion, serio, « è accaduta un’incresciosa vicenda nella nostra Nobile e Antica famiglia ».
Con queste parole, sperava di catturare l’attenzione del figlio, per poi sconvolgerlo con la rivelazione che stava per fargli.
« Mai – e se dico “
mai”, è mai– nella nostra famiglia era successo un fatto come questo » si fermò un attimo per schiarirsi la voce e riprendere fiato.
Regulus, con lo sguardo, lo incitò ad andare avanti.
«
Mai » tuonò, « mai un Black è stato Smistato in quel letamaio di Grifondoro in tutta la storia dai Fondatori fino a due giorni fa ».
Queste parole, secondo Orion, avrebbero dovuto scioccare profondamente Regulus. In realtà, il ragazzino era tutto sommato indifferente all’avvenimento. Cosa importava di dov’era finito Sirius? Sarebbe comunque rimasto sempre lo stesso, sempre il suo fratellone.
« Prometti che non farai la stessa fine di tuo fratello » disse Orion, deciso. Quella che in teoria sarebbe dovuta essere una supplica, in realtà suonò come un ordine.
Regulus non se la sentiva di dire di no.
Lui era sempre stato quello ubbidiente, tra i due.
Quello che nessuno considerava perché secondogenito, ma che si impegnava al massimo per non dare problemi.
Per certi versi, invidiava Sirius: avrebbe voluto essere come lui.
Dato che non lo era, però, si doveva accontentare di ammirare le “eroiche gesta” del fratello maggiore come un timido spettatore.
« Lo prometto, padre » giurò Regulus, guardandosi i piedi con aria imbarazzata.
Orion sembrò soddisfatto della risposta e anche Walburga smise per un attimo di disperarsi.
Se la prima mela fosse marcita, il suo ramo sarebbe stato potato senza troppe cerimonie, perché avrebbero potuto usufruire facilmente della seconda.

Regulus non sapeva che quel pomeriggio aveva appena iniziato il proprio cammino verso quella meta obbligata.
Aveva sempre accettato di buon grado gli avvenimenti futuri, quali lo Smistamento in Serpeverde, che nessuno aveva mai messo in dubbio, e l’avvicinamento alle Arti Oscure.
Non si poteva negare che Regulus fosse sempre stato un po’ attratto da Lord Voldemort e dalle sue ideologie, tutt’altro. I principi Purosangue avevano fatto presa su di lui, rendendolo un gran sostenitore del Signore Oscuro. Ciò aveva irrimediabilmente deteriorato il suo rapporto con Sirius.
Lentamente i due si erano allontanati: più Sirius cercava di distaccarsi dalla famiglia, più Regulus tentava di omologarsi a essa, quasi per far notare a tutti che lui c’era e non li avrebbe mai traditi.
Nonostante tutto, comunque, non aveva mai smesso di volergli bene: i suoi ricordi erano ancora troppo nitidi per poter essere bellamente ignorati.
Regulus era convinto di ciò che stava per fare, avrebbe preso presto il Marchio Nero per onorare la propria famiglia e per sentirsi importante. Tuttavia, c’era qualcosa che lo turbava.
Sostenere delle idee in silenzio era diverso dal farlo sul campo di battaglia.
In cosa consisteva esattamente il ruolo di un Mangiamorte? Non c’era chiarezza sull’argomento.
Era davvero pronto ad affrontare con coraggio il mondo esterno?
A differenza di Sirius, Regulus aveva sempre apprezzato Grimmauld Place: lo riteneva un luogo accogliente, il suo rifugio.
Non aveva mai considerato i momenti passati come una vera e propria reclusione.
Certe volte, sì, aveva trovato un po’ limitante il comportamento impeccabile richiesto dai genitori, non poteva ridere e scherzare come a scuola, ma era comunque casa. Un luogo sicuro. Regulus non riusciva a capire l’animo ribelle del fratello, la sua voglia d’evadere. Iniziava, invece, a temere il giorno in cui non ci sarebbero più state quelle mura a difenderlo dal mondo.
Regulus aveva paura, ma sapeva che avrebbe dovuto trovare il coraggio per affrontarla.
Avrebbe ricoperto con onore il ruolo che gli spettava, avrebbe reso gli altri fieri di lui.
Avrebbe trovato il modo anche di essere felice di se stesso, perché si rende meglio quando si crede negli obbiettivi che si vogliono raggiungere.
E Regulus era convinto davvero, quando si alzò dal letto dopo quella lunga riflessione.
Regulus pensava di essere nel giusto.
Era certo di essere nel giusto.
Si immaginò come un fedele alleato del Signore Oscuro, pieno di gloria, una volta che i maghi fossero stati liberi di mostrarsi per ciò che erano.
Sorrise, soddisfatto.
Tuttavia, non si sarebbe mai dimenticato di quegli anni tranquilli trascorsi in pace a Grimmauld Place.
Non si sarebbe mai dimenticato che, un tempo, lui e Sirius erano alleati.
Non si sarebbe mai dimenticato di quel fratello che ora non era più sull’arazzo di famiglia.
Ora, però, era giunto il momento di decidere definitivamente da che parte stare, avrebbe messo la firma su quel contratto che gli era stato proposto fin da bambino, e quei ricordi erano da lasciare alle spalle, in un modo o nell’altro: adesso il Regulus ancora bambino nel cuore avrebbe dovuto lasciare posto al vero Regulus Arcturus Black.
Ma era davvero così? Era davvero il vero se stesso ciò che stava diventando?
Regulus non sapeva che erano tutte illusioni.
Non poteva capire che non tutto era roseo come sembrava.
Non poteva, perché finora si era sempre attenuto alle decisioni degli altri, e non era in grado di capire che al di fuori di Grimmauld Place le cose andavano diversamente.
Se ne sarebbe reso conto quando sarebbe stato ormai troppo tardi, perché lui cercava gloria e potere, non era mai stato nei suoi progetti il diventare una pedina alla mercé di un pazzo, un pezzo tutto sommato insignificante e, se necessario, sacrificabile.
Ma intanto Regulus era ancora a casa, servito e riverito come un principino, e ora che si era deciso non aveva alcuna intenzione di perdere tempo ulteriormente.







Nota dell'autrice.
Salve gente! :-) 
Eccomi tornata con un'altra delle mie infinite storie su Regulus.
Grazie mille a tutti quelli che hanno letto la storia, spero che vi sia piaciuta. Se vi va, lasciate un commentino, ne sarei molto felice.
Credo che Regulus fosse convinto di ciò che faceva quando è entrato nei Mangiamorte, e che la sua decisione non sia stata presa proprio a cuor leggero, ma le sue aspettative erano diverse dalla realtà e se n'è accorto presto.
"Reggy", in realtà, è una miiia invenzione pucciosa per il soprannome di Regulus; di solito lo faccio soprannominare "Reg", ma dato che qua sono bambini non ho resistito e gli ho affibbiato "Reggy", anche perché, a pensarci bene, in inglese Regulus dovrebbe essere pronunciato tipo "Reghiulus" - correggetemi se sbaglio - e allora ci può stare che da piccolo, nel tentativo di dire il suo nome, si fermasse a qualcosa tipo "Reghiù", trasformato poi in "Reggy". Ok, ignorate pure questo delirio, ma ci tenevo a spiegarlo. Quando si parla di Regulus io impazzisco.
Comunque, questa storia, scritta appunto per un contest, doveva avere come luogo Grimmauld Place. La prima cosa che mi è venuta in mente, allora, è stata il provare a parlare del rapporto tra Regulus e la propria casa, perché io credo che lui - a differenza di Sirius - non la vedesse come una specie di prigione.
Detto questo, vi lascio in pace! xD
Alla prossima, un bacio.
missmalfoy97 :)

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: missmalfoy97