Ringraziamenti: Ringrazio la mia beta Charme, per l'aiuto riguardante questa fanfic ^_^
Buona Lettura ;)!
Il Canto di Natale di Dudley. - A Strange Dudley.
“Sì...” rispose Harry, afferrò la mano di Dudley e la strinse.
“Magari. Stai bene Big D.”
Dudley quasi sorrise, poi uscì dalla stanza. Harry udì i suoi passi pesanti sulla ghiaia del vialetto e poi la portiera di un’auto che sbatteva.
(Harry Potter e i Doni della Morte. Pag.45)
Dudley,
durante i suoi viaggi in giro per il mondo era cambiato non solo
fisicamente, ma anche mentalmente: aveva conosciuto tante persone,
visitato posti diversissimi tra loro e fatto esperienze nuove che
l’avevano fatto crescere e riflettere suoi propri errori, e
infine aveva deciso che l’unico modo di porvi rimedio era quello
di ritornare indietro, di cercare di farsi perdonare dall’unico
parente veramente forte e straordinario che aveva: suo cugino Harry
Potter.
Per cui aveva deciso di tornare a Londra, a Privet Drive numero 4 per cercare informazioni.
Era da tanto che il giovane ragazzo
biondo non vedeva i suoi genitori, da cioè quando si era
diplomato a New York, città che aveva ospitato la famiglia
Dursley durante la fine dell’adolescenza di Dudley per conto del
governo di suo cugino.
Dudley sospirò guardando le
case a schiera davanti a lui; così ordinate, così
ordinarie, sembravano restituire lo sguardo ed erano sufficienti a
calmarlo, ricordandogli l’aria di casa.
Sapeva che non avrebbe ottenuto
risposte alla sua domanda in quella casa, eppure non sapeva il
perché, ma sentiva l’impellente bisogno di tornare a dai
suoi genitori.
Suonò al campanello
chiudendo gli occhi e prendendo un bel respiro; poco dopo un uomo
corpulento venne ad aprire: suo padre Vernon Dursley non era cambiato
per nulla dall’ultima volta che si erano visti; se non fosse
stato per i capelli bianchi e le rughe sul volto, Dudley avrebbe
certamente detto di trovarsi tredici anni prima quando aveva detto che
come regalo di diploma voleva viaggiare con i suoi nuovi amici.
Dopo un attimo di silenzio
imbarazzante Vernon si avvicinò al ragazzo e lo stritolò
in un abbraccio da fargli mancare il respiro; quando poi lo
lasciò sul faccione rosso erano spuntate, all’angolo degli
occhi, delle lacrime.
“E tu che ci fai qui?” chiese brusco al figlio asciugandosi gli occhi con la manona mentre lo osservava.
Dudley ricacciò indietro le
lacrime: dopotutto, anche se loro avevano fatto del male a Harry gli
erano mancati, e gli faceva tenerezza rivedere suo padre.
“Papà, dov’è mamma?” chiese.
Vernon sorrise si voltò
verso l’interno chiamando Petunia, poi i suoi occhi porcini si
posarono sul figlio, studiandolo c’era stato un gran cambiamento,
e non solo dal punto di vista fisico, anche se era quello che rimaneva
più impresso: suo figlio non era più il ciccione che era
stato durante la sua adolescenza, bensì era diventato un bel
ragazzo: magro, alto, dai capelli tagliati corti dietro e avanti un
po’ lunghi, negli occhi limpidi di Dudley non si leggeva
più scontrosità e animosità, bensì armonia
e amore per la vita, e, come si sa, gli occhi erano lo specchio
dell’anima. Eh, sì, nel suo Dudley era sorto un profondo
cambiamento ma Vernon non sapeva se esserne felice o no.
Petunia entrò nella visuale
di Dudley e il ragazzo notò che era cambiata: aveva i capelli
corti grigi e molte rughe attorno agli occhi e alla bocca, era
però sempre bella ai suoi occhi.
Petunia, non appena vide chi era
l’ospite per il quale Vernon l’aveva chiamata,
lanciò un urletto stridulo di sorpresa e abbracciò il suo
‘Diddino’ poi si staccò da lui e gli sorrise.
“Diddino, sei tornato! Vernon, che aspetti a farlo accomodare?!
Dud ma quanto sei magro... Non ti fanno mangiare bene? Tesoro adesso
mamma ti fa una lasagna buona, buona… è sempre il
tuo piatto preferito?” Petunia era eccitata e parlava a
raffica mentre spingeva suo figlio all’interno della casa, fino
al salotto.
Dudley fece una panoramica generale
e notò che non era cambiato nulla; forse c’era solo
l’ultimo modello di schermo piatto, ma tutto era rimasto uguale,
quasi come se non se ne fossero mai andati da Londra.
“Mamma, grazie, ma non voglio
disturbare più di tanto. Ho un albergo nel centro di
Londra.” non finì la frase che subito sua madre
attaccò.
“Ma Did, quale disturbo! ci
manchi sei sicuro che nemmeno un po’ puoi restare? Vernon, digli
che abbiamo devoluto quanto al giornale dove lavori... A
proposito, tesoro, sono molto orgogliosa di te!”
Dudley era un giornalista,
diplomato con il massimo dei voti alla propria università, e a
aveva trovato lavoro presso il New York Times come corrispondente di
guerra… all’inizio certo era stata dura, ma adesso era la
penna più giovane e, oltre che scrivere e viaggiare, aiutava la
gente più povera tramite organizzazioni di volontariato che si
appoggiavano al giornale.
Il ragazzo arrossì, ma allo
stesso tempo il suo orgoglio si gonfiò: anche se era cambiato
gli piaceva ricevere complimenti.
Più rilassato, sorrise e
rispose “Grazie mamma!” dopo un po’ ci pensò
su e decise. “Rimarrò a cena, ma solo se non mi fai le
verdure.”
Petunia sorrise allegramente e annuì, contenta di suo figlio.
Dentro casa si respirava
un’atmosfera che non si vedeva da tempo: Petunia era
contentissima che il figlioletto prediletto fosse andata a trovarli e
canticchiava ai fornelli, Vernon invece chiacchierava con il figlio sui
suoi viaggi, mentre una musica natalizia proveniva dal giradischi posto
nel salotto.
Fu naturale per Dudley essere a
casa coccolato da mamma e papà, soprattutto dopo che aveva
viaggiato in posti dove non c’era nemmeno un telefono.
“Oh, ecco la cena!
Meravigliosa come sempre, ‘Tunia.” si complimentò
Vernon con Petunia quando portò una lasagna dall’aria
molto appetitosa.
Dudley sorrise e si accomodò
a tavola, poi prese un bel respiro e disse, ostentando una naturalezza
che, in realtà, non provava: “Mi stavo quasi dimenticando
il motivo della mia venuta qui. Per caso avete notizie di
Harry?”
Petunia sbiancò, Vernon
passò dal bianco, al verde e infine al rosso a una
velocità incredibile. La prima a riprendersi fu Petunia, che
pigolò stringendo il braccio del marito: “Did, come mai
vuoi sapere di H...arry? Non… non ne sappiamo nulla, vero
Vernon?” domandò terrorizzata stringendo il braccione del
marito, che fissava pensieroso Dudley.
“Gli voglio chiedere scusa e
ringraziarlo per tutto... Vorrei poterlo conoscere meglio, e, se me lo
permette... Voglio essergli amico, un vero cugino, come non lo sono mai
stato.”
Fu con grande sorpresa di Dudley
che suo padre battè la manona sul tavolo ed esclamò:
“’Tunia, il ragazzo ha ragione! Credo proprio che anche noi
ci dovremmo scusare con il ragazzo... In qualche modo. Se lo fa Dud,
potrebbe scusarsi anche per noi! Pet, per favore, vai a prendere le
lettere di quel... Mago, di quel Tedalus Lumus?” domandò
l’omone sbagliando il nome e il cognome del mago che li aveva
protetti durante gli anni della seconda guerra.
Petunia, con il fiato corto,
annuì, si pulì le labbra sottili e andò a prendere
le lettere, lasciando soli padre e figlio. “Quell’ometto,
ci ha scritto a ogni compleanno del ragazzo e a ogni ricorrenza del
giorno della vittoria del ragazzo contro Lord-Coso. Scommetto che
troverai il suo indirizzo.”
Dudley sorrise alzandosi e
abbracciando il padre... Era da tanto che non lo faceva da quando si
erano abbracciati pochi minuti prima… Forse l’ultima volta
era stato quando aveva 5 anni!
Petunia tornò e sorrise
intenerita nel vederli abbracciati e in armonia. L’aveva capito
fin dalla mattina, che quel Natale si annunciava magico. Entrò
nella stanza e, dopo uno sguardo ai suoi uomini, si riprese a
chiacchierare in modo più normale, scambiandosi sorrisi e
convenevoli, e quando si arrivò al dolce si era fatto tardi.
Dudley accettò la proposta di rimanere a casa, solo per quella sera, poi salì su in camera con le lettere.
Le posò sul comodino e dopo essersi fatto una lunga doccia e messo il pigiama si mise a leggerle.
Dudley si trovava davanti alla casa
di suo cugino. Si era spulciato ben bene le lettere, e nelle ultime
aveva trovato l’indirizzo della casa di suo cugino: abitava a
Godric’s Hollow, villaggio per lo più di maghi e pochi
babbani.
Dudley si morse il labbro, agitato e un po’ impaurito.
Finalmente bussò alla porta,
e un ragazzino di quattro anni dagli occhi scuri e i capelli neri
sparati in testa venne ad aprire.
Era chiaro che era figlio di suo cugino.
Dudley deglutì: suo cugino era riuscito a fare quello che lui non aveva ancora fatto
-Chi sa chi era la strega con cui si era sposato- pensò il giovane uomo -magari quella riccia!-
Dudley se la ricordava bene alla
stazione di King’s Cross quando erano quattordicenni, con tutti
quei maghi strambi che minacciavano la sua famiglia.
Il piccolo lo guardò, in viso un’espressione sorpresa. Dudley si chinò verso di lui.
“Ciao, piccolo, è questa la casa di Harry Potter?” il piccolo annuì e Dudley sorrise.
“Lo puoi chiamare?”
Il ragazzino annuì e andò a chiamare Harry.
Dudley aveva ansia e paura... Non
lo vedeva da tanto, troppo tempo. Forse lo avrebbe trattato male, si
sarebbe arrabbiato per quello che aveva fatto in passato. Non doveva
venire.
Finalmente un giovane uomo
arrivò. Come Dudley aveva trentanni ed era rimasto il
ragazzino basso e magro che conosceva, ma si era fatto crescere la
barba e portava gli occhiali squadrati sugli occhi di giada, i capelli
erano scompigliati ed era in forma, probabilmente giocava ancora a
quello sport strano il q...quidditcthi o come diamine si chiamava.
Harry si guardò intorno incrociando gli occhi castani di Dudley.
“Mio figlio mi è venuto a dire che qualcuno mi cercava... Ma io non la conosco.”
Dudley sorrise e gli fece presente:
“Harry, sono io, Dudley, tuo cugino... Ti devo parlare. Per
favore, fammi entrare.”
Per poco Harry non svenne, ma si
riprese e lo squadrò: quel ragazzo non assomigliava
affatto a suo cugino, ma decise di credergli; chissà cosa
aveva da dirgli, era curioso.
“Ehm... Okay, Dudley, vieni, entra.”
Harry lo condusse in casa, nel suo piccolo studio: era arredato in maniera normale, quasi babbana.
Dudley si guardò intorno,
osservando una delle foto magiche: rappresentava Harry e sua moglie in
Egitto; la moglie non era quella riccia, bensì una rossa.
I due nella foto salutavano, mentre Dudley guardava con in viso un’espressione incredula.
“Quella è mia moglie,
siamo in Egitto... La nostra luna di miele. L’hai vista. Si
chiama Ginny Weasley. Ma dimmi, cosa volevi, Dudley?”
Dudley lo guardò,
probabilmente suo cugino non gli avrebbe creduto, probabilmente
non aveva creduto nemmeno al fatto che fosse cambiato fisicamente...
Forse pensava che era uno scherzo!
Nonostante tutte le preoccupazioni,
Dudley sospirò, e guardandolo in quegli occhi profondi
incominciò a raccontare.
“Harry… sono cambiato,
non solo fisicamente ma anche mentalmente. Sono diventato un
giornalista, sono cresciuto anche in quel campo, Harry, e alla
fine mi sono ritrovato con molti soldi in tasca… ero così
orgoglioso, ma mi mancava qualcosa. Sono partito come volontario in
Africa e… Harry… lì c’era veramente
sofferenza, ma forse tu te la puoi immaginare, visto la guerra che hai
combattuto. Ho combattuto anche io contro la fame e le malattie grazie
ad armi babbane come vaccini e soldi. E ogni volta che un bambino stava
male o moriva, io vedevo te… eri malnutrito, Harry, sporco e
piccolo, quando eri un bambino… e questo per colpa mia e della
mia famiglia.” Dudley si interruppe un attimo. Aveva il fiatone,
tanto aveva parlato.
Harry lo guardò da sotto gli
occhiali dalla montatura sottile. Doveva ammetterlo. Si era chiesto che
fine avesse fatto BigD, da quando si erano salutai.
Il suo: “Ci vediamo, Harry.” l’aveva colpito più di quanto avesse immaginato.
Eppure non si sarebbe mai aspettato
di vederselo piombare in casa la mattina di Natale. Voleva vedere dove
sarebbe andato a parare -anche se un’idea ce l’aveva.-
Dudley aveva trovato fiato e anche il coraggio di guardare Harry negli occhi.
“Harry, so che mi odi, ma se
puoi… perdonami. E fammi comportare come il cugino che non sono
mai stato. Probabilmente ti sembrerà strano vedermi la mattina
di Natale, ma te lo giuro, non ho avuto tempo di tornare, pensavo a te
ogni santo giorno, ma veramente la missione in Africa m’impiega
tanto tempo e tanto amore che ho trovato solo queste vacanze per venire
a chiederti scusa.”
Harry pensò a quanto
detto dal cugino. Se c’era una cosa che Albus Silente e la
guerra gli avevano insegnato era avere fiducia negli altri,
perché solo stando uniti era riuscito a combattere lord
Voldemort. E poi vedeva veramente pentito Dudley. Non pensava
minimamente che quello del cugino fosse uno scherzo. I suoi occhi
parlavano chiaro.
“Va bene BigD. Hai il mio perdono.” disse infine.
Il cugino esultò dentro e
fuori di sé, scavalcò la scrivania e andò ad
abbracciare Harry. Anche se dimagrito, Dudley era comunque più
grosso di Harry, che si trovò a soffocare contro il petto del
cugino. Dudley lo lasciò andare e sistemò gli occhiali
sul naso di Harry sorridendo.
Poi Harry stesso stupì lui e suo cugino. “Dud, vuoi rimanere a pranzo?” domandò senza esitazione.
Dudley annuì felice e Harry si voltò verso la porta: “Ginny, aggiungi un posto a tavola.”
Una voce femminile tintinnante riempì l’atmosfera: “D’accordo, amore, chi resta?”
Harry sorrise e si voltò con decisione verso Dudley. “Mio cugino.”
_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Eccomi qua, era da un pò di tempo che non pubblicavo su questa sezione. Questa fanfic mi piace molto, è forse è una delle fanfic che trovo migliore. So che ci sono fanfic che parlano di Dud e di una sua riconversone, ma spero che vi piaccia anche questa mia ultima fanfic, anche se inizialmente era molto diversa rispetto a questa stesura.
Questa fanfic è anche per agurarvi buon Natale, e visto che stiamo vicini al periodo Natalizio, come regalo vorrei un pò di recenzioni. Grazie.