Fanfic su attori > Alex Pettyfer
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Autore: artemisia reight    23/12/2012    5 recensioni
Forse sono stata un pò troppo cattiva con Alex, ma era uno sfigato, ed io ho fatto solo ciò che andava fatto...Non avrei mai immaginato che a distanza di un anno si sarebbe trasformato in un bullo convinto a vendicarsi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ovviamente rimango sveglia tutta la notte, tornando a casa solo all'ora in cui dovrei prepararmi per scuola. Ho fatto scorta di cibo perché so che i miei partiranno domani ed io non ho voglia di prepararmi da mangiare tutti i giorni. Forse mangiare solo cose preconfezionate mi fa male, ma ho un metabolismo così veloce che non ingrasso neanche mangiandomi un pollo intero, quindi non me e rendo conto. So già che non mi aspetta nulla di buono al liceo. Alex mi starà già aspettando. Non devo mentirgli, me l'ha già detto, ma una bugia così grande supera qualsiasi cosa. Quando scoprirà che non c'era nessuna cena e che l'ho preso solo in giro si arrabbierà da morire. Rimango in macchina finché non sento la prima campanella suonare, quindi comincio a correre come una matta per arrivare in tempo in classe. Ottengo un richiamo per ritardo, ma anche che nessuno mi vede passare. Tiro un sospiro di sollievo e la giornata passa allegramente, senza Alex nei paraggi. Alla fine delle lezioni esco da scuola praticamente saltellando. E' stata una mattinata serena, tranquilla. Quasi non me ne capacito. Non sono mai stata così calma da quando è iniziato quest'anno scolastico e per quanto mi sembri strano, sono davvero contenta di non aver incontrato Alex e soprattutto che Lui non sia venuto a cercarmi. 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Mentre salgo in macchina mi ricordo che la professoressa di arte mi aspetta per addobbare il teatro. Torno dentro e la trovo già con i festoni in mano. Mi scuso per il ritardo, non ammettendo di essermene dimenticata, e cominciamo a lavorare. Quando quasi metà dell'enorme sala è pronta per affrontare il Natale, mi sento finalmente felice. Anche se faticosa, questa attività mi rilassa molto. "Artemisia!" la professoressa ha una voce stridula e, anche a metri di distanza, riesco a sentirla senza problemi "Vorrei più rosso là e meno verde qua, ti dispiace? Così sembra una pianta invece che un'addobbo!". E' sempre molto ansiosa al riguardo, si agita appena qualcosa non va. Vuole che tutto sia perfetto perché prima se ne occupava l'insegnante di fisica nucleare e ogni anno ci stupiva con nuovi effetti speciali. Ora che il compito spetta a lei, vuole per forza fare bella figura. La porta del teatro si apre di scatto e entrambe ci voltiamo, colte alla sprovvista. Una chioma bionda fa capolino dalla porta con tono autoritario, quasi fosse un docente. "Professoressa?" chiede "Artemisia potrebbe venire un momento? E' per un progetto di scienze, giuro che gliela restituisco subito". "Ma certo, ma certo" trilla la professoressa con il suo solito tono "Tu sei...Pettyfer, giusto?". Lui annuisce, mentre io cerco una scusa per non andare. Ce ne sarebbero molte, ma so che poi mi aspetterebbe fuori dall'edificio e io non posso vivere a scuola. Scendo le scale e lo raggiungo rassegnata. Appena la porta si chiude dietro di noi, Lui mi sbatte le spalle verso il muro e sibila: "come hai osato mentirmi?". "Non ti ho mentito!" dico ad alta voce, prima di ricordarmi che il teatro è insonorizzato, quindi non sarò soccorsa dalla professoressa se grido. Allora attuo il piano b e comincio a scusarmi. "Ho detto che il telefono era nella borsa perché non volevo farti capire che ero in camera mia. La verità è che quando ci sono queste cene io rimango quasi tutto il tempo chiusa lì perché non mi va di sentire quel chiasso, ma mamma vuole che sia presente comunque e che non sia fuori casa. Quindi non potevo fare altrimenti!" piango, un pò perché devo far finta di essere triste perché Lui non mi crede, un pò perché mi sta tirando i capelli fin quasi a strapparmeli. Mi tiene ferma con una mano sulla spalla e l'altra che tira verso il basso la mia coda di cavallo. All'improvviso poggia entrambe le mani sul muro ai lati della mia testa, avvicina il viso al mio finché quasi si toccano e sussurra: "Non ti credo, piccola". Mi da un pugno sullo zigomo, che puntualmente comincia a pulsare per il dolore e lo sento gonfiarsi. Gemo e premo il rigonfiamento con la mano per non farlo ingrossare. Un gesto inconscio, dettato esclusivamente dalla sofferenza. Lui mi guarda intensamente, mi prende il viso tra le mani e mi bacia con passione. Sono sorpresa e mi ritrovo a restituirgli il bacio. Sento le mie braccia circondargli addirittura il collo e le sue stringermi. Il suo bacio cura ogni ferita ed è una sensazione così bella che, anche questa volta, non mi rendo conto di ciò che sto facendo. Le sue labbra cercano le mie con una foga che mi fa quasi soffocare. Un attimo. Ma che sto facendo? Non devo assecondarlo! Lo spingo via debolmente e noto con stupore che Lui non protesta e mi molla subito, andandosene senza degnarmi di uno sguardo. Crollo a terra sopraffatta da mille emozioni. Per terra c'è qualcosa che prima non avevo notato. La mia borsa! La porta si riapre di scatto e la professoressa di arte mi aiuta a rialzarmi. "Ma che ti è successo?" domanda spaventata. "Nulla, nulla" la tranquillizzo "Sono caduta come una stupida in bagno perché non avevo letto il cartello che avvisava che era bagnato." scrollo la testa, come a vergognarmi di me stessa per un simile episodio. Lei annuisce e mi osserva. "Bhè," dice "non è grave, ma dovresti metterci un pò di ghiaccio, ti farà passare il dolore". Accetto i suoi consigli e mi dirigo in infermeria con la ritrovata borsa tra le mani. 

 

 

 

Sembra che nessuno, a parte Amber, noti il mio livido ormai violaceo. Quando passo, a scuola, la gente mi fa più complimenti per i capelli che facce schifate per l'evidente bubbone che ho su un'occhio. Non mi sta male, lo ammetto, perché posso coprirlo facilmente con un pò di fondotinta, ma mi mette comunque in imbarazzo. Quando arriva l'ora di scienze naturali, Alex mi saluta come se fossi la sua migliore amica. Non ricambio il saluto, ma Lui non demorde. Continua a sorridermi durante tutta la lezione. Quando finalmente la campanella suona, mi raggiunge mentre sistemo i libri nello zaino. Mi si avvicina dolcemente. "Come mai non mi hai salutato prima?" domanda avvilito. Sono scioccata. Scuoto la testa: è completamente matto! "Non ti ricordi cosa mi hai fatto ieri?" domando, indicandomi l'occhio tumefatto. "Sono stato io?" sembra incredulo. "Sì!" dico urlando. Alcuni ragazzi si voltano a guardarmi, quindi abbasso la voce. "Oh!" risponde "Mi dispiace!". Sospiro. Capisco che non ha solo un disturbo, è davvero matto! Me ne vado continuando a scuotere la testa. "Aspetta!" mi grida dietro, ma non lo ascolto.

 

 

Alle due, mentre sto pranzando in un fast food vicino casa, mi arriva un messaggio da parte di Alex e uno da parte di Taylor. Quest'ultimo si scusa per non avermi chiamato in questi giorni ma era troppo occupato con la scuola. Gli rispondo che, anche se mi è mancato terribilmente, lo capisco perfettamente. Alex, invece, si scusa per qualsiasi cosa abbia fatto per meritarsi questa ostilità da parte mia. Non gli rispondo proprio e lancio il cellulare nella borsa, dimenticandomene per il resto della giornata. 

 

 

Un'ora dopo sto facendo i compiti in camera mia, mangiando le ultime praline al cioccolato e fragola sul letto. Ovviamente i miei sono in una qualche sottospecie di posto sperduto in vacanza. Posto in cui non prendono neanche i cellulari, quindi per le emergenze posso solo che chiamare la polizia. Suonano alla porta proprio mentre sto afferrando l'ultima pralina. Scendo le scale di corsa, approfittandone per passare davanti il frigo e spruzzare un pò di panna sull'ultima, preziosa, pallina di zucchero che mi rimane. La mando giù tutta d'un fiato e apro la porta. Per fortuna ho già inghiottito, perché Alex mi si lancia addosso, baciandomi con dolcezza. E' come quando sono uscita dal bagno: tenero e delicato. Mi provoca una serie di brividi lungo la schiena che mi fanno sperare che questa sensazione non finisca mai. Appoggia la fronte alla mia e sussurra: "Mi dispiace tanto, perdonami". Non voglio farlo, certo che no, ma voglio così tanto continuare a baciarlo che annuisco. "Non volevo, ne sono sicuro" dice abbracciandomi. Non posso farcela, non posso. Non posso seguire i suoi sbalzi d'umore. Mi tiene stretto a sé, oscurandomi i pensieri. Continuiamo a baciarci fino a tarda sera, e quando mi sveglio il mattino dopo mi ritrovo abbracciata a Lui sul divano. 



Spazio Autrice:
ciao! Volevo avvisarvi che è probabile che per tipo una settimana non potrò scrivere (per il Natale e tutto il resto), ma continuerò appena posso!! :)

  
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