Buona vigilia di Natale a tutti voi! Il Natale è un periodo molto speciale per noi Whovians, quindi non ho potuto fare a meno di attendere questo giorno per pubblicare l’ultimo capitolo della raccolta. Il protagonista è Ten, che è e sarà sempre il mio dottore. Questa volta avevo l’imbarazzo della scelta in quanto a spunti narrativi, non saprei dire perché sono rimasta affascinata da questa idea in particolare. Una precisazione: il legame del tutto particolare tra il Dottore e il Maestro è, a mio parere, qualcosa di molto difficile da definire. Io non vedo questa mia flashfic in un’ottica slash, ma dopotutto le caratterizzazioni psicologiche dei personaggi sono qualcosa di molto soggettivo, quindi spero che ognuno la interpreti genuinamente come meglio è portato a pensare. Discorso contorto, lo so. Ne faccio tanti.
La raccolta si conclude qui, ma ho intenzione di scrivere ancora nel fandom prima o poi. Per ora vi auguro buona lettura e soprattutto buone feste!
Martina
A
matter of choice
The
Doctor (Ten)
La pira funebre arde e illumina una notte insolitamente
priva di stelle. L’aria si sta facendo sempre più soffocante, ma non intendo
allontanarmi finchè tutto non sarà finito. Gli devo almeno
questo.
Sono solo – questa volta per sempre. È una semplice
verità che minaccia di stritolare i miei cuori. Sento la mancanza della mia
nemesi, della quintessenza del male, di colui che ha quasi distrutto la Terra.
Perché?
Vorrei fingere che non lo so, ma la realtà è ben
diversa. Conosco la risposta: mi manca perché era come me. Ed un tempo è stato
il mio più grande amico.
Il Maestro mi ha tenuto prigioniero per un anno, eppure
si è rifiutato di ascoltare ciò che avevo da dirgli. La mia confessione era
proprio l’unica cosa che temeva. Era anche l’unica cosa che mi avrebbe permesso
di salvarlo, se solo la situazione non fosse degenerata. Per questo ho bisogno
di ripeterla un’ultima volta. Per me, per lui.
«Ti ho perdonato, sai? Ti ho perdonato
trecentosessantacinque volte, una per ogni giorno.» Mormoro, fissando le fiamme
implacabili che consumano il suo corpo. Non si è rigenerato. Ha preferito morire
piuttosto che lasciarsi aiutare da me.
«Ho vinto io, così mi hai detto. Ti sbagliavi: abbiamo
perso entrambi.»
Le mie parole di addio si dissolvono nel silenzio. Non
ho altro da dire. Oh no, che grossa bugia! Potrei continuare a parlare degli
argomenti più disparati, balbettando sporadicamente per l’emozione. Potrei
dialogare con lui, fingendo che sia ancora qui. Fingendo che sia ancora lui:
malvagio, testardo, geniale, pericoloso, irritante, vivo. Ma non lo farò. Questa è la mia
sconfitta, ed è così che voglio ricordarla.
Chino il capo, trattengo un’ultima lacrima solitaria e
inizio a camminare. Via da qui, sempre più lontano, ecco dove devo
andare.