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Autore: Amy Tennant    25/12/2012    7 recensioni
John Smith e Rose Tyler sono insieme e un altro Tardis sta crescendo nel mondo parallelo, nei laboratori di Torchwood. John però sente che qualcosa sta cambiando ed è qualcosa di cui neanche il Dottore era pienamente consapevole.
Una fine può essere l'inizio di qualcosa di totalmente inaspettato.
Anche per Rose.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Si sentì accarezzare dolcemente e prendere la mano. Aprì gli occhi e la vide. Assorta nei suoi pensieri lo stringeva piano con tenerezza infinita. Sorrise appena senza farsi capire. Quando lei lo guardò le rivolse uno sguardo spalancato. Jackie e lui si fissarono un lungo momento.
-          Stai per dire qualcosa di sarcastico? – disse lei con tono già pungente ma indeciso.
-          Stavi facendo qualcosa di sconveniente?
-          Nooo! – quasi gridò e fece per lasciarlo. John le afferrò la mano e intrecciò le dita nelle sue. Poi le sorrise svagato e Jackie lo ricambiò, appena. Ancora preoccupata – come ti senti…?
-          Molto bene e ho molta molta fame! – rise poi si fermò un istante pensieroso – in realtà dovrei anche andare in bagno…
-          Ci sei dovuto andare cento volte, stanotte – disse. Lui la guardò disgustato – non avevo mai visto nessuno stare così male… nemmeno quella volta che ho mangiato frutti di mare non freschissimi ed io e la mia amica Peggy abbiamo trascorso tutta la notte a vomitare l’anima.
-          Ah… - non era contento di saperlo. Ma lei continuò.
-          Ti assicuro che non è stato niente, niente al confronto! Mi hai fatto paura! E anche a Rose – l’espressione di John cambiò istantaneamente. Jackie notò come fosse bella la trasparenza dei suoi sentimenti per lei. Diversamente da com’era Pete nei suoi confronti.
Il suo sguardo si era fatto pensieroso.
-          Dov’è Rose …?
-          È andata da Liz e poi a riposare un po’, poco prima che ti svegliassi. Oh, John!  Ho temuto che… - Jackie esitò e scosse il capo cacciando quel pensiero - avrei voluto chiamare l’ospedale, eri agitatissimo, deliravi. Pete non ha voluto e non capisco perché!
-          Pensa che non me lo ricordo…  - mormorò perplesso.
-          In effetti sembri un altro, da questa notte.
-          E tu sei stata qui con me … ? – si sollevò e si mise seduto. Jackie allora si alzò dalla sedia vicina e si sedette sul letto accanto a lui.
-          Visto che c’ero… La bambina non ha dormito molto e quindi ero sveglia – puntualizzò lei con una punta di finto sarcasmo  – e poi… ho aiutato Rose a… insomma, tu sei alto e anche se sei come ragazzino…
-          Un ragazzino! – lui la guardò offeso e lei sorrise.
-          Anche se sei così, tu pesi …
-          Ok, ho capito! Sono contento di non ricordare – disse guardandola con le labbra appena piegate tra un sorriso e l’imbarazzo. Sebbene non ne provasse molto al pensiero della propria nudità davanti agli altri, fino a certi casi estremi, con Jackie si sentiva a disagio al pensiero di farsi vedere in tali condizioni. Pensò che stranamente era stato così anche con Rose quando...
-          E comunque non pensare che sia stata la prima volta che ti ho visto – disse lei con un sorrisetto – chi pensi che ti abbia messo addosso il pigiama, quel Natale?
-          Quel pigiama del tuo amico, giusto! – marcò ironicamente la parola e Jackie assottigliò gli occhi con espressione infastidita; Poi John fece una smorfia –  non mi ero mai posto il problema ma… speravo fosse stata Rose!
-          Rose? Ma figuriamoci! Mickey ed io – disse Jackie con un sorrisetto.
-          Fantastico! – in realtà se lo immaginava.
-          Lei era troppo imbarazzata da te… da te cambiato. Per me invece tu eri solo un ragazzo che non stava bene, come stanotte. Ma voi non avete madri, dalle vostre… dalle vostre parti?
-          No...non era come per voi – disse con un velo di qualcosa di indefinibile. Poi la guardò ironicamente – per fortuna.
-          Sì, sì… certo! – disse Jackie – il tuo umorismo mi tranquillizza. Sei tornato il solito acido alieno.
-          Oh, sì! – disse lui con un sorriso trionfante. Poi il suo sguardo si fece insolitamente tenero guardandola e Jackie pensò che in fondo le veniva facile comprendere perché sua figlia avesse perso la testa per quel tipo – grazie, Jackie – le disse piano e lei quasi arrossì per come aveva pronunciato quelle parole. Poi le lasciò la mano – ora però, scusami, ma devo decisamente andare in bagno! – si alzò buttando all’aria le coperte e rimase un attimo fermo, constatando il proprio perfetto equilibrio sulle sue gambe, poi si diresse verso la stanza accanto fischiettando una canzoncina natalizia.
Mentre lo guardava Jackie pensò che il Dottore aveva un temperamento molto più dolce di quanto avesse mai creduto anche se lo nascondeva molto bene.
In ogni caso era davvero bellissimo vederlo stare meglio e in piedi.
 
Aveva trovato Rose addormentata profondamente su un divano del salotto e nonostante la luce le accarezzasse il viso ed accendesse i capelli come fossero fiamme chiare, non si svegliava. Doveva essere esausta. Si era inginocchiato accanto a lei un momento e l’aveva guardata, sospeso nei suoi pensieri e del pensiero di quanto fosse dolce il suo viso da ragazzina, mentre dormiva. Non la baciò per non svegliarla ma lo fece, nei suoi pensieri. Come aveva fatto per tanto tempo.
Scostò la malinconia dalla sua mente e guardando le decorazioni natalizie fece un sorriso. Aveva proprio voglia di fare un giro in città per qualche bel negozietto e passeggiare con un bicchiere di tè caldo tra le mani godendosi in pace l’atmosfera festosa. Per quell’anno non era previsto nessun disastro alieno. Forse.
Magari in un mondo parallelo le astronavi preferivano precipitare su Londra per Carnevale.
Con sguardo perplesso sui suoi pensieri si chiese se tale festa somigliasse a quella che conosceva sulla Terra dall’altra parte dell’universo. In ogni caso era tutto da scoprire e la cosa lo elettrizzava.
Indossò il suo lungo cappotto marrone con un sorriso e dopo un altro sguardo a Rose addormentata, uscì silenziosamente dalla stanza.
 
La voce alterata di sua madre, svegliò Rose di colpo. Per un momento aveva avuto l’impulso di cercare la sveglia e sbatterla giù dal comodino. Non succedeva da anni. Nel dormiveglia le era anche parso di essere nella camera da letto della sua vecchia casa e stava facendo un sogno strano, assurdo, confuso…
Gli addobbi natalizi la riportarono al momento presente.
Cercò di mettersi dritta ma l’aver dormito raggomitolata sul divano la faceva sentire indolenzita. Le urla di sua madre però la scossero e fecero rapidamente mettere a sedere.
Prese coscienza del momento e allarmata cercò con lo sguardo Jackie, vicinissima.
-          Mamma! – chiamò.
-          È un folle, un pazzo! Ma come ha potuto pensare di fare una cosa simile?
-          Chi, cosa? – era ancora stordita ma nella sua testa si fece subito strada il pensiero di John. Impallidì e si alzò di scatto – oddio che è successo…?
-          È uscito di casa! Rose… è uscito di casa!
-          Ma lui come…?
-          Oh, Stava meglio, Rose! Molto meglio.
-          Bene…
-          Doveva riposare però! E’ normale uscire dopo una notte simile?
-          È quindi è… uscito? – ripeté la domanda meccanicamente mentre lisciava i capelli increspati dal sonno improvvisato. Jackie la guardò con gli occhi quasi schizzati dalle orbite.
-          L’ho detto prima, Rose! John è uscito! – si lamentò esasperata – e tu non dici niente?
-          Sarebbe dovuto restare a letto…
-          O almeno a casa! Stanotte è stato l’inferno!
-          Già…
-          Ma perché, perché è così imprudente?
-          Perché non se ne rende conto  –  disse piano Rose.
-          Ma se si sentisse ancora male?
-          Non pensare al peggio. Se stava bene come dici non c’è motivo di preoccuparsi – vide Pete sulla soglia della stanza sorridere rassicurante.
-          Ma pensavo morisse! Stanotte io pensavo morisse…
-          Jackie…
-          Pete, credimi. Quando l’hai visto era in una tregua. Dopo che sei andato via è stato… - Jackie ancora non si capacitava del fatto che non avesse voluto chiamare l’ospedale – non voglio pensarci.
-          È stata una notte faticosa per tutti – disse Pete.
-          Ho visto che ha preso il mio telefono – disse Rose – in ogni caso, ha come chiamare – le venne quasi da ridere al pensiero che fosse il Dottore a dover chiamare Jackie per rassicurarla – mamma… se lo chiami ti strozzo – aggiunse piano. Jackie la guardò malissimo.
-          Ad ogni modo si può discutere su tutto tranne sul fatto che sia abbastanza adulto da prendere decisioni da solo.
-          Non fatemi pensare al problema della differenza d’età tra noi… – mormorò Rose con un sorriso indeciso. Jackie la guardò perplessa – mamma, stavo scherzando…! – disse subito, per evitare un discorso assurdo da portare avanti ancora stordita. Pete le sorrise. Sembrava notevolmente più sereno della sera prima – papà, come mai non sei al laboratorio, oggi?
-          Ho preso qualche giorno per stare con la mia famiglia, è Natale – disse. Rose gli sorrise felice. Jackie li guardò entrambi in silenzio.
-          Un po’ di riposo farà bene a tutti, soprattutto a John.
-          Signor Tashen permettendo – a quel nome, Rose notò come gli occhi di suo padre avessero cambiato luce, anche solo per un attimo.
-          Gli ho parlato, Rose. E’ d’accordo. Ci vuole riposo per tutti. Dobbiamo monitorare le condizioni dell’esperimento perché non vada fuori controllo ma…
-          Quindi la dottoressa Lane non è venuta a casa? – Pete la guardò perplesso.
-          Catherine? Che doveva fare qui?
-          Ha detto che avrebbe portato qui il lavoro che John aveva lasciato in sospeso e che doveva finirlo il prima possibile – lui scosse il capo pensieroso – strano. Eppure sembrava tenerci molto…
-          Rose, non so nulla. Posso chiamare in laboratorio e chiedere se…
-          Hai appena detto che è Natale, no? – protestò Jackie con tono lamentoso – e allora lascia stare. Purtroppo ogni volta che hanno bisogno di te, sanno come raggiungerti – lui annuì, si avvicinò a lei e la strinse tra le braccia, poi la baciò. Rose, ancora stordita dal sonno guardò la scena come quasi fosse un altro sogno e sorrise.
-          Adesso… speriamo che John torni presto a casa e che stia ancora bene – disse Pete allegramente – noi qui abbiamo anche una festa da organizzare.
-          Non me ne parlare! – gemette Jackie.
-          Vedrai che andrà tutto benissimo – Pete le sorrise.
Rose guardò fuori dalla finestra. C’era un tempo splendido ma fuori era freddo.
In realtà era molto meno arrabbiata di sua madre per il fatto che John fosse uscito senza dire niente ma comprendeva le sue ragioni ed erano giuste. Se fosse stata sveglia avrebbe fatto di tutto per cercare di tenerlo a casa tranquillo. Ma il Dottore aveva sempre fatto come voleva e non era per nulla strano. Avrebbe persino dubitato di lui, vedendolo fermo per troppo tempo.
Sperò che fosse prudente e non vedeva l’ora di vederlo tornare a casa da lei.
Era bello il Natale in famiglia.
 
La strada era affollatissima e lui di ottimo umore, si sentiva addirittura euforico. Si chiese se fosse una controindicazione della febbre altissima o solo una reazione personale alla cosa. Optò per una ragionevole media delle due cose e poi la mise da parte per un pensiero che non c’entrava nulla: nonostante due zollette di zucchero, il tè non sapeva di niente e non era neanche caldo come avrebbe voluto. La tazza però fumava. Aveva fame, nonostante avesse mangiato qualcosa a casa prima di uscire e si rese conto che neanche quel che aveva ingerito era parso avere molto sapore. Era una cosa molto particolare per lui e osservò la questione allegramente.
Gli addobbi erano gli stessi di sempre, alla fine. A parte il Babbo Natale verde o bianco che vedeva in giro al luogo di quello rosso e l’uso di fili d’argento anche superiore a quelli d’oro per qualunque decorazione. Forse perché stavano meglio con il bianco e il verde? Era discutibile, molto.
Si intrattenne con considerazioni sul gusto corrente per gli accostamenti di colori per qualche minuto poi rivolse lo sguardo al cielo limpido e sereno di una giornata che alla fine non era neanche fredda come aveva temuto o come gli diceva il fiato. La gente attorno si muoveva presa dalle ultime spese addossandosi, spingendo, camminando velocemente con i pacchetti in mano; lo trovava bellissimo e osservava tutto come un invitato ad una festa improvvisata. Altrettanto improvvisamente si accorse che era successa una cosa gravissima.
Non aveva comprato nessun regalo. Neanche per Rose non almeno… un dono tradizionale.
L’ultimo mese era stato molto strano e faticoso per lui ma forse aveva il tempo di rimediare alla cosa.
Una donna con una carrozzina scura gli passò accanto con una certa fatica, vista la strada affollata e lo distolse dal pensiero. Una delle ruote rimase leggermente incastrata in una fessura del marciapiede.
-          Aspetti, la aiuto – le aveva detto con un sorriso, vedendo che aveva difficoltà a farsi strada, anche per i pacchi che teneva in mano. Guardò in piccolo. Il bimbo era strettamente avvolto nella sua copertina e un berrettino verde gli copriva la testa. Incrociò i suoi occhi scuri per un breve attimo e gli sorrise; così a lui la madre che lo guardò con un certo interesse. Era una ragazza sottile dai capelli biondi e il viso affilato. Per un momento gli parve di averla vista da qualche parte.
-          La ringrazio molto dell’aiuto – disse timidamente.  John raccolse un giochino del bambino, caduto a terra ma poco prima di ridarlo alla madre lo guardò perplesso e poi sgranando gli occhi lo fissò come rapito. La ragazza lo guardò perplessa.
-          Oh, mi scusi, tenga – disse John con un sorriso radioso. Lei non poté fare a meno di ricambiarlo pur non comprendendone il senso. Poi si allontanò con il passeggino nella folla, voltandosi a guardarlo altre due volte.
Rimasto inchiodato alla strada, perso nei suoi pensieri.
-          Non è possibile… era una soluzione così ovvia, così ovvia! – mormorò tra sé protestando – beh, è fantastico, fantastico! – disse a voce alta e più di qualcuno si girò a guardarlo.
Come aveva fatto a non pensarci? Il suo stato fisico doveva avergli reso più difficile pensare.
Ora aveva trovato la chiave per la serratura del tempo e dello spazio nelle sue dimensioni.
Doveva solo capirecome girare e aprire la porta.
Per nulla turbato pensò che doveva tornare a casa, che doveva andare in laboratorio e fare una modifica fondamentale, non prevista ma semplice. La voglia di rimettersi a lavoro era irrefrenabile.
Guardò la strada piena di persone indaffarate. Era eccitato, quasi fuori di sé.
Aveva voglia di correre velocemente, rifare la strada in un decimo del tempo, saltare la gente, attraversare i quartieri a festa senza farsi distrarre. Sorrise al cielo limpido e poi si voltò verso la prima vetrina vicina, una cosa casuale, un istante.
Ma quando la vide il bicchiere di carta gli cadde dalle mani.
  
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