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Autore: Amy Tennant    25/12/2012    10 recensioni
John Smith e Rose Tyler sono insieme e un altro Tardis sta crescendo nel mondo parallelo, nei laboratori di Torchwood. John però sente che qualcosa sta cambiando ed è qualcosa di cui neanche il Dottore era pienamente consapevole.
Una fine può essere l'inizio di qualcosa di totalmente inaspettato.
Anche per Rose.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Odiava le feste. Le odiava profondamente. Non era stato sempre a quel modo ovviamente ma ormai erano anni che per lei erano un momento avvilente, triste.
Quell’anno addirittura una tragedia ma forse le feste lo erano sempre, per la commessa di un negozio di corsetteria di lusso. La serie infinita di donne isteriche e compagni annoiati che le seguivano distrattamente in attesa degli acquisti teoricamente più eccitanti, tirava fuori il peggio del suo carattere. Le richieste spesso e volentieri rasentavano l’assurdo e il modo di porsi delle clienti era davvero troppo maleducato per i suoi gusti. Non riusciva a farselo piacere o a sopportare il senso di superiorità con il quale molte la guardavano e le chiedevano pareri sulla mise imbarazzante di turno indossata senza pudore, il cui costo era mediamente pari a quello di suoi tre stipendi. Si trattava di oggetti che nella migliore delle ipotesi avrebbero fatto figura per cinque minuti scarsi. A meno di non trovarsi a letto con qualcuno più interessato alla biancheria intima che al contenuto.
Che senso avevano quelle cose? Ironicamente le doveva vendere.
Non avrebbe avuto futuro, là dentro. Sapeva già che finito quel periodo non le avrebbero chiesto di restare. E così sarebbe stato l’ultimo lavoro perso della serie.
Aveva un bel dire sua madre al proposito del trovare un’occupazione. Le diceva almeno quattro volte al giorno che alla sua età non poteva più permettersi di sperare in qualcosa di meglio di quel che trovava e non aveva più senso mollare tutto ogni tanto facendosi venire delle crisi, tali da spingerla a spendere i risparmi di mesi per fare viaggi spirituali o corsi per placare la propria inquietudine personale. Non aveva torto ma nessuno sembrava interessato alle sue ragioni. La sua vita era su un binario sbagliato, lei si sentiva un treno impazzito.
E Le sarebbe davvero piaciuto poter investire quel tizio che aveva davanti, un uomo con la bocca larghissima, i capelli tinti di un improbabile nero assoluto e un sorriso odontoiatricamente corretto ma più finto e fuori posto di una dentiera in un bicchiere di vetro, messo tra le tazzine da tè.
Perché diavolo continuava ad agitarle davanti quella sottoveste rossa, l’aveva presa per un toro?
-          Senta, signorina…
-          Signorina? Le sembro una zitella? – lo rintuzzò aggressiva.
-          Signora…
-          Ho l’aria così vecchia?
-          Ma insomma! Come devo chiamarla? – con un sorrisetto mostrò il cartellino appuntato sulla giacca dove il suo nome era scritto a chiare lettere, nero su bianco – ah, bene… - il tizio ignorò la cosa – senta, mi hanno detto di chiedere a lei per questo.
-          E che sarebbe?
-          Come, che sarebbe? – se non si dava una calmata rischiava l’infarto, sicuramente. E non le sarebbe dispiaciuto – allora, ho acquistato questo dono per la mia… aem…amica…
-          Dono perfetto per un’amica – disse con un sorriso.
-          Grazie – rispose quello senza comprendere l’ironia – ad ogni modo ho sbagliato… taglia – sussurrò come fosse stata una parola sconveniente.
 Lei lo guardò stravolta. In sostanza, il tizio aveva fatto un regalo di Natale all’amante, regalo che lei aveva aperto in anticipo alla faccia delle tradizioni. Un regalo allusivo che sicuramente si era già trasformato nell’incubo del poveraccio perché aveva sbagliato sicuramente al difetto, a giudicare dal nervosismo.
Compatì brevemente quel patetico uomo. Ad una donna non piaceva mai cercare di indossare qualcosa di troppo stretto.
Guardò rapidamente il cartellino della sottoveste che aveva in mano e lui la guardò speranzoso.
-          Mi dispiace, signore. E’ la taglia più grande – concluse.
-          Ma…
-          Cambi modello, ce ne sono di…
-          Ma lei voleva proprio quello!
-          Non c’è…
-          Ma…
-          Le ripeto che non c’è – una ragazza che assisteva alla scena in imbarazzo, si mise quasi tra lei e quel tipo. Con un professionale e rassicurante sorriso, prese la sottoveste dalle mani dell’uomo e con tono soave gli disse che forse avrebbe potuto mostrargli qualcosa di molto simile con cui sostituire l’articolo. L’uomo parve rianimarsi e prima di allontanarsi con la giovane, le rivolse un’occhiata astiosa che lei ricambiò con un sorrisetto ironico.
Un'altra commessa molto giovane le si avvicinò.
-          Odioso – le disse – ma cliente tra i più affezionati.
-          Immagino il perché – la guardò – ma come fai a sopportare questa vita?
-          A me piace il contatto con le persone.
-          Anche a me, non sono un’asociale! – la ragazza rise.
-          No, no. Ma… ho l’impressione che tu sia poco adatta a questo lavoro, senza offesa.
-          Non mi offendo, lo so benissimo – concluse lei più seccata dalla cosa che triste.
-          Il tuo carattere dev’essere un bel problema con gli uomini però – rise lei.
-          Eh già! Perché negarlo?
-          Eppure mi sa che hai proprio fatto colpo!
-          Cosa? – la guardò con occhi sgranati. Incredibile davvero. E non se n’era accorta.
Chissà che razza di pessimo esemplare maschile le aveva messo gli occhi addosso. La ragazza le indicò con un cenno la vetrina.
-          Lì in fondo, guarda.
-          Dove?
-          Quel bel tipo alto con il cappotto marrone, lì! – lei lo vide ed appena lo guardò, lui le sorrise, le sorrise in modo così bello e luminoso che restò a guardarlo con espressione idiota per qualche istante.
-          Oddio…! Guarda proprio me - mormorò agitata.
-          Appena ti ha vista è rimasto folgorato. E’ lì da una decina di minuti almeno! – la ragazza rise ancora – mai vista una cosa simile. Un vero e proprio colpo di fulmine. Però… è bel ragazzo davvero!
-          Sì… ma non direi ragazzo non è poi così giovane…  – mormorò lei guardandolo fisso.
-          Quel tipo ti pare vecchio?
-          Ha l’aria strana…
-          Strani i suoi capelli – disse la ragazza e poi guardò l’orologio – stupido invece che tu sia ancora qui e non sia uscita a vedere cosa vuole!
-          Questo è un negozio. Se vuole qualcosa, può usare la porta! – disse decisa; certo non voleva fare la parte della sfacciata o di quella che non aspettava altro che attrarre l’attenzione di uomo. Inoltre era davvero insano pensare di attaccare bottone con un estraneo che la guardava da una vetrina. Lui però sembrava decisamente insolito ed anche attraente. Cacciò via, sdegnata, il suo pensiero al proposito ostentando indifferenza.
La ragazza rise ancora poi guardò la vetrina stupita e le tirò una gomitata, visto che già lei ostentava indifferenza rivolta dall’altra parte.
-          Hey! – protestò. La ragazza si limitò ad indicare fuori.
Era inaudito. Il tizio aveva iniziato a gesticolare. Assottigliò lo sguardo ed inclinò il capo con espressione perplessa.
-          Ma che…? – l’uomo con il cappotto marrone insisteva. Sembrava agitato. Era irritante.
Incurante della clientela attorno e degli sguardi stupiti, lentamente e scandendo le parole a distanza, gli chiese cosa volesse da lei e attese la risposta con le mani sui fianchi, indispettita.
Lui, perplesso, le rispose nello stesso modo, che voleva parlarle.
Sempre più nervosamente gli fece capire, sottolineando il concetto con lunghi gesti, che non sarebbe uscita da lì senza una buona ragione. L’uomo l’aveva guardata fisso, con i grandi occhi spalancati e poi aveva riso.
Va bene, arrivo.
Le aveva risposto.
Le commesse e più di qualche cliente guardarono lo strano tipo entrare nel negozio con le mani in tasca e lo sguardo fisso su di lei.
-          Se per caso ti va buca, dagli il mio numero di telefono – mormorò la ragazza strizzandole l’occhio.
Guardandolo percepì che sembrava confuso, sorpreso e felice. Tutto insieme. E lei se ne rendeva conto profondamente, solo avendolo davanti.
Era un uomo giovane, anche se qualcosa in quello sguardo era molto strano. Quando le fu vicino, molto vicino, si mise davanti a lei come in attesa. Lo squadrò senza ritegno.
Era bello ma in modo particolare. Vestito in modo singolare, forse un po’ retrò, non fosse stato per le scarpe da ginnastica ai piedi. Non aveva buon gusto, concluse, ma aveva un bel sorriso. Un’espressione per nulla rassicurante forse; ma lo erano i suoi occhi profondi che la guardavano brillando come stelle. Urtata dall’imbarazzo che le provocava gli piantò addosso lo sguardo più freddo del suo repertorio.
-          Allora, cosa…?
-          Ciao! – le rispose con un gesto della mano. Una voce bella e gentile.
-          Cia… - si interruppe incredula. Salutare così un estraneo non era da lei – buongiorno, signore – scandì acidamente.
-          Ok, buongiorno! – rispose lui allegramente. La sua voce non era comune eppure…
…Familiare…?
Cercò rapidamente di fare mente locale e ricordare dove avesse potuto incontrarlo. Perché qualcosa le diceva che non era la prima volta che lo vedeva.
-          Noi ci conosciamo? – gli chiese.
-          Davvero non so come risponderti – mormorò lui indeciso.
-          Ci siamo già visti, allora.
-          Può darsi – disse esitante. Un ex collega di lavoro? Era possibile. Ma di quale lavoro?
-          Siamo stati insieme al recupero crediti?
-          No…
-          Al call center dell’azienda telefonica…
-          No!
-          Al negozio di animali?
-          Veramente no, ma forse mi sarebbe piaciuto, salvo che per i gatti … - si mise a braccia conserte e la guardò sempre più confuso sul da farsi. Come lo era lei.
-          Venditore porta a porta? – insistette. Lui scosse il capo - … controllo qualità delle merendine…?
-          Hai fatto anche questo? – le chiese stupito. Lei lo guardò rabbiosamente  – no, no. Comunque… No – disse cercando di restare serio.
-          Allora eravamo insieme a quel provino per la pubblicità del dentifricio sbiancante …? - a stento si trattenne dal riderle in faccia.
-          Davvero è un’esperienza che mi manca. Sarà per la prossima volta… - disse abbassando lo sguardo con un sorriso.
Ma era un gioco a quiz? Chi diamine era quell’uomo?
-          Sto perdendo la pazienza…!
-          Io invece ne ho davvero molta.
-          Ma davvero? – anche lei si mise a braccia conserte. Sembravano allo specchio – ecco un uomo discreto e paziente, quindi.
-          Discreto non direi in nessun senso. Paziente…Te l’assicuro.
-          Irritante sopra ogni cosa – protestò lei.
-          Me lo dicono, a volte.
-          Ora basta… mi dica perché mi stava guardando! – lui la guardò come avesse chiesto una cosa stupida ed evidente e questo la fece ulteriormente innervosire – Allora? Voleva entrare?
-          Volevo uscissi!
-          E quindi non entrare…? – si guardarono fissi un lungo momento.
-          Aspetta… che intendi per entrare… ? – chiese lui con voce esitante.Lei lo guardò interrogativamente poi divenne rossa e lui abbassò lo sguardo imbarazzato. Lo erano entrambi – cioè io…
-          Intendeva quindi…?
-          No, no, no, no!  –  disse lui di fretta con gli occhi sbarrati. Lei lo fissò sconvolta – io non …  - avrebbe voluto dire altro ma non riusciva a dire, altro.
-          Lei è il tipo più strano che abbia incontrato – le fece un mezzo sorriso – e si fa anche delle strane idee sulle persone.
-          In continuazione, questo è vero – disse annuendo pensieroso.
-          Ora basta, la finisca di giocare! – disse lei quasi ringhiando. Lui cercò di mantenere un’aria più seria ma era difficile. Gli venivano in mente tanti ricordi, tante cose insieme, che lo spingevano a sorridere suo malgrado. Lei fraintendeva, ovviamente – mi deve una spiegazione! – incalzò lei.
-          Va bene.
-          Perché continua a guardarmi a quel modo?
-          A quel modo come? – esitò.
-          A quel modo.
-          Non capisco…
-          Come fossi… ecco, mi fa sentire come fossi una fetta di torta! – lo vide alzare un sopracciglio con aria perplessa. La cosa la fece indispettire ulteriormente – forse non mi trova abbastanza appetitosa?
-          No… cioè sì… - fece un lungo sospiro – ma in questo momento preferirei qualcosa di salato…
-          Cosa? – gridò lei e lo fissò con occhi sgranati.
-          Ok, va bene… vada per la torta – disse indeciso vedendola diventare paonazza.
-          Allora è proprio vero!
-          Ah, uh… sì… ? – era confuso.
-          Lei è un maniaco … ! - lui si portò le mani al viso e poi passò le dita tra i capelli scompigliandoli mentre alzava lo sguardo con un lungo sospiro.
-          Perché con te all’inizio è sempre così difficile…? - disse piano.
-          Che cosa?
-          Niente, niente. Ricominciamo da capo…
-          Dal ciao o dal buongiorno? Ci presentiamo per la terza volta?
-          Anche per la quarta, la quinta … E se pensi possa essere quella buona, andrà bene la sesta…  – la guardò un lungo momento. Il tono di voce era gentile, lei non sapeva che fare.
Tutti attorno iniziavano a guardarli un po’ troppo. Ad un tratto lui le prese delicatamente la mano nella sua sperando che non gli tirasse qualcosa addosso o che non cominciasse a picchiarlo davanti a tutti. Lei non lo fece e lo strinse guardandolo stupita.
Forse toccarla sarebbe stato più utile delle troppe parole che tendevano a dire entrambi e peggio ancora insieme. Sentì la sua ansia, la sua indecisione. Sentì che anche lei provava qualcosa di strano, vicino a lui.
-          Io ti conosco… - mormorò e lui le sorrise  – chi sei…? – che poteva dirle?
Che in un mondo parallelo era parte di lui? Che quando l’aveva vista, il suo cuore aveva iniziato a correre e qualcosa dentro si era mossa irresistibilmente verso di lei?
Lei non era la stessa persona, lo sapeva e non era difficile capirlo per un signore del Tempo ma…
Qualcosa in lui non era d’accordo. Straordinariamente sentì che era la stessa cosa anche per lei ed era teoricamente impossibile.
-          Sono confusa – protestò lei ma intanto sentì che l’aveva stretto più forte – perché ti guardo e …?
-          Oh, parli sempre troppo… ! – la prese alla sprovvista stringendola a sé quasi di prepotenza. Lei rimase rigida un istante poi ricambiò il suo abbraccio poggiando il capo sulla sua spalla, come fosse la cosa più naturale e giusta da fare.  Attorno tutti li guardavano confusi e indecisi.
-          Ma tu, chi sei? – gli chiese ancora ma stavolta con tono dolce e incredulo.
-          Ah, la mia Donna Noble… ! – le sussurrò con gli occhi lucidi e quando lo guardò ancora confusa, le sorrise. 
  
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