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Autore: Mary West    25/12/2012    5 recensioni
Un evento incredibile sconvolge la vita tranquilla di Tony Stark e lui si sentirà più solo e distrutto che mai proprio nel momento in cui il mondo ha bisogno di Iron Man più che mai prima d'ora. Un arrivo dal passato, un nuovo nemico da sconfiggere, amicizie indistruttibili e l'amore più puro fanno da sfondo all'avventura del secolo e tra litigi, notti insonni, travestimenti e bugie gli Avengers si riuniranno ancora.
Lei annuì e tornò ad accarezzargli la mascella, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi perfetti.
«Baciami» sussurrò adorante. «Tutta la notte.» Lui sorrise e la accontentò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You'll find that life is still worthwhile, if you just smile'
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Capitolo IX
Revenged 



Erano passati pochi giorni dalla riunione in cucina e tutto continuava ad filare liscio in casa Stark. A parte la situazione ancora irrisolta di Glanster, non parevano esserci problemi di alcun genere. Tony sembrava aver accettato la presenza di Howard nella sua vita, pur non volendo ancora parlare liberamente con lui di quello che era successo, e sembrava essere più tranquillo che mai, se, naturalmente non si contavano quei non tanto pochi momenti in cui si dedicava ad una delle sue attività preferite, e cioè privare Steve di calma e di un sistema nervoso funzionante. Nick e Pepper sembravano riuscir a convivere in maniera pacata e pacifica e anche Phil sembrava non soffrire tanto per la sua Marylin, della cui esistenza era a conoscenza solo Virginia – dopo l’incidente telefonico, lui e Pepper si erano affrettati ad affermare che si trattava di uno scherzo e che non esisteva nessuna donna; dopo poi avevano riso per ore, per la credulità con cui i più grandi supereroi del mondo si erano potuti bere una storia del genere. Tuttavia, sebbene gli altri attraversavano giornate tranquilla, lo stesso non si poteva dire di Bruce e Natasha. Il dottor Banner, che si era sempre dimostrato, a dispetto della sua reputazione e di quella del suo alter ego verde, la persona più pacifica e disponibile della casa, adesso appariva come in uno stato di agitazione continua e spesso, per evitare che la sua rabbia repressa sfociasse in una violenta apparizione di Hulk, si chiudeva in un mutismo senza pretese. Natasha, dal canto suo, sembrava aver sviluppato un’ulteriore ramificazione del suo carattere e aveva notevolmente ampliato lo spazio dedicato all’ira e alla violenza sugli altri; non la si poteva disturbare in alcun modo e subito scattava, nervosa e intrattabile, arrivando ad un punto tale che, per parlare con lei, si giunse ad alzare la mano, come per chiedere udienza ad una faraonessa. Thor sembrava aver colto quella novità con indicibile entusiasmo e, con grande irritazione da parte di Nick, aveva cominciato ad alzare la mano per parlare con chiunque, come se fosse uno scolaretto di prima elementare.
Quella mattina di una settimana dopo la riappacificazione, tutto sembrava calmo e tranquillo, esattamente come al solito. Alle nove di mattina in punto, Phil e Pepper si trovavano, come ormai d’abitudine, svegli e pimpanti in cucina e nessuno sapeva di cosa parlassero, nemmeno Tony. Sta di fatto che, alle otto e cinquantacinque, Phil abbandonava il letto che ormai condivideva con Bruce e si avviava in punta di piedi verso il salotto. Una volta lì, trovava Pepper sveglia, ma ancora fra le braccia di Tony. Le faceva un cenno silenzioso e allora lei sgusciava con dolcezza dall’abbraccio ed entrambi si chiudevano in cucina e, mentre Pepper preparava la colazione per l’intero reggimento, Phil parlava.
Quindi, come di consueto, anche quella mattina, alle nove in punto, i due amici erano davanti al bancone della cucina. Pepper, che aveva appena masso a friggere il bacon, si stiracchiò e la maglia oversize che aveva fregato al guardaroba di Tony la sera prima si sollevò leggermente, sfiorandole la vita.
“Continuo a non capire per quale motivo sia necessario nasconderle la verità” stava dicendo prendendo posto su uno sgabello vicino ai fornelli. “Insomma, la vostra mi sembra una relazione seria e anche abbastanza consolidata… perché nascondervi ulteriormente?”
Di fronte a quell’osservazione così intelligente e calzante, Phil sbuffò, cercando di nascondere il rossore imbarazzante che gli aveva colorato le guance pallide.
“Non dire così” replicò insicuro.
“Non dire come?” continuò imperterrita Pepper. “Lei ti piace, di più anzi. Quindi dovrebbe saperlo.”
“Non è così facile, sai” la interruppe Phil dispiaciuto. “Lei è un’artista, sai come sono gli artisti. Hanno un carattere volubile, particolare. Lei suona in così tante città, magari non è abituata alle relazioni serie. Quando mi ha parlato del trasferimento a Portland, non ha accennato a niente… tra noi, non si è mai parlato di futuro. La verità è che non vuole un rapporto stabile.”
Pepper sollevò le sopracciglia con aria dubbiosa e rigirò il bacon nella padella.
“Se Tony Stark può avere una relazione seria, allora può anche questa Marylin” asserì scettica. “E tu?” chiese poi. Phil parve non capire.
“Io cosa?”
“Tu sei pronto per una relazione seria con lei?” completò Pepper e lasciò perdere il bacon per fissare il suo migliore amico negli occhi. “Perché se non sei pronto, allora non c’è niente da fare. Ma Phil” continuò seria, “se davvero, ti piace anzi di più, allora devi dirglielo… non puoi permettere che finisca prima ancora che cominci.”
Phil annuì con un sospiro e rimase a riflettere per un istante. Poi sorrise dolcemente.
“Grazie” disse grato. “Non so come farei senza di te.”
Pepper storse la bocca in una smorfia comica e lui scoppiò a ridere.
“Ma dai, per così poco.”
“Uhm che profumino” intervenne una voce alle loro spalle ed entrambi videro Tony sulla soglia della cucina. “Si può entrare o l’orario confidenze non è ancora concluso per oggi?”
“Prego, è concluso” replicò Pepper con un sorriso e riversò l’ultima porzione di bacon nel vassoio. Tony si avvicinò e ne prese un pezzo.
“Ciao bimba” disse poi andando a poggiarsi allo schienale del suo sgabello per darle un bacio fra i capelli.
“Buongiorno.”
Uno dopo l’altro arrivarono anche gli altri. Bruce prese posto tra Phil e Clint e non alzò nemmeno lo sguardo dal piatto quando Natasha entrò in cucina, come sempre severa e altezzosa. Barton sbuffò e si rivolse a Tony e Phil.
“Dobbiamo assolutamente farli andare a letto insieme prima che tutta questa tensione li faccia impazzire… è l’unico modo per liberare tutta questa potente energia sessuale latente e repressa in eccesso senza causare danni alle persone circostanti.”
Thor, che aveva sentito tutto, alzò lo sguardo perplesso.
“Di che parli, agente?” chiese senza capire. Phil scosse la testa con aria di disapprovazione.
“Non credo sia la miglior soluzione che potesse venirci in mente” ammise a disagio. “Forse dovremmo farli incontrare senza avvertirli e costringerli a parlarsi. Insomma, se li chiudiamo in una stanza per ore, non possono ignorarsi per sempre.”
“No” replicò deciso Tony. “Ma io potrei parlare con Bruce a quattr’occhi e aiutarlo a trovare una soluzione migliore.”
“Perché non lasciate perdere?” intervenne Pepper tranquilla. “Forse dovreste semplicemente lasciare che se la vedano da soli… insomma, sono grandi abbastanza da scegliere come comportarsi e da risolvere i loro problemi senza che noi ci intromettiamo.”
Tony la guardò ammirato, poi la baciò. Lei arrossì vistosamente, ma sorrideva.
“Hai sempre ragione” le sussurrò divertito. Lei rispose fra le risate, canzonandolo indisponente.
“È per questo che mi ami.”
Fu allora che Nick attirò l’attenzione, schiarendosi la voce.
“Ci sono grosse novità” esordì pacato. “Riguardo Glanster.”
Tutti scattarono all’erta; Steve e Howard si scambiarono un’occhiata pensierosa.
“L’agente Hill è riuscita finalmente a localizzarlo: è arrivato a New York la settimana scorsa, ma la sua base non è rintracciabile. Sta cercando di avvicinarsi in qualche modo a te” continuò rivolto a Tony, “per poter entrare in possesso del Pegasus, naturalmente. Stasera sarà ad una festa a Manhattan, organizzata da lui stesso, a cui inviterà personalità importanti e coinvolte in circoli poco raccomandabili… anche tu sei invitato, ma lui non si aspetta che tu vada.”
“Certo che no” confermò Tony serafico.
“E invece ci andrai” lo contraddisse Nick. “Ci andremo tutti… dobbiamo fermarlo. Tu sarai il diversivo… mentre Glanster cercherà di attaccarti, noi cercheremo il congegno. È noto, infatti, che la festa avrà luogo in un hotel poco distante dalla sua base e il suo piano è convincerti a seguirlo. Quando succederà, noi vi seguiremo a nostra volta e, mentre tu lo tratterrai, noi cercheremo il congegno, per poi attaccarlo.”
Tutti rimasero in silenzio, ognuno perso nelle proprie considerazione. Fu Howard a parlare per primo.
“Non può andare da solo” asserì convinto. Tony si morse il labbro inferiore e si costrinse a non guardarlo negli occhi. Detestava che fosse così maledettamente gentile e preoccupato per lui; lo faceva sentire maledettamente in colpa.
“Be’” disse Nick. “Forse potremmo farlo accompagnare da qualcuno…”
Tony abbassò il viso e i suoi occhi incontrarono quelli di Pepper. Lei annuì convinta e lui seppe che, anche se le avesse ordinato di rimanere a casa, magari chiudendola anche a chiave in laboratorio, lei avrebbe buttato giù le pareti e l’avrebbe seguito lo stesso. A quel punto, tanto valeva che stesse con lui.
“Vado io con lui” affermò decisa. Nick annuì di buon grado.
“Mi sembra un’ottima idea” concordò. “Glanster avrà di certo preso informazione su Tony e saprà anche di te. La tua presenza non desterà alcun sospetto, anzi ne dissiperà tanti.”
“Bene” intervenne Natasha con aria seccata. “E noi?”
Nessuno osò biasimarla; Fury le rispose serafico.
“Ognuno di noi si infiltrerà in modo diverso” spiegò in tono placido. “Natasha, tu entrerai come cameriera, insieme al Capitano e il dottor Banner. Barton sarà l’usciere. Howard e io ci apposteremo fuori. Coulson e Thor saranno le guardie della sicurezza. Comunicheremo con le auricolari, come sempre.”
Tony sentì Steve emettere uno sbuffo di insoddisfazione e sorrise compiaciuto.
“Preparatevi, signori. Il sipario si alza alle sette.”
 

*

 
Steve era pronto. Lui, Natasha e Bruce avevano già lasciato Malibu e si erano avviati verso la sede del catering nel quale si sarebbero dovuti infiltrare. Dopo aver indossato quella ridicola divisa bianca e nera che gli faceva davvero tanto sentire la mancanza della sua tuta a stelle a strisce,  si era allontanato dalla sala ristorante in cui erano stati indirizzati, per respirare un po’ d’aria e magari provare ad incontrare qualcuno che si esprimesse a voce alta non solo a monosillabi. Infatti, quando Fury aveva fatto la divisione dei compiti, lui, sin da subito, non era stato particolarmente entusiasta del risultato. Non che avesse qualche problema con l’agente Romanoff o con il dottor Banner, ma la situazione fra loro, che il Capitano aveva sperato sarebbe migliorata in vista di un’importante missione per la salvezza della Terra, era davvero drammatica, molto più di quanto temesse. La conclusione era stata assolutamente pessima: infatti, per tutto il viaggio in macchina, il silenzio era aleggiato come una spessa coltre di pioggia e neve nell’abitacolo troppo piccolo di quella maledetta Maserati blu elettrico di Stark e, nei pochi momenti in cui Steve si era arrischiato in un blando tentativo di fare conversazione, si era sentito rispondere solo a monosillabi sussurrati dall’uno o dall’altra, senza che nessuno dei due suoi compagni di viaggio desse segno di essere a conoscenza della presenza reciproca. Tutto quel silenzio era continuato anche per il resto del pomeriggio: nel parcheggio, nei camerini, nella sala ristorante. A quel punto, il Capitano, sentendosi fin troppo provato da quell’angosciante situazione che era peggiorata addirittura perché sia Natasha che il dottor Banner avevano preso a fissarlo con biasimo, come se entrambi lo volessero trascinare dalla propria parte nel denigrare e riprovare l’altro, era fuggito giardino, con la scusa di fare un sopralluogo. Nessuno dei due si era espresso in alcun modo, se non con un “Come vuoi” bisbigliato a fior di labbra. Addirittura l’agente Romanoff si era girata dalla parte opposta, neanche ritenesse quel tentativo di fuga del Capitano un affronto personale.
Così Steve era riuscito a guadagnarsi un po’ di respiro da quell’aria pregna di diffidenza e rancore e stava camminando pensieroso per un viale secondario, celato da parecchi cespugli particolarmente alti, quando intravide una persona e per poco non svenne.
No, si disse incredulo. Non è possibile.
Quanti anni erano passati? Sessanta? Settanta? Ottanta? Non aveva il benché minimo senso, era del tutto illogico e cronologicamente impossibile; un anacronismo vero e proprio.
Insomma, Stark glielo ripeteva sempre che era un vecchietto, un attempato. Ed erano passati settant’anni.
Eppure era così.
La vedeva, bella e luminosa come non mai. Camminava anche lei, poco distante da un cespuglio di rose appena potato, con quel delicato abito color smeraldo e le scarpe alte. Per Steve, che l’aveva sempre vista indossare una divisa, era una grande, piacevole novità osservarla portare con tanta grazie e femminilità un vestito così gradevole. I capelli, appena più corti di come ricordava, le cadevano nelle sue morbide onde sinuose e scure sulle spalle coperte dal tessuto verde scuro, un fermaglio dello stesso colore le bloccava una ciocca più riccia dietro l’orecchio. Le labbra scure e spesse erano dischiuse in un’espressione di sorpresa e negli occhi castani brillava una luce ammaliante di incredulità e commozione.
Steve deglutì e sentì le palpebre farsi più pesanti sullo sguardo appannato dalla gioia. Si morse un labbro, tremante, e fece due passi in avanti, andandole incontro. Anche lei si fece più vicina e l’orlo del suo vestito ondeggiava grazioso ad ogni passo, fino a quando non si ritrovarono.
“Peggy” sussurrò sconvolto. Lei annuì e un sorriso le illuminò il volto prossimo alle lacrime.
“Steve” sussurrò con lo stesso tono, dolce e soave. “Non pensavo che ti avrei rivisto” ammise in preda al pianto.
Steve scosse la testa e sorrise debolmente. Era come se non fosse passato nulla, come se non fosse successo niente: quella promessa – avevo un appuntamento – era di ieri e non era passato un giorno dalla loro ultima chiacchierata. Lui non si era ibernato, l’aereo era saltato e Steve era sopravvissuto. Quello era solo l’incontro dopo il miracolo e nessun giorno era passato sui loro volti innamorati.
“Com’è possibile?” le chiese senza fiato. Lei sorrise divertita.
“Pensavi di essere l’unico a usare un po’ di siero?” chiese fra le risate. Si fermò ad osservarlo e i suoi occhi parvero bearsi della sua visione perfetta. Non si sarebbe mai stancata di ammirarlo.
Senza preavviso, gli gettò le braccia al collo e lui, ancora così turbato, ancora così turbatamente felice, rispose all’abbraccio. Quando si allontanarono, dopo altri settant’anni, lei lo baciò e Steve sentì settant’anni di ghiaccio scivolare via, sostituiti dalle fiamme della passione e dell’amore. Era tutto così perfetto, così loro: ritrovarsi, abbracciarsi, baciarsi in mezzo a quei cespugli, quelle rose, quel giardino, come i protagonisti innamorati di un film lungo settant’anni, come Via col vento.
“Mi sei mancato, Capitano.”
Lui rise divertito e le loro mani si intrecciarono complici.
“Vieni” gli disse e lo trascinò lungo il viale. Come appariva perfetto, anche lui, in quel momento. “Camminiamo.”
Lui si lasciò guidare e si sorprese piacevolmente sorpreso da quell’armonia che invadeva ogni angolo, ogni sfaccettatura di quell’istante, senza tempo e senza difetti. Come loro, la perfezione.
“Sai” iniziò lei, “quando ti sei schiantato, io ho tentato di uccidermi” continuò calma e Steve si sentì fremere. “Mi sono gettata in un ghiacciaio e sono rimasta lì per due settimane. Howard ha cercato di salvarmi, ma non è riuscito a trovarmi. Mi ha salvata un dottore, Franz Täuschung e, per tenermi in vita, mi ha iniettato del siero nel sangue, che fermasse il mio corpo… per settant’anni, sono rimata così.”
“E non crescerai mai?” le chiese Steve stupito.
“Sì” disse lei. “Quando il siero che mi ha tenuta in vita comincerà a mescolarsi con il sangue, ritornerò normale… ma ci vorranno degli anni” concluse. Si fermò e lo guardò negli occhi.
“Ti ho visto salvare il mondo” sussurrò. “Avevo paura di rivederti, non volevo sconvolgerti la vita, una vita che eri riuscito a ricostruire. Ma mi mancavi tanto.”
Di nuovo sembrò sull’orlo delle lacrime e Steve avvertì l’intenso istinto di stringerla fra le braccia.
“Anche tu” sussurrò di rimando e sentì la propria voce rauca incrinata dall’emozione rotta di trovarsi insieme, di nuovo.
“Come mai sei vestito da cameriere?” chiese poi ridendo. “Non che tu stia male, anzi… ma sono sempre stata abituata a vederti addobbato con stelle e strisce, e allora…”
Steve scosse la testa, divertito. Stava per raccontarle tutta la storia dall’inizio, poi esitò. Era davvero sicuro di poterlo fare? Non che non si fidasse di lei, anzi… ma poteva metterla in pericolo.
“Non puoi dirmelo?” chiese lei e sembrava delusa. Ah, le donne e la loro maledetta curiosità.
“No, è che…” indugiò lui. “Non vorrei coinvolgerti.”
“Io sono sempre coinvolta” affermò lei severa. “Con te. Lo sarò sempre.”
Steve sentì le labbra dischiuse da un sospiro incurvarsi in un sorriso felice.
“Devo infiltrarmi ad una festa” spiegò tranquillo. “Al Flûte.”
“Il Flûte?” ripeté Peggy stupita. “Da Damon Glanster?”
Steve strabuzzò gli occhi.
“Lo conosci?”
Tu lo conosci?” chiese lei.
“Sì, certo. Ha rubato un congegno a Howard” spiegò lui.
“Howard? È vivo?” domandò lei, sempre più stupita. “Com’è possibile?”
“Be’, diciamo che l’incidente ha colpito solo la moglie. Lui è sopravvissuto, ma si è tenuto lontano per portare a termine la costruzione di questo congegno che ora Glanster ha rubato e con il quale ha intenzione di conquistare il mondo e imporvi il suo dominio. È un pazzo e va fermato.”
“Lo so” rincarò lei e cominciò a bisbigliare. “Sono stata incaricata di farlo per conto di un’agenzia di spionaggio nazionale.”
Steve rimase senza parole, ma non la interruppe.
“Mi sono infiltrata nella sua banda e sto cercando di fermarlo come te… anche se non sapevo del congegno. Devo trovare le prove che sta cercando di entrare in possesso del sistema e fermarlo prima che ci riesca davvero… anche se è un po’ pericoloso, con quella Lydia sempre fra i piedi” concluse con una smorfia piccata.
“Peggy” disse quando la voce gli tornò. “È pericoloso.”
“Anche per te” lo rimbeccò lei. “Ma sai che non mi ferma niente.”
Lui sorrise debolmente.
“Sei più testarda di Stark” la blandì affettuosamente.
“Howard?” chiese lei sospettosa. “Ma dai… non è mai stato così testardo.”
“Oh, non lui” si corresse Steve. “Il figlio… sai, anche lui fa parte di questa missione.”
“Oh” esclamò lei e sembrava incuriosita. “Stai nel gruppo dei Vendicatori, allora?”
“Sì” rispose lui sorpreso. “Come lo sai?”
“Stai scherzando?” gli chiese Peggy ridendo. “Siete stati su tutti i telegiornali per mesi, dopo l’attacco degli alieni.”
“Ah, giusto” ricordò divertito Steve. “Me n’ero dimenticato.”
“E quindi frequenti un Hulk, delle spie segrete e un Tony Stark?”
“Be’, sì” rispose Steve, rendendosi conto come da fuori suonasse incredibile.
“Be’, niente da dire contro il dottor Banner, ma Stark…” esitò titubante. “Non mi sembra una persona molto affidabile. Lo conobbi prima che decidesse di chiudere la produzione di armi e mi sembra molto poco degno di fiducia” affermò dubbiosa. “Spero tu non ti offenda. Purtroppo non sembra aver ereditato le qualità del padre” aggiunse preoccupata.
“Certo che no” rispose Steve sorridendo. “Anche perché non andiamo molto d’accordo.”
“Oh, immagino” disse lei e sembrava molto sollevata. “Lui è così presuntuoso e individualista e privo di scrupoli. E tu sei… be’, così” concluse dolce. Steve si sentì avvampare.
“Esageri.”
“No, veramente sei tu che non ti sei mai valutato abbastanza” lo corresse lei, sbattendo le ciglia adorabile. “Sempre troppo poco.”
Lui arrossì ulteriormente.
“Ti ho sempre aspettato” aggiunse dopo qualche istante e Steve avvertì uno strano senso di favolosa vertigine fargli girare la testa. “Sempre.”
“Aspetta” disse imbarazzato. “Vuoi dire che tu… non… insomma, mai… ma proprio mai…?”
“Mai” rispose lei. “Aspettavo quello giusto.”
Steve sorrise e Peggy vi trovò il Paradiso.
“Anche io” rispose emozionato. “Aspettavo quella giusta. E pensa un po’? Credo proprio di averla trovata.”
 

*

 
Il sole batteva radioso e promettente quel pomeriggio e l’ultimo modello di Jaguar XF zebrata sfrecciava come una stella sulla strada verso New York.
Il vento soffiava entusiasta sui volti dei cinque passeggeri e i raggi s’imprimevano vivaci sui loro visi. Tony sterzò brutalmente e l’auto svoltò con una disinvoltura invidiabile. Al suo fianco, Pepper era impegnata a computer e stava dettando a Stephanie, via internet, le direttive per la settimana seguente. La segretaria, d’altro canto, aveva accettato di buon grado di gestire la situazione all’azienda, dato che entrambi i suoi principali si erano resi indisponibili per gli affari da almeno dieci giorni. Pepper aveva ringraziato molto se stessa per esser riuscita nell’ardua impresa di scovare un’assistente così disponibile e discreta; poi, ci sarebbe stato Happy a controllare che tutto filasse come previsto. Nell’abitacolo, stipati sul sedile posteriore, stavano Phil, Clint e Thor.
Phil, che era riuscito con molti sforzi ad accaparrarsi il posto vicino al finestrino, stava discutendo con Clint, seduto dalla parte opposta, di musica. Entrambi, infatti, avevano la ferma intenzione di gestire la radio ed era nata un’aspra disputa sulla figura di John Lennon. Phil, infatti, riteneva che la sua fosse la musica più bella che si fosse mai sentita; Barton, dal canto suo, affermava che i gusti di Phil fossero più antiquati di Rogers e che nulla poteva superare la grande Lady Gaga. A quel punto, Tony si era voltato con decisione, lasciando perdere la guida, il che era stata davvero una pessima idea visto che era il conducente, per dire ad entrambi di tacere e che era lui a gestire la radio, dato che quella era la sua macchina. A quel punto, aveva inserito un cd personale e la musica degli AC/DC aveva invaso l’abitacolo. Thor, che era seduto in mezzo fra i due litiganti, aveva ascoltato con grande interesse la disputa e ora, con altrettanto interesse, ascoltava le note rock che provenivano dalle casse. Tony sorrise al pensiero della reazione che avrebbe avuto Rogers e prese mentalmente nota di fargli ascoltare Highway to Hell, Back in Black e Hells Bells la prossima volta che sarebbe riuscito a convincerlo a salire in una macchina con lui. Magari gli avrebbe addirittura concesso di prendere il volante, onore che era stato concesso solo a Pepper, Rhodey e Happy, purché gli desse il monopolio della radio. E allora si sarebbe divertito come non mai a vedere la faccia sconvolta di Rogers, mentre combatteva contro se stesso e i buoni propositi che l’avevano sempre contrassegnato, quali non allontanare mai le mani dal volante pur di liberarsi di quello che, Tony era certo, avrebbe senz’altro definito ‘un inutile e assordante e insensato insieme di suoni senza musica e privo di gusto’.
“Ho fame” asserì ad un certo punto Clint. Pepper chiuse il portatile e lo fece scivolare in borsa, poi alzò il polso e vide l’ora: erano le due passate e loro ancora si reggevano in piedi con i pancake di quella mattina. Tony osservò nello specchietto, alla ricerca di qualche posto dove fermarsi, ma i suoi occhi furono catturati dallo sguardo di Barton che stava fissando qualcosa con aria incantata. Incuriosito, Tony seguì la traiettoria di quello sguardo e trovò le gambe di Pepper, libere dai pantaloncini di jeans, in perfetto abbinamento con la maglietta sbracciata color mogano.
“Barton” disse severo. “Guarda fuori. E vedi magari se c’è un posto dove fermarci, visto che sei così affamato. Di cibo, s’intende” continuò. Thor lo guardò perplesso, cercando di cogliere un’allusione che la sua mente non sarebbe mai stata in grado di comprendere.
Clint abbassò lo sguardo, imbarazzato, e cominciò a guardare la strada.
“Dove siamo?” chiese Pepper e Tony si concesse di guardarla di sfuggita. Lei ovviamente lo notò e gli diede una piccola, innocua botta sul braccio.
“Guarda avanti” gli disse, roteando gli occhi al cielo, liberi dagli occhiali che ora le gettavano all’indietro i capelli.
“Mancano ancora un paio di ore, a questa velocità” rispose soddisfatto. Pepper sorvolò sull’ultima parte per evitare di polemizzare su questioni inutili.
“Un fast food!” esclamò ad un certo punto Clint e Thor cominciò a sbattere le mani con fare entusiasta.
“Che bello, un fast food!” disse felice. Poi si bloccò, perplesso. “Che cos’è un fast food?”
Pepper si costrinse a non ridere.
“Un posto in cui ti fermi con l’auto, ordini da mangiare e loro te lo impacchettano” rispose tranquilla. Tony accostò leggermente e avvicinò il viso all’interfono, ma quello non sembrava funzionare. Capì al volo quale fosse il problema.
“Hai una forcina?” chiese a Pepper. Lei sorrise e si sollevò, poggiando le ginocchia sul sedile e sporgendosi verso l’interfono. Tony si fece più all’indietro e approfittò della posizione per posarle un bacio adorante su un fianco. Pepper scosse la testa divertita e infilò una forcina in un punto preciso.
La voce dall’interfono si sentì.
“Desiderate?”
Tony elencò una serie infinita di cibi e bevande che avrebbero fatto sospirare di disapprovazione perfino Nick che era un uomo navigato.
“… poi una tripla porzione di patate e cipolle, cinque coche grandi e cinque dessert alle fragole e lamponi con colata di cioccolata” concluse soddisfatto, poi si rivolse ai suoi compagni con aria compiaciuta dietro alle lenti da sole. “Voi volete qualcosa?”
Pepper lo spintonò divertita.
“Fantastico” esclamò Clint, afferrando un doppio cheeseburger dalla busta. Thor lo assaggiò incuriosito.
“Questo” asserì solenne, “è cibo degli dei.”




























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Buongiorno miei Vendicatori e buon Natale! 
Eccomi qui, in un breve spacco del pranzo natalizio, in attesa del dolce, a fare un salto da queste parti. Ho davvero poco tempo perché sto usando il computer di mio padre - un applauso alla penna elettronica sempre presente - sul divano mentre la mia famiglia, al tavolo davanti a me, fa un casino della malora. LOL 
Fortunatamente stamattina ho avuto tempo di rispondere alle recensioni e ora eccomi qui, un giorno in anticipo, ad onorare il mio debito con voi. Mi scuso sin da subito se nei prossimi giorni non passeò troppo spesso, ma il tempo è sempre meno e devo rassegnarmi a trascorrere due settimane o poco più con la testa fissa solo ed esclusivamente sul libro di linguistica. T.T
Questo capitolo, diciamolo subito, mi piace abbastanza. Ah, ecco direttamente dal passato un altro personaggio fondamentale: Peggy. Non so come mi sia saltato in mente di inserirla, ha fatto quasi tutto da sé e quindi non dirò mea culpa. Spero che la storia risulti credibile; non vi nascondo di avere un po' di ansia a tal proposito. LOL
Prima di salutarvi e rinnovarvi i miei auguri, voglio dedicare un ringraziamento speciale ai tutti i lettori e in particolar modo alle mie fantastiche e meravigliose recensore: 
LadyBlack89,_M4R3TT4_Silvia_sic1995, Evy90, MissysPAlley _Let it shine. Grazie grazie grazie di cuore a tutti voi. 
Burocrazia:

[1]: Revenge è una serie televisiva statutinense liberamente ispirata al romanzo Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas;
[2]: Highway to Hell, Back in Black, Hells Bells sono titoli delle canzoni fra quelle più famose degli AC/DC;
[3]: la frase finale di Thor è un richiamo al terzo capitolo. 

Penso di aver concluso. Dunque, buon Natale a tutti e alla prossima, tra il 4 e il 5 Gennaio. ;)
Un bacio e a presto, Mary. 

   
 
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