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Autore: Rain_bow    26/12/2012    2 recensioni
E se Twilight non fosse stato scritto, ma gli eventi si sarebbero comunque sviluppati nello stesso modo? Ed ora, i Cullen dopo 5 anni se ne sono andati da Forks lasciando la cittadina al suo quieto vivere?
Quieto fino all'arrivo di Lola, che porterà scompiglio e il ritorno di chi se ne era andato.
Tratto dal racconto:
Il silenzio è amico di chi lo abita, per gli altri è un'eterna tortura.
C'è chi si ciba di quegli attimi di silenzio della vita, chi invece preferisce vivere l'attimo, chi se ne ciba di ogni singolo attimo presente e chi invece si ciba di vita.
In casa, quella sera vi erano tre presenze. Una non la si poteva definire umana, una non la si poteva definire del tutto viva dato che con la sua tazza ancora fumante di caffè fissava un punto vuoto nella sua mente.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Sentii la radio trillare vicino al mio orecchio. Quella notte non avevo dormito bene, sapevo che quel giorno sarebbe stato importante per la mia vita a Forks, non potevo permettermi di fare alcun passo falso e così mi ero assillata tutta la notte pensando a cosa sarebbe andato storto, e avevo concluso che tutto dipendeva da me. Ed eccomi lì, ad alzarmi con poche ore di sonno alle spalle.
"Lola alzati" sentii gridare dal piano di sotto Keyne. 
Aprii gli occhi, la stanza era in penombra, la luce alla finestra era talmente tenue che sembrava notte; dovevo abituarmi a quel tempo così burrascoso.
Mi alzai e sbadigliai, poi andai in bagno e mi detti una sistemata. Ero praticamente pronta, ma l'aria umida che aleggiava a Forks, rendeva i miei capelli lisci una massa di nodi informi. Decisi di fare una coda, poi mi guardai per un attimo. In qualche modo anche io assomigliavo alla figlia di Keyne, mia cugina, avevo le stesse labbra carnose e lo stesso taglio della mascella, ma le somiglianze finivano lì. Avevo i capelli bruni, rossi al sole, proprio come i miei occhi color nocciola che divenivano nelle giornate serene color vinaccia.
Scesi le scale e trovai Keyne sulla porta ad aspettarmi.
"Non vorrai far tardi proprio il tuo primo giorno eh?!" mi sgridò.
Gli sorrisi, e acciuffando al volo lo zaino mi recai verso l'auto della polizia ormai rassegnata alla mia prima figuraccia davanti a tutta la scuola.
"Dove pensi di andare Lola? Non penserai che io ti faccia andare in giro su quell'auto come un ladro" e così dicendo aprì il garage. Ed eccola, la mia auto, un vecchio modello Ford nero e lucido. Sorrisi a mio zio, che mi aveva capito da subito.
"Prendi la patente e l'auto diventerà tua" disse.
Non parlammo molto durante il breve tragitto, io continuavo a guardare fuori dal finestrino, con il cuore a mille.
"Buona fortuna" mi disse prima che scendessi.
Lo salutai e andai verso l'edificio. Non c'era ancora nessuno nei paraggi, solo qualche auto parcheggiata. Sapevo che quella scuola aveva poche centinaia di studenti e non mi aspettavo di trovare in giro molte persone.
Mi recai verso un edificio dipinto di verde, dovetti completare molti moduli e persi molto tempo perchè la segretaria era nuova e non sapeva bene come svolgere il suo lavoro e quando finalmente uscii si era fatto tardi.
Fuori pioveva, e io nella fretta mi ero dimenticata anche l'ombrello, fantastico.
Così mi trovavo come una stupida fuori dall'edificio, riparata da un piccolo tettuccio a pensare come fare quando un ragazzo mi venne in contro sorridente.
"Ehy ciao!" mi disse, mostrando una serie di denti perfetti. 
Ricambiai il saluto, e non aspettai a chiedergli se mi poteva dare un passaggio sotto il suo ombrello.
"Oh certo! I passaggi sono la mia specialità" disse lui, sempre ridente.
"Ho forse beccato un giocatore di qualche sport allora?" dissi pensando al doppio senso della parola passaggio.
"Intelligente eh Lola?" mi schernì.
Rimasi un attimo sorpresa, come una stupida, mentre lui continuava a camminare sotto il suo ombrello. 
"Tu come fai a sapere il mio nome?" gli gridai contro infastidita. Non mi piaceva che la gente parlasse di me alle mie spalle.
"Qui lo sanno tutti chi sei, dall'ultima volta che è arrivata una nuova ragazza straniera in città sono passati otto anni!"
"Magnifico" dissi a denti stretti, riparandomi di nuovo sotto il suo ombrello.
"Vorrei sapere il tuo di nome, allora"
"Io sono Alexander" disse "e questa è l'aula della tua prima lezione", accennò un gesto verso la prima porta.
"Tu.. come fai a saperlo?" ero meravigliata da quello strano tipo.
"Perchè frequentiamo gli stessi corsi" disse chiudendo l'ombrello pieghevole, e poi sistemandosi i capelli castani in disordine, poi mi fisso per un attimo con i suoi occhi verdi,  e non ce la feci a non sorridere. 
"Se ti sfai quella coda, sei più carina" disse prima di entrare in classe, e lasciandomi lì come una stupida.
Così in fretta, senza un motivo preciso seguii il suo consiglio e lasciai ricadere i capelli in disordine sulle spalle, fino alla vita, dopo un lungo sospiro entrai in classe.
Venti paia di occhi mi fissarono, ma io dovevo concentrarmi su altre cose, del tipo respirare normalmente, camminare senza inciampare, e saper misurare le parole quando mi ritrovai di fronte al mio insegnante.
"Salve Lola, sono il professor Hunt, insegnante di letteratura, se vuoi accomodarti" e mi invitò a sedermi all'ultimo banco, evitando così imbarazzanti presentazioni.
Mi ritrovai così al banco vicino ad Alexander, e dall'altra parte un ragazzo con gli occhiali e la felpa.
Devo ammettere che non seguii molto la lezione, il signor Hunt stava parlando di un libro che già avevo letto -La fattoria degli animali-, e Alexander e il mio vicino di banco erano più divertenti da ascoltare rispetto al professore.
"Hai deciso di seguire il mio consiglio allora?" bisbigliò Alexander.
"Stranamente sì, di solito non do retta agli sconosiuti, caro Alexander" Un brivido mi avvolse per un attimo, ricordandomi allora dello strano tipo/cipolla che avevo conosciuto in aereo
"Non chiamarlo Alexander, altrimenti si arrabbia" disse sottovoce il ragazzo con gli occhiali e lo fissai per la prima volta.
"Non ci credo" scherzai. Così alzò un po' la manica della sua felpa e mi mostrò un livido.
Rimasi per un attimo impaurita, quel tipo era davvero violento?
Lo sentii ridere. "Non ci crederai vero?" disse Alexander.
Rimasi un attimo confusa.
Poi anche il tizio con gli occhiali iniziò a ridere. "Ok, questo me lo sono fatto cadendo dalle scale"
"Voi siete pazzi" bisbigliai.
"Comunque io sono Joshua, piacere Lola"
Poi il signor Hunt ci richiamò all'attenzione, parlando dell'intento di Orwell di denunciare i sistemi totalitari.
Così finì la prima ora, e mi diressi verso l'aula di spagnolo, al mio fianco c'era Alexander che parlava con il ragazzo con gli occhiali.
Fui la prima ad entrare in classe, il professore mi fece un breve interrogatorio per verificare il mio livello di spagnolo, alla fine si complimentò con me.
Si presentò come Professor Thomson e mi indicò dove sedermi.
Questa volta non ebbi molta fortuna, vicino a me si sedettero due ragazze, nessuno che conoscessi, naturalmente.
Una era un po' cicciottella e aveva l'apparecchio, niente in contrario, ma indossava un ridicolo vestito rosa shokking e stivali neri. Mi voltai dall'altra parte e sorrisi tra me e me del suo abbigliamento. L'altra ragazza mi sorrise. "Ti ci dovrai abituare" mi sussurrò.
Cercai di seguire il più possibile la lezione, ma l'ora era lunga e finii per parlare con la ragazza alla mia destra, che invece sembrava avere un buon gusto per la moda. Si chiamava Madison, e anche lei come il resto delle persone sapeva il mio nome.
Quando mi voltai indietro per vedere l'orario, mi accorsi che dietro di me c'era il ragazzo con gli occhiali. Gli sorrisi. "Non mi salutare tu" Lo accusai.
Mi guardò con aria interrogatica e mi domandai per un attimo se non avessi davvero sbagliato persona.
"Ci conoscimo?" chiese.
"Ma dai Joshua, sono Lola, parlavamo all'ora prima" Iniziavo a nutrire seri dubbi sull'identità di quel ragazzo.
Poi mi accorsi che non indossava la felpa, ma una camicia di jeans e una maglietta bianca.
Mi voltai arrossendo.
"Merda" dissi in italiano.
Madison mi guardò. "Hai confuso i due gemelli, Joshua e Isaac?"
"E così iniziano a precipitare figuracce" Dissi alzando gli occhi al cielo.
Sentii Madison ridere, e anche Isaac, il gemello, che finalmente aveva capito la situazione. Gli lanciai un'occhiataccia, ma alla fine non riuscii a trattenermi e iniziai anche io a ridere..
Il povero Professor Thomson, continuò a guardarci male, ma prima che ci potesse sgridare suonò la fine della lezione.
Così passarono le altre ore. Con Alexander, Isaac e Joshua e Madison vicino. Sembravano tutti conoscersi come vecchi amici, ma qualcosa mi faceva credere che ero stata io a farli nuovamente unire dopo chissà quanto tempo.
Finalmente arrivò l'ora di mensa, e oltre ai miei nuovi amici, si aggregò un'altra ragazza, Alyssa, con i capelli ricci che sembravano molle.
Era un'allegra compagnia tutti scherzavano e ridevano, e l'aria era talmente leggera che mi sentii come se fossi a casa, le preoccupazioni della mattina erano inutili.
L'argomento principale era la sorella di Isaac e Joshua, che stava per sposarsi con un certo Ben. Le nozze però non si tenevano a Forks, i due si erano trasferiti chissà dove e i gemelli se ne sarebbero andati per un po', però il tutto sarebbe successo l'estate prossima e l'argomento stava diventando noioso.
Alla fine mi sentii scuotere per un braccio. "Ehy, Miss Annoiata, ti va di andare a fare una girata prima che rinizino le lezioni?"
Accettai felice di sgranchirmi le gambe, del resto non mi ero ancora ripresa dal cambio orario rispetto all'Italia. Era passato solo un giorno e mezzo.
Finalmente aveva smesso di piovere, e un timido sole stava spuntando tra le nuvole burrascose.
"Vedi? Il tuo arrivo fa perfino spuntare il sole" Scherzò.
"Certo ALEX" 
Alzò i suoi incredibili occhi verdi al cielo.
"Puoi chiamarmi anche Alexander, ma solo perchè sei tu" ridacchiò.
Ci fu una pausa imbarazzante, del resto eravamo due sconosciuti.
"So che non è un bel periodo per te. Sai mio padre conosce tuo zio e gli ha raccontato del motivo per cui tu sei dovuta venire qui. Mi dispiace" Mi lasciò per un attimo sorpresa, non sapevo come reagire, uno sconosciuto che già sembra conoscere tutto di te è un po' inquietante.
"Stava male da tempo, ed è meglio così." Ecco, uno stupido sconosciuto, mi aveva fatto diventare triste.
"Io.. Mi dispiace"mi sentivo le lacrime agli occhi.
"Allora, visto che io non so niente di te" gli dissi per cambiare argomento "Siete sempre stati così tanto amici voi cinque?"
La domanda lo lasciò per un attimo senza parole. "Sai, noi eravamo grandi amici, ma poi una serie di circostanze ci ha divisi, forse sei stata davvero tu a farci riavvicinare" mi guardò da sotto il ciuffo di capelli ribelli. 
"Menomale, allora rientriamo sennò facciamo tardi a lezione" 
E in più proprio in quel momento suonò la campanella.
Così finì quella giornata a scuola, e quando tornai, il resto del pomeriggio e della sera passarono talmente veloci che non mi accorsi neanche dove finirono tutte quelle ore che avevo trascorso. E furono così tutti i giorni di quella settimana, la routine aveva velocemente preso il suo posto. E mi piaceva così, con nuovi amici che amavano divertirsi a cui mi piaceva rivelarmi a poco a poco. Già dal giorno dopo non ero più -Lola, quella nuova- ma -Lola- e basta.
Il fine settimana si stava avvicinando, e iniziavo a preoccuparmi di cosa avrei fatto durante quei giorni in cui non c'era la scuola a legarmi ai miei nuovi amici. Mi creava un vuoto allo stomaco che mi piaceva. Significava che la mia vita era finalmente normale, senza grandi preoccupazioni in agguato, e anche quel problema si risolse quando i gemelli mi invitarono nella loro casa per conoscere la loro sorella che portava il vestito di sposa a Forks, e per chiedere al padre, ministro Luterano di poterla sposare. Il che mi fece capire che stavo entrando lentamente ad essere un punto fermo nelle vite dei miei amici, sorridevo a quell'idea perchè anche loro erano necessari per me, proprio come ormai lo era mio zio. Avevo solo loro.

  
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