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Autore: _Eterea_    02/01/2013    7 recensioni
What if? della prima stagione. Niente spoiler della seconda.
#TERZA CLASSIFICATA al contest:"C'era una volta un personaggio di cui ci siamo scordati" di Trick.
Il contest chiedeva di scegliere un personaggio tratto da una fiaba a nostra scelta e crearne non soltanto una controparte da inserire a Storybrooke, ma anche un background abbastanza particolare da potersi amalgamare con quelli Canon di Once Upon A Time.
#PREMIO: OSCAR MIGLIOR LONGFIC al contest "La notte degli Oscar" indetto su Writers Arena Rewind.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archibald Hopper/Grillo Parlante, August W. Booth/ Pinocchio, Henry Mills, Jefferson/Cappellaio Matto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Risultati del contest in fondo. 


Capitolo 3:   Cosa è successo ad Alice?

 
Ottobre 2011, Storybrooke - Maine
 
«Alice, è da mezz'ora che siamo qui fuori. Cosa hai intenzione di fare?»
La ragazza tolse le mani dal volante e guardò, incerta, l'immensa casa che aveva davanti.
«Ecco, io non... Che diavolo di scusa mi dovrei inventare per parlare con lui? Che senso avrebbe poi, considerando che non mi riconoscerebbe.»
August sospirò e si sistemò più comodamente sul sedile.
«Primo, avresti dovuto pensarci prima di farmi impazzire per tre giorni durante le ricerche. Secondo, ne abbiamo già parlato abbastanza: il fatto che abbia mantenuto il suo vero nome è sospetto... potrebbe ricordare.»
«Come può ricordare? Non avrebbe senso.»
«Bene, come vuoi. Quindi?» August incrociò le braccia al petto e le rivolse uno sguardo carico d'attesa.
«E va bene, vado! Spero di trovare una scusa convincente senza risultare ridicola!»
Alice uscì dalla macchina e, sbattendo la portiera, lanciò uno sguardo carico di astio all'uomo che, in quel momento, stava leggendo in tutta tranquillità un libro.
Si avvicinò lentamente alla grande porta d'ingresso e, guardando l'abitazione, pensò che quello non sembrava affatto lo stile del suo vecchio amico: era tutto troppo elegante e moderno.
Respirò profondamente  e bussò alla porta.
Quando Jefferson aprì, Alice dimenticò il traballante piano che aveva ideato al momento e rimase a fissarlo, con il cuore che le batteva all'impazzata nel petto.
 «Salve, io-»
«Alice?»
A distanza di poco più di un mese, quella era la seconda volta che la ragazza sentiva pronunciare il suo nome con quel tono sorpreso ed esterrefatto. Quella volta, però, l'effetto che ebbe su di lei fu totalmente diverso.
«Come...» iniziò lei lentamente «Come fai a ricordarti di me?»
Jefferson non rispose, rimase sulla porta interdetto, guardando Alice senza proferir parola. Quando lei gli sfiorò il braccio, si risvegliò.
«Io, non credo siano discorsi da fare alla porta. Entra, avanti.»
Alice diede occhiata veloce alle spalle e fece un cenno d'assenso in direzione della macchina parcheggiata, non poteva vedere al suo interno ma era certa che August l'avesse vista. Entrò e si fece scortare nel grande salone.
Jefferson le fece segno di accomodarsi sul divano, mentre lui rimase in piedi a misurare pensieroso l'intera superficie della stanza; Alice in quel momento ebbe un déjà vu riguardante il suo secondo viaggio: l'ultima volta che aveva visto il Cappellaio nel Paese delle Meraviglie. La ragazza non sapeva cosa dire; non era preparata per una situazione del genere, in realtà era pronta ad improvvisare anche nell'evenienza che lui non si ricordasse di lei, ma con August aveva passato tre giorni a prepararsi mentalmente a quell'incontro e in quel momento non sapeva cosa fare. Rimpianse vivamente di aver chiesto ad August di starne fuori ma, mentre pensava a questo, fu interrotta dall'uomo che aveva di fronte.
«Alice, cosa ci fai tu qui?» La ragazza sospirò e si preparò a raccontare per la seconda volta il suo terzo viaggio nel Paese delle Meraviglie, cercando di non risparmiare dettagli per quanto riguardava la parte del ritorno a "casa".
«Io avevo provato a cercarti, ma il Bianconiglio non mi permise nemmeno di superare il giardino della Regina» disse alla fine, con tono di scusa.
«Mi dispiace per quello che ti è successo. Come hai fatto a scoprire che ero a Storybrooke?»
«Non l'ho scoperto io. Come avrei potuto, non sapevo nemmeno in cosa consisteva questo Sortilegio!»
Alice raccontò gli ultimi due mesi con August, rivelando la sua identità e di come l'aveva raggiunto per rivedere il suo vecchio amico. Jefferson non la fece nemmeno finire che l'interruppe con un'altra domanda.
«Un momento! Come facevi a conoscere Pinocchio? Quello vero, intendo.»
«Beh, perché durante il mio secondo viaggio sono finita nel Mondo delle Favole.»
«Cosa?!» A quel punto Jefferson di sedette sul tavolino di fronte ad Alice, sconvolto.
«Ecco, dopo averti lasciato ero intenzionata comunque ad aiutarti a tornare a casa da Grace, quindi sono andata a chiedere al Brucaliffo. Lui mi disse che l'unico a poter viaggiare liberamente tra i mondi fosse il Bianconiglio, così mi ha indicato una tana di coniglio nella quale cercarlo e, cadendoci dentro, sono finita in quel mondo. Lì ho incontrato Pinocchio e il Grillo Parlante. Tra l'altro non sapevo nemmeno chi fossero, visto che la loro favola in questo mondo è arrivata molto dopo e-»
«Tu eri riuscita ad andare?!» Alice si spaventò, il tono che il Cappellaio aveva usato non portava a nulla di buono, in più si era alzato di scatto facendo traballare pericolosamente il tavolino di vetro.
«Ma non sapevo che ci sarei andata! Una volta arrivata ero intenzionata a cercare comunque Grace, ma il Bianconiglio mi ha fatta tornare subito a casa, senza darmene il tempo.»
Jefferson riprese a camminare per la stanza, agitato e visibilmente irritato.
«Perché? Perché tu sì e io no?! Tu non c'entravi niente con quel mondo, perché il Bianconiglio non ha aiutato me a tornare a casa?!»
«Io non ne ho idea... Magari non era quello il modo giusto, o non era destino che andas-»
«DESTINO?! Mia figlia è rimasta senza il padre per dio solo sa quanti anni e tu mi parli di destino?»
Alice si alzò in piedi; non aveva previsto che la situazione sarebbe degenerata fino a quel punto, tutto avrebbe voluto tranne che litigare in quel modo con lui.
«Ascoltami, ti prego: mi dispiace per quello che hai dovuto passare, ma anche io ho perso tutto a causa di quei dannati viaggi. Tu e August non riuscite a capire quanto è grande la vostra fortuna!»
«Fortuna?» Chiese lui ironico, cercando comunque di calmarsi.
«Sì, fortuna! Le persone che avete in qualche modo perso sono qui, al sicuro, sane e salve. Quando questo sortilegio sarà spezzato, e giuro che farò quanto è in mio potere per fare in modo che succeda, potrete riaverle e recuperare il tempo perduto.» fece una pausa, poi riprese con un groppo in gola.
«I miei genitori, i miei amici, tutte le persone che avevo più care sono morte. Per quanto io possa fare, non le rivedrò mai più. Nessuna magia mi potrà riportare questo.»
Calò un lungo momento di silenzio nel quale Jefferson, ormai del tutto calmo, si avvicinò ad Alice mettendole una mano sulla spalla.
«Scusami, non me la sarei dovuto prendere con te. Èsolo che vederla crescere felice, senza di me... mi distrugge.»
«Lo so e mi dispiace, ma August si sta avvicinando ad Emma e, per quanto lei risulti scettica, sono sicura che riuscirà a farle cambiare idea; devi solo avere fiducia e aspettare ancora un po'.»
Felice di essere tornata a dei toni più civili, Alice rimase ancora mezz'ora a parlare con Jefferson, poi si ricordò del poveretto che sicuramente la stava ancora aspettando in macchina.
«Adesso devo andare, ma verrò di nuovo.»
«Ti prego, tienimi informato per quanto riguarda Emma. Stare al di fuori di tutto mi fa stare solo peggio.»
«Non ti preoccupare, hai la mia parola.»
Una volta arrivata in macchina raccontò tutto ad August, che l'ascoltò rapito e sorpreso.
«Credi ci sia la possibilità che qualcun altro ricordi?» Chiese lei alla fine.
«Oltre Jefferson e Regina? Non ne ho la minima idea, a questo punto. Potrebbe essere, ma chi sarebbe stato zitto facendo finta di nulla?»
Alice alzò le spalle e accese la macchina.
«Credo lo scopriremo, no?»
August sorrise e si sporse a baciare la ragazza.
«Non hai idea di quanto io sia felice di averti qui.»
 
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Agosto 1999, Westminster
 
Una volta fuori dalla tana, la ragazza si stese sull'erba fresca, sentendosi improvvisamente stanca; le sembrava di aver corso per kilometri senza mai fermarsi, le mancava il fiato e sentiva un lieve giramento di testa. Tutti sintomi che la prima volta non aveva assolutamente provato. Dopo qualche altro minuto di rilassamento, aprì gli occhi e si sedette. Guardandosi intorno, di primo impatto, fece un sospiro di sollievo. Era seduta nel giardinetto che si trovava dietro casa sua; infine si alzò in piedi e, guardando meglio il paesaggio, rimase confusa.
Quello in cui si trovava non sembrava assolutamente il fantastico giardino amorevolmente curato dai suoi genitori; l'erba era troppo alta e coperta in più punti dal fango. Osservando meglio, anche la sua casetta sembrava diversa da come l'aveva lasciata poco meno di un'ora prima. Tutti i vetri del piano terra erano rotti, mentre le finestre del primo piano erano state sbarrate malamente con delle assi di legno.
Un brivido di terrore percorse la ragazza, mentre si avvicinava lentamente all'edificio. Provò ad aprire la porta che dal giardino posteriore portava alla cucina, ma senza successo;  allora decise di entrare da una delle finestre rotte. Una volta dentro, il panico prese il sopravvento. Dall'aspetto, sembrava che nessuno vivesse in quella casa da almeno un decennio: maggior parte dei mobili mancavano, alcuni muri erano stati buttati giù e il pavimento era completamente distrutto.
Alice si appoggiò alla porta sbarrata e, una volta scivolata a terra, strinse le gambe al petto abbracciandole con le braccia; infine scoppiò a piangere.
Era un pianto sconvolto, con forti singhiozzi, che la ragazza non aveva mai provato. Uno dei tanti insegnamenti, per Alice inutili, di sua madre era "una signorina non piange come un bambino, mai! Devi imparare a nascondere queste emozioni sconvenienti".
Sconveniente.
 Era la parola che sua madre usava di più, specialmente quando si riferiva a lei. Alice l'aveva sempre odiato.
In quel preciso momento, la ragazza avrebbe pagato oro per sentirselo dire dalla madre e averla accanto.
Aveva capito che qualcosa non aveva funzionato e una vocetta in fondo alla testa le diceva che questo le era costato tutto quello che amava.
Dopo essersi sfogata per qualche altro minuto, decise di uscire da lì, per cercare di capire cosa fosse successo.
 
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Ottobre 2011, Storybrooke - Maine
 
«August, sono stufa.»
L'uomo allontanò dalle labbra la tazza che aveva in mano, poi guardò la ragazza confuso.
«Credo di essermi perso qualcosa.»
«Sonostanca di stare qui a girarmi i pollici tutto il giorno, senza uscire quasi mai dalla stanza o da questo stupido bar.»
«Alice, basta che tu me lo dica. Potremmo andare-»
«Da sola
August sospirò rassegnato e alzò gli occhi al cielo.
«Te l'ho già detto, per te che sai tutto è pericoloso andare in giro a-»
«Mio Dio, non sono un'idiota! Pensi che possa andare dal farmacista e dire: "Ehi, Eolo, come va?" Davvero non ti fidi di me?!»
August cercò di trattenersi dal ridere, ma senza troppo successo.
«Certo che mi fido di te, ma se Regina scoprisse chi siamo... sarebbe un guaio. Aspetta, come fai a sapere che il farmacista è Eolo?»
«Intuito. Comunque, e non cambiare discorso, cercherò di stare attenta, d'accordo?»
August fece un vago segno d'assenso con la testa e riprese a leggere con poco interesse il giornale locale. Alice rimase un attimo pensierosa, poi con dei piccoli colpi di tosse riconquistò l'attenzione dell'altro.
«Cosa c'è, adesso?»
«Mi presti la moto?»
August rimase immobile, alla fine alzò lentamente lo sguardo, senza muovere neanche di un centimetro la testa.
«Cosa?!»
«Insomma, farsi un giro con la macchina non è divertente quanto farlo con la moto.»
«Scordatelo.»
Alice sgranò gli occhi, non si era aspettata una risposta così immediata.
«Come, scusa?»
«Non ho intenzione di lasciarti la mia moto!» Rispose lui, marcando eccessivamente la parola "mia".
«Oh, andiamo! Non è la prima volta che ne guido una, ho anche la patente in regola.» Lo sguardo scettico dell'uomo la fece continuare.
«Avevo anche una moto, prima di un incidente ch- Non fare quella faccia! Non era stata colpa mia!»
«Ti credo, ma è della mia moto che stiamo parlando, quindi...»
«Che razza di idiota!» La ragazza incrociò le braccia.
In quel momento entrò dalla porta del locale Emma Swan che, dopo aver indirizzato un'occhiata di sfuggita ai due, andò a sedersi ad uno degli sgabelli del bancone.
«Bene,» ricominciò Alice, con aria di sfida. «Se non mi lasci la moto, giuro che vado da Emma e le faccio un discorsetto con i fiocchi! Cosa che in realtà avevo già pensato di fare, dato che la trovo profondamente irritante...»
«Perché mai?»
«"Perché?" Semplicemente perché sono qui da quasi due settimane, tu da anche più tempo, e dopo tutto quello che ha visto, non si è smossa di un millimetro dalle sue stupide idee scettiche!»
«Alice, non è facile dover credere ad una cosa del genere, tu sei cresciuta sapendo dell'esistenza della magia.»
«Come no, scommetto che neanche se finisse direttamente nel Mondo delle Favole cambierebbe idea. Comunque, non stavo scherzando, allora?»
«Bene, hai vinto.» August, irritato, prese un mazzo di chiavi dalla tasca della giacca e lo lanciò alla ragazza. Lei, di rimando, lasciò sul tavolino la chiave della sua macchina, poi si alzò e sorridendo diede un bacio sulla fronte dell'uomo che, mentre Alice si avvicinava alla porta, le elencò tutte le raccomandazioni possibili per evitare danni al suo adorato mezzo.
Alice, una volta partita, fece l'intero giro della città senza avere una meta precisa. Le piaceva guidare, infatti quando pensava alle cose che si sarebbe persa se fosse cresciuta nella sua epoca, la sensazione di guidare una moto era una di quelle che avrebbe rimpianto. Quando si fermò si trovava davanti alla scuola comunale e, dato che i bambini sarebbero usciti a momenti, decise di sedersi su una panchina lì di fronte; probabilmente sperava di vedere la figlia del Cappellaio.
Dopo qualche attimo suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni e un fiume di ragazzi uscì dal grande portone principale. Alice guardò tutte le bambine che correvano nel giardino e si chiese quale tra quelle fosse la figlia di Jefferson, ma ovviamente, non avendola mai vista, non avrebbe mai potuto riconoscerla. L'unica cosa che il suo amico le aveva detto era che, a Storybrooke, Grace aveva preso il nome di Paige. La voce di un bambino interruppe quel pensiero.
«Tu sei Alice, vero? La fidanzata di August.»
Alice si volto e le scappò un sorriso divertito.
«Tu, invece, devi essere Henry.»
«Come fai a saperlo?»
«Sei il figlio del sindaco, ricordi? Non credo esista qualcuno in questa città che non ti conosca.»
Henry si tolse lo zaino dalle spalle e si sedette accanto ad Alice.
«Giusto. Che cosa fai qui?»
«Osservo la città. E tu? Perché non vai a casa?»
«Sto aspettando mia madre, aveva detto che avrebbe fatto tardi a lavoro, oggi.»
«Capisco... Henry, conosci per caso una bambina di nome Paige?»
La ragazza non staccava gli occhi dalla massa di bambini che si trovava di fronte a lei.
«Sì, ma credo che sia già andata a casa, perché?»
«Semplice curiosità.» Rivolse di nuovo lo sguardo verso il bambino e notò il fagotto che stava tenendo in braccio «Cos'é quello?»
Il bambino strinse di più al petto il suo grande libro, e alzò le spalle indifferente.
«È solo un libro di favole.»
La ragazza allungò una mano.
«Posso? Ho sempre amato questo genere di libri.»
Henry annuì felice e glielo passò; Alice sapeva bene che libro fosse quello, August gliene aveva parlato qualche giorno prima e quindi era curiosissima di scoprire quanto fosse vero quello che c'era scritto di lei. Iniziò a sfogliare le pagine distrattamente, capitolo per capitolo, finché non arrivò al punto che le interessava. Non superò nemmeno il titolo che scoppiò in una fragorosa risata.
«Cosa c'é da ridere?»
«Niente, in realtà; questa è la prima volta che vedo un'Alice con i capelli a caschetto castani, invece che lunghi e biondi... è piuttosto strano.»
Infatti, la ragazza aveva sempre trovato divertente il fatto che non avessero mai azzeccato nel rappresentarla e, pochi giorni prima, questo era stato l'argomento principale di una divertente serata con August. Con quest'ultimo aveva scommesso che non sarebbero mai riusciti a disegnare il suo vero aspetto, a quanto pareva aveva appena perso. Alice, infatti, aveva portato fino all'età di undici anni i capelli a caschetto, l'anno dopo sua madre l'aveva costretta a lasciarli crescere; in quegli ultimi anni aveva deciso di tagliarli di nuovo corti, lei diceva sempre che il motivo era la "comodità" quando in realtà era una motivazione molto più personale. Durante gli anni che aveva speso nelle ricerche per tornare a casa li aveva lasciati lunghi, questo per tener fede al ricordo che aveva di sua madre, quando invece si era arresa e aveva deciso di voltare pagina, li aveva tagliati per tranciare quell'ultimo contatto che aveva con il passato.
«Perché ti interessa questa storia?» Chiese Henry con aria furba.
«Credo tu sia abbastanza sveglio per capirlo... Guarda, è arrivata Regina, non credo le farà piacere vederti parlare con me.»
Montò velocemente sulla moto, stava per partire quando la voce di Henry la fermò.
«Sai, sei proprio come ti avevo immaginato... Alice
La ragazza gli sorrise di nuovo, era convinta che si sarebbe affezionata presto a quel ragazzino, sempre se gliene avessero dato la possibilità. Lanciando un'occhiata divertita all'espressione irritata del sindaco, che in quel momento si stava avvicinando ad Henry, partì lasciandosi una nuvola di fumo alle spalle.
 
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Agosto 1999, Westminster
 
Alice uscì dalla casa abbandonata di nuovo attraverso la finestra rotta. Nello sfilare la gamba sinistra si tagliò in modo profondo alla base della caviglia, ma non le importava. Nulla aveva importanza in quel momento, voleva solo allontanarsi il più possibile da quel posto terribile e ritrovare i suoi genitori. Quindi, sporca di fango, con le guance bagnate di lacrime e con la caviglia insanguinata si diresse verso la strada. Arrivata lì sospirò di sollievo. Dall'altra parte della piccola stradina accidentata si trovava una signora sulla sessantina che camminava lentamente con una borsa sottobraccio. Quando Alice le si avvicinò, quella la guardò preoccupata.
«Oh, tesoro, cosa ti è successo?»
Alice notò solo in quel momento lo strano abbigliamento della signora, ma era troppo sconvolta per dargli importanza.
«Io sono... caduta. Non so dove mi trovo, non so dov'è la mia famiglia e-» Un forte singhiozzo le bloccò le parole in gola, così scoppiò di nuovo a piangere.
«Cara, devi aver sbattuto la testa. Vieni con me, io abito qui a due passi, ti preparo una tazza di the e vediamo di trovare i tuoi genitori, va bene?»
«Io non so se... d'accordo, la ringrazio.»
La signora si presentò come Dana Tippets, abitava da sola in una villetta a schiera poco distante dalla casa di Alice. Una volta entrare, la signora Tippets fece accomodare la ragazza su uno dei morbidi divani che aveva nel soggiorno.
Alice, superato lo shock del momento, iniziò a guardarsi intorno e dubbi ancora più insistenti si formarono nella sua mente: oggetti assurdi e mai visti prima le si paravano davanti, ovunque, nella stanza.
«Ecco qui, tesoro... Attenta, è bollente.»
«Non so come ringraziarla, davvero. Potrei farle una domanda? Le sembrerà assurdo, ma in che anno ci troviamo?» La ragazza era terrorizzata, sperava davvero che il suo intuito avesse fallito e che ciò che temeva non fosse vero. La signora Tippets la guardò incerta, poi rispose mostrando sempre il suo solito sorriso cortese.
«Nel 1999, ovviamente. Cara, non credi che dovremmo avvertire qualcuno? Magari dovrei portarti all'ospedale. Tra qualche minuto dovrebbe tornare mio marito con la macchina, ti porterà subito lì; quel taglio sulla caviglia continua a sanguinare e io-»
Alice non la stava ascoltando più, la sua attenzione nei riguardi della donna era scomparsa non appena aveva detto quel numero. "1999, 1999, 1999". Di tutte le cose assurde che le erano capitate negli ultimi anni, quella era la più terribile. Senza accorgersene si ritrovò distesa sul divanetto verde e, mentre la signora si affrettava alla porta per aprire probabilmente a suo marito, la ragazza scoppiò nel pianto più disperato che avesse mai provato.
Perduto. Aveva perduto tutto. Non sentiva nemmeno la discussione che stavano tenendo nella stanza accanto i vecchi signori, non le importava più di niente, nemmeno di cosa ne avrebbero fatto di lei.
Accecata dalle lacrime guardava il soffitto, senza pensare a niente di preciso, vedeva solo sprazzi della sua vita, volti dei suoi famigliari e amici. Poi, improvvisamente, un pensiero le balenò in testa così forte che smise all'istante di piangere.
Era stata tutta colpa del Paese delle Meraviglie. Quel mondo che fino a poche ore prima aveva amato profondamente, l'aveva tradita e le aveva tolto tutto. Odiò tutto di quel posto, perfino il Cappellaio, e pensò di non esserselo meritato, quel trattamento e quella punizione. Perché altro non era che una punizione per essersi intromessa in quel mondo, ormai Alice ne era più che certa.
L'ultima cosa che fece, prima di svenire dalla stanchezza, fu maledire nella sua mente il Paese delle Meraviglie.
 
 
 

FINE

 
 
 
 
 
 
 
 
Note Finali Autrice:
 
Salve, credo ci siano veramente poche cosa da dire su questa fan fiction, solo alcune note e spiegazioni:
- La protagonista unica e sola è Alice Liddell di "Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie";
Il "Dodgson" più volte nominato, per chi non lo sapesse, è Charles Lutwidge Dodgson ovvero il vero nome dello scrittore dei romanzi di Alice, conosciuto più comunemente con lo pseudonimo Lewis Carroll;
- Quando Alice incontra Pinocchio nella foresta incantata non conosce la sua storia, perché il libro di Collodi "Le Avventure di Pinocchio" è stato scritto nel 1885, mentre Alice in quel momento si trova nel 1863.
Bene, credo non ci siano altre precisazioni dal fare, spero che i personaggi di Once Upon a Time che ho utilizzato siano risultati IC e che Alice sia stata credibile, nel suo ruolo.
Infine ringrazio immensamente Charme e Luthien per il supporto, i consigli, ecc...
Con questo concludo le mie striminzite note e ringrazio per aver letto questa mia piccola storia!


Giudizio GiudiciA:


"Una menzione particolare alle tre vincitrici: valutare le vostre storie è stato allucinante. Se qualcuno mi chiedesse quale ho preferito, non saprei rispondere."

TERZA CLASSIFICATA
 
Errando la Tana del Coniglio di Eterea
 
Accuratezza del lessico, dell'ortografia, della punteggiatura e della grammatica: 8/10
Ci sono degli errori di battitura che disturbano un po' la lettura, ma non ho trovato proprio nulla di particolarmente grave. Talvolta la scelta sintattica singhiozza e un paio di tempi remoti suonerebbero meglio al passato prossimo, ma nel complesso l'ho trovata una lettura molto piacevole.

IC e caratterizzazione dei personaggi: 9/10
La rappresentazione più classica di Alice è particolarmente ben riuscita. Il modo in cui parla – così assurda e filosofica, così persa in un mondo fra realtà e fantasia – ricorda in modo brillante l'Alice di Carroll. Il modo in cui hai incrociato Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio è molto divertente, e nulla hai tolto alla grandiosità del personaggio di Alice. Ho apprezzato molto il lato umano che hai aggiunto alla sua storia: nessuno è abituato a vedere Alice così furiosa nei confronti del destino a cui le sua avventure l'hanno condotta, e il tuo è un risvolto piacevole e inaspettato.
Ma passiamo a tutti i personaggi che accompagnano Alice nella tua storia.
August. Fantastico.
Indeciso e deciso al tempo stesso, leale e spaventato, pieno di rimorsi e di speranze al tempo stesso. Sei riuscita a ricostruire perfettamente tutto il suo paradossale carattere. È Pinocchio bambino, leale e altruista, e August adulto, colpevole e risentito nei confronti di se stesso. Per quanto sia difficile immaginare un incontro tanto fortuito fra lui e Alice, il loro rapporto diventa ben più reale di quanto si potrebbe pensare. Di nuovo, la mescolanza fra favole e realtà in contrasto con la vita di Storybrooke diventa interessantissimo.
Jefferson.
Il suo risentimento è meraviglioso, il suo legame con Alice chiaro e apprezzabile, sebbene non troppo approfondito. La lesta e azzeccata comparsa di Jiminy Cricket, di Red Riding Hood e del piccolo Henry rendono piacevole e credibile l'intera struttura.

Attinenza agli obblighi, credibilità dell'OC, originalità della fiaba trattata e della sua controparte: 9,5/10
Niente da dire che io non abbia già detto. Alice conserva la sua ironica visione del mondo, il suo modo particolare di distinguere ciò che è vero da ciò che è finto. Nonostante la sua «intrusione» nella trama originale del telefilm, la storia si regge in piedi con naturalezza. Ciò che più ho apprezzato è stata la spiegazione del motivo per cui Alice è ancora viva nel 2011. Tragica, delicata e credibile. Togliere quel mezzo punto mi è costato notevole sforzo, e capirò se vorrai fustigarmi: Phucket, Thailandia. Quante possibilità possono davvero essersi che Alice e Pinocchio si incontrino con tanta casualità proprio lì?
Nonostante questo mio personale dubbio, hai fatto un ottimo lavoro.
 
Punteggio finale: 8,8/10
 


Contest "La notte degli  Oscar" di WAR

OSCAR MIGLIOR LONGFIC.



Giudizio delle giudice: 

Vince perché hai gestito benissimo l’inserimento di un nuovo personaggio (quello di Alice), rispettando sia il libro e le vicende dell’autore (che conosciamo benissimo) che il fandom d’arrivo. Siamo impazzita per le vicende, per come hai trattato il suo rapporto con vecchio, nuovo e altro mondo: una bellissima storia, molto IC. L’unico appunto da farti è che avremmo allungato la permanenza di August a Phucket. Per il resto è perfetta. 
Non vince altri Oscar per gli altri candidati. 

   
 
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