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Autore: Tomi Dark angel    02/01/2013    6 recensioni
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e…
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dean indietreggiò, gli occhi sbarrati fissi sul cane che ricambiava con uno sguardo stordito.
Non poteva crederci, non era assolutamente possibile che Castiel si fosse trasformato in un… un cane, dannazione! Eppure, Dean non riuscì a impedirsi di infondere un po’ di fiducia in quel grosso animale nero, un fondo di speranza che gli avrebbe concesso di rivedere il suo angelo.
-Cass?- mormorò timidamente, ma il cane non reagì, anzi: tornò a chiudere stancamente gli occhi, schiudendo il muso in un ansito esausto. Gabriel si sedette accanto al cane e gli accarezzò la testa, guardandolo rattristato.
-Non vorrei deluderti, dolcezza, ma questo non è mio fratello. Castiel è morto.- disse seccamente, passandosi l’altra mano sul viso. –Se ci fosse lui qui dentro lo sentirei.-
Dean sentì il gelo tornargli nelle ossa, abbracciarlo nella sua stretta soffocante. Per pochi istanti aveva assaporato il calore della speranza, ma Gabriel non si era fatto remore a stroncarla sul nascere. Dean sentì le gambe cedergli e si aggrappò al letto per non crollare in ginocchio. Sam lo agguantò per un braccio, tirandolo faticosamente in piedi. All’improvviso Dean si sentiva svuotato, debole e perduto. Stavolta però, non c’era nessun angelo disposto a ricondurlo sulla retta via.
-Dean! Dannazione Gabriel, perché parli così? Non è da te!- si infuriò Sam, guardando con rabbia l’arcangelo ancora seduto sul letto.
-Davvero? E cosa sarebbe da me, cherì?- si alzò in piedi, arrabbiato come quando aveva sbattuto Sam contro il muro, quel giorno nel vicolo buio. –È da me massacrare i miei fratelli perché questo è l’unico modo per riportare la pace in paradiso dopo la morte di un altro arcangelo? È da me guardarli morire e sentirmi un fallito per non aver fermato Castiel quando potevo?-
Gabriel tirò una manata al comodino che gli ostruiva la strada, mandandolo a schiantarsi contro il muro opposto. I suoi occhi mandavano lampi di rabbia e frustrazione, ma trasmettevano anche tanta tristezza. Ora che lo guardava meglio, Sam notò un lungo graffio diagonale attraversare la gola dell’arcangelo, come se qualcuno avesse tentato di decapitarlo.
-Gabriel…-
Il cane si mosse, guaendo forte. Agitò la coda contento e sollevò la testa. Cercò di rizzarsi in piedi, ma barcollò pericolosamente sulle zampe malferme. Zoppicò fino al bordo del letto e allungò il collo verso Dean, scrutandolo con i suoi intelligenti occhi blu.
-Cosa vuoi?!- lo aggredì il cacciatore, ma per tutta risposta il cane scodinzolò e inclinò il capo di lato, cacciando la lingua con fare giocoso. Dean si infuriò ancora di più. –Sparisci! Ti abbiamo salvato, ma ora torna da dove sei venuto, già mi basta Sam, ma un altro essere vivente a cui badare, fosse anche un cane, è davvero troppo!-
Dean uscì dalla stanza. Gabriel e Sam rimasero da soli e tra loro cadde un silenzio rotto solo dai bassi guaiti del cane, il quale si alzò in piedi barcollando e trottò alle spalle di Dean, seguendolo in silenzio lungo il corridoio del motel silenzioso a quell’ora della notte.
L’arcangelo si avvicinò alla finestra e vi appoggiò i gomiti, piegando il busto e dando le spalle a Sam, il quale lo guardò smarrito, confuso dal suo comportamento. Era strano e raggelante avere a che fare con quella freddezza che fino ad allora Sam aveva associato soltanto a Castiel. Strinse il ciondolo tra le dita, chiudendo gli occhi in una silenziosa preghiera che lo aiutasse a capire, ad avvicinarsi al suo arcangelo improvvisamente diffidente.
Alla fine, Gabriel si raddrizzò e, raggiunto il letto, si lasciò cadere su di esso con un sospiro esausto. Non guardò Sam, ma lentamente, quasi avesse paura di spaventarlo, una delle ali più piccole sbocciò dalla sua schiena e si stiracchiò per metà al suo fianco, creando una piccola cupola simile a un rifugio sicuro che attendeva solo di essere occupato. Sam non ebbe bisogno di chiedere il perché di quel gesto, ma anzi, si limitò a sorridere sollevato prima di andare a rifugiarsi in quel piccolo antro, che subito lo avvolse come una coperta, avvicinando il suo corpo a quello di Gabriel. L’ala li abbracciò entrambi, un involucro dorato di morbide piume, soffici e vaporose come nuvole.
Gabriel cinse i fianchi di Sam con un braccio e si sdraiò, tirandoselo dietro. Sam appoggiò il capo sul petto dell’altro, affondando le dita tra le piume luminescenti delle ali in una morbida carezza che fece rabbrividire l’arcangelo.
-Mi dispiace, non dovevo reagire così.- mormorò Gabriel.
-Non hai fatto niente di male, avevi bisogno di sfogarti. Se vuoi però, io sono ancora qui.-
Gabriel sbuffò una risata. –Lo so, non sei mai andato via. Non tu. Però… io l’ho fatto. Continuo ad assentarmi, ad abbandonare le persone a cui tengo. Io sapevo cosa aveva intenzione di fare, e l’ho lasciato andare… gli ho permesso di morire e adesso mi trovo ad ammazzare i miei fratelli, immaginando il suo viso ogni volta che li guardo morire.-
Sam non aveva bisogno di chiedere di chi stesse parlando Gabriel perché la risposta gli era chiara come il sole e altrettanto dolorosa. Sapeva che, anche se non l’aveva mai dimostrato apertamente, Gabriel aveva amato Castiel come Dean amava lui, Sam, e avere sulla coscienza un peso come quello doveva essere terribile. Sam rabbrividì immaginandosi nei panni dell’arcangelo, il quale non aveva mai tempo per piangere il fratello perduto ma anzi, doveva ammazzarne altri per difendere se stesso e la sua gente.
Sam strinse la giacca sbrindellata di Gabriel e la utilizzò per darsi la spinta che lo tirò a sedere. Gabriel lo guardò stranito, ma Sam gli prese la testa tra le mani e se la strinse al petto, facendo aderire la sua guancia contro la clavicola. Il corpo di Gabriel si modellò automaticamente al suo, incastrando le gambe tra quelle di Sam e cingendogli i fianchi con entrambe le braccia. Gabriel tremò come se avesse freddo e lentamente Sam lo lasciò scivolare verso il suo addome, accarezzandogli i capelli come aveva fatto con le ali. Gabriel si stese, rilassando finalmente i muscoli e Sam piegò le ginocchia e raddrizzò il busto per guardarlo in viso.
Gli occhi di Gabriel erano socchiusi, lucidi, come se stesse cercando di trattenere le lacrime. Non voleva concedersi un altro momento di debolezza, non era da lui… anche perché ricordava bene quando era stata l’ultima volta che aveva pianto. Allora aveva artigliato un vecchio trench logoro quasi nell’estrema volontà di fermare Castiel, di pregarlo inconsciamente di restare. Lo aveva afferrato, ma se l’era fatto sfuggire dalle dita come sabbia inafferrabile.
Sam non cercò di consolarlo con parole dolci o stupide frasi fatte. Si limitò a proteggerlo col suo abbraccio, conscio che un semplice gesto valeva mille cose non dette e anche di più.
Restarono così per quelli che parvero istanti, ma quando Sam guardò fuori dalla finestra si accorse che il cielo era rischiarato e che a breve sarebbe sorta l’alba. Allora Gabriel sembrò risvegliarsi, come scosso dal sole nascente e si raddrizzò a sedere. Strinse la mano di Sam, guardando fisso l’alba con una tale tristezza che Sam sentì le lacrime salirgli agli occhi.
Fu allora che Gabriel iniziò a cantare.
Giunte le prime, dolci note prolungate, Sam capì subito che la lingua intonata era enochiano. Non si trattava di una melodia struggente o lamentosa, anzi: quel canto era quanto di più bello Sam avesse mai udito, al punto che la sua pelle rabbrividì e il cuore si gonfiò di un miscuglio di sentimenti indistinti. La lingua enochiana era morbida e suono dopo suono costruiva intorno a chi la udiva un piccolo paradiso di nuvole immaginarie. Parole così dolci dettate da una voce talmente melodiosa da chiamare la natura stessa alla rinascita rischiararono la stanza insieme ai primi raggi di sole dorato, il quale accarezzò Gabriel, e solo allora accadde: i raggi solari sembrarono cancellare con una gomma invisibile i soliti abiti di Gabriel per sostituirli ai larghi pantaloni di seta bianchi e alla fascia dorata legata in vita.
La pelle di Gabriel splendette mentre alla sua voce se ne aggiungeva un’altra più bassa, in un perfetto controcanto. Sam non capiva da dove venisse la seconda voce e nemmeno gli interessava particolarmente: i suoi occhi si riempirono dell’immagine gloriosa dell’arcangelo, le cui spalle di contrassero appena mentre le ali sgusciavano fuori dalle scapole come due magnifiche appendici dorate ricoperte di Grazia divina, splendente come il più luminoso dei raggi solari.
La seconda voce accrebbe il canto. Sam alzò gli occhi e rimase a bocca aperta: in controluce, davanti al sole nascente, vide la sagoma familiare ma sfuocata come di fantasma, di un uomo… o meglio, di un angelo. Capelli scompigliati, fisico atletico, il viso nascosto del quale si intravedeva soltanto la forma affilata. Infine, due gigantesche ali distese in tutta la loro grandiosa maestosità si stiracchiavano ai lati del corpo all’apparenza minuscolo ma mirabile.
Sam lo vide, lo riconobbe. Sussultò.
La sagoma dell’angelo sollevò un braccio e indicò qualcosa in basso a destra, poi inaspettatamente si oscurò completamente prima di ripiegare le ali a indirizzo di Gabriel e sfiorargli il viso con la punta delle piume. Gabriel urlò, inarcando la schiena e contrasse le ali in modo doloroso. Dall’ombra dell’angelo partì un fascio di luce che colpì in pieno il biondo, inondandolo come un fiume in piena. Dagli occhi e dalla bocca del tramite di Gabriel sgorgarono dei raggi luminosi che abbagliarono Sam, costringendolo a chiudere gli occhi. I muri tremarono, la stanza sembrò sparire inghiottita dalla luce. Poi però, tutto finì.
Sam scostò cautamente il braccio con il quale si era coperto il viso e vide, accasciato contro il muro, il corpo tremante di Gabriel, tornato a vestire i suoi soliti panni sbrindellati, il corpo privo di ali.
-Gabriel!- urlò Sam, scendendo con un balzo malfermo dal letto e cadendo in ginocchio accanto all’angelo. Notò con orrore che il suo corpo era scosso dalle convulsioni, come se l’arcangelo stesse singhiozzando.
-Gabriel… ehi…- mormorò Sam, spaventato. Sfiorò i capelli dell’arcangelo in una dolce carezza, cercando di confortarlo, o quantomeno di convincerlo a rialzarsi. Non voleva forzarlo, ma lo avrebbe trascinato di forza sul letto se fosse stato necessario: Gabriel non sarebbe rimasto per terra, al freddo.
Allora Sam afferrò le spalle tremanti di Gabriel e cercò di tirarlo su, ma proprio in quel momento Gabriel gettò la testa all’indietro e un vibrare cristallino si espanse nell’aria, accarezzando le pareti e le orecchie di Sam, il quale non riusciva a staccare gli occhi dal viso ridente dell’arcangelo.
Gabriel stava ridendo.
Sam rimase imbambolato a fissarlo, finché Gabriel non lo strinse in un abbraccio intriso di felicità. Il suo viso trovò naturale incastro nell’incavo della spalla di Sam, che chiuse gli occhi rilassato, abbandonandosi al profumo e alla risata cristallina della vera voce di Gabriel. Non faceva male alle orecchie, non spaccava i vetri o crepava i muri: era un semplice, bellissimo suono, puro e misterioso come lo scrosciare delle acque di un ruscello.
-Figlio di puttana… stupido che non è altro, lo devo ammazzare!- rise Gabriel, riemergendo dall’abbraccio e prendendo il viso di Sam tra le mani. I suoi occhi non erano mai stati così luminosi, di un vivido verde dorato. Posò le labbra su quelle del cacciatore con tanto entusiasmo che Sam si sentì trascinare con lui. Si aggrappò alle sue spalle, il corpo improvvisamente modellato al suo come il perfetto incastro di due pezzi di puzzle. Salì a cavalcioni sulle sue gambe, premendo il petto contro quello di Gabriel, che sospirò sulla sua bocca.
Con quello che parve un enorme sforzo di volontà, l’arcangelo afferrò Sam per le spalle e lo allontanò da sé. –Piano, mio dolce tigrotto in calore: qualcuno ha bisogno di noi adesso.-
§§§§
Diverse ore prima…
-Piantala di seguirmi, dannazione!- ruggì Dean al grosso cane nero che continuava a seguirlo per le strade ormai deserte di Ohio. L’animale zoppicava e sembrava stanco per la lunga camminata alla volta dell’ignoto nella quale aveva seguito Dean, ma non accennava a lasciarlo solo. Il cacciatore aveva corso, svoltato bruscamente, si era anche imbucato in diversi bar per seminarlo, ma il cane era sempre lì, e dove non poteva seguirlo, come nei locali notturni, attendeva pazientemente davanti all’uscita, il capo sulle zampe incrociate l’aria paziente di un genitore che bada ai capricci di suo figlio. La sua fedeltà non aveva mai vacillato.
Alla fine, dopo ore intere di camminata estenuante, Dean si era accasciato sulla panchina di un parco deserto e il cane l’aveva raggiunto, sedendosi al suo fianco senza guardarlo in faccia.
Dean lo fissò esausto. –Cosa vuoi da me? Va bene, ti ho investito, ma adesso stai bene, quindi piantala di perseguitarmi, ho già abbastanza problemi senza che ti ci metta anche tu!-
Il cane non si mosse, non lo guardò nemmeno. Sarebbe sembrata una statua di sale, se non fosse stato per il pelo mosso dal vento e per gli occhi luminosi come zaffiri.
Dean si coprì il viso con entrambe le mani, incapace di guardare ancora in quegli occhi profondi. Erano così umani, così simili a quelli di qualcuno già visto in precedenza, qualcuno che se n’era andato senza voltarsi indietro a chiedersi se fosse giusto abbandonarlo lì come quel cane lasciato in strada a marcire sotto la prima auto che lo avrebbe investito.
-Figlio di puttana…- mormorò con voce roca, premendosi le dita contro gli occhi per impedir loro di cacciar fuori lacrime amare. Avrebbe tanto voluto chiamare Castiel, dirgli quanto gli mancava, confessargli fino a che punto fosse importante per lui, ma ormai ogni contatto con l’angelo gli era stato negato. Castiel non esisteva più.
Dove vanno gli angeli traditori quando muoiono? C’era un posto per loro lassù?
Il cane guaì e appoggiò il muso sul ginocchio di Dean, urtandogli il gomito con il naso gelido. Dean lo guardò stancamente, gli occhi lucidi.
-Cosa vuoi ancora?- esalò esausto. Il cane chiuse gli occhi e inconsciamente Dean cominciò ad accarezzargli la testa, sorprendendosi di quanto fosse soffice il pelo del cane. Chiuse gli occhi anche lui, abbandonando la testa contro lo schienale della panchina.
La sua mente elaborò un’immagine di lui che affondava le dita nei capelli di Castiel, riscoprendoli soffici come piume e morbidi oltre ogni dire. Rivide i suoi occhi socchiudersi e fissarlo da una vicinanza sconcertante con uno sguardo intenso, dolce… innamorato.
Dean sospirò, continuando a muovere le dita nel pelo soffice del cane. Quando riaprì gli occhi e vide infine le stelle, si sentì schiacciato dalla mancanza di Castiel, della sua assenza di umorismo, dei suoi modi di fare freddi, eppure sempre premurosi.
-Ti piacciono le stelle, Lessie?- chiese senza accorgersene. –Io le ho sempre odiate. Stanno lì e sembrano guardarti e ridere di te. Ho perso il conto di quante volte le ho guardate chiedendo un aiuto o la forza necessaria ad andare avanti, a non mollare, e loro non mi hanno mai aiutato. Almeno, così credevo…-
Dean sorrise.
-Avevo un amico, un tempo. Era il coglione più grande che avessi mai conosciuto, uno stronzo piumato e anche un gran rompicoglioni. All’inizio pensai a quanto mi sarebbe piaciuto ammazzarlo, soprattutto perché lui sembrava volermi assoggettare al volere di un Dio nel quale non credevo, e questo faceva di lui il perfetto soldatino che risponde sempre e comunque agli ordini del superiore. Però…
-…dovetti ricredermi. Quando mi sono trovato nei guai lui è comparso dal nulla e mi ha indicato la via d’uscita per la seconda volta. Questa persona mi aveva già tirato fuori dall’inferno in precedenza, lo sapevi? Aveva due ali enormi, fatte d’argento, e in mezzo a tutto quel sangue, a quella disperazione… quelle ali erano la cosa più bella che avessi mai visto. O almeno, pensai questo prima di guardarlo negli occhi. Erano come i tuoi, della stessa tonalità di blu, e brillavano! Non so perché, ma guardandoli mi sentii al sicuro, protetto, e quando infine lui mi ha riportato sulla Terra e ho imparato a conoscerlo si è rivelato l’angelo più idiota e pasticcione del mondo. Non gliel’ho mai detto e ora è troppo tardi per farlo, ma con lui ero felice. Dannazione, il mio mondo si era costruito per metà su un paio d’ali e adesso che queste si sono spezzate io… io non…-
Dean si afferrò la base del naso e strizzò gli occhi, lasciando finalmente scorrere le lacrime. Singhiozzò, s’incurvò in avanti e nascose nuovamente il viso tra le mani. Voleva Castiel, voleva abbracciarlo e non lasciarlo andare via una seconda volta. Voleva accarezzare quelle fottutissime ali, baciarlo, sfiorarlo in ogni suo punto di pelle pallida come la luna i cui raggi sembravano uniformarsi in piume lucenti alle sue spalle. Voleva quell’angelo per dirgli tutto, confessargli che il mondo, il suo mondo, quello di Dean, non sarebbe finito finché ci fossero stati quegli occhi blu aperti sulla vita per rifletterla in ogni sua benefica sfumatura.
Il cane guaì forte e si alzò sulle zampe posteriori. Gli leccò la faccia e posò una zampa sulla spalla di Dean in un gesto così umano che il giovane uomo alzò gli occhi lucidi su di lui, incontrando i zaffiri stellati dell’animale, che pulì con la lingua ogni sua lacrima.
Dean aprì la bocca per parlare, quando un ringhio alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Una donna dall’aspetto scarmigliato avanzava verso di lui, gli occhi di un bianco spiritato, attraversati da una sottile pupilla ellittica fissi sul suo viso e gli artigli ricurvi lucenti alla luce dei lampioni: Dean non ci mise molto a riconoscere un licantropo femmina, affamata e pronta al balzo sulla preda. Scattò in piedi e indietreggiò, estraendo dalla tasca posteriore dei jeans la familiare pistola caricata a proiettili d’argento. La sollevò con un gesto fulmineo e sparò nello stesso istante in cui il licantropo si spostava, evitando il colpo per un soffio. Sulla sua spalla si formò un lungo graffio sfrigolante che lo fece grugnire di dolore e barcollare per qualche istante.
Dean cercò di prendere nuovamente la mira, ma stavolta il licantropo fu più veloce: scattò, scivolando sull’erba con la grazia del lupo nascosto sotto la pelle umana e, sollevata una mano, calò quattro dei cinque artigli affilati sul suo petto, generando dei lunghi tagli rossi di sangue lungo tutto il torso del cacciatore.
Dean urlò, lasciando cadere la pistola con un tonfo ovattato per portarsi entrambe le mani al petto bruciante. Crollò in ginocchio, colto da un giramento di testa dovuto forse allo shock, forse al dolore, e il licantropo lo sovrastò in tutta la sua bestiale imponenza. Levò una seconda volta la mano, facendo rilucere gli artigli di un sinistro bagliore che si rifletté negli occhi appannati di Dean, il quale cercò di spostarsi, o quantomeno di riabilitare a dovere la vista scuotendo violentemente il capo.
La zampa calò, diretta alla sua gola esposta. Dean si sbilanciò all’indietro, cadendo di schiena sull’erba un attimo prima che un altro animale nero, massiccio e infuriato si lanciasse sul licantropo. I due rotolarono nell’erba emettendo ringhi bestiali. Dean vide l’enorme massa del cane nero sovrastare il licantropo un attimo prima che questo gli affondasse i denti nella gola una, due, tre volte, come un cobra. Il sangue schizzò sull’erba, macchiando le zampe e il muso del cane, che continuava ad affondare zanne e artigli nella carne lacerata del licantropo come avrebbe fatto un cerbero, un cane infernale.
Il lupo mannaro uggiolava di dolore, troppo sorpreso per reagire a tanta furia e l’unica cosa che si concesse di fare fu di agitare impotente le braccia e le gambe, cercando inutilmente di allontanare il cane da sé con un colpo d’artigli. Era una scena agghiacciante, lo scontro tra due titani del regno animale, il confronto tra cane e lupo, per quanto i due soggetti della lotta si differenziassero dalla loro specie originaria. La luce della luna bagnava d’irrealtà una scena da incubo, il massacro di un licantropo inferocito ad opera di un cane gigantesco, nero come la notte, i cui denti brillavano non più dell’amichevole biancore, ma del rosso cremisi del sangue. Pur conoscendo la forza allucinante di un licantropo come quello, Dean non aveva dubbi su chi avrebbe avuto la meglio tra i due.
Abbandonò il capo sull’erba, esausto dal troppo sangue perso. Socchiuse gli occhi stancamente, ascoltando i rantoli del licantropo morente che si spegnevano, soffocati dal silenzio della notte. Sospirò quando una calma tombale scese a decretare la fine del combattimento. Dean udì i passi del cane confondersi a quelli umani di qualcun altro, un soccorritore forse.
Ma voleva essere soccorso? Voleva sopravvivere davvero, pur sapendo che una parte del suo mondo si era sfracellata, cancellandosi per sempre? Forse morendo, l’avrebbe potuto vedere un’ultima volta, stringerlo tra le braccia, accarezzare quelle morbide piume fatte di sogni e nuvole argentate. Ne sarebbe valsa la pena… Sam era al sicuro con Gabriel e lui non serviva più.
Dean chiuse gli occhi, sorridendo sereno. Stava per finire tutto e non gli importava se sarebbe finito in paradiso o all’inferno: a lui bastava avere una possibilità di redenzione, voleva solo chiedere perdono per aver permesso a un bastardo di arcangelo di spezzare le ali più belle che lui, Dean, avesse mai visto in vita sua.
Qualcosa gli sfiorò il petto in una carezza, qualcuno sussurrò qualcosa con una voce profonda. Dean ebbe uno spasmo quando il suo cervello scattò nell’ascoltare quel suono, quelle parole pronunciate in un’altra lingua che sapeva di familiarità. Dean non capiva cosa stesse dicendo il suo salvatore, ma sentiva di aver già sentito quella voce e quelle parole.
Si costrinse a socchiudere gli occhi quando qualcosa di fresco e piacevole gli toccò la fronte e finalmente li vide, vividi come non li vedeva da tempo: due limpidi zaffiri incastonati su un viso pallido, dai tratti di uomo. Quegli occhi lo fissavano con tanta tenerezza e devozione che Dean pensò di trovarsi in paradiso, dove un Castiel nuovamente vivo gli accarezzava la fronte, racchiudendo nello sguardo un amore sincero, incontaminato… un amore che Dean sentiva di non meritare.
-C…ass…- chiamò debolmente, cercando di sollevare un braccio per toccare quel viso, per sincerarsi che fosse vero, palpabile, ma Castiel sorrise dolcemente e continuò a mormorare la sua litania in enochiano, socchiudendo gli occhi. Era bello da mozzare il fiato, tanto che il cuore di Dean sussultò estasiato.
-Dormi.- mormorò  Castiel, posandogli una mano sugli occhi. Dean avrebbe voluto ribellarsi, scostare quella mano e continuare a riempirsi gli occhi del suo volto pulsante di vita e di maestosità angelica, ma non gli fu possibile. All’istante sentì il tepore del sonno invaderlo e chiuse gli occhi, sereno e finalmente rilassato nell’abbraccio protettivo del suo angelo.
§§§§
Quando Sam e Gabriel raggiunsero Dean, il sole era ormai sorto. Appena Sam vide suo fratello disteso nell’erba in un lago di sangue corse subito da lui e lo prese tra le braccia, tastando con cautela la maglia squarciata da quattro lunghi tagli obliqui ricoperti di sangue ormai rappreso. Sfiorò la pelle di Dean, ma non vi era traccia di ferite.
-Ma che…-
Qualcuno al suo fianco uggiolò e quando Sam alzò gli occhi vide il grosso cane nero seduto accanto al corpo svenuto di suo fratello, il muso e le zampe sporche di sangue e gli occhi vispi mentre scodinzolava soddisfatto. Sam fissò il pelo arrossato, le zanne ora bianchissime ma recanti ancora delle lievi tracce scure.
Gabriel si inginocchiò a poca distanza da lui, tastando l’erba con le dita. Aguzzando lo sguardo, Sam distinse con orrore le tracce di una feroce lotta svoltasi tra due bestie molto grosse. Il terreno era pieno di graffi e sangue, e alcune zolle erano state rivoltate come guanti.
-Ma che…-
Gabriel sorrise, scuotendo il capo. Si alzò in piedi e accarezzò la testa del cane.
-Ottimo lavoro Fuffy, a quanto pare è meglio non farti incazzare. Come ti chiami, Attila?-
Sam sbarrò gli occhi.
-È stato il cane a fare questo?-
-Non questo.- Gabriel fece un cenno verso Dean, poi si voltò a guardare la macchia di sangue allargata sull’erba poco lontano da loro. –Quello. Fino a qualche ora fa lì c’era un licantropo. O almeno, quel che ne restava.-
Sam si premette una mano sulla fronte, confuso. Non riusciva a credere che quel cane, per quanto grosso, avesse fatto a pezzi un licantropo adulto e vaccinato.
-È… assurdo.-
-Lo so, ma non è questa la cosa più interessante, dolcezza.-
Gabriel si alzò in piedi e affiancò Dean. Gli sfiorò un bicipite e socchiuse gli occhi, guardando la manica della giacca che si disfaceva, decomponendosi pezzo dopo pezzo come in un evoluzione vista in modalità accelerata. L’intero braccio di Dean rimase scoperto, rivelando l’impronta chiara, vivida, e soprattutto dai contorni argentati della mano di Castiel.
Sam sussultò e scattò in piedi, guardandosi intorno. –Castiel! Come… è vivo?- si agitò, spaesato dalla notizia.
Gabriel sfiorò l’impronta di Castiel, chiudendo gli occhi alla ricerca di una seppur flebile traccia che lo aiutasse a rintracciare suo fratello. Si sarebbe aspettato di trovarlo lì insieme al cacciatore svenuto, ma invece di un angelo, Gabriel aveva trovato un cane. Possibile che Castiel, l’angelo sempre ansioso nei confronti del suo umano avesse avuto il coraggio di lasciarlo nelle mani di un… cane?
Gabriel si grattò la testa prima di tornare a guardare il cane, ancora fermo al suo posto. Gli occhi intelligenti dell’animale si riflessero in quelli verde dorato dell’arcangelo, che accostò il capo al muso dell’altro. Gli prese la testa tra le mani, guardandolo attentamente, con intensità. Sam osservava la scena e quasi gli parve di veder nuovamente brillare la pelle del suo arcangelo quando questi si ritrasse, stupito.
-Non è possibile, da dove ti ha preso quel bastardo culone di Castiel?!- esclamò, gesticolando a indirizzo del cane, che lo guardò inclinando il capo. Era una cosa alquanto buffa vedere Gabriel incazzarsi senza motivo con un cane che aveva tutta l’aria di non capire un accidenti di quello che diceva.
Sam si avvicinò a Gabriel e gli mise una mano sulla spalla, guardandolo.
-Gabriel, cosa c’è?-
-Cosa c’è?! Cosa c’è, mi chiedi?! Ti rendi conto che queste bestie dovevano essere scomparse dai tempi della Diaspora ebraica? Ne ho sempre voluto uno e non l’ho mai trovato, e ora Castiel sbuca di nuovo dopo più di un mese di morte apparente e che fa?! Si presenta con un Behemah Aqedà come animale da compagnia! Un Behemah, te ne rendi conto? Oh, ma questa è la volta buona che il palo su per il culo glielo infilo davvero, eccome se lo faccio!-
Sam cerca di raccapezzarsi dell’intera situazione, ma più cerca di decifrare l’improvvisa rabbia di Gabriel, più il mal di testa cresce. Tutta quella situazione gli sembra assurda, a cominciare dal cane dalla forza erculea che secondo l’arcangelo aveva sbranato un licantropo incazzato. Inoltre adesso spuntava fuori la notizia che Castiel era vivo ma che per qualche motivo non si era mai degnato di farsi vedere e Sam non sapeva se prendersela con lui oppure aspettare di sentire qualche spiegazione prima di partire alla sua ricerca per spiumarlo in modo lento e doloroso.
-Gabriel, mi vuoi dire che sta succedendo?-
Gabriel inspirò a fondo e guardò il cane. Mormorò qualche parola in enochiano e l’animale abbaiò allegramente, l’espressione giocosa che faceva a pugni col muso insozzato di sangue rappreso.
-Succede che questo non è un cane normale, cherì.-
-Sì, questo l’avevo capito… quello che non capisco è cosa sia un… un…-
-Behemah Aqedà? I Behemah erano degli animali sacri, bestie che molto spesso accompagnavano noi angeli o che fungevano come animali da compagnia, anche se eravamo in pochi ad avere il tempo per occuparci di uno di loro. I Behemah sono animali prescelti da Dio come bestie intelligentissime dalle capacità forse anche superiori a quelle umane. Si può dire che gli manchi solo il dono della parola, anche se questa mancanza è sostituita assai bene dalle spiccate capacità fisiche dell’animale e da altre ben più varie. Ai tempi della Diaspora ebrea però, i Behemah sparirono definitivamente, considerando che la maggior parte di loro si faceva ammazzare per proteggere il suo padrone e questo generava nell’angelo una rabbia tale da renderlo molto instabile e da scheggiare la sua Grazia con conseguenze irreparabili. Da allora Dio li fece sparire. Oh, e se ti stai chiedendo il perché di questo nome che è tutto un programma, sappi che è ebraico e significa Alleanza animale ”.-
Sam fissò il cane, sbalordito. –Mi stai dicendo che questo è un… animale da compagnia celestiale?-
Gabriel sorrise dolcemente. –Non l’ho mai sentito nominare in questo modo, ma sì.- rispose divertito, alzandosi. Afferrò Dean e se lo caricò in spalla.
-Vieni?- disse, rivolto al cane, che abbaiò felice e si alzò in piedi. Si erse sulle zampe posteriori, diventando anche più alto di Gabriel per posargli una zampa sulla spalla in un gesto puramente umano che sbalordì Sam.
Gabriel sorrise. –Anche io sono felice di conoscerti, dolcezza. Quando arriviamo a casa mi dirai come ti chiami.-
Si voltò verso Sam e a sorpresa gli cinse i fianchi con un braccio, premendoselo addosso con fare malizioso. Sam si trovò improvvisamente incatenato a quegli occhi cangianti che emanavano una sorta di luce nuova mescolata a uno sguardo che non aveva mai visto.
Gabriel non lo aveva mai guardato così, Sam ne era certo, ma allora cosa significava quell’occhiata intensa? Cosa stava cercando di dirgli l’arcangelo?
Sam sbatté le palpebre e quasi non si accorse di essere tornato nella stanza del motel. Il Behemah si scostò per tornare a quattro zampe.
Gabriel inclinò appena il capo, curioso, prima di far scorrere il naso contro la guancia di Sam in una carezza sensuale. Sam rabbrividì, ma non si ritrasse. Fu invaso improvvisamente dal dolce profumo dell’altro misto alla solidità del suo corpo premuto contro di lui. Era una sensazione bellissima, seconda solo all’aver ascoltato il canto dello stesso arcangelo che lo stringeva tra le braccia.
-Gabriel?- chiamò con voce tremante.
-Mh?-
-Quel… quella canzone… quella che hai cantato prima, insomma… era un canto angelico?-
-Quando annunciai a Maria della nascita del Cristo, cantai questa canzone per tranquillizzarla. Appena si accorse di non essere sola in quella stanza cominciò ad urlare e fui costretto a fare il cantante per quasi mezz’ora. Grazie al cielo, funzionò, anche perché starnazzava come un’oca.-
A volte Sam tendeva a dimenticarsi della reale età di Gabriel, e sentirlo parlare di eventi accaduti migliaia di anni addietro era strano e straordinario. Immaginarselo mentre si inginocchiava ai piedi di una donna terrorizzata intonando quella melodia nel tentativo di calmarla era assurdo, ma comunque bellissimo. Chiuse gli occhi, ricostruendo con la mente un’immagine di Gabriel a torso nudo con indosso solo dei larghi pantaloni di seta bianchi, le ali ripiegate sulle spalle come una cupola d’oro massiccio.
-A cosa stai pensando?- si incuriosì Gabriel. Sam riaprì gli occhi per specchiarsi nei suoi.
-Cerco di immaginarti nei panni dell’arcangelo buono e gentile che canta al cospetto della Vergine.- rispose sinceramente e Gabriel ridacchiò.
-Ti piacerebbe se ricostruissi la scena?-
-Eh?!-
Gabriel si separò da Sam per adagiare Dean sul letto più vicino. Il cane corse subito al suo fianco, acciambellandosi accanto al cacciatore svenuto e poggiando il capo sul suo addome.
Gabriel afferrò le mani di Sam e lentamente, come se avesse paura di spaventarlo, si inginocchiò ai suoi piedi. Intrecciò gli occhi ai suoi in uno sguardo devoto che stupì Sam al punto da farlo tremare: possibile che…?
Fu allora che Gabriel cominciò a cantare, intonando la stessa dolce melodia di poche ore prima. La sua voce si espanse nell’aria in morbide note di velluto, abbracciando il cuore di Sam fino a farlo tremare d’emozione. Ogni parola enochiana, ogni sbalzo di tonalità voluto dall’arcangelo, costruì davanti agli occhi di Sam un mondo perfetto, puro e magnifico come avrebbe dovuto essere il paradiso angelico. Quella voce cancellava la malvagità del mondo, richiamando a sé la speranza e la vita di ogni essere vivente. Quello era il vero canto della terra che faceva sbocciare un fiore, il vero suono della nascita del più bello dei bambini. Quello era il canto di un arcangelo.
Sam chiuse gli occhi, abbandonandosi a quei suoni magici. Si sentiva bene e in pace con se stesso. Gabriel era la creatura più bella che avesse mai visto, e sapere che in qualche modo aveva scelto lui, un mezzo demone traditore e assassino, era incredibile, ma gli colmava il cuore di una gioia che non aveva mai provato.
-Che sentimentale.- disse qualcuno alle loro spalle. Gabriel levò lo sguardo, fissando un punto davanti a sé con occhi sbarrati.
-Non è possibile…- mormorò, incrociando lo sguardo profondo di un vecchio conoscente che ricompariva al posto sbagliato al momento sbagliato. Tutto ciò che Gabriel riuscì a pensare in quel momento fu un semplice e coinciso: Sono fottuto.
 
Angolo dell’autrice:
ohoh, innanzitutto happy GNU year a tutti (Immagina tanti gnu che fanno gli auguri) e…
Gabriel: auguri un cazzo! Perché sono vestito come Aristotele?!
Tutti immaginano così gli angeli, quindi zitto e recita o ti appendo all’albero di Natale come puntale!
Gabriel: quel ruolo lo sta già ricoprendo Castiel, non…
Allora finisci nella grotta di Gesù bambino! Da qualche parte ti metto, sta tranquillo!
Gabriel: a proposito di Gesù bambino… sono io o ieri ho visto passare Dean vestito da pecora?
Era un pastore, l’ho convinto a fare il presepe vivente…
Gabriel: no, era una pecora! Aveva anche le orecchie finte!
Chi gli ha detto di fare la pecora? Io avevo detto di vestirlo da zampognaro!
Crowley: (fischietta)
Coff coff… sì, dicevamo? Ah, sì! Dunque, per ringraziare come al solito la pazienza della favolosa gente che legge i miei squilibri mentali posterò qui in basso delle anticipazioni, perciò spazio a ciò e ai ringraziamenti!


Anticipazioni: -Dov’è Cass adesso?-
-A risolvere delle questioni molto importanti.- si rivolse a Gabriel. –Si sta preparando qualcosa di grosso, Gabriel, qualcosa che Castiel sta cercando di stroncare sul nascere.-
-Di cosa parli?-


ThanatosTH
: ecco a te questo nuovo capitolo, dedicato a tutti voi angioletti recensori e alla pazienza che mi prestate ogni volta che posto! Oh, Cass è tornato e non ha forme strane, ma qualcosa di diverso ci sarà eccome! Non voglio anticiparvi nulla, ma il ritorno di fuoco del nostro angelo preferito porterà con sé un bel casino! Dunque, come al solito mi inchino al tuo cospetto e alle bellissime recensioni che non manchi mai di lasciarmi. Grazie, spero di non deluderti con il continuo di questa storia! Baci e a prestissimo, mio splendido angioletto recensore!
Sherlocked: che dici, adesso Gabriel può essere perdonato per aver ignorato Sammy all’inizio? Eh, in realtà ho una brutta notizia… Bobby scrive storie a luci rosse su Crowley! Dovevo sospettarlo, c’era da bruciarsi gli occhi con tutte le schifezze che ci ha scritto! E no, non l’ho letta perché mi piaceva ma perché speravo in una grazia divina che alla fine ci fosse scritto PESCE D’APRILE. Ma no, non c’era niente, e adesso sono mezza cieca. Oddio, adesso sto pensando a un Gabriel vestito da Darth Vader che ti offre i biscotti con dietro il cartello PASSA AL LATO OSCURO, ABBIAMO I BISCOTTINI!! Ma conoscendo Gabriel sarebbe comunque qualcosa a doppio senso, perciò non ti fidare! Potrebbe usarti come esca per attirare Sam, fuggi!!!!!! XD ohoh grazie ancora per la bellissima recensione, vi voglio bene per la forza che mi date e mi sembra sempre di non scrivere abbastanza bene per tutte voi, così gentili e fin troppo generose nei commenti! Attenzione, qui gli angeli si montano la testa!!!
Blacasi: guarda Dean, qui c’è ancora qualcuno che ti crede un duro!!! Cavolo, dovrò postarle il video in cui piangi guardando Titanic!!! Sfatiamo il mito e facciamo vedere al mondo che razza di cucciolone sei!! (Tu provaci e ti sparo! Nd Dean) coff coff, comunque tranquilla, il nostro Cass ha i suoi modi per cavarsela, non è del tutto scemo, nonostante abbia deciso di farsi infilzare come un marshmallow sul fuoco anziché dire a Dean la verità sui suoi sentimenti… e per questo lo ammazzerei di nuovo con le mie mani, ammesso che non lo faccia Dean prossimamente! Eheh, lo sapevo che avreste pensato che il cane fosse Cass, ma no, non è lui!! XD e menomale, immagina Castiel che prende a morsi un licantropo! No, tieni gli angeli lontani dal tuo letto, ho provato a usare Gabriel come peluche mentre dormivo e mi sono trovata a terra dopo una lotta judo contro le sue ali gigantesche! Non lo fare, sono infidi!!!! Grazie del commento angioletto recensore, mi inchino come al solito al tuo cospetto!
Tomi Dark Angel
 
 

 
 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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