Mi raccomando
Fred, fai il diavolo a quattro anche
dove ti trovi ora!
George Weasley
guarda fisso davanti a sé, senza nemmeno sbattere le palpebre.
Respira così piano
che sembra che non respiri e i suoi occhi chiari sono velati.
Da un primo sguardo
potrebbe sembrare che guardi l’albero davanti a sè, ma in realtà il suo sguardo
è volto molto più lontano, molto più indietro, rivolto a quando lui e Fred
erano insieme ogni giorno.
“Sono stato un vero
idiota” pensa con intensità, muovendo una mano per passarsela tra i capelli
chiari.
“Sono stato un vero
idiota, perché ho davvero pensato che
saremmo stati insieme per sempre”
Una signora –o forse
un signore- accanto a lui gli posa una mano sulla
spalla, ma George non alza nemmeno gli occhi per vedere chi sia; li tiene
puntati davanti a sé, diritti verso quel giorno in cui lui e Fred hanno
tinteggiato di rosa il Dipartimento di Trasfigurazione.
Ricorda la bocca
aperta della McGranitt, il suo sguardo che rapidamente è passato da stupito a
indiavolato. La ricorda che si gira di scatto verso di loro –che proprio non ce l’avevano fatta a non ridere e le loro risate erano
stonate in mezzo al coro di ‘ohh’ degli altri studenti- stagliata col suo
profilo rigido contro un muro rosa come era rosa il vestito della bambola
preferita di Ginny.
Sorride, George
Weasley, fermo in quel prato, davanti a un albero, circondato da gente che sta
piangendo.
La signora –o il
signore- al suo fianco volge piano il viso a guardarlo. George lo nota con la coda dell’occhio, ma anche ora non si volta a
vedere chi sia.
Un paio di signore
davanti a lui vestono lunghe tuniche nere e parlano a bassa voce, con un
fazzoletto davanti alle labbra.
“Era un ragazzo così
bravo…” sente una di loro dire.
“Lo sa che siamo
scappati da Hogwarts, io e Fred? Lo sa che una volta Fred ha rotto la scala su
cui Vitious era arrampicato per decorare l’albero di Natale?” dice George o
forse, lo pensa soltanto.
Quel giorno avevano
varcato le porte della Sala Grande assonnati dopo una notte a cercare passaggi
segreti. Vitious stava facendo levitare gli addobbi, che rendevano l’albero davanti
al tavolo insegnanti più dorato che verde.
Fred aveva estratto
la bacchetta e con una Fattura molto semplice, aveva rotto un piolo della
scala. George era corso ad aiutare il professore, senza essersi accorto che
l’autore del misfatto fosse Fred.
Misfatto.
Forse è la parola
che più ha –hanno- pronunciato nei loro anni di permanenza nel castello.
“Fatto il Misfatto”.
“Lo sa che io e Fred
abbiamo rubato dal cassetto di Gazza una vecchia Mappa Stregata di Hogwarts?”
pensa ancora George sentendosi orgoglioso anche per il fratello che non ha più
accanto.
“Sissignore”
continua, annuendo con decisione “L’abbiamo distratto lanciando un paio di
Caccabombe e l’abbiamo rubata.” Ripete orgoglioso, fornendo alla signora in
nero maggiori dettagli da lei mai richiesti.
“A volte io e Fred
pensavamo di maturare, di smetterla con gli scherzi e di dedicare il nostro
talento con la magia a diversi scopi” spiega ancora George, silenzioso, alla
signora davanti a lui “Ma poi ci siamo detti che di studenti diligenti e pronti
a diventare Medimaghi o Alchimisti, bhè, ce ne sono sempre stati in
abbondanza!” dice con un sorriso malandrino sulle labbra.
Quello stesso
sorriso che compariva sulle labbra di Fred dopo ogni scorribanda.
“E poi –ci pensi,
signora- la teoria di Fred era che senza dei casinisti da additare come
combinaguai, i bravi ragazzi diligenti non avrebbero splenduto così tanto! E
–aggiungo io- i Prefetti sarebbero stati
totalmente inutili”
La signora in nero
continua a parlare con la sua amica, ignorando il discorso silenzioso che
George le sta facendo.
George sposta lo
sguardo oltre lei, e lo posa senza preamboli diritto sulla bara circondata da
fiori.
“E’ come se a morire
fossi io.” Pensa con intensità, parlando alla signora –o al signore- che ancora
gli sta appoggiato alla spalla.
Lui e Fred sono
sempre stati insieme, sono sempre stati –quasi- la stessa persona.
“La verità è che
Fred c’è sempre stato!” quasi urla, le labbra serrate e gli occhi che diventano
ancora più lucidi.
“Lui c’era quando ho
stregato la bambola di Ginny, lui c’era quando abbiamo cercato di convincere
Ron a stringere il Voto Infrangibile, lui c’era tutte le volte che ho riso e
tutte le volte che ho pianto” racconta George Weasley senza parlare “Lui era
accanto a me mentre il cappello mi si posava sugli occhi, pronto a Smistarmi, e
lui era con me quando appoggiandomi a un muro, ho scoperto un passaggio segreto
e sono rotolato giù per tre piani. Era al mio fianco quando abbiamo varcato per
la prima volta il portone di Hogwarts e c’era anche quando abbiamo lasciato per
sempre il castello. C’era durante le noiose lezioni di Storia della Magia e
c’era durante gli allenamenti e le partite di Quidditch”
Nel nominare
Quidditch, un’altra cosa gli sovviene in mente.
Sposta di nuovo gli
occhi sulla signora in nero e le parla ancora, senza rumore, sapendo che in
realtà lei non lo può sentire
“Sa che mio fratello era un asso nel Quidditch? Il più scatenato e scorretto battitore che ho mai visto!” conclude con una nota d’orgoglio
“Spediva di quei
bolidi così precisi che non ne ho mai visti! E quando Madama Bumm non guardava,
li caricava con qualche Incantesimo di Spinta! Era così rapido, che nessuno se
n’è mai accorto!”
La signora continua
a parlare con la sua amica.
George sposta lo
sguardo sulla bara.
“Ti ricordi, Fred,
di quando abbiamo tinto i capelli di Montague di rosso e oro? Te lo ricordi,
fratellino?” una note di amarezza gli rovina ora il
tono allegro della voce
Realizza finalmente
che tutto questo appartiene al passato.
Che da oggi in avanti
nessuno gli strattonerà il braccio convincendolo a cambiare strada per seguire
Angelina Johnson, appena passata davanti a loro; nessuno inventerà con lui
pozioni in grado di farti vomitare a comando e nessuno testerà al suo posto il
Torrone Sanguinolento –anche se aveva già sperimentato le Pasticche Vomitose-
per permettergli di andare all’appuntamento con Marge senza l’aspetto di uno
che ha appena fatto a botte.
Nessuno chiamerà
Ruff ‘testa vuota’ solo per farsi mettere in punizione e raggiungerlo in quello
scantinato dove lui si è fatto rinchiudere dalla McGranitt a pulire vecchi
stemmi.
Nessuno riderà con
lui davanti a qualche incauto studente che prova una Merendina Marinara e
nessuno lo guarderà negli occhi senza parlare, ma facendogli un intero
discorso.
Stavolta un
singhiozzo tradisce il suo silenzio e la signora –o il signore- al suo fianco
stringe di più la presa che ha sulla sua spalla.
“Chi ruberà con me
la macchina di papà?” si chiede e chiede, silenzioso, cercando strenuamente di
trattenere i singhiozzi.
Il prete ha finito
di parlare.
La gente si disperde
o si avvicina alla bara, nascondendola agli occhi chiari di George.
“Chi sostituirà con
me lo shampoo di Piton con una bottiglia di olio per testare se se ne accorge o meno?” chiede ancora George, stavolta ad alta voce.
Le signore in nero e
molte altre persone si voltano a guardarlo, la compassione negli occhi.
Nessuno realizza le
sue vere parole;
Nessuno capisce
appieno il vuoto che ha dentro, che è più grande di quello che si può
immaginare.
Nessuno capisce che
Fred non era solo suo fratello, era anche una parte di lui.
La piccola folla lo
guarda per un momento e poi –non trovando niente da dirgli- gli volta le spalle
e si avvicina alla bara, per l’ultimo saluto.
George rimane
finalmente da solo, gli occhi azzurri persi nel prato che colgono appena i
movimenti della gente.
“Addio, Fred, fai il
diavolo a quattro anche dove ti trovi adessi”
Gli dice.
L’ultimo saluto che
rivolge al fratello è un sorriso, poi volta le spalle alla bara, alla folla che
la circonda, al prato e al cimitero e lascia quel posto.
***
E’ da un po’ che penso di scrivere una fiction su Fred e George, che parli di loro separati;
volevo rendere l’idea che una situazione del genere mi suggerisce: che sono sempre stati insieme, che hanno diviso tutto. O come dice George ‘Fred c’è sempre stato’.
La dedico a Giovy, che è stato speciale. Che lo sarà sempre.
E mi raccomando, socio, fai il diavolo a quattro anche dove ti trovi ora.
Lady Glo