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Autore: Stella cadente    03/01/2013    9 recensioni
"In quell’orfanotrofio degli Stati Uniti, in una piccola stanzetta, giocava una bambina pallida. Era una bambina dal corpo esile parzialmente ricoperto da lunghi capelli corvini, che le ricadevano vaporosi sulla sua schiena magra. Una bambina che si sentiva messa da parte, oppressa, imprigionata tra quelle pareti spoglie, scrostate e di un color bianco sporco, quasi grigio."
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"E non era colpa sua.
E lei avrebbe preferito incastrarsi in una dannazione eterna, piuttosto che vivere una vita vuota."
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La storia di una bambina come tante, eppure così diversa.
La storia di una bambina innocente che voleva solo un po' di affetto.
Lei voleva solo essere ascoltata.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Samara Morgan
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ring - Samara Morgan'
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Capitolo 4
8 febbraio 1978
 
 
 
 
Samara aveva passato con i Morgan circa un paio di mesi, e ormai aveva acquistato nei loro confronti una certa familiarità.
Richard le aveva insegnato a cavalcare e facevano lunghe passeggiate insieme praticamente tutti i giorni. Andavano sulla scogliera, nel bosco, sulla spiaggia; man mano che passavano i giorni, la bambina amava sempre  più i cavalli. I Morgan le avevano inevitabilmente trasmesso quella loro passione; osservare gli animali correre liberi e prendersi cura di loro era una cosa che adorava.
Però Wind era in assoluto il suo preferito. Era felice che Richard avesse deciso di affidarglielo; prima della passeggiata passava circa un quarto d’ora a pettinarlo e si divertiva a fargli le treccine, rigirandosi tra le sue manine bianche la criniera bionda dell’animale.
Richard invece era solito cavalcare con John, un Appaloosa maculato che aveva nella sua scuderia da diversi anni.  John era possente e irrequieto, ma Richard sapeva esattamente come controllarlo.
Quando si esercitava nel campo con quel magnifico cavallo, Samara non poteva fare a meno di ammirare suo padre. Avrebbe tanto voluto, un giorno, diventare esperta come lui.
Ora le giornate sembravano leggermente meno buie, e la famiglia aveva l’occasione di trascorrere più tempo fuori.
Samara si chiedeva spesso se davvero si meritasse quell’affetto incondizionato. Ogni volta che parlava con loro, sentiva che i suoi occhi erano tornati a risplendere di quella luce che avevano perso da tempo – o che forse non avevano mai avuto.
Ora sarebbero cominciati i tempi felici.

 
****
 
 
 
8 febbraio 1978. Un giorno diverso dagli altri.
– Auguri! – la sorprese la voce di Anna, quando quella mattina scese in cucina.
Auguri.
Aveva vaghi ricordi collegati a quell’espressione. Nella sua mente annebbiata, in un primo momento, quelle parole non ebbero nessun significato. Poi realizzò: era il suo compleanno.
– Buongiorno, Samara – fece anche Richard, con un vassoio di cornetti dorati e fumanti. – E tanti auguri. Spero che i cornetti alla crema ti piacciano – le disse.
Samara non poté fare a meno di sollevare un sopracciglio con aria interrogativa, ma poi sorrise gioiosa afferrando un cornetto. Quando lo assaggiò sentì la consistenza morbida della crema che le si scioglieva in bocca, e si meravigliò che i Morgan avessero già capito le sue preferenze.
Anna e Richard la guardavano felici, mentre si sporcava golosa la bocca con la crema e la glassa.
– E non è finita qui – continuò Richard.
– Come? – chiese lei.  
– Ti abbiamo fatto un regalo, tesoro – disse Anna sorridendo dolcemente. – Va’ in sala e vedrai – concluse con tono amorevole. Aveva la voce calda e affettuosa,  carezzevole.
Lei la ricambiò con ammirazione; Anna era diventata l’esempio da seguire, il tipo di persona che un domani sarebbe voluta diventare.
Si alzò, ansiosa di sapere che tipo di regalo le avessero fatto, e corse in sala a capofitto, mentre la curiosità la divorava.
In quella spaziosa stanza, inondata appena da un’insolita e debole luce, si fermò di colpo.
Sul tappeto, davanti alla televisione, c’era un cavallo a dondolo, scolpito alla perfezione nel legno chiaro e liscio.
Samara si avvicinò lentamente, come annientata da quella vista, e lo toccò piano con i polpastrelli sentendone i dettagli, delineati con minuziosa precisione.
– Ti piace? – fece la voce di Richard dietro di lei. – L’ho fatto io, per questa occasione –  continuò, sorridendole.
La piccola era al colmo della contentezza. Per un momento si chiese come avesse fatto il suo papà a costruire una cosa simile senza che lei se ne fosse accorta, come avesse fatto ad intagliare nel legno una cosa tanto bella e delicata. Si vedeva che ci aveva messo impegno, che lo aveva costruito con cura.
Non sapeva che cosa dire.
– È... bellissimo – riuscì a sussurrare.
Abbracciò l’uomo, stringendosi al suo petto ampio e rassicurante. Sentì le lacrime pungerle gli occhi. Erano lacrime di gioia che volevano essere liberate; ma non voleva piangere, non voleva rovinare tutto.
– Ti voglio bene papà – sussurrò, cercando di non far sentire la sua voce incrinata.
– Anche io te ne voglio, Samara – disse lui, di rimando.
Quelle parole la fecero sorridere, e rimase piacevolmente stupita da ciò che aveva appena sentito: il suo papà era un tipo fermo, serio, che mai sarebbe stato autore di un’affermazione simile. Quelle parole erano state dette con tono rigido e sostenuto, ma le avevano inevitabilmente scaldato il cuore. Era stata l’unica volta che festeggiava il suo compleanno, ma era venuta benissimo, con i suoi genitori, dei cornetti alla crema e un cavallo a dondolo.
Si sentiva accettata, amata.  
Ogni tanto temeva ancora che si potesse svegliare nel suo solito letto dell’orfanotrofio, in quella stanzetta dalle pareti spoglie e bianche. Temeva che la felicità potesse restare per sempre soltanto un desiderio, un sogno.
Abbassò lo sguardo sul cavallo a dondolo, e aguzzò la vista: ai piedi del suo regalo, c’era qualcosa di più piccolo, di dolce e delicato, un oggetto rotondo che scatenò subito in lei una divorante curiosità.
Si chinò, e toccò il freddo metallo dipinto a mano con colori tenui; poi schiacciò un pulsante collocato ai piedi di quella che sembrava una piccola giostra in miniatura, all’interno della quale fluttuavano cavallini in metallo dalla sella dorata. Una musica fine e melodica si diffuse nella stanza.
Era un carillon, a forma di carosello.
Samara sorrise, osservando lo scorrere dei cavallini dipinti con cura, ammirando con stupore e gioia quell’oggetto meraviglioso, talmente catturata dalla melodia che non riuscì neanche a ringraziare.
– Abbiamo altre sorprese per te, non pensare che sia finita qui – le disse improvvisamente Anna, interrompendo l’armonia creatasi nell’aria.
– No? Davvero? Che altro c’è? – chiese, ansiosa di sapere che cos’altro mancasse per quella festa di compleanno così perfetta.
– Vieni in giardino con me – le disse Richard, facendole un cenno.
Samara lo guardò interrogativa, ma obbedì seguendolo all’esterno della casa. Sentiva l’ansia serpeggiarle nel corpo. Prese a tremare, non capiva se per il freddo o per la tensione.
Ma in ogni caso, non vedeva l’ora di scoprire che cosa avesse in serbo per lei il suo papà.


 
****
 

Qualche minuto dopo vide che in giardino, attaccata al  ramo più corposo del grande albero, c’era un’altalena.
Un’altalena che prima non aveva mai notato.
Prima non c’era.
– Non dirmi che... – disse a Richard, incredula.
– Anche questa è opera mia – la ricambiò lui, con la lieve traccia di un sorriso.
– Grazie! Davvero, grazie mille! Questo è il compleanno più bello della mia vita! – esultò lei. La sensazione di gioia e di beatitudine era tale che Samara cominciò a ridere, e si abbracciò stretta ai suoi genitori, felice come non si era mai sentita prima di allora.
– Chi ha voglia di fare una bella passeggiata a cavallo? – propose Richard.
– Io! – fece lei, contenta.
E Richard non esitò a tirare fuori dalla stalla Wind, John e Cloud Nine, il maestoso cavallo nero di Anna, per lanciarsi al galoppo nel bosco.
L’aria frizzante scuoteva i capelli  color carbone della bambina, facendoli ondeggiare vaporosi. Samara sorrise, mentre il vento le sferzava il viso con fredde carezze.
Quella era la vita che aveva sempre sognato.
Era una vita completa. Senza preoccupazioni.
L’oscurità ormai non entrava più nella sua vita, non più. Niente nella sua anima era nero, non accadevano più quegli eventi negativi di cui aveva un’eterna paura.
Era finalmente felice.
E a volte, la sua paura, quella più grande, era che la magica armonia che si era appena instaurata potesse spezzarsi, riportandola bruscamente alla realtà.

 
 
 
 
Ciao a tutti!
Mi scuso per lo stratosferico ritardo, ma fra studi e altre tre storie non avevo molto tempo.
E poi sapete che sono meticolosa (no non lo sapevate, ma ora sì LOL) e ci metto trent'anni a scrivere i nuovi capitoli, perchè poi li riguardo e li riguardo..
Comunque chiedo scusa a tutti coloro che seguono questa storia e che si aspettavano invano un puntuale aggiornamento *si inchina umilmente*
Ad ogni modo, che ne pensate del quarto capitolo?
Lo so che forse vi ha delusi un pochino...
comunque, come ben sapete, ci tengo in maniera quesi morbosa alla vostra opinione, perciò, inutile dirvelo:
Recensite *occhi da cucciolo*
Detto questo, mi dileguo, anche perchè altrimenti il commento dell'autrice diventa più lungo del capitolo stesso!
baci a tutti, e un grazie particolare a Lawrence9, che mi invia messaggi a dir poco meravigliosi, senza contare le recensioni davvero soddisfacenti (spero che il capitolo ti piaccia <3).
Al prossimo capitolo ;)
  
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