EARL’S
COURT
Due strade diverse, due destini simili.
In una locanda di Earl’s Court, nella
Londra babbana, l’ultimo saluto di un ragazzo al
fratello che non rivedrà più.
NO SPOILER HP7
ATTENZIONE:
Questa storia non contiene alcuno Spoiler su HP7, essendo che ho letto solo i primi capitoli.
Però la storia è basata su una mia (e non solo mia) teoria riguardante l’ultimo libro: RAB è Regulus Black.
Che nell’ultimo libro venga confermata o smentita, non ne ho idea. Per ora...prendetela per buona ^_-
Earl’s Court, ore 10:30
“Ciao, Sirius”
Sirius butta il
giornale dietro al quale è nascosto sul tavolo della tavola calda e guarda la
persona che –senza permesso- si è appena seduta di fronte a lui.
Gli basta una sola
occhiata per riconoscerela e senza curarsi di essere
in un locale della Londra babbana, estrae la
bacchetta dai pantaloni e gliela punta addosso.
Nessuno degli altri
avventori sembra fare caso a lui; a loro.
Gli occhi neri,
screziati d’argento, di Sirius fiammeggiano, la presa salda intorno alla
bacchetta.
“Vuoi davvero
colpirmi?” chiede l’altra persona, perfettamente a suo agio, prendendo il
bicchiere di succo di Sirius e bevendone qualche sorsata.
“No” dice Sirius,
senza distogliere da lui gli occhi “Voglio davvero ucciderti” .
L’altro scoppia a
ridere, sputacchiando nel succo.
“Allora perderesti
il tuo tempo. Sto per morire lo stesso”
“Commovente,
davvero” lo beffeggia Sirius, tenendolo sempre sotto tiro “Dopo questa patetica
dichiarazione dovrei lasciarti andare e fare sì che tu saboti la mia –nostra-
missione?” chiese scettico e sarcastico, alzando un sopracciglio.
Come fanno i Mangiamorte a sapere di quella Missione?
Ne sono a conoscenza
solo lui –Sirius-, Silente, Pete ed Emmeline. E Sirius si fida di Emmeline.
“Abbassa la bacchetta,
Sirius” dice l’altra figura, guardandolo con gravità “Non vorrai davvero
uccidere tuo fratello?”
Un attimo di
silenzio cala tra loro.
“Puoi giurarci che
lo farò”
“Va bene” sbuffa Regulus Black, arrendendosi “Non ti impedirò di farlo, se
ne avrai ancora voglia, quando avrò finito di parlare”
“Cosa ti fa credere
che io voglia ascoltarti?” domanda Sirius, soffiandosi via dagli occhi alcune
ciocche di capelli neri.
Di fronte a lui, Regulus gli somiglia come non mai.
E’ sempre stato più
basso e mingherlino di lui, ma hanno sempre avuto lo stesso portamento e gli
stessi capelli neri. Anche gli stessi riflessi argentei nello sguardo, con
l’unica differenza che quelli di Regulus sono sempre
stati su sfondo smeraldino, mentre gli occhi di Sirius sono da sempre prevalentemente
neri.
Ma in quel momento –seduti
sui divani rossi e bianchi della tavola calda- i due fratelli Black sembrano
più simili che mai.
Dopo un po’ di
silenzio, Regulus riprende a parlare e lo fa senza
guardare il fratello, gli occhi verdi fissi sulle proprie mani giunte sul
tavolo.
“Una volta –quando
ero solo un bambino e tu eri già il principe di Grifondoro-
tra noi scoppiò un litigio..”
“Quale dei mille?”
sbuffa Sirius, facendo volare in aria i capelli lisci davanti al viso.
Regulus lo ignora.
“E tu mi dicesti che
non agivi per dar contro ai nostri genitori, ma perché avevi scoperto degli
ideali in cui credere. Per i quali dare la vita, se necessario. Qualcosa di
giusto per cui combattere…per migliorare il nostro mondo e salvarlo dal buio.”
Gli occhi di Regulus fissano le mani e il tavolo senza in realtà vedere
nessuno dei due.
Sirius aggrotta un
po’ le sopracciglia scure, ascoltando il fratello.
Cala un attimo di
silenzio, poi Regulus alza il viso con decisione ed è
come se i suoi occhi brillassero.
“ Non sono qui per
colpire te e nemmeno la Vance o qualcuno degli altri
geni che ha pensato che una missione nel cuore della Londra babbana
era pressoché inattaccabile da noi Mangiamorte” dice
quasi con cattiveria .
“Chi è la spia?”
chiede subito Sirius con foga. Non sa perché lo sta chiedendo proprio a Regulus, non sa perché improvvisamente si fida di lui.
Il fratello scuote
piano la testa.
“Non sono qui per
dirti questo. Ho poco tempo, Sirius, e tu me ne hai già fatto perdere molto” si
passa la lingua sul labbro superiore “Comunque se fossi in te, mi sceglierei
meglio gli amici”.
Fa un'altra pausa, Regulus Black, il genio della retorica. Il re e il
guidatore di quel discorso.
“Sirius, -riprende
alzando lo sguardo sul fratello- ho capito cosa intendevi, quando parlavi di
quegli ideali”.
Sirius aggrotta
ancora di più le sopracciglia.
“Di quando parlavi
di cosa è facile e di cosa è giusto. Ho capito la differenza tra bramare il
potere, e costruire un Mondo migliore. Un mondo giusto”
“Rab,
che cosa-….?”
Ma l’altro si è già
alzato, puntano le mani sul tavolo, e tiene la testa incassata tra le spalle.
“Ti voglio bene,
Sirius” dice in un sussurrò, quasi che non volesse sentirsi.
Sirius sgrana gli
occhi come se fosse stato colpito da una maledizione
“Rab,
che razza di scherzo è questo, piccolo lurido Mangiam…?”
“Sai” lo interrompe
nuovamente il minore, con l’aria innocente di chi racconta come quel giorno il
sole splenda più del solito “Erano anni che non mi chiamavi così” gli rivolge
un sorriso sbieco “Per te ero diventato semplicemente Black o, quando eri più
di buon’umore, Regulus”
“Bhè…”
inizia Sirius e cercando il suo odio per il fratello, improvvisamente non lo
trova più.
C’è qualcosa nello
sguardo dell’altro, che gli ruba le parole.
“Bhè..era
un nomignolo stupido che usavi quando ancora ti pisciavi nel pannolone e non
sapevi pronunciare il tuo nome” dice rapido, con l’ombra di un sorriso.
Regulus lo ricambia.
Resta ancora in
silenzio, poi si stacca dal tavolo e volta le spalle al fratello, mentre il
mantello nero gli fruscia alle spalle.
Sulla superficie di
metallo del tavolo resta l’impronta delle sue mani sudate.
“Ricordami, Sirius”
Passa in mezzo a un
folto gruppo di gente, ed esce dalla locanda.
Sirius lo segue con
lo sguardo, ma quando riapre gli occhi dopo uno sbattito
di ciglia, il fratello è scomparso.
Assorto riabbassa
gli occhi sul giornale.
“Cosa hai combinato,
fratellino?” chiede con dolcezza al nulla intorno a sé.
Un camion sosta
fuori dalle vetrate della locanda e oscura il sole.