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Autore: JulesBerry    05/01/2013    7 recensioni
La Tombola, regina dei giochi natalizi, ogni anno pone fine a rapporti armoniosi, felici, ad alleanze che durano da una vita, a sodalizi sinceri.
Perché, di fronte a quelle cartelle, non ci sono relazioni che tengano, e tu l'hai capito già da molto tempo.
One-shot scritta per puro divertimento, senza alcuna pretesa. Spero vi faccia almeno sorridere un po'!
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mai dire Tombola!



È la Vigilia di Natale e tu sei lì, nel tuo salotto, in compagnia di quella moltitudine di persone che ti ritrovi ad avere come parenti serpenti.
Seduta comodamente sul divano, osservi con discreto interesse ogni singolo componente di quella vasta tribù che, un’unica volta l’anno, ha la brillante idea di venir fuori dal sarcofago nel quale iberna e chiamare tua madre, giusto tre giorni prima della festività, urlando allegramente: «Che organizziamo per il ventiquaaattro?».

Ed ecco che alle otto di sera, puntuali come orologi svizzeri, i membri del tuo vasto albero genealogico – provvisti, ovviamente, di sorrisi più che mai falsi –, fanno la loro entrata trionfale, vestiti come se fossero appena scappati da casa.
Mentre tu, questo errore lo fai sempre, sei imprigionata in quel vestitino elegante e costretta a camminare come un tirannosauro a causa di quelle robe terrificanti chiamate tacchi alti.

Proprio nel momento in cui il salone sta per esplodere, ti rendi conto che ci sono tutti. Ma davvero tutti.

C’è quel tuo zio, quello simpatico e buono come la Nutella, che, ancora dopo tanti anni, continua a portare avanti la sua crociata contro i bocconcini1, che non ha mai smesso di diffamare.
«Bocconcini?! Hai detto... Bocconcini?! Ma tu stai babbiando2, vero? Un bocconcino costa venticinque centesimi, più di un pane che si rispetti! Non mi vedranno mai comprare uno di quei cosi!»
Sì, li odia. Sul serio.

C’è quel tuo cugino, quello figo che ha quasi trent’anni ma che ancora crede di essere un diciassettenne, che per unico difetto ha quello di sembrare un drogato. E diciamo che non è proprio un difettuccio da niente.
Nonostante ce la metta tutta, infatti, conserverà sempre, fino all’ultimo giorno della sua vita, quella strana aurea che si porta dietro – la quale, combinata alla barba incolta e all’abbigliamento decisamente trash, non lo rende poi così raccomandabile.

C’è la tua nonna materna, piccola e all’apparenza innocua, ma che, in realtà, con quella borsetta malvagia che si porta dietro, mette più soggezione di un comandante di esercito. Inoltre, pensa che l’intero Universo sia sempre pronto a complottare contro di lei; forse non si è ancora resa conto che è lei che complotta contro tutto ciò che esiste.
E c’è anche la nonna paterna, quella che risponde a tutti con un bel: «Vaffanculo e vattinni3!», e allora capisci – come se ce ne fosse stato di bisogno –, da chi hai ereditato la tua innegabile gentilezza.

C’è il nonno – lui si che è la dolcezza –, che ti chiama di nascosto e ti mette in tasca gli immancabili dieci euro, raccomandandoti, come al solito, di non dire nulla a tuo fratello. D’altronde, sei sempre stata la preferita, in famiglia.
C’è quella tua zia lì, quella fissata con il poker, che non perderebbe mai l’occasione di poter stare in compagnia della sua grande famiglia. La verità – e tu l’hai sempre saputo – è che non vede l’ora di spillare soldi a tutti quanti. Ecco perché a casa tua, quando c’è lei, le carte sono bandite.

C’è tua cugina, la tua preferita, colei con cui parli ogni santo giorno e che è l’unica, con il suo completo elegante e i suoi tacchi alti, a farti compagnia in quanto a stile di vestiario. Peccato che poi abbia la finezza di uno scaricatore di porto, ma forse è proprio per questo che le vuoi tanto bene.

Ci sono i tuoi genitori, più confusi che mai.
Tua madre sta letteralmente esaurendo, non sa più dove mettere mano e quasi non dimentica la pizza nel forno.
 Tuo padre, invece, continua imperterrito a comportarsi – tanto per cambiare – da altolocato, con il suo completo elegante e la cravatta perfettamente in ordine, e finge di ridere alle orribili battute del cognato.
Quel cognato che, tra l’altro, sbuca fuori solo quando sa che potrà mangiare a sbafo. Lo chiamano The Invisible Man. Se ogni tanto non si facesse vivo, tutti lo considererebbero alla stregua di una leggenda metropolitana.

Tuo fratello, invece, è nell’angolino, che osserva, indifferente, quella cinquantina di parenti che sta invadendo la vostra casa.

E poi, accanto a te, intento ad amoreggiare con la stufa, c’è il tuo ragazzo, che nessuno, logicamente, si sta cagando.
Neanche tu, che lo hai pure costretto a venire per farti da sostegno morale. Sì, perché sei impegnata a parlare con quella tua cugina, la preferita, e a giocare con suo nipote, che non ha neanche un anno.
Povero bambino; non sa cosa lo attende, in futuro.

Quel povero Cristo che hai accanto, però, potrà pure conoscere i tuoi genitori, ma di sicuro non ha mai visto prima nessuna di tutte quelle persone. A parte la cugina preferita, ovviamente. Ricordiamocelo, lei è ovunque. Quindi, da questo istante, la chiameremo “L’Onnipresente”.
Tornando a prima, lui non è a conoscenza della differenza abissale che intercorre tra la tua famigliola composta da quattro persone e la ciurma di gente che sta invadendo i tuoi spazi vitali.
Quindi, non consapevole di ciò che sta per scatenare, ti pone una semplice domanda: «Perché non giochiamo a Tombola?»

Spalancatevi, porte dell’Inferno.

A quelle parole, solo sussurrate, cala il silenzio.

Mamma e papà ti guardano, terrorizzati, non osando muovere un muscolo.
I tuoi zii e le zie si bloccano, muovendo gli occhietti vispi da una parte all’altra della stanza.
I cugini – chi single, chi con partner e pargoli al seguito – sfregano le mani, malefici.
Le nonne, be’: loro, te lo aspettavi, tengono tra le mani – avide – le borsette, pronte a scagliarle contro chiunque osi intralciare la loro gloriosa scalata verso il Milione. Ehm, volevo dire, verso la vittoria.
L’Onnipresente, sadica, inizia a frugare nel portafoglio in cerca di spiccioli, ma sai perfettamente che verrà a elemosinarti fino all’ultima cartella.
Tu volti lo sguardo in direzione del tuo ragazzo, e in quell’istante capisci che lo lascerai presto. Molto presto.
Perché tuo fratello, divertito al pensiero dell’imminente catastrofe, si fa avanti, temerario, ed esclama ad alta voce: «E vai con la Tombola

Si leva un boato che neanche gli Ultras della Curva Sud del Barbera sarebbero capaci di eguagliare, e allora capisci che è realmente la fine.
Tutti corrono attorno al tavolo per cercare di accaparrarsi i posti migliori, senza rinunciare agli spintoni, ai calci negli stinchi, ai pugni, agli schiaffi, ai morsi, e chi più ne ha più ne metta.
Tuo padre, che dopo vent’anni non si è ancora abituato, quasi non finisce schiacciato da quella mandria imbufalita e assetata di sangue. E di soldi – perché, alla fine, il discorso è sempre quello.

Il primo ostacolo al proseguimento di una serata pacifica è costituito dalla scelta del prezzo di ogni cartella.
«Cinquanta centesimi cada una!» propone quel tuo zio che odia i bocconcini.
«Ma vaffanculo, va’! Magari ti rugnu sti picciuli a tìa4!», indovinate chi l’ha detto?
La discussione va avanti per circa venti minuti, fino a quando, con grande dispiacere della nonna, si approva la prima proposta.

L’Onnipresente, allora – manco fosse un bagarino o una spacciatrice –, si mette lì, nell’angolino, e distribuisce gli oggetti dei desideri, mentre il brusio si fa sempre più insistente e la tua testa rischia di esplodere.
Poi, giri il capo e noti che tuo cugino, che hai sempre reputato una persona affidabile e impeccabile, sta usando suo figlio di dieci mesi come portafortuna personale, e questa ipotesi te la confermano i suoi mormorii continui: «Tu mi fai vincere, ne sono sicuro. Dai che vinciamo, dai
A quel punto, capisci che la gente è impazzita sul serio.

Tua madre, l’unica in famiglia che possa reggere una crisi isterica senza darla a vedere, pesca il primo numero. E fin qui, nulla di strano.
Il vero problema, infatti, sorge nel momento in cui viene annunciato il secondo numero.
«Cinquantasette, cinque-sette!» dice lei, scandendo bene le parole.
Ai due lati opposti del tavolo, in quel momento, si alzano due persone, e il gelo cala sulla stanza.
«Ambo!» strillano tua zia, quella del poker, e quel tuo cugino con il pupo-portafortuna.
I due si guardano male, così male che potrebbero uccidersi con la sola forza del pensiero, ma qualcuno, che in quel momento pensavi fosse un’anima pia, salva la situazione. Peccato che non sia proprio il Redentore.
Tua nonna, che ha appena dato un colpo di borsa all’Onnipresente, guarda minacciosamente ogni singolo componente di quella tavolata. A un certo punto, la vedi ergersi dall’alto del suo metro e trenta e urlare la fatidica e immancabile frase, regina di tutte le tombolate familiari: «Vuatri mi stati pigghiannu pi’ cretina! Nisciu ‘u settantotto5?!»
E allora, finalmente, capisci che è arrivato il Natale.

I numeri vengono sorteggiati in una continua lotta per la sopravvivenza, fatta quasi esclusivamente di colpi bassi e pugnalate, e alla fine – tra tirate di capelli, riti scaramantici, urla, pianti di bambini, numeri che non si degnano di uscire, nonne che picchiano i nipoti e tentativi di omicidi – arriva quel momento.
Sì, parlo proprio di quello.
Parlo del momento in cui senti quella parola, probabilmente sputata fuori da un figlio di buona donna, che esclama: «TOMBOLA
Ti giri, rabbiosa, verso la fonte di quella voce che a un tratto reputi odiosa, e non puoi che prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di diventare una killer non appena vedi che colui che – quando ti mancava un solo numero per vincere – ti sta privando di quei soldi che sarebbero finiti nelle tue tasche, altri non è che quella cosa inutile del tuo ragazzo.
«Impostore! Sei un... IMPOSTORE!» urla l’Onnipresente, disgustata e afflitta, dando manforte alla rivolta popolare che si sarebbe scatenata non appena la tombola fosse stata confermata.

Guardi quella sottospecie di uomo, che ti sorride amorevolmente, e inizi a pensare alle parole più cattive con le quali potresti lasciarlo.
Perché, nel corso degli anni, hai visto davvero di tutto, e sai come vanno le cose.

Hai visto matrimoni durati mezzo secolo andare in fumo in un secondo; hai visto figli disonorare genitori e genitori disonorare figli; hai visto cacciare povera gente dalle proprie case; hai visto persone rischiare la loro stessa vita. Ma soprattutto, attraverso tutte queste cose che hai visto, hai capito che – quando si gioca a Tombola – non ci sono amici, genitori, figli, partner.
Accanto a te, ci sono solo nemici

 

1: Il bocconcino è un tipo di pane, più piccolo di un panino normale. Non so se lo facciano solo al sud o se sia diffuso in tutta Italia, quindi, per evitare incomprensioni, l’ho voluto specificare.
2: “Babbiare” è il termine siciliano per la parola “scherzare”. “Babbiando”, ovviamente, è “scherzando”.
3: “Vattinni”, immagino si sia capito, equivale a “vattene”.
4: Non so neanche se l’ho scritto bene (il dialetto lo uso poco perché non lo so pronunciare bene, figurarsi scriverlo), ma significa “magari do questi soldi proprio a te”.
5: “Voi mi state prendendo per cretina! È uscito il settantotto?”.



Angolo dell'autrice

Sì, la tentazione di scrivere qualcosa sulle festività ha colpito anche me!
L’ispirazione è arrivata in due momenti diversi. Dapprima, il giorno della vigilia di Natale, durante la mega-tombola in famiglia. Ringraziando il cielo, non c’erano proprio tutti i miei parenti... Non sarebbe bastata l’intera casa!
A parte questo, però, ho preso anche spunto da molti di loro, anche da alcuni che non erano presenti. Se sapessero che li ho smerdati pubblicamente, mi ucciderebbero (lalalala).
Il secondo momento di ispirazione, invece, è arrivato durante la tombolata che uno dei centri commerciali della mia città ha organizzato, alla quale ho partecipato insieme alla cara cugina “Onnipresente”. ;)
Che ha urlato a colui che ha fatto tombola: “Impostoooore!”, e via dicendo.
Le rivolte popolari sono scoppiate in entrambe le occasioni, comunque.
Spero che vi abbia fatto sorridere almeno un po’, io mi sono divertita molto scrivendolo! :)
Ah, per chi avesse letto qualche altra mia FF, sono la vecchia Evelyn_Jules! Ho cambiato nickname. :)
Non prendetemi per una povera pazza, vi prego! *occhi da cucciolo*

Un bacio,

Jules


Ps. La storia dello zio che odia i bocconcini... be’, è vera anche quella.
   
 
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