Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: PrincipessaLes    05/01/2013    2 recensioni
Sono passati 15 anni dagli eventi narrati ne "La figlia di Elisa". Martino e Emilia sono sposati e hanno un figlio, che hanno chiamato Fabrizio, in onore del padre di Martino. Andrea e Agnese hanno due figlie, Angelica e Letizia. La loro vita scorre tranquilla e serena, ma un giorno una strana ragazza entrerà nelle loro vite. Il suo nome è Eleonora e nasconde un grande mistero, un mistero destinato a sconvolgere le loro vite, portando a galla un passato che loro non possono nemmno immaginare...
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Ed ecco qua il terzo capitolo!!!
Questo capitolo potrebbbe apparire un po' lento nella narrazione, perchè descrive semplicemente la vita quotidiana dei personaggi. Oppure, potrebbe sembrare confuso perchè vengono presentati molti personaggi nello stesso capitolo. In entrambi i casi, se volete esprimere la vostra opinione in proposito o anche dare de consigli, io ne sono più che felice. Se c'è qualche aspetto poco chiaro nei legami tra i vari personaggi, vecchi e nuovi, esprimete pure i vostri dubbi e io risponderò.
So che potrebbe sembrare strano il tono confidenziale che i membri delle varie famiglie usano tra loro, in un'epoca in cui si usava ancora dare del voi tra genitori e figli. Si tratta però di una mia "scelta stilistica" per dare ala storia una continuità con la serie tv, in cui questo tono veniva usato molto spesso, così come nelle serie precedenti. Per questo motivo mi è sembrato naturale, nella stesura della storia, utilizzare lo stesso stile presente nelle serie TV, anche se non è del tutto corretto dal punto di vista storico.
Detto questo, vi lascio alla storia. Vi auguro buona lettura e spero che vi piaccia.



""Eleonora, Eleonora, finalmente sei tornata! Ma dove sei stata? I bimbi ti aspettavano con ansia..."
Eleonora scese da cavallo ed abbracciò la donna che le era venuta incontro.
"I bambini. Oh no. Beh, li vedrò più tardi. Ora vorrei riposarmi, ma, soprattutto, schiarirmi le idee. Betta, Betta, sapessi quante cose sono successe..."
"Come vuoi, signorina. Ma è vero che hai dormito a Rivombrosa? E che è stato il figlio del signor conte a proporre di ospitarti per la notte?"
"Certo che ho dormito a Rivombrosa. Dove dovevo dormire sennò, per strada? Comunque, Fabrizio ha semplicemente seguito una riflessione di suo padre, che ha ricordato a Maria quanto siano piccole le stanze della servitù... "
"Fabrizio?"
Elisabetta sorrise maliziosa.
"Non dire nulla, Betta. Sì, è vero, mi ha chiesto lui di chiamarlo per nome e di non dargli del voi. Dice che non ce n'è bisogno, perchè non siamo adulti."
Eleonora era spazientita.
"Si vede che sei stanca. Meglio se ti riposi. Altrimenti rischi di fare del male a qualcuno..."-osservò Elisabetta ironica.
"Bene, allora entro in casa. Potresti per piacere portare tu Pegaso nel recinto?"
"Certo. Appena ti sei ripresa, vieni da me, per favore. I bimbi non vedono l'ora di..."
"Eleonora, Eleonora, ti aspettavo. Dov'eri?"
Un bimbo, all'incirca della stessa età di Angelica, correva verso di loro con aria preoccupata.
"Marzio! Ehi, soldatino, come va?"-lo salutò Eleonora scompigliandogli i capelli.
Il bambino si buttò tra le sue braccia.
"Male, male. Papà è arrabbiato ancora con me. Stavolta neanche la mamma è riuscita a fargli cambiare idea. Io non ne posso più. Scappo di casa. Lo giuro."-esclamò Marzio tutto d'un fiato.
"Non dirlo nemmeno per scherzo. Parlerò io con tuo padre. Di solito mi ascolta."-lo rassicurò Eleonora con aria risoluta.
"Perché non sei mia sorella? Tu mi difendi sempre. E riesci anche a far ragionare papà."
"E stavolta farò anche meno fatica del solito, credo. Ho una cosa che lo farà pensare a faccende più importanti..."
Così dicendo, Eleonora prese per mano Marzio e si diresse verso la sua casa.

Dorina respirò profondamente. Stava perdendo la pazienza.
"A volte proprio non ti capisco. Ma perchè ti ostini così con Marzio? Insomma, se non è nato per diventar soldato, povero figliolo, mettiti il cuore in pace. Piuttosto, guarda questi disegni se non sono bellissimi..."
Aldo sospirò.
"Ma ancora non hai capito cosa significa per me che Marzio diventi soldato? Non hai ancora capito quante possibilità avrebbe di migliorare la sua situazione così?"
"Ma per lui sarebbe un sacrificio. Lascialo in pace, povero angioletto. E non ti ci provare più a bruciare i suoi disegni, altrimenti me ne vado di qui. E Marzio viene con me. Lontano da qui non può che star meglio, di sicuro."
Ad una minaccia del genere, Aldo non riuscì a replicare. Anche perchè, gli occhi di Dorina mandavano lampi.

In quel momento, sentirono bussare alla porta.
"Scusate, è permesso? Sono Eleonora. Vorrei parlare con Aldo."
"Buongiorno, signorina. Bentornata. Ti sei per caso stancata di Rivombrosa? Chissà come sarà dispiaciuto il conte Fabrizio..."
Dorina sorrise maliziosa.
"Mi mancavate già. Ma ora mi è passata la nostalgia. Se andate avanti così, torno subito indietro. Ma non prima di aver aiutato questo innocente a ricordarvi i suoi diritti, prima che scappi di casa..."-soggiunse Eleonora indicando Marzio.
"Tutti che vogliono scappare oggi. Questa casa vi sta stretta? O forse sono io il problema? Ditemi dove sbaglio, forse sono ancora in tempo a cambiare..."
Aldo appariva molto nervoso.
"Ora capisco perchè Marzio ti aspettava con ansia. Cosa ti ha detto? Di cosa mi ha accusato stavolta?"-soggiunse sempre più arrabbiato.
 
"Fabiola! Cos'hai combinato? Guarda come sei conciata!"
Elisabetta guardò sua figlia scuotendo la testa. Tutte le volte che andava a giocare con gli altri bambini, rientrava in casa in uno stato pietoso.
"Ma mamma, anche gli altri si sporcano..."-tentò di rispondere lei.
"Non esistono scuse. Stai crescendo. dovresti smetterla di comportarti come una piccola selvaggia."-la interruppe la madre-"Non dirmi che hai giocato di nuovo a quel gioco dei moschettieri con Marzio. Quando la smetterai con quei giochi da maschiaccio?"
"Ma povero Marzio. Se non gioco più neanch'io con lui, rimane da solo"-protestò Fabiola, cercando di divincolarsi dalla stretta della madre, che la stava portando verso la tinozza per lavarla-"Gli altri bambini lo prendono in giro. Ma non capiscono che lui è solo sensibile..."
Elisabetta sospirò. Era inutile continuare a discutere. Fabiola trovava sempre una buona scusa per giustificarsi. E poi aveva ragione. Marzio era spesso lasciato in disparte dagli altri bambini. Preferiva i suoi disegni ai loro giochi. Era un bambino molto strano. Si trovava veramente bene solo con Fabiola. L'unico modo per far smettere alla figlia di fare quei giochi, pensò Elisabetta, sarebbe stato dividerli. Ma dividerli, significava isolare Marzio. E questo Elisabetta non poteva assolutamente farlo.

Uno scalpiccio di zoccoli fece voltare Eleonora. Dietro di lei arrivava un cavallo al galoppo. In sella a questo cavallo, c'era Nicolò, il figlio di Madame Fanny.
"Eleonora. Buongiorno. Come mai ieri non ti ho vista a casa? Si dice che tu sai stata a Rivombrosa..."
"Buongiorno a voi, signorino Nicolò. Sì, sono stata a Rivombrosa. Ma ora sono tornata qui. Se c'è bisogno di me, sapete dove trovarmi. Ora, però, vorrei riposarmi. Sono accadute molte cose oggi."-rispose Eleonora.
"Non vorrei disturbarti, ma... mia madre ti deve parlare urgentemente."-disse Nicolò.
"Capisco. Potrei anche venire da voi immediatamente, ma dubito che servirebbe. Sono talmente stanca che non credo capirei molto di ciò che ha da dirmi vostra madre."
"Riferirò. A più tardi, dunque."
Nicolò voltò il cavallo e si avviò verso casa.
"Ma perchè deve succedere tutto oggi? Cosa accidenti vorrà Madame Fanny? Spero che non sia qualche problema legato a suo fratello. Ma cos'ho fatto io di sbagliato per essere trattata così dal signor Ludovico?"-borbottò Eleonora tra sé e sé.
 
"Nicolò! Sei tornato finalmente! Hai visto Eleonora da qualche parte?"
Fanny corse verso il figlio.
"Sì, mamma. Ma era molto stanca. Ha detto che non sarebbe riuscita a seguire il tuo discorso. Arriverà più tardi quando si sarà ripresa."-le rispose Nicolò.
"Povera ragazzina. Spero che Ludovico prima o poi capisca che si sbaglia."-sospirò Fanny scuotendo la testa.
"Ma perchè zio Ludovico la tratta così?"-chiese Nicolò.
"Perché vederla lo fa soffrire. Eleonora gli ricorda una ragazza che ha conosciuto tempo fa in Francia e che l'ha fatto molto soffrire."
"Ma non è lei. Voglio dire, che colpa ne ha Eleonora se somiglia a quella ragazza?"
Nicolò non capiva. Quel comportamento da parte dello zio per lui era molto strano. Eleonora non gli aveva fatto nessun torto. Certo non poteva essere considerata una colpa la somiglianza con quella ragazza che l'aveva fatto soffrire.
Fanny sorrise.
"Perché tu non hai mia provato nulla di simile a ciò che ha provato Ludovico. E ti auguro di non fare mai un'esperienza simile..."

Tic. Tic. Tic. Qualcuno o qualcosa picchiettava sulla finestra. Fabiola si arrampicò sul letto per vedere cosa fosse.
Un sasso. Poi un altro. E un altro ancora. Marzio li raccoglieva uno dopo l'altro. Li raccoglieva e li lanciava contro la finestra. Se Fabiola era nella stanzetta, non poteva non accorgersene. Chissà se sarebbe uscita a vedere cosa succedeva.
Un’ ombra. Qualcuno si stava affacciando.
"Chi è? Chi tira i sassi?"
Era Fabiola. Finalmente.
"Fabiola Fabiola, sono io."-rispose Marzio felice-"Sono Marzio. Sei ancora arrabbiata con me?"
"No, no. Ma non posso venire. Sono in punizione. Ho dato una brutta risposta alla mamma."
Fabiola sembrava molto triste.
"Ti ha sgridata ancora per i nostri giochi?"
"Sì, dice che finché non imparo a comportarmi come una brava bambina, mi proibirà di giocare con te."
"Non è giusto! Ma adesso non puoi uscire?"
"No. Posso uscire solo insieme alla mamma per fare delle commissioni. Sono in prigione. Per tre giorni."
"Allora vengo io da te. Se vuoi, ti porto i miei nuovi disegni da vedere."-propose Marzio.
"Portali tutti. Anche quelli vecchi. Voglio vederli ancora. Sono tutti bellissimi."

Marzio sorrise e si avviò verso casa per andare a prendere i disegni. Era felice che Fabiola non fosse più arrabbiata. Ma gli dispiaceva che fosse in punizione. Anche perchè, non aveva nessun altro con cui giocare. Gli altri bambini lo ignoravano. Alcuni lo prendevano anche in giro. Ridevano di lui e della sua passione per il disegno. Altri dicevano che era un debole, una femminuccia. Non capivano che non gli piacevano i loro giochi. Non voleva fare la guerra con le altre bande. Si divertiva solo quando sfidava a duello Fabiola. Le aveva insegnato ad usare lo spadino di legno come un vero soldato. E lei giocava sempre con lui ai moschettieri. Fabiola era una vera amica. Ma sua madre non voleva che facesse quei giochi. Non è giusto, pensò Marzio, i genitori non ci lasciano mai fare quello che vogliamo. A loro non va mai bene quello che decidiamo di fare noi.

Anche Fabiola, nella sua stanzetta, stava pensando la stessa cosa. Sapeva che Marzio più di una volta aveva pensato di scappare di casa. Anche a lei era capitato spesso di tentare la fuga. Ma era sempre stata fermata da Eleonora.                        
 "Sei troppo piccola per affrontare il mondo. E, di sicuro, non puoi pensare di farlo da sola."-le diceva sempre quando lei le confidava di voler andare via da lì.
"Ancora qualche anno, poi me ne vado davvero"-sussurrò Fabiola-"Io e Marzio scappiamo da qui. Non possiamo stare in gabbia ancora tanto.
Prima o poi, lui scapperà per andare a studiare disegno. E allora scapperò anch'io. Andrò a Napoli. I Lazzaroni mi accetteranno di sicuro."
 
"Più vicina a noi di quanto possiamo immaginare. Così ha detto. Questo non può che essere una conferma dei miei dubbi..."-disse Agnese.
"Sono perfettamente d'accordo con te, zia Agnese."-esclamò Fabrizio.
"Parlerà lei, ha detto. Ne dubito. Se è lei, non oso pensare cosa le sia successo per finire in questa condizione... E temo che abbai fin troppi motivi per non volerne parlare."-osservò Andrea.
"Se è lei, devo assolutamente scoprirlo. Avevo promesso ad Alessandro che avrei accolto e protetto sua figlia, se fosse capitato qualcosa a lui e Costanza. Se quella ragazza è sua figlia, non posso permettermi di mancare la mia parola."-affermò Martino risoluto.
"Come? Tu avevi promesso... Ma certo, tu sei stato il padrino di battesimo di quella bambina. Se è rimasta orfana, tu sei la persona a lei più vicina..."-osservò Emilia stupita-"Se quella ragazza fosse la figlia di Alessandro, dovrebbe essere sotto la tua tutela."

"Un momento, un momento. Mi è venuta in mente una cosa."-li interruppe Fabrizio.
"Che c'è figliolo?"-chiese Martino.
"Mademoiselle Ginevra ha detto di conoscere Eleonora, giusto?"
"Non esattamente, ma l'ha lasciato intendere."-rispose Agnese.
"Mademoiselle Ginevra è di origine francese, se non sbaglio. Prima di venire qui, abitava in Francia. E voi, più di una volta, avete raccontato le ultime volte che avete avuto notizie di Alessandro e Costanza, si trovavano in Francia per quella faccenda di cui non hanno ma voluto parlare, o mi sbaglio?"
"No, non sbagli, figliolo. Ma questo non ci aiuta molto, credo..."-cominciò a dire Emilia, ma fu subito interrotta da Martino.
"E invece sì, secondo me tutto ciò non è solo una coincidenza..."
"Mentre passeggiavamo nel bosco, mi ha parlato di un sogno che aveva fatto stanotte, forse questo può esserci d'aiuto..."-intervenne Fabrizio.
"In che modo?"-chiese Martino.
"Ora spiegherò tutto, ma, vi prego, non commentate nulla."-rispose il ragazzo.
 
"Così, questa storia è tornata di nuovo a tormentarmi. Pensavo di essermela lasciata alle spalle, ma, a quanto pare... Vorrei tanto lasciarla perdere, ma non posso permettere che Eleonora se ne occupi da sola, è troppo pericoloso per lei..."
lI capitano Corsini sospirò e si rigirò tra le mani il medaglione.
"Eleonora non se ne occuperà e basta. Una ragazza non può pensare di occuparsi di cose del genere..."-esclamò Dorina.
"Lo penso anch'io, ma lei non vuole saperne. Dice che deve vendicare i suoi genitori. Che loro le hanno lasciato questa missione da compiere, che appartiene a lei e a nessun altro. In realtà, non vorrebbe nemmeno che io la aiutassi. Dice che deve risolvere tutto da sola."
"Ma non può. non può assolutamente. Non si rende conto che è troppo pericoloso per lei?"-replicò Dorina scuotendo la testa.
"Sai anche tu quanto sia testarda quella ragazzina. Comunque, se proprio vorrà risolvere questa questione, avrà bisogno di un appoggio, di qualcuno che la protegga. Deve rivelare la sua identità al conte Ristori. Lui potrà aiutarla anche meglio di quanto possa fare io..."

"Buongiorno, madame Fanny. Nicolò mi ha detto che volevate parlarmi..."
"Oh, Eleonora, aspettavo proprio te. Ho alcune cose da dirti. Si tratta di una faccenda importante. Riguarda mio fratello."
"Vostro fratello? "-domandò Eleonora allarmata.
"Non preoccuparti. Non si è lamentato di nulla. Ma ho capito perchè si comporta così con te. Riguarda una faccenda di molti anni fa, una ragazza cui tu assomigli molto e..."
"E?"
"Nicolò. Ludovico ha notato che Nicolò sembra interessato a te. E teme che tu non lo ricambi. Inoltre, gli ricordi una ragazza che l'aveva fatto soffrire. Per questo, ha paura che Nicolò debba affrontare ciò che ha affrontato lui. E cerca in tutti i modi di dividervi."
"Ma... ma io e Nicolò siamo solamente amici... E, comunque, se anche fosse come pensa lui, io l'avrei già capito da tempo e me ne sarei andata. Non voglio che nessuno soffra per colpa mia!"-esclamò Eleonora decisa.
"Lo so. Lo so. Se solo riuscissi a farlo capire a mio fratello..."
 
“Insomma, Ludovico, devi smetterla di trattare così quella ragazzina! Non ha fatto nulla per meritarlo!  So che sei preoccupato per Nicolò. Non ne hai nessuna ragione. Ti assicuro che tra lui ed Eleonora non c’è nulla più di una semplice amicizia. Nicolò è mio figlio, lo conosco da quando è nato, capirei subito se c’è qualcosa di strano nel suo comportamento.”
Fanny era molto arrabbiata con il fratello. Anche lei, inizialmente, non era stata molto contenta di accogliere Eleonora nella loro casa. Ma poi, pian piano, aveva capito che quella ragazzina non meritava di essere trattata duramente come la trattava lei. Purtroppo, però, era troppo tardi. Eleonora si era ormai definitivamente trasferita presso Maria al villaggio e veniva da loro solo per sbrigare qualche lavoretto e fare compagnia alla piccola Carlotta.
Questo era avvenuto tempo prima. Ora Eleonora si era riappacificata con Fanny, ma preferiva rimanere al villaggio. Fanny cercava in ogni modo di riparare agli errori commessi. Per questo, cercava qualsiasi modo per far cambiare idea al fratello riguardo a quella ragazzina.
“Sei tu che devi smetterla di comportarti così con me. Ora che vivi in casa mia, mi devi portare rispetto. Sono io il capofamiglia ora che tuo marito non c’è più. So benissimo com’eri abituata prima. Ma io non  c’entro assolutamente con quel buono a nulla di tuo marito, mettitelo bene in testa.”
Fanny alzò la mano per dare uno schiaffo al fratello, ma si trattenne. Ludovico era, ancora una volta, ubriaco, avrebbe potuto reagire molto male.
“Non ti permettere più di parlare così di mio marito. Gli devi rispetto anche se è morto, anzi a maggior ragione. Comunque, poteva avere i suoi difetti, ma di sicuro era un esempio migliore di te per Nicolò. Sei stato ancora in quella bettola vero? ”
“Non sono cose che ti riguardano, Fanny.”
“Mi riguardano eccome, invece. Riguardano me e anche i miei figli. Ci rovinerai se vai avanti così. Ho sopportato fin troppo. Sono stata a guardare mentre distruggevi te stesso. Non ti permetto di rovinare anche noi.”-sbottò Fanny esasperata.
“Attenta a quello che dici. Questa è casa mia, fino a prova contraria. Posso decidere chi ospitare e chi no.”
“So cosa intendi, ma stai pur certo che non aspetterò le tue decisioni. Se me ne andrò da questa casa, sarà esclusivamente per una decisione mia. Se è questo il bene che vuoi a tua sorella. Io al tuo posto mi vergognerei di essere arrivato a questo punto. Ora capisco perché Eleonora è fuggita da qui.”-esclamò Fanny fuori di sé.
“Eleonora. Giusto. Parliamo di lei.  Dovresti tenere Nicolò lontano da lei.”
“Ti ripeto che non avrebbe senso farlo. Non ne vedo il motivo. Tu vedi la tua storia ripetersi, ma non è così. Nicolò non è te, e ne ringrazio il cielo. E Eleonora non è Viola.”
“Non nominare quel nome.”-intimò Ludovico dandole uno schiaffo sulla bocca-“Tu dici che mi sto distruggendo, ma non sono io. Tu non hai ancora capito. È lei che continua a distruggermi.”
“Tu la ami ancora Ludovico?”
“Non, non la amo, non l’ho mai amata, era solo un’infatuazione. Non è per lei che mi sto distruggendo, ma per il desiderio di vendetta. Voglio ritrovarla e farle pagare tutto ciò che mi ha fatto.”
Ludovico se ne andò, sbattendo dietro di sé la porta della stanza. Fanny rimase lì in piedi confusa. Ora aveva capito perché Ludovico era cambiato così tanto in quegli anni. Aveva sofferto molto, questo lo sapeva, ma non aveva mai capito che soffriva ancora. E quella sofferenza lo faceva impazzire. Ma lui non voleva ammetterlo. Fanny gli voleva bene, era pur sempre suo fratello, in fondo. Voleva aiutarlo. Ma come poteva fare, se lui non accettava il fatto di aver bisogno?
 
“Sofia, Sofia! Torna immediatamente qui! Vuoi smetterla di scappare ogni volta che ti si dice qualcosa che non ti va?”
Primo sospirò e rientrò scuotendo la testa.  Non sapeva più cosa fare con sua figlia. Era una ragazza ribelle e selvatica. Litigavano per ogni minima cosa. Soprattutto negli ultimi tempi. Forse, perché la malattia di Teresa li rendeva molto agitati. Ma non era possibile che Sofia scappasse ogni volta che si arrabbiava.
“MI piacerebbe sapere dove va sempre a nascondersi quella benedetta ragazza. Se scopro che si incontra con qualcuno di nascosto, guai a lei…”
  “Primo, Primo, lasciale vivere la sua vita…”
Primo si voltò nella direzione da cui proveniva quella voce.
“Teresa, cosa ci fai in piedi? Come stai?”
Teresa sorrise.
“Meglio, meglio. Ma non devi preoccuparti così,  non sono moribonda. Piuttosto, hai di nuovo litigato con Sofia?”
“Non so più cosa fare con lei, non mi ascolta, non obbedisce. Fa sempre di testa sua. Io non riesco più a farla ragionare. Spero solo che non combini qualcosa, un giorno o l’altro…”-rispose Primo preoccupato.
“Ma no, di questo non ti devi preoccupare, è ribelle, questo sì. Ed è anche un po’ selvaggia. Ma ha la testa sulle spalle.”-lo rassicurò Teresa.
“Hai ragione, hai ragione. Ma è meglio cambiar discorso. Ho sentito delle notizie su Eleonora…”-cominciò a dire Primo
“Credo di sapere qualcosa anch’io…”-lo interruppe lei-“Poco fa, è venuta qui Dorina. Mi ha raccontato tutto di Eleonora.”
“Chissà, magari si deciderà a parlare. Per lei sarebbe solo un bene.”
“Non so, non ne sono sicura. Dorina mi ha parlato anche di un’altra cosa. Una cosa legata ai genitori di Eleonora. Quella ragazzina ha deciso di buttarsi in un’impresa più grande di lei. E ho paura che Sofia la seguirà. Sai bene quanto sono legate, se una ha bisogno, può sempre contare sull’altra. E poi, nostra figlia è curiosa, è uno spirito libero, vuole conoscere il mondo, questa sarebbe l’occasione migliore per lei…”
 
Il laghetto era tranquillo e silenzioso. Finalmente, Eleonora aveva trovato un  attimo di pace in quella giornata troppo lunga.
“Se solo me ne fossi andata subito, ieri, tutto questo non sarebbe successo. M ano, come posso pensare solo a me stessa? Se non ci fossi stata io, la marchesa forse non sarebbe riuscita a salvare Letizia. Forse, quella povera bimba sarebbe annegata. Forse…”
Questi erano i pensieri di Eleonora, mentre, legato Pegaso ad un albero, entrava nella minuscola capannuccia che avevano costruito lei, Sofia e i bambini.
Un rumore la distrasse da quei pensieri. Un rumore che si avvicinava sempre più. Lo scalpiccio degli zoccoli di un cavallo. Eleonora uscì allarmata dalla cannuccia e si arrampicò sull’albero dove aveva legato il cavallo per nascondersi. Il cavallo si fermò di fianco a Pegaso, il cavaliere scese e scostò il lungo mantello che l’avvolgeva. Eleonora sospirò di sollievo. Era Sofia.
Mentre la ragazza legava il cavallo all’albero, Eleonora cominciò pian piano a scendere. Quei movimenti spaventarono Sofia che si ritrasse. Quando vide l’amica, però, si mise a ridere.
“Certo che tu sei proprio strana! Che ci facevi lassù?”-esclamò stupita.
“Mi ero nascosta. Non sapevo che eri tu, quindi mi ero un po’…”
“Spaventata.”-completò Sofia sorridendo.
“No no. Solo preoccupata.”-ribattè Eleonora spavalda-“Non ho paura di nessuno, io.”
“Sicura? Allora perchè ti nascondi?”-insistette Sofia.
Le due ragazzine entrarono nella capannuccia ridendo e punzecchiandosi a vicenda.
 
Fabrizio sentì delle voci. Evidentemente, al laghetto c’era qualcuno. Due ragazze, almeno a giudicare dalle voci. Chissà chi erano. All’improvviso, a Fabrizio parve di aver riconosciuto una delle due voci. Ma certo, era Eleonora. Per assicurarsene, si chinò e guardò tra le piante. Sì, era proprio Eleonora.
“Chissà se sarà contenta di vedermi? Voglio proprio vedere come reagirà…”
Cercando di non far rumore, Fabrizio legò Freccia ad un albero e si avviò verso il laghetto.
 
“Che visione! Diana al bagno! Come mai ha una sola ninfa al seguito oggi?”
Eleonora e Sofia rimasero impietrite nell’udire una voce maschile alle loro spalle. Eleonora fu la prima a riprendersi e riconobbe quasi subito quella voce e quel tono ironico. Si voltò arrabbiatissima.
“Fabrizio! Si può sapere che ci fai qui? Ci hai fatte spaventare. Ti sembra questo il modo di comportarsi?”
Sofia si girò a sua volta e rimase di stucco. Quel ragazzo era il conte Fabrizio Ristori e Eleonora gli si rivolgeva in quel modo. Non poteva credere alle sue orecchie.
“Scusa, non volevo farti spaventare. Ho sentito la tua voce e volevo venirti a salutare. Se la mia presenza non è gradita,me ne vado subito.”-ribattè lui contrariato.
“Non volevo dire questo, ma…capisci anche tu che non sono proprio felicissima che tu mi veda in queste condizioni…”-osservò Eleonora arrossendo.
“Di sicuro a me dà meno fastidio.”-commentò lui maliziosamente.
“Sarà meglio che te ne vada, prima che io mi arrabbi seriamente…”
Eleonora lo guardò severamente. Fabrizio se ne andò senza dire nulla, inseguito dalla voce di Eleonora.
“La cortesia dov’è finita? Non si usa più salutare?”
“Oh, arrivederci, Mademoiselle.”-rispose lui sprezzante.
Sul viso di Eleonora passò come un’ombra. La ragazza sospirò, si voltò dalla parte opposta e si mise a nuotare verso l’altra riva.
Per tutto il tragitto verso il villaggio, Sofia cercò di farla parlare, ma senza alcun risultato.
 
"Eleonora, vieni qui, devo chiederti una cosa. Eleonora, Eleonora, ma dove sei finita? Benedetta ragazza, basta perderla di vista un attimo e già è scomparsa..."
Maria raccolse da terra i fogli e li rimise sul tavolo sospirando.
"Rassegnati, Maria, quella ragazza è un uragano. Non fai mai in tempo ad accorgerti quando se ne va. Assomiglia proprio a Sofia. Sarà per quello che sono così amiche... Comunque, dovrebbe essere andata a casa di mia sorella. "
Maria si voltò allarmata. Era Primo.
"Oh, Primo. Sei tu."
"Sì, ero venuto a cercare Ettore. "
"Mi spiace, ma non so dove sia."
"Capisco, allora tornerò più tardi. Comunque, credo che Eleonora non tornerà molto presto..."
Maria era confusa.
"Perché? Come fai a saperlo?"
"Sofia l'ha accompagnata.  L'unica cosa che mi ha detto nei pochi secondi che sono riuscito a vederla in casa è stata che dovevano andare a parlare di una cosa importante. Credo che c'entri coi genitori di Eleonora..."
"Oh mio Dio! I genitori? Aveva parlato anche a me di qualcosa legato ai suoi genitori. Speriamo che non si metta in testa niente di pericoloso..."
 
"Te lo ripeto per l'ultima volta, poi fai come vuoi, ma non venirmi a dire che non ti avevo avisata. So bene che non puoi, anzi meglio, non vuoi lasciar perdere questa storia. Ma sicuramente non puoi nemmeno risolvere tutto da sola. Mademoiselle Ginevra può aver detto quello che vuoi, ma tu sei capace anche di ragionare da sola. Allora, ragiona, usa la testa. Sei intelligente, Eleonora, come puoi non capire una cosa del genere? Io non so più cosa fare con te."
Aldo non sapeva proprio più che fare. Aveva tentato più di una volta di far ragionare Eleonora, ma era stato tutto inutile. Prendeva i suoi consigli ed i suoi tentativi di farle cambiare idea come se lui stesse dicendole che non poteva fare nulla solo perchè era una ragazza.
"Aldo non sta dicendo che non puoi farlo perchè sei una ragazza. Vuole dire che non puoi farlo da sola. Nessuno potrebbe farlo."-intervenne Dorina-"Sai cos'è successo a tuo padre, pace all'anima sua. Questo dovrebbe farti capire che è una pazzia pensare di farcela da sola. Anche perchè tu non sai nemmeno da dove cominciare..."
"Hai ragione, Dorina. Ed è per questo che ne ho parlato con voi. Nessuno può aiutarmi meglio."-esclamò Eleonora convinta.
"E qui ti sbagli."-ribattè Aldo-"Il conte Ristori ti può aiutare anche meglio di noi. Certo, non sa ciò che so io a proposito di questa storia, ma, spesso, è molto più importante essere protetti  che sapere. Certo, anche conoscere il proprio nemico è importante ma... "
"Perché, forse qui non sono abbastanza protetta?"-lo interruppe Eleonora.
"Men di quanto lo saresti a Rivombrosa di sicuro. Comunque, se deciderai di farti riconoscere dal conte, avvisami che ti accompagno a Rivombrosa. So delle cose che tu non sai e che potrebbero esserti utili. Ma non le rivelerò a te soltanto, Non voglio essere responsabile dei rischi che potresti correre..."
 
Maria guardò Ettore spazientita.
“Le è successo qualcosa. C’è qualcosa che non va ti dico…”
Ettore scosse la testa.
“Tu ti preoccupi sempre troppo. Sì, d’accordo, ha scoperto qualcosa sui suoi genitori, appunto per questo devi lasciarla in pace, si calmerà da sola.”
“Ma non è solo per quello. Tu non hai visto la sua stanza.”-intervenne Maria-“Il davanzale della finestra era pieno di pezzettini di fogli sbriciolati, il letto quasi tutto disfatto e il cuscino per terra in un angolo tutto piegato su sé stesso. Sarà anche agitata, ma un comportamento così…”
“Un comportamento così è normale per una ragazzina inquieta come lei, considerando anche tutto quello che ha passato oggi…”-la interruppe Ettore.
“Puoi dire quello che vuoi, ma io non cambio idea. Eleonora ha bisogno d’aiuto. Non so perché, ma questo non è un motivo sufficiente per fare finta di niente.”
Ettore stava per rispondere, ma non riuscì ad aprir bocca. La porta si spalancò di colpo facendo entrare nella piccola cucina la brezza pungente della sera. E sulla porta apparve una sagoma avvolta in un mantello.
“Scusate se ho fatto tardi. Spero di non avervi fatti preoccupare.”-disse una voce femminile da sotto il mantello.
“Eleonora!  Finalmente! ”-esclamò Maria-“Vieni dentro e chiudi la porta, che fai entrare il freddo. Comunque, sì, un pochino mi ero preoccupata, ma ormai ti conosco…”
Eleonora entrò e si tolse il mantello. Maria si alzò e si avvicinò al focolare.
“Ti ho tenuto qualcosa di caldo. Dai, siediti, mangia.”
“Grazie, Maria, ma non ho molta fame, a dir la verità. Metto qualcosina sotto i denti, giusto perché sennò mi sento male. Non è che ho mangiato molto oggi…”
“Mi sa che hai dovuto inghiottire qualche boccone amaro, in compenso…”-osservò Maria.
“Cosa te lo fa pensare?”
Eleonora si girò verso di lei stupita.
“Insomma, non posso proprio tenerti nascosto niente. Ma come fai?”
“Non ci vuole molto intuito per capirlo. Mi è bastato vedere in che stato era la tua stanza.”
Guardò Ettore e gli fece un cenno. Lui si alzò a sua volta e se ne andò dalla cucina.
“Sono successe talmente tante cose oggi. Comunque, no, niente bocconi amari. Sì, ho conciato la mia stanza, ma perché ero arrabbiata soltanto con me stessa. Perché non riesco a trattenermi. Perché mi sfogo in un modo sbagliato, al momento sbagliato, con le persone sbagliate. ”
Eleonora sospirò. Maria le prese la mano.
“Ti capisco. Anch’io sono come te. Comunque, secondo me, qualsiasi problema si può risolvere. Spesso, basta parlarne con qualcuno.”
“Hai proprio ragione. Credo che potrebbe essere utile raccontarti tutto. Ma proprio tutto. Per filo e per segno. Magari, questo non mi aiuterà a risolvere tutto. Ma, un passo alla volta, si può arrivare in capo al mondo.”
“E brava Eleonora! Così si ragiona!”
Maria sorrise.
“Allora, cosa ti è successo oggi?”
“Troppe cose tutte insieme Maria. Adesso ti spiego tutto.”
 
“E questi cosa sono?”
Elisabetta guardò confusa i fogli che aveva trovato sul letto di Fabiola.
“I disegni! Santo cielo, mi ero dimenticata. Dammeli, devo metterli via.”
Fabiola balzò in piedi e cercò di prendere i fogli dalla mano della madre.
“Prima dimmi cosa sono.”
“Sono i disegni che Marzio aveva portato da farmi vedere. Mi ha chiesto se potevo tenerli io, perché non si fidava a tenerli da lui. Si, suo papà ne ha già bruciati altri. Marzio ha paura che brucia anche questi…”
Elisabetta sorrise.
“Così li tieni tu. ”-concluse chinandosi verso di lei.
“Sì, posso prenderli ora?”-chiese la bimba impaziente.
“Toh, tienili. Sono proprio belli. Marzio ha molto talento.”
“Sì, è vero. Vuole andare a studiare disegno, solo che suo papà non lo lascia. Ma lui…”-Fabiola si bloccò.
“Vuole scappare di casa, lo so. Guarda che vi ho sentiti oggi. Tu, signorina, vedi di stare al tuo posto. Guai a te se scappi.”
“Ma io voglio vedere dei posti nuovi. Qui è bello, però…”
“Però vuoi vedere il mondo. C’è stata un’altra ragazzina come te qui, che voleva vedere il mondo, sai. E ha finito per cacciarsi nei guai e rischiare grosso.”
“Ma poi è andato tutto bene. E ha trovato pure un bel ragazzo ricciolino che per lei è stato disposto ad abbandonare Napoli, la sua casa, la sua famiglia.”-commentò Fabiola con un sorrisetto malizioso.
“Chiudi quella bocca. Attenta a te, Fabiola. Non ti è bastato il castigo che ti ho dato oggi? Quando smetterai di rispondere a tua madre? ”
Elisabetta diede un buffetto alla figlia.
 
“Ti assomiglia assai”-si intromise una voce maschile alle sue spalle-“Anche lei è una piccola zingarella.”
Elisabetta e Fabiola si voltarono verso la porta della stanzetta.
“Hai ragione, Gennaro. Ma non voglio che faccia le stupidate che ho fatto io.”-rispose Elisabetta.
“Che stupidate? Eri solo un pochetto selvatica…”-disse l’uomo che stava in piedi sulla soglia.
Poi guardò Fabiola.
“Non ti sembra tardi per stare ancora alzata, Fabiola? Va’ a dormire che sennò chi ti sveglia più domani mattina.”
“Va bene, papà”-rispose Fabiola-“Ma non riesco a dormire. Mamma, puoi raccontarmi una storia?”
“Come i bimbetti piccoli. Va bene. Tanto, so benissimo che storia vuoi sentire.”-disse Elisabetta sospirando rassegnata.
“E la ascolto volentieri anch’io.”-commentò l’uomo.
Elisabetta si voltò verso di lui sorridendo.
“Lo so. E io la racconto altrettanto volentieri. In fondo, questa è la nostra storia.”
 
Fabiola conosceva quasi a memoria quella storia, ma non si stancava mai di sentirla raccontare, forse perché era una storia avventurosa e a lei le storie avventurose piacevano molto o forse perché sua madre sapeva raccontarla molto bene.
“Devi sapere, figlia mia, che qualche anno fa qui al villaggio viveva una donna di nome Celeste.”-cominciò a raccontare Elisabetta-“Celeste era zingara e, come tutti gli zingari, amava viaggiare. Da quando si era sposata, però, Celeste aveva rinunciato ad ogni viaggio per rimanere sempre a fianco del marito Angelo che amava molto. Celeste e Angelo vivevano felici al villaggio con la loro bambina. Celeste, però, aveva una grande preoccupazione. Infatti, sua figlia era una  bambina vivace e ribelle. Ma non era questo che preoccupava Celeste. La sua più grande paura, infatti, era che la bimba scappasse di casa. La bimba, forse a causa del sangue zingaro che le scorreva nelle vene, amava viaggiare, come la madre, ed era desiderosa di viaggiare e conoscere il mondo. ”
Fabiola sorrise. La madre raccontava tutto come se si fosse trattato di una favola, invece era una storia vera. La bimba di cui parlava era lei stessa. Fabiola sentiva di assomigliarle molto. Proprio per questo, non capiva perché mai lei ostacolasse così i suoi progetti. anche lei era scappata di casa una volta e ne era ritornata sana e salva, anzi aveva anche trovato un grande amico, un amico che, col tempo, era diventato qualcosa di più.
Elisabetta, infatti, quando aveva circa dodici anni, pochi più di quanti ne aveva ora Fabiola, era scappata di casa. O meglio, era andata in viaggio e non era tornata indietro.                                                                                                                                                                                                                                                           Tutto questo era avvenuto la prima volta che era andata a Napoli. Suo padre Angelo accompagnava sempre la contessa Elisa quando andava a Napoli a trovare Cristiano, l’uomo di cui si era innamorata durante il suo primo viaggio. Cristiano aveva deciso di vivere a Napoli, mentre Elisa non aveva voluto assolutamente lasciare Rivombrosa. La lontananza era stata difficile da sopportare e, col tempo, li aveva aiutati a capire che la loro era stata solo un’infatuazione, difatti Elisa continuava ad amare con tutta sé stessa Fabrizio, il marito ucciso in un agguato, il suo primo ed unico amore. Comunque, il sentimento tra Elisa e Cristiano si era trasformato in una bella amicizia e spesso Elisa si recava a Napoli e portava con sé la figlia Agnese, che era molto  affezionata a Cistiano. 
Quella volta, però, Agnese era ancora convalescente  perché era appena guarita da una malattia contratta al collegio che frequentava. Siccome Elisa era molto preoccupata che gli strapazzi del viaggio potessero indebolire Agnese, che avrebbe potuto ammalarsi di nuovo, aveva chiesto a Celeste  di accompagnarla, poiché si fidava molto delle sue medicine naturali di cui non voleva rivelare i segreti e che, anni addietro, avevano guarito Fabrizio da una ferita grave. Celeste aveva accettato ed aveva deciso di portare con sé Elisabetta, per darle una possibilità di conoscere luoghi diversi senza mettersi nei pericoli e perché non voleva lasciarla a casa da sola. La ragazzina era rimasta affascinata dalla città e aveva deciso che sarebbe tornata lì al più presto. Al ritorno, mentre si trovavano a Genova, aveva incontrato in una locanda una ragazzina come lei che apparteneva al seguito di una dama importante che, guarda a caso, doveva recarsi a Napoli. Avevano fatto amicizia e si erano raccontate tutto l’una dell’altra. La ragazzina era riuscita a nasconderla tra i suoi compagni e Fabiola era così tornata a Napoli, dove aveva salutato la sua amica e si era avviata alla ricerca del palazzo dove viveva Cristiano e dove sperava di venire accolta. Mentre vagava persa per le vie di Napoli, aveva incontrato un uomo che l’aveva fatta spaventare. Sconvolta, si era messa a correre per scappare il più lontano possibile da lui. Correva senza nemmeno guardare dove andava. Così, non si era accorta di un gruppo di persone che usciva da un violetto e si era scontrata con loro prima che potessero vederla. L’uomo contro cui era andata a sbattere l’aveva ripresa bonariamente, sorridendo.
“Regazzi’ stai attenta a dove vai. Ma che hai? Pare che le streghe ti hanno tirata per i capelli…”
Poi, vedendo l’aria spaventata con cui lei lo guardava, si era rivolto alla ragazza che aveva a fianco.
“Immacolata, ascolta, questa ragazzina ha chiaramente bisogno d’aiuto. Ma mi sa che di me non si fida. Parla tu con lei.”
Elisabetta aveva capito subito che poteva fidarsi di loro. Aveva raccontato che non conosceva bene il posto e si era persa. Raccontò anche dello spavento che aveva preso. Allora, l’uomo aveva deciso di ospitarla.
“Ho una figlioletta grande più o meno come te. Mi fai venire in mente lei. E comunque, se hai bisogno, è giusto che ti aiutiamo.”-aveva affermato deciso.
L’aveva portata a casa sua. Ad Elisabetta era sembrato di riconoscere quel luogo. Forse era già stata lì. Quello le sembrava il luogo dove si era fatta portare Elisa uno degli ultimi giorni del soggiorno a Napoli, perché doveva salutare delle persone cui era molto legata. Anche la moglie dell’uomo che aveva deciso di ospitarla le sembrava conosciuta.
Mentre le davano da mangiare, la donna l’aveva fissata attentamente.
“Gaeta’, io l’ho già vista.”-aveva detto ad un certo punto al marito-“Questa ragazzina era venuta già qui. Con Elisa.”
“Isabè’,ma che dici? Non è possibile. Elisa è già tornata a casa. La ragazzina che ci fa qui allora? ”-aveva risposto lui confuso.
“Non lo so proprio. Comunque, sono sicura che è già stata qui. E posso anche dirti chi  è:la figlia di Celeste. ”
“Celeste chi?”
“Ma Celeste la zingara, quella che faceva le medicine per la contessina Agnese.”
“Ora che me lo dici, in effetti, mi sembra proprio che l’abbiamo già vista.”
“Sì, sono io.”-era intervenuta Elisabetta incapace di tacere.
Isabella aveva voluto sapere come mai si trovasse lì. Elisabetta, nonostante non volesse spiegarlo, non era riuscita ad evitarlo.
“Dobbiamo trovare subito un modo per avvertire i tuoi genitori che sei qui. Chissà come saranno preoccupati.”
“Ma io non voglio tornare a casa. E poi, ora sono in viaggio o forse si sono fermati a Genova a cercarmi. Secondo me, è inutile avvertirli subito.”
Elisabetta aveva tanto insistito e supplicato da convincerla ad aspettare qualche giorno.
In quei giorni, era diventata molto amica di Gennaro, il figlio di Isabella.
Poi, Isabella aveva scritto una lettera ad Elisa, perché non sapeva come contattare i genitori di Elisabetta. Angelo si era precipitato a Napoli il più in fretta possibile.
Giunto il momento di salutarsi, Elisabetta e Gennaro erano andati un’ultima volta sulla spiaggia che, in quei giorni, era diventata il loro rifugio. Gennaro aveva raccolto da terra  una conchiglia molto bella.
“Portala a casa tua. Quando avrai nostalgia di Napoli, avvicinala all’’orecchio. Sentirai il rumore del mare e così ti ricorderai di qui, di noi.”
“Di te e dei nostri giochi.”-aveva concluso Elisabetta.
“Promettimi che tornerai qui.”-le aveva detto Gennaro supplichevole.
“Te lo prometto.”
“E se non lo farai, verrò io da te. Una promessa è una promessa.”  
  
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