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Autore: Mary West    05/01/2013    7 recensioni
Un evento incredibile sconvolge la vita tranquilla di Tony Stark e lui si sentirà più solo e distrutto che mai proprio nel momento in cui il mondo ha bisogno di Iron Man più che mai prima d'ora. Un arrivo dal passato, un nuovo nemico da sconfiggere, amicizie indistruttibili e l'amore più puro fanno da sfondo all'avventura del secolo e tra litigi, notti insonni, travestimenti e bugie gli Avengers si riuniranno ancora.
Lei annuì e tornò ad accarezzargli la mascella, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi perfetti.
«Baciami» sussurrò adorante. «Tutta la notte.» Lui sorrise e la accontentò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You'll find that life is still worthwhile, if you just smile'
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Capitolo X
Sex in the City



Il Flûte era uno spettacolo quella sera.
Nessuna sala aveva mai eguagliato quella che ospitava il party dell’anno dell’alta società newyorkese: luci raggianti illuminavano le stanze e i corridoi della suite regale, divani e sedie ricoperte da stoffe scarlatte e dorate riempivano gli angoli, champagne e tartine colmavano i vassoi d’argento e camerieri distinti camminavano per le camere servendo cibo prelibato, mentre una musica raffinata faceva da perfetto sottofondo alle chiacchiere eleganti e frivole degli ospiti più nobili e celebri.
La festa era iniziata da poco meno di un paio d’ore quando le porte metalliche dell’ascensore si riaprirono sull’attico e Tony e Pepper entrarono nella sala.
Immediatamente gli sguardi di quasi tutti gli invitati si posarono con morbosa avidità su di loro. Tony, assolutamente perfetto nel suo completo scuro abbinato a quel raffinato tocco argentato sulla fantasia della cravatta, sorrideva compiaciuto, come se stesse già pregustando la vittoria che lo attendeva. Stretta al suo braccio, Pepper fece un passo in avanti e tutte le donne in sala rimasero per un minuto intero ad osservare il suo vestito. Virginia indossava un abito argenteo con un’ampia scollatura a V e un grosso fiocco a decorare una delle bretelle senza maniche. Al di sotto del corpetto aderente, si apriva una gonna dalla stessa fantasia floreale appena accennata con strascico. Al collo pendeva un ciondolo luminoso e i capelli le cadevano con morbida naturalezza sulle spalle, con un’unica ciocca particolarmente ribelle fermata da una pinzetta bianca dietro l’orecchio.
“Buonasera.”
Avevano appena messo piede sul pavimento lucido della suite quando una giovane donna dai capelli biondi e il vestito cremisi venne loro incontro. Sorrideva, piuttosto falsamente anche, e camminava con disinvoltura fra gli invitati. Tony lanciò uno sguardo complice a Pepper e lei strinse la mano sulla presa al suo avambraccio; entrambi si sforzarono per non scoppiare a ridere.
“Buonasera” fece Tony, chinando il capo in un gesto galante. “Chi è questa affascinante signorina che ha il piacere di parlare con me?”
Pepper gli calpestò il piede sotto lo strascico.
“Lydia. Lydia Fuhrmann” replicò lei con un sorriso ammaliante. Pepper notò che sembrava molto entusiasta di trovarsi faccia a faccia con Tony Stark e la cosa sembrò irritarla leggermente.
“E lei è il leggendario Tony Stark.”
Per non parlare del fatto che non faceva altro che dilatare l’ego del suo fidanzato, cosa contro la quale lei combatteva da tredici lunghi, infruttuosi anni.
“Sì, naturalmente” rispose Tony e sfoderò un sorriso smagliante. Pepper roteò gli occhi al cielo e si guardò intorno; dall’altro lato della sala, un ragazzo bruno, dagli incredibili occhi blu la stava osservando con espressione complice. Si sentì subito avvampare e abbassò il viso. Tony sembrò, per fortuna, non notare quell’improvviso imbarazzo. Continuava a parlare di cose inutili come un perfetto gentiluomo di Manhattan, quali la politica, il clima, gli ultimi risultati dei Lizards, la successiva uscita di John Grisham e se stesso.
“Io credo che nessun libro potrà superare Io confesso” stava dicendo con sicurezza e affabilità. “Insomma, è assolutamente geniale il modo in cui approda alla scoperta, senza contare che l’intrigo si fonda su un qualcosa di assolutamente sensazionale e, personalmente, trovo che analizzare una tale riflessione psicologico-comportamentale da un punto diverso dal proprio, del tutto estraneo – come, appunto, quello di un prete – impreziosisca il libro di un significato nuovo.”
Dal canto sua, la giovane spalla di Glanster sorrideva sempre con la stessa aria che Pepper aveva deciso, in conclusione, di definire civetta.
“Sono pienamente d’accordo con lei, signor Stark” rispose melliflua e Pepper dovette impegnare tutto il suo autocontrollo per evitare di trasformare quel sospiro di autocommiserazione in uno sputo, dritto nell’occhio della papera bionda.
Per fortuna, qualcosa – o meglio, qualcuno – le venne in aiuto.
“Scusatemi un secondo” disse garbata e, senza attendere risposta, afferrò un lembo dell’abito e camminò rapida e aggraziata fra gli ospiti, fino a raggiugere la persona che aveva attirato la sua attenzione.
“Ciao” bisbigliò accorta. “Come va?”
Steve tirò un lungo sospiro e Pepper ebbe la vaga impressione che neanche per lui la serata fosse un granché.
“Così” rispose indifferente. Virginia notò qualcosa nel suo sguardo e si preoccupò.
“Steve” lo chiamò con dolcezza. Lui sollevò il viso dal vassoio e la guardò negli occhi. Le sue guance erano colorate di un vago rossore e una luce di imbarazzo ed entusiasmo, appena oscurata da un’amara nota di delusione, gli risaltava gli occhi, azzurri come quelli della sua interlocutrice.
“Cosa?” domandò a disagio. Virginia sorrise debolmente.
“Be’, non sono affari miei” esordì, imbarazzata a sua volta. “Ma se ti va di parlare di qualcosa che ti turba, sappi che preferisco aiutarti a stare meglio piuttosto che tornare di là a sorbirmi un’altra puntata di Lord Goring e Laura Cheveley.”
Steve colse il riferimento e scoppiò in una fragorosa risata. Gli piaceva ridere con lei, non era come con Peggy: con Peggy, tutto era così preoccupante, complesso, incomprensibile, serio. Con lei, invece, rideva, scherzava, parlava di qualsiasi cosa volesse. Era come una boccata d’aria pura dopo aver respirato benzina: meno seducente, ammaliante, ma più semplice, puro, felice. Per l’ennesima volta, si ritrovò a invidiare Stark e si chiese ancora come potesse avere la fortuna di avere una persona così al suo fianco e non accorgersi di quanto fosse follemente fortunato. Insomma, se fosse capitata a lui, una simile meraviglia, l’ultima cosa che avrebbe fatto sarebbe stato flirtare con un’altra sotto i suoi occhi, dando sfoggio del proprio incontenibile egocentrismo. Virginia era incredibile: era intelligente, simpatica, dolce, comprensiva, paziente, bellissima. Non lo negava, c’era una parte di lui che si era sentita irresistibilmente attratta da lei e, dannazione, avvertiva una strana sensazione di calore quando lei si avvicinava troppo, ma sapeva che c’era un che di strano nel modo in cui lo percepiva perché non era desiderio di lei e sembrava quasi sbagliato parlare di amore. Per non parlare del fatto che Virginia era fidanzata – ma proprio fidanzata – con Stark e, per quanto loro due non andassero d’accordo su un milione e più di cose, avevano finito per diventare, seppur in modo incredibile e insensato, amici e anche se lei si fosse rivelata la donna della sua vita, cosa del tutto impossibile – era Peggy quella giusta, lo era sempre stata, lo sarebbe sempre stata – lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Tuttavia, lei era lì e gli stava tendendo la mano. E lui si sentiva così strano per Peggy, aveva tanta di quella paura per lei e per se stesso. E aveva bisogno di parlare con qualcuno, e lei era lì.
“In realtà, c’è qualcosa che non va” ammise con il viso basso. “Ho paura.”
Non l’aveva mai detto a nessuno. Sotto le armi, nell’esercito, durante la guerra, aveva avuto paura tante volte, ma gli avevano sempre insegnato che la paura era per gli stolti e i codardi e lui era Capitan America, non uno stolto, non un codardo: un eroe, un supersoldato, un prode paladino.
“È normale” rispose lei tranquilla. “Tutti abbiamo paura qualche volta. Anche se poi abbiamo paura di ammetterlo.”
“Sì” annuì Steve a sua volta. “Ho incontrato Peggy, la ragazza di cui mi ero innamorato nell’esercito” confessò affranto e attese.
Pepper lo guardò in tralice, ma non disse niente. Nella sua mente, si era appena formata l’immagine di Steve che incontrava la ragazza che aveva sempre amato, su cui aveva proiettato il suo romantico ideale di amore puro e semplice e per la quale aveva combattuto. Poteva a stento immaginare il dolore che doveva aver provato nel vederla grigia sposa di un altro uomo.
“E non è cambiata.”
Pepper sbarrò gli occhi, stupita.
“Com’è possibile?” chiese perplessa, certa di non aver colto il vero senso della frase.
“Ha tentato il suicidio dopo la mia scomparsa e, per salvarla, un tale dottor Täuschung le ha iniettato del siero che la manterrà giovane finché non si esaurirà nel sangue, fra un paio d’anni. Allora ricomincerà ad invecchiare” spiegò Steve. “Ma il problema è che…” sbuffò, stanco. “In realtà, neanche io so qual è. Però mi sono sentito strano, quando l’ho rivista. Certo, felice, tanto, ma anche strano. Forse ho solo paura perché finge di lavorare per Glanster per conto di un’agenzia, però…”
“Sul serio?” domandò Pepper, sempre più stupefatta. “Ascolta, Steve” disse poi e gli strinse due esili dita sul suo braccio muscolo; Steve sussultò. “Io penso che devi stare attento con lei. Non sto dicendo che non tu devi fidare ma, anche se sul suo viso non si nota, lei ha vissuto una vita e non sai come può essere diventata. Prima di innamorarti di nuovo di lei, impara a conoscere la Peggy di ora e assicurati che sia la stessa che amavi, perché settant’anni sono tanti, anche se non ci sono le rughe a dimostrarlo.”
Steve annuì in un sospiro, poi sorrise.
“Grazie, Virginia” sussurrò imbarazzato. Lei sorrise a sua volta.
“Figurati” replicò gentile. “Sarà meglio che vada a controllare lo scapolo d’oro, adesso, prima che perda la camicia, il guardaroba e la libertà.”
Steve rise ancora e la osservò andare via. I suoi occhi rimasero qualche istante di troppo a contemplare il tessuto sinuoso stendersi ad ogni passo; si era tanto concentrato che per sbaglio travolse qualcuno.
“M-Mi scusi” borbottò a disagio e sollevò il volto per aiutare la povera sventurata. Il suo sguardo incontrò quello aggraziato e curioso di una ragazza dal fisico esile e minuto, avvolto con grazia da un lungo abito dalla delicata sfumatura verde acqua. I suoi capelli color grano maturo erano stretti in uno chignon dietro la nuca e sul visetto pallido risaltavano le guance cremisi e luminose.
Ne t’en fais pas” cinguettò lei gentile. Sorrise di un sorriso cordiale, gentile, poi si allontanò con lo stesso fare impacciato.
“Steve!”
Steve sussultò. Peggy gli veniva incontro, la chioma di boccoli sulle spalle e un vestito scarlatto a fasciarle la figura smagliante. Un sospiro gli sfuggì dalle labbra.
Ah, tutte quelle donne. L’avrebbero fatto diventare pazzo.
 

*

 
“Signorina, posso avere un altro Martini, per favore?”
Natasha annuì in malomodo all’anziano imprenditore che le si era rivolto con tanta cortesia e accontentò il cliente, porgendogli con altrettanta scortesia il bicchiere con il drink richiesto, ignorando completamente lo sguardo perplesso e anche abbastanza mortificato che quel vecchietto tanto simpatico e innocente le aveva rivolto.
Ritornò al bacone con il vassoio e lo riempì di nuovo con altri calici di cristallo colmi di champagne, prima di ripercorrere i propri passi e tornare in sala. Aveva appena visto Banner dall’altro lato e non poté fare a meno di notare come si trovasse a suo agio nel chiacchierare con una giovane principessina dell’alta società. Sollevò le sopracciglia e arricciò le labbra in un’espressione di altezzoso nervosismo, prima di volgere altrove lo sguardo.
Non poteva credere ai suoi occhi. Insomma, Banner! Banner, che era sempre stato così gentile con lei, brillante, cordiale, affettuoso, ora flirtava deliberatamente sotto il suo naso con un’oca giuliva qualsiasi! Era inconcepibile, inaccettabile.
Come se non fosse bastata, l’umiliazione dell’altro giorno.
Insomma, Natasha pensava sinceramente che il suo atteggiamento infantile e ingiustificato della sera in cui Pepper si era rotta la mano fosse stato il culmine, dato che a lei non si poteva attribuire neanche una minima parte della colpa per gli eventi di quella notte, ma si era dovuta ricredere perché il mutismo e la totale indifferenza che Bruce – Banner! – aveva cominciato ad adottare nei suoi confronti nelle settimane seguenti erano stati davvero intollerabili e inammissibili.
Per non parlare della discussione con Thor sull’amore.
Come diavolo gli era saltato in mente di parlare di quell’ameba senza spina dorsale davanti a lei?!
Di lei, di loro, del loro amore?! Disgustoso, privo di scrupoli, maledetto, iroso Banner.
Gliel’avrebbe fatta pagare, fosse stata l’ultima cosa che avesse fatto.
 

*

 
Pepper aveva appena raggiunto il terrazzo quando Tony la trovò. Le andò incontro alle spalle e le avvolse le mani in vita, facendola voltare di colpo e posando le proprie labbra su quelle di lei.
Pepper trasalì violentemente, ma riconobbe subito l’autore della malefatta. Si lasciò baciare arrendevole, ma prima che la bocca di Tony lasciasse la sua, strinse i denti sul suo labbro inferiore, senza troppa forza, giusto per il gusto di irritarlo un po’.
Lui si allontanò di scatto e si passò la lingua sul punto dolorante, appena più rosso, ma comunque in perfetta salute, e le rivolse uno sguardo allo stesso tempo ammirato e crucciato.
“E questo per cos’era?” chiese divertito. Pepper represse l’istinto di prenderlo a calci.
“Per niente” replicò seccata, ostentando un tono superiore e distaccato.
“Uh” sorrise lui compiaciuto. Sembrava quasi sul punto di mettersi a saltare dalla felicità. Lei gli rivolse uno sguardo scettico, poi fece per girarsi di nuovo. Tony non mollò la presa sui suoi fianchi e le poggiò le labbra sul suo orecchio, sfiorandone la pelle raggiante in un tocco languido ed esasperante.
“Gelosa, bimba?”
Parecchio infastidita da quel suo irritantissimo atteggiamento egocentrico, narcisista e playboy, Pepper alzò un braccio e fece per colpirgli lo stomaco con il gomito, ma Tony se ne accorse in tempo e le bloccò il polso con una mano, poi la fece voltare ancora e Pepper si ritrovò il suo viso quasi a contatto con il suo. I loro occhi si incontrarono e lei lesse nei suoi un’adorazione fuori dal normale brillare per quella vicinanza. Così, quando Tony si abbassò per baciarla ancora non si scansò. Lasciò che le sue mani si stringessero con forza sulla sua schiena scoperta e si strinse a sua volta alle sue braccia, rispondendo al bacio con ardore e trasporto, rimanendo piacevolmente sorpresa dal modo in cui lui la stava toccando. Non che non si baciassero proprio mai in quel modo, ma solitamente riservavano certi fuochi per momenti più intimi e discreti. Ma di certo in quel preciso istante, lei non stava proprio pensando in maniera razionale e respirò rauca nella sua bocca, lasciandosi avvolgere dal suo profumo forte e seducente, dalle sue dita calde e ruvide, dal suo essere così totale e perfetto. Rimasero con le labbra strette ancora molto tempo, i profumi confusi e i corpi allacciati; quando si allontanarono, Pepper sentiva la bocca gonfia per l’impeto di quel bacio e la gola riarsa. I suoi occhi erano fissi in quelli di Tony.
“Sappia, signorina Potts” le sussurrò lui con voce roca, “che non esiste nessuna come lei… anche se qualche volta non sono troppo bravo a dimostrarlo.”
Lei scosse la testa in un sorriso e gli passò una mano delicata fra i capelli.
“Non per me” replicò adorante. Tony si avvicinò di nuovo per baciarla, ma il suo sguardo calamitò su una figura scura poco distante da loro che aveva gli occhi fissi sulla schiena scoperta della sua ragazza.
“Andiamo da un’altra parte” affermò irritato e la trascinò via, mentre lei prendeva a ridere incontrollata.


* 

 


Era quasi mezzanotte quando il cellulare di Phil vibrò di un nuovo messaggio nella tasca interna della giacca. L’agente Coulson estrasse il telefono dall’interno e visionò il contenuto con la fronte corrugata.
Thor, Nick, Howard e Barton lo fissavano smaniosi e all’erta.
“Niente di fatto, signori” annunciò Phil con amarezza. Nick sbarrò gli occhi, stupefatto.
“Di che parli?” chiese visibilmente seccato.
“Parlo del fatto che Stark mi ha appena informato che Glanster non si è presentato. Pepper ha parlato con uno dei suoi complici più fedeli, il dottor Deception, e ha saputo che il nostro amico non si presenterà. A quanto pare, non erano questi i suoi piani” concluse nervoso.
Howard assottigliò lo sguardo, pensieroso.
“Non importa. Lui voleva che Tony andasse. Voleva vedere fino a che punto si esporrà” spiegò e un filo sottile di preoccupazione si concretizzò in una ruga sapiente sul suo volto.
Nick annuì.
“La Fuhrmann?” chiese spazientito.
“Scomparsa” fu la laconica risposta di Phil. “Si è allontanata per andare alla toilette e nessuno l'ha più vista.”
“Bene” disse amareggiato Nick dopo un silenzio infinito. “Torniamo alla base.”
Un sospiro di angoscia gli schiuse le labbra.
Glanster, che cosa hai in mente?

*

Natasha stava cercando Bruce.
Non che avesse davvero intenzione di parlare con quell'abominevole essere, ma aveva ricevuto degli ordini e tutti sanno che lei è un’ottima spia e le ottime spie non discutono mai gli ordini di un superiore. Motivo per cui lo stava cercando.
Bisognava assolutamente avvertirlo che il piano era stato cambiato e che non era più richiesta la loro presenza in quel posto. Dunque, lo stava cercando.
Ma Banner sembrava essersi volatilizzato.
Natasha aveva già visto dovunque: nei corridoi, nella sala centrale, nella stanze attigue, al bar e perfino nei bagni. Niente. Banner sembrava scomparso.
Come se non fosse bastato l’atteggiamento che le aveva gettato in faccia nelle precedenti settimane, violento e crudele come uno schiaffo in pieno viso, ora si metteva anche a comportarsi da bambino idiota. Oh, se gliel’avrebbe fatta pagare. Certo che gliel’avrebbe fatta pagare e lui l’avrebbe implorata di smetterla con i suoi giochetti.
Quando l’orologio centrale scattò l’una, Natasha aveva appena lasciato il bar ed era entrata nella sala sul retro del ristorante fino alle cucine. Ormai non c’era più nessuno dietro ai fornelli o accanto all’entrata, tranne una persona.
“Banner!” esclamò esasperata e quasi l’avrebbe strangolato solo per quello. Nessuno mai era stato capace di esasperarla fino a quel punto. Idiota.
“Dove diavolo ti eri cacciato?” gli si scagliò contro. “Ti cerco da una vita” continuò con lo stesso tono di rimprovero e le sue mani scattarono sui fianchi come una madre arrabbiata. “Il piano è saltato” spiegò con quella voce irritabile e irritante. “Glanster non si è presentato e la Fuhrmann sembra essersi volatilizzata, motivo per cui possiamo andarcene da qui.”
Durante tutto il soliloquio di Natasha, Bruce non aveva mosso un dito. Proprio come nel momento in cui lei era entrata, furiosa e bellissima, nelle cucine, lui era rimasto nella stessa posizione, con il capo chino sulle mani agitate e la schiena poggiata alla porta della cella frigorifero. Senza dire una parola.
Irritata dalla perpetuazione di quel suo insopportabile atteggiamento – stava diventando più molesto di Stark ed era davvero tutto dire, insomma – Natasha fece per uscire, con l’intenzione di liberarsi di quel patetico costume da cameriera e di tornarsene a casa – di Stark, naturalmente. Ma appena si voltò, la mano di Bruce scattò veloce verso di lei e si allacciò attorno al suo polso. Natasha si girò a guardarlo e sul suo viso apparve un’espressione al contempo esaurita e stupefatta.
“Banner” esordì, serrando a tratti lo sguardo per mantenere la calma e cercando di respirare dal naso. Ora lui la guardava e lo faceva con un’adorabile nota di dispiacere in quelle sue dolci iridi castane. Maledettamente scorretto. “Ascoltami. Io non ce la faccio più con te” confessò in preda ad una crisi isterica. “Non ce la faccio, mi stai esaurendo e smettila di fare quello sguardo, è ignobile questo tuo improvviso tentativo di farmi sentire in colpa dopo che sei stato tu che per giorni interi hai fatto finta che io non esistessi, incolpandomi di qualcosa per cui non ho colpa!” strillò e ormai era coinvolta del tutto in quella crisi di nervi. “Insomma, che diavolo potevo fare quando Fury e Barton sono entrati in bagno o quando Pepper è caduta?! C’era bisogno di prendersela con me? Io non credo! E poi quella storia di Pretty, Petty, Betty o come diavolo si chiama mi ha sinceramente e completamente stufata! OH!”
Respirò profondamente e si sentì meglio. Un sorriso soddisfatto le incurvò le belle labbra piene. Bruce la guardava ammirato ed era piuttosto evidente il suo tentativo di non scoppiarle a ridere in faccia.
“Natasha” iniziò calmo e pronunciò il suo nome con soave dolcezza. “Mi dispiace.”
Natasha strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca. Aveva sentito male. Mi dispiace?!
“Mi dispiace?” ripeté in un sussurro. “Mi dispiace? Mi dispiace?!” e stavolta strillò. “Settimane di indifferenza, mutismo, rabbia mentre io muoio per i sensi di colpa e tu pensi di cavartela con un ‘Mi dispiace’? Tu devi essere pazzo, Banner, perché se credi di avere a che fare con un’altra ameba priva di spina dorsale, sappi che ti sbagli di grosso e io-…”
Bruce rise e la baciò e Natasha si lasciò baciare.
Quando si allontanarono, fece schioccare le labbra, apparentemente soddisfatta.
“Dunque” continuò e cercava di guardare altrove perché Bruce sorrideva ed era irritante vedere come Stark fosse contagioso. “Dunque… è per… insomma, per... mhm... per questo?”
Lui incrociò le braccia con aria tranquilla.
“Diciamo che forse mi sono fatto trascinare dall’ira. Non mi andava a genio che Fury e Barton fossero entrati mentre facevi il bagno, ero sconvolto per il segreto di Nick e mi dispiaceva per Pepper. E poi ho pensato che… be’, dato che non sono un essere umano, sarebbe potuto essere per te meno rischioso se fossi riuscito ad ignorarti e a convincerti che non m’importava niente di te.”
“Quindi… quindi t’importa?” si accertò lei severa. Lui rideva delle sue espressioni.
“Be’… direi di sì. Assolutamente sì.”
Natasha annuì, ora più calma e anche abbastanza compiaciuta.
“Splendido” asserì entusiasta e gli gettò le braccia al collo. Lui rispose e la porta della cella frigorifero cedette, prima di richiudersi alle loro spalle. Avvertì le mani di Bruce farsi strada fra i suoi vestiti, ma le sue mani, piccole ma ben addestrate, lo imprigionarono contro il muro.
“No, dottore” disse carezzevole. “Devo prima fartela pagare.”
Bruce rise ed era favolosa la sua risata.
“Vuoi vedere se sono grosso e verde dappertutto?”
Lei sorrise maliziosa e se ne assicurò.
 

*

 
Era quasi l’una e mezza quando Peggy e Steve raggiunsero la stanza. Lei entrò per prima e rideva, in modo anche piuttosto imbarazzato, in realtà. Lui la seguì, con la mano intrecciata alla sua, e rispondeva con dolcezza a quel suo sorriso.
La porta si chiuse leggera dietro di loro e si ritrovarono faccia a faccia. Peggy lo guardò negli occhi, sbattendo le lunghe ciglia sulle iridi castane colme di desiderio e affetto. Non si muoveva, però. Stava lasciando la scelta a lui.
Certo, doveva scegliere. Peggy era lì, di fronte a lui e attendeva mentre la sua testa si perdeva fra i meandri delle ipotesi.
Era davvero quello, il suo finale? Non esisteva un’altra perfetta metà del suo cuore, com’era Virginia per Tony? Era stupido pensare una cosa simile, dato che era proprio il pensiero di Virginia che lo agitava, però non poteva negare quanto fossero perfetti insieme. Insomma, lei era senza dubbio ciò che chiunque avrebbe desiderato, ma l’aveva spiegato a Tony quella sera, fuori dal Big Horse Journey: lui non era geloso di lui per Virginia – be’, non proprio. Insomma, lei era perfetta e lui aveva caldo quando si avvicinavano e si era anche sentito in qualche modo attratto, ma era sempre stata una sensazione di affetto, quasi fraterno, più che di amore vero e proprio – era geloso di quello che lei rappresentava per lui. Nella sua testa, c’era sempre stata l’idea di un amore puro e totale come era il loro ed era stupido pensare che, dopo settant’anni, lui stesse ancora aspettando la persona giusta. Sicuramente, aveva amato Peggy e lei era stata quella giusta… ma lo era ancora?
Prima di innamorarti di nuovo di lei, impara a conoscere la Peggy di ora e assicurati che sia la stessa che amavi, perché settant’anni sono tanti, anche se non ci sono le rughe a dimostrarlo.
Virginia aveva ragione o forse la sua era solo stata un’ingiustificata accusa?
Respirò profondamente e guardò di nuovo Peggy e lei ricambiò lo sguardo, continuando ad attendere la sua scelta.
E Steve scelse.
Si sporse verso di lei e la baciò, dapprima con delicatezza, leggiadria, quasi timore; poi prese coraggio e le sue labbra presero a muoversi con molta più convinzione e bramosia. Le sue mani si erano fatte subito audaci e, sempre nella loro onnipresente timidezza, avevano raggiunto la lampo sulla schiena di Peggy; il vestito cadde in un morbido fruscio sul pavimento e Peggy lo spinse sul letto con forza. Lo ammirò per qualche istante – i capelli arruffati, la camicia strappata, i pantaloni cascanti, gli occhi luccicanti di ardore ed eccitazione – poi gli salì in grembo e si stese su di lui, con le labbra ancora sporche di rossetto che lasciavano il proprio segno in angolo di quel corpo perfetto e immacolato. I suoi denti perlacei accompagnavano il passaggio sulla pelle sinuosa e tesa e la lingua assaporava estasiata ogni lembo diafano. Steve la issò su di sé con decisione e il tessuto della sua camicia fu definitivamente ridotto in brandelli. Le dita di Peggy strinsero sui polpastrelli la carne bollente, mentre la bocca tornava a strisciare sul suo collo. Un rumore secco ruppe quello scarno silenzio e anche i pantaloni cedettero, nell’istante in cui il palmo di Peggy andava a chiudersi sul suo punto più sensibile, Steve sussultò. Un respiro rauco gli sfuggì dalle labbra e lei le riprese fra le sue, iniziando a muovere le mani con precisione e dolcezza. La stretta ai fianchi di lui si fece più forte ed entrambi rimasero con i volti vicini, prima di unirsi per sempre.
Fu allora che alla porta qualcuno bussò.  
 

*

 
 “Adesso chi è quello geloso, signor Stark?”
La voce dolce di Pepper risuonava divertita nel silenzio del parco deserto del Flûte. Lei e Tony erano stesi sull’erba, entrambi con addosso solo una tovaglia fregata al maître, e i vestiti abbandonati sul tronco dell’albero che avevano scelto come nascondiglio.
Pepper era appoggiata con la schiena contro l’erba e stringeva un lembo della coperta improvvisata in una mano, con i capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle e gli occhi che scrutavano ammirati il firmamento. Tony teneva un braccio a sostenergli la testa, mentre il gomito affondava fra la rugiada fresca e lo sguardo sul viso di Virginia.
“Non ho mai negato quest’aspetto della mia personalità” le fece notare lui, mentre un dito le carezzava la spalla scoperta.
“Hai sempre detto di essere un uomo moderno” lo canzonò lei.
“Anche tu” ribatté Tony a sua volta.
“Non è vero. Sei tu che non volevi ammettere che sei geloso” lo blandì lei adorabile. Lui sorrise e la baciò.
“Sa com’è, signorina Potts” disse dopo qualche istante. “Il simile cerca il simile.”
Sopra di loro, la stella più luminosa cascò.

 






























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Buonasera amici Vendicatori.
 
Come va? Oggi per me è stata una giornata strana; ultimamente sto sventuratamente trascorrendo gran parte del mio tempo sui libri perché Gennaio e gli esami incombono su di me più mai e, vi dirò, avevo tutt'altra idea di questa serata. Pensavo di trascorrerla in solitudine, in pigiama, magari davanti ad un film, poi è cambiata da sola. :) Inizialmente, non volevo neanche postare perché non ho acceso il pc tutto il giorno e mi scocciavo di farlo solo per cinque minuti, ma ho improvvisamente cambiato idea. L'altro motivo per cui non volevo aggiornare è che non credo avrò tempo di rispondere alle recensioni stasera - non a tutte, insomma - e non mi piace lasciare in sospeso quelle fantastiche persone che mi rendono tanto felice e mi scuso con loro sin da subito. Spero che questo capitolo possa, almeno in parte, farvi sentire calcolate perché è pensando a voi che sono qui anche stasera. 
Questo capitolo... quante cose, vero? Credo sia uno dei più densi di tutta la storia. E, vi dirò, a me non dispiace affatto. Ci ho messo un po' di movimento, lusso, discorsi eruditi, qualche allusione qua e là e tanto, ma tanto love

E così abbiamo finalmente Natasha e Bruce riuniti in cucina, Steve ha preso una decisione - ma sarà quella giusta? - e Glanster continua a fare lo strano fuggitivo. A questo proposito, non avete idea di cosa combinerà quel pazzo nel prossimo capitolo. O.O Io stessa ne sono sconvolta e incredula. A tutto ciò, naturalmente, si aggiunge un po' di sano Pepperony che non guasta mai e che io non posso mai non mettere. 
♥ A questo proposito, spero di non aver esagerato con lo zucchero. 
Dunque, come al solito, bureaucracy space

[1]: Sex and the City è una serie televisiva statunitense basata sull'omonimo romanzo di Candace Bushnell e concentrata sulla vita sentimentale e sessuale di quattro amiche; 
[2]: Arthur Goring e Laura Chevely sono due personaggi della commedia Un marito ideale di Oscar Wilde. All'interno dell'opera, lord Goring, il protagonista, è un grande tombeur de femmes, scapolo, anticamente fidanzato con Laura, una donna maliziosa e priva di scrupoli che lo lascia per un uomo più ricco. Vedova, incontra di nuovo il suo ex amante e i due fanno una scommessa: in questa famosa scena, lui afferma che la sposerà se, quella sera stessa in Parlamento, il suo migliore amico Robert appoggerà un progetto internazionale truffaldino solo per un ricatto di Laura; in caso contrario, lei gli consegnerà la lettera con la quale ricatta Robert e che lo condannerebbe al carcere a vita. Arthur afferma di avere tanta fiducia nel suo migliore amico che scommetterebbe anche la camicia, anzi tutto il guardaroba, fino ad arrivare alla sua amata libertà. Non vi dico il finale, ma leggete il libro e vedete il film perché valgono. Ho pensato che Steve potesse conoscerlo perché fu pubblicato da Wilde la prima volta nel 1895; 

[3]: Io confesso è un romanzo di John Grisham pubblicato nel 2010 e narra la storia di un'ingiusta condanna a morte di un ragazzo di Slone, cittadina immaginaria del Texas; 
[4]: i Lizards sono una squadra di basket americana;
[5]: N'en te fais pas, dal francese, significa 'Non si preoccupi'. 

Dunque, credo di aver detto tutto. Prima di lasciarvi, voglio come sempre ringraziare chi legge anche solo in silenzio questa storia, chi la segue, la ricorda, la recensisce, la preferisce e perde tempo della sua vita per lei e per me. Grazie di cuore e un grazie speciale a coloro che mi fanno brillare gli occhi con le loro parole troppo belle e gentili: Alley, Silvia_sic1995, _M4R3TT4_, _Let it shine e MissysP. Grazie di cuore ragazze. 

Un bacio e un buon anno a tutti! Alla prossima, ci rivediamo da queste parti sotto il 15! ;)
Mary. 
   
 
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