É un bel
problema il mio.
Perché davvero
non so da dove mi sia venuta l’idea per questa fanfiction.
Non sto
scherzando…
Forse l’attesa
del settimo libro sta facendo impazzire i miei neuroni.
^___-
Spero vi
piaccia!
Buona lettura!
Tess
p.s.: esisteva
un ‘Prologo’ una volta. Il prologo di un’altra mia storia, che finalmente ha
trovato il suo posto nel mondo…
A
long, long time ago
Miseriaccia.
I suoi compagni
avevano fatto l’ennesimo danno.
E, al solito,
toccava a lui sorbirsi la paternale. Il dovere di un Prefetto.
Certo, anche
lui aveva le sue responsabilità in merito. Non si poteva
negare.
Se il mercoledì
precedente non avesse saltato Divinazione, non avrebbe mai deciso di esplorare
quel passaggio segreto dietro alla Strega Orba. E di conseguenza non avrebbe mai
trovato quel misterioso bauletto all’entrata del tunnel sotterraneo.
La scritta
incisa sul coperchio era stata promettente: Cari studenti, vi lasciamo in eredità i
nostri più preziosi tesori. Fatene buon uso e divertitevi!
F&G.
Portarlo in
Sala Comune nei sotterranei e analizzarne il contenuto coi suoi migliori amici
era sembrata una buona idea.
Poi,
disgraziatamente, era successo il patatrac.
Ma chi poteva
immaginare un simile trambusto?
Erano sembrate
cianfrusaglie innocue.
Già.
Innocue e divertenti. Giusto quel tanto da
infastidire gli studenti delle altre Case.
Finchè un
dannato frisbee, lanciato nel cortile, non aveva deciso di fare lo scalpo
all’insegnante di Trasfigurazione. Che, più acida del solito, aveva cominciato a
inveire contro non si sa bene quali maledetti ragazzacci, e l’aveva spedito di
corsa dal Preside.
Lo stesso che
ora lo stava rimproverando bonariamente, fissandolo con i suoi limpidi occhi
chiari.
Intendiamoci,
la prof. sapeva benissimo che il Preside non l’avrebbe mai
punito.
Ma sapeva anche
che nel frattempo lui si sarebbe
perso
Miseriaccia.
***
Ne avevano
combinata un’altra.
Quell’anno era
stato tremendo, sotto il punto di vista disciplinare. Aveva rischiato più volte
di perdere la pazienza. Avrebbe anche potuto finire peggio, quella volta.
Ma il ragazzo
che gli stava di fronte era indiscutibilmente uno dei suoi allievi prediletti,
quindi lo congedò in fretta, dandogli la possibilità di correre in Sala Grande a
festeggiare con gli altri la fine dell’anno scolastico.
***
Una volta
rimasto solo, poi, si concesse una piccola pausa. Appoggiato allo schienale
della poltrona, accarezzò distrattamente la scritta incisa sul legno.
Gli occhi
socchiusi e la mente proiettata anni addietro.
Durante
l’ultima settimana non aveva fatto altro che ripensare al passato…e ora quel
bauletto…
‘F&G’.
Che
persecuzione, pensò
sbuffando e immergendosi nei ricordi.
-Ehm ehm-
tossicchiò a un tratto uno dei ritratti appesi alla parete, nel tentativo di
attirare la sua attenzione.
-Che c’è?-
rispose quello, riportato bruscamente alla realtà e al
presente.
-Sbaglio o
accusavi me di favoritismi plateali? – chiese l’uomo del ritratto, con il mezzo
sorriso a malapena nascosto tra i baffi e la barba.
-A quanto pare
è privilegio del preside usare due pesi e due misure – borbottò l’altro punto
sul vivo, decidendosi infine ad aprire il bauletto
incriminato.
-Vediamo cosa
c’è qua…mmm…Caccabombe, una collezione più che fornita di yo-yo ululanti,
qualche Boomerang Rimbalzatutto….oh…ed ecco qua l’incriminato frisbee zannuto
che ha tentato di decapitare la nostra cara insegnante di
Trasfigurazione.
-Oh,
andiamo…ancora quel tono? Dopo tutto questo tempo…?
Il bauletto si
chiuse di scatto e l’uomo si alzò velocemente, con le guance
imporporate.
-Non osi farmi
la paternale – tenne a precisare, puntando il dito verso il ritratto -… vorrei
ricordarle che non sono più uno dei suoi studenti!
Nessuno si
scandalizzò per quell’apparente mancanza di rispetto: scaramucce del genere
erano infatti all’ordine del giorno.
Certo, sette
anni prima, quando l’ attuale preside si era installato in quell’ufficio, la
situazione era ben diversa.
I suoi
predecessori lo avevano visto passare nottate intere a piangere davanti al
ritratto del vecchio mago con i lunghi capelli argentei e la barba fluente. Lo
stesso mago che, da dietro gli occhiali a mezza luna, aveva sempre accarezzato
quel suo vecchio allievo con lo sguardo, consolandolo con voce pacata, non
potendo fare di più.
-E ora
lasciatemi lavorare…devo preparare il discorso per il banchetto di questa sera!
– esclamò poi, tornando a sedersi e afferrando piuma e pergamena, agitato più
che mai.
-Il banchetto
di fine anno!
-Già!
-Quest’anno
ricorre il…
-Sì,
certo!
-Lo ricordo
come fosse ieri...
-Dovrà essere
un bel discorso! Un’occasione così particolare….
-Silenzio!! –
sbottò infine il Preside di Hogwarts, zittendo definitivamente i suoi
predecessori.
-Un giorno o
l’altro troverò il modo di schiodarvi da queste pareti! – minacciò poi… come
faceva da sette anni a quella parte.
Niente affatto
intimoriti, quelli decisero comunque di lasciarlo lavorare in
pace.
Il Preside era,
a ragione, già abbastanza nervoso.
E loro ne
avrebbero approfittato per un schiacciare un pisolino.
L’ufficio in
cima alla torre più alta di Hogwarts divenne stranamente silenzioso, mentre il
Preside, giovane rispetto all’età media dei suoi predecessori – 57 anni appena –
cominciò a scrivere il discorso con cui avrebbe concluso l’anno scolastico
appena trascorso.
***
Anche i
professori erano presenti: il prof. di Erbologia, quello di Incantesimi, la prof.
di Trasfigurazione con un nuovo taglio di capelli e via dicendo. La sedia al suo fianco, quella del custode di
Hogwarts, era vuota, ma non era una novità. Quello passava la maggior parte del
tempo a prendersi cura delle strane creature che popolavano
Il Preside
decise infine di alzarsi e, con il solito discorso scritto su pergamena, si accinse ad annoiare tutti per i
successivi cinque minuti.
L’uomo aveva
uno strano sguardo quella sera, più brillante del solito. Gli occhi chiari
passarono a rassegna tutti i volti dei suoi studenti.
L’ombra di un
sorriso fugace passò sulle sue labbra e, senza preavviso, bruciò i fogli su cui
aveva scritto il suo discorso.
-Quarant’anni
sono passati – disse poi con gli occhi velati da quella che sembrava commozione.
Il brusìo
annoiato si spense.
Pareva infatti
che il ‘vecchio’ Preside, l’uomo sempre vestito di scuro e con lo sguardo severo
che teneva a distanza i suoi studenti, quell’anno avesse deciso di soprendere
tutti.
-Quarant’anni.
E me lo ricordo come fosse ieri.
Un brivido
percorse
Eccitazione.
Curiosità.
Tutti sapevano
ciò che era successo quarant’anni prima. Lo avevano sentito raccontare da nonni
e genitori, lo avevano letto nei libri di Storia.
Ma il Preside
non aveva mai voluto parlare di quel periodo. E anche parecchi Insegnanti
preferivano evitare l’argomento.
Chissà
perché.
- L’estate era
appena agli inizi, ma l’azzurro del cielo, quel giorno, aveva ceduto il suo
trono a una grigia coltre di nubi, sospinte dalle correnti d’aria fredda che
arrivavano dal nord. Nell’aria, però, si avvertiva qualcosa di diverso. Una
strana fibrillazione scuoteva gli animi, da un capo all’altro del
mondo.
Il Preside
sembrava un’altra persona ora.
-Oggi,
quarant’anni fa, l’incubo che aveva perseguitato generazioni di maghi e streghe
giungeva al termine. Era in corso un cambiamento. In meglio? In peggio? Soltanto
il tempo, giudice supremo degli eventi, avrebbe deciso. Per il momento, noi
tutti, pedine nella scacchiera del Destino, ci saremmo accontentati di
raccogliere i cocci di una Vita distrutta, ricercando la serenità perduta. La
paura, l’angoscia, il senso di vendetta…tutti sentimenti da riporre in un
cassetto polveroso. Potevamo finalmente ricominciare a vivere. La guerra era finita. Iniziava una
nuova era.
Il silenzio era
carico di elettricità.
-Ogni fine
anno, seduto su quelle panche esattamente come voi, anche io aspettavo che il
preside finisse di annoiarmi a morte, solo per buttarmi sul pasticcio di
Yorkshire….Io non vi piaccio, cari studenti. So che mi reputate un ‘vecchio’
acido e burbero. Bè, a me non piaceva lui. Così accomodante, con tutti. Eppure
anche oggi sono costretto a sorbirmi le sue paternali. Già. Tutti i santissimi
giorni ha qualche consiglio da sussurrarmi o qualche raccomandazione da farmi.
Esattamente come allora. Il mio
Preside. Albus Dumbledore.
Nonostante le
sue parole, tutti riuscirono ad avvertire il rispetto con cui pronunciò quel
nome.
-Ancora oggi
non riesco a dargli del ‘tu’. Ci credereste? Dopo tutto quello che è
successo…Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei trovato a ricoprire il suo stesso
ruolo? Preside di Hogwarts. Ebbene, cari studenti, sono arrivato oggi al termine
della mia prima generazione di diplomati…da sette anni mi sono infatti insediato
nella torre più alta della scuola. Chi l’avrebbe mai detto? –
ripetè.
Si voltò a
fissare gli insegnanti seduti dietro di lui. Una volta tanto non si avvertiva
astio, né rancore, né indifferenza.
Solo una
comprensione reciproca.
Tutti
ricordavano, esattamente come lui.
Tornò a
fronteggiare i ragazzi.
-Quarant’anni
fa non ci fu il banchetto di fine anno, non ci furono festeggiamenti per la fine
della scuola.
Una
pausa.
Un
sospiro.
Un
ricordo.
-Quarant’anni
fa gli studenti di allora vincevano una guerra. La professoressa Granger c’era. Il
professor Longbottom anche. E molti, moltissimi altri. Compreso me.
I ragazzi
passarono in rassegna gli insegnanti appena menzionati.
-E proprio
oggi, in occasione di questa ricorrenza, ripeterò a voi le parole che Harry
Potter, il vincitore della guerra, pronunciò quel giorno, prima di sparire per
sempre dal mondo magico.
Con un veloce
movimento della bacchetta fece apparire un bicchiere dinanzi a ogni persona
presente nella Sala Grande.
-“Innalziamo i
calici al cielo, maghi e streghe di tutto il mondo, brindiamo ai vincitori, e
lasciamo i vinti al loro triste destino.
Piangiamo per coloro che oggi non sono qui con noi e abbracciamo quelli
che, nonostante tutto, sono rimasti in piedi”.
***
Le carrozze
procedevano spedite, lungo il sentiero che collegava la scuola alla stazione.
Gli studenti tornavano a casa e i professori se ne erano già andati quasi
tutti.
Il Preside
aveva voglia di una tazza di tè al mirtillo, così, passo dopo passo, si diresse
verso la capanna del Custode delle Chiavi e dei Luoghi di
Howgarts.
Gli sfuggì un
ghigno, quando vide il comignolo fumare, segno che l’acqua era già a bollire sul
fuoco del camino.
Senza bussare,
l’uomo entrò nello spazio angusto che per tanti anni era stata la dimora del
mezzo gigante e si sedette su una delle poltrone, mentre il padrone di casa
faceva apparire tazze e biscotti.
-Ti piace
vivere nel sudiciume.
-A quanto
pare.
-Non cambierai
mai.
-Nemmeno
tu.
Rimasero seduti
l’uno di fronte all’altro, sorseggiando la bevanda calda, in
silenzio.
-Carino il
discorso di ieri sera.
Il Preside non
diede segno di essere sorpreso.
-Dove te ne
stavi nascosto?
-Ma come? Ero
seduto al mio posto. Non mi hai visto? Vicino a Hermione.
Si sfidarono
con lo sguardo ancora una volta, come sempre.
Come tanto,
tanto tempo prima.
-Un giorno o
l’altro te lo brucerò quel mantello, Potter.
-Provaci,
Malfoy.