Ballatrix Lestrange, chiusa
da anni ad Azkaban.
Una sbirciata tra le sbarre della sua cella –e della sua memoria- in un giorno speciale della sua vita.
Attenzione: Questa ff NON contiene SPOILER del VII libro.
Tuttavia le descrizioni fisiche delle tre sorelle Black, sono quelle che ci vengono presentate in quel libro, quindi, corrette.
Bellatrix Lestrange siede
nella sua cella, la schiena appoggiata al muro e le gambe magre –troppo magre-
piegate davanti al petto.
La testa è sollevata
e guarda fiera davanti a sé, come una regina dai capelli sporchi e la pelle
rovinata.
E’ sempre stata
altezzosa, Bellatrix Lestrange,
e lo è anche adesso, prigioniera delle mura e della sua stessa pazzia tra i
cunicoli di Azkaban.
L’abito nero e
stracciato in più punti, la gonna sporca sale e scende dalle sue gambe magre
–troppo magre- e il suo petto è appena coperto dalla stoffa lisa.
Ma lei non se ne
cura, perché sa di essere regina comunque, anche senza scettro e mantello.
Un rumore dall’altra
parte della cella le fa spalancare gli occhi che stava quasi per chiudere.
“Narcissa,
sei tu?” domanda con la voce che sembra provenire da una grotta profonda.
“Sei tu, sei tu, sei
tu?” cantilena poi, muovendo la testa a destra e sinistra e rompendosi i
capelli scuri con le dita lunghe della mano sinistra.
Sua sorella non
risponde, eppure Bellatrix sa che è appena entrata
nella cella. Ne riconosce il profumo di rosa.
“Narcissa,
perché non mi parli?” cantilena ancora Bellatrix.
Dall’altra parte
della cella, Narcissa Malfoy
la guarda dall’alto in basso, altera nel suo lungo e stretto abito azzurro.
Rimane immobile per
un po’, poi va a sedersi sulla panca poggiata contro il muro e guarda la
sorella, rannicchiata dall’altra parte della piccola cella.
“Cosa ci fai qui, Narcissa?” chiede ancora Bellatrix
con il tono di chi sta cantando, la voce che si alza e si abbassa.
La sorella siede
composta, il viso sollevato e i capelli biondi appuntati sulla testa.
L’elegante abito azzurro le fascia il corpo slanciato e la fa sembrare una
regina.
“Sono io la regina!”
urlò allora Bellatrix, digrignando i denti in
direzione della sorella.
Narcissa le fa un sorriso condiscendente, piega la
testa di lato e resta muta.
Anche Bellatrix resta in silenzio per un po’, e quando parla la
sua voce è bassa e quasi normale. Sembra che stia volando lontano da Azkaban.
“Ti ricordi quel
giorno che noi tre ci siamo promesse che saremmo sempre state insieme?” chiede
a Narcissa, che annuisce piano.
Bellatrix la guarda e annuisce a sua volta “Certo, se
sei qui è perché oggi è il giorno che avevamo stabilito come data del ritrovo”
dice, alzandosi in piedi poggiandosi al muro e muovendo a scatti le gambe
magre.
Narcissa annuisce ancora.
“Bhè,
io me ne ero dimenticata!” grida Bellatrix “Perché
non mi è mai importato di voi! Anche se non foste venute…sarei stata felice!”
urla ancora, poggiandosi al muro per tenersi in piedi.
Narcissa incrocia le gambe in un fruscio di seta
azzurra e resta a guardarla.
“Bhè
e dov’è Andromeda, eh?” urlò ancora Bellatrix.
Narcissa allora volge il viso verso la porta della
cella, che in quel momento si apre, lasciando entrare una persona.
Bellatrix spalanca gli occhi a vedere sé stessa
entrante in quella cella. Sé stessa come era prima di venire rinchiusa lì. Sé
stessa come sarebbe se avesse accettato la proposta di Rodolphus
e fosse scappata con lui in Francia.
Andromeda fa qualche passo all’interno della cella e
piega il capo in segno di saluto, prima verso Bellatrix
e poi verso Narcissa.
E’ più robusta delle
due, con spalle larghe e seno abbondante, ed è bella uguale.
I capelli scuri sono
stati pettinati fino a diventare lisci e sono stretti in una cosa bassa. Gli
occhi dalle palpebre pesanti sono coperti da ombretto azzurro e posta un lungo
abito scuro, blu e viola.
Senza parlare va a
sedersi al fianco di Narcissa e guarda l’altra
sorella, appoggiata al muro di fronte a loro.
Bellatrix le guarda entrambe quasi con rabbia.
“Come avete fatto a
venire qui?” urlò loro, la voce gracchiante e stonata.
Dov’è finita la voce
melodiosa di quella ragazza che aveva sempre la risposta pronta?
“Certo..” dice poi, iniziando a capire “Lucius
ha conoscenze potenti nel Ministero…lui potrebbe far entrare tutti gli alunni
di Hogwarts in gita scolastica, qui dentro, se solo Draco glielo chiedesse”
Stavolta parla in un
sussurro e le sue sorelle annuiscono piano.
“Bhè
potevate fare a meno di venire!” urla ancora Bellatrix
“Perché a me non mi è mai fregato un cazzo di voi e del nostro rapporto!” grida, senza curarsi
degli errori, del tono sgarbato.
Narcissa la principessa storce il naso e Andromeda si dipinge sul viso una smorfia insofferente al
tono acuto usato dalla sorella, che rimbomba tra le pietre della piccola cella.
“Non mi è mai importato un cazzo!” ripete più a bassa voce, scivolando contro il muro e finendo nuovamente seduta a terra.
“Io non voglio
perdervi!” disse Narcissa con enfasi, guardando con
occhi spalancati Bellatrix, che sedeva lì vicino, la
schiena poggiata contro il tronco del pino e le gambe piegate al petto.
“Siamo sorelle,
Bella, io vi vorrò bene sempre! Qualsiasi cosa facciate!” spiegò poi.
Bellatrix annuì piano, lo sguardo perso nel vuoto e i
bei capelli scuri che volavano nel vento.
In quel momento,
sotto il sole primaverile, circondata dalle sue sorelle, si sentiva come tanti
anni prima, quando erano solo bambine.
“Tu vuoi perdermi?”
chiese Narcissa, sporgendosi verso la maggiore e
posandole una mano sulla gamba, per attirare la sua attenzione.
Bellatrix volse il viso verso di lei, vestita di
azzurro e allungata sull’erba come una principessa, il sole e il vento
infiltrati tra i capelli biondi, orgoglio del padre.
“No, no che non
voglio perdervi” rispose mestamente Bellatrix con un
timido sorriso, che Narcissa ricambiò.
“Le nostre strade son gia destinate ad essere diverse” fece notare Andromeda, sdraiata poco lontano che giocava con un fiore
che sbucava dall’erba proprio davanti al suo viso.
“Hai ragione”
accordò Bellatrix e per la prima volta da molto parlò
senza rancore “Io dopo gli esami mi unirò a lui. Narcissa
diventerà la tipica signora da alta società e tu sposerai quel Tonks e la nostra famiglia non ti vorrà più” elenco con la
sicurezza di chi l’ha appena letto della sfera di cristallo.
Narcissa aveva già abbassato gli occhi, rassegnata,
ma Bellatrix parò ancora.
“Ma…questo non ci
impedisce di rimanere legate…anche se solo da un filo sottile”
Andromeda la guardava curiosa, i capelli corti e neri
che le volavano davanti al viso. Bellatrix voltò il
viso verso la minore delle sue sorelle e le schiacciò l’occhio, in un gesto
semplice che fece allargare il sorriso sul volto di Narcissa.
“Tra pochi mesi, ci
divideremo. Come un fulmine cadrà tra noi” riprese Bellatrix,
guardando con severità Andromeda, come se volesse
incolparla.
Sarà lei a rompere
la loro famiglia; lei a rimanere incinta di quel babbeo indegno anche solo di
guardarla e a scappare con lui.
“Ma potremmo sempre riicontrarci, tra qualche anno, e parlare di tutto quello
che ci sarà successo…”
“Bellatrix,
ti voglio bene!” esclamò con convinzione Narcissa.
Aveva sempre avuto paura di perdere le sorelle, tanto uguali d’aspetto quanto
opposte di carattere e di obbiettivi.
Andromeda annuì piano e si sollevò a sedere, pezzi di
erba e di terra attaccati al petto.
“Quando?”
“Decido io!” esclamò
Narcissa con l’aria e il tono di quella bambina viziata
che era fino a qualche anno prima “Sono io la più piccola e io decido” continuò
piccata, facendo ridere Andromeda e strappando un
sorriso a Bellatrix.
Bellatrix Lestrange siede
contro il muro della sua cella, il viso basso e gli occhi puntati a terra, come
una schiava.
I capelli spettinati
le ricadono sulle spalle come una cascata e le gambe magre –troppo magre- sono
poggiate al petto.
Sulla panchina
dall’altra parte della cella, non c’è più nessuno.
Lucius ha conoscenze potenti nel Ministero…lui
potrebbe far entrare tutti gli alunni di Hogwarts in
gita scolastica, qui dentro, se solo Draco glielo
chiedesse. Aprirebbe le porte all’intera famiglia Black, se Narcissa
lo volesse.
Bellatrix alza gli occhi verso la panca, ma una
lacrima le oscura la vista.
“E allora perché qui
non c’è nessuno?!”