Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: Learna    06/01/2013    7 recensioni
Dopo l'ultima battaglia a Ichigo cade il mondo addosso.
Costretta a scappare dovrà decidere di chi fidarsi e di chi no.
Sarà costretta ad allontanare le persone che le vogliono bene per paura di ferirle.
Gli incubi la perseguitano.
Una sola persona, malgrado tutto, sceglierà di starle accanto. Nella buona e nella cattiva sorte, così recita la promessa.
Una persona diversa dalle altre. Un umano non umano.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi aspettavo che, appena avessi messo piede fuori dalla porta, sarei stata sommersa dai flash e dalle domande, invece, ad attendermi vi era un solo giornalista, giovane, quasi un ragazzino. Se ne stava in piedi, la schiena appoggiata la muro, una gamba alzata e piegata in modo che la suola della scarpa poggiasse anch’essa sul muro, probabilmente avrebbe lasciato una di quelle orribili impronte grigie sulla parete candida, il cappello da cowboy tirato sugli occhi che studiavano la macchina fotografica che teneva e rigirava tra le mani.
Non sembrava esperto, anzi, forse non lo era per niente. Probabilmente era un tirocinante al suo primo incarico, anche se è strano che gliene avessero assegnato uno così delicato e difficile come poteva essere il mio.
Stavamo andando via, ma io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, curiosa di sapere cosa avrebbe fatto.
Non ci aveva degnate di uno sguardo, come se fossimo solo un’altra parte dei malati che erano costretti a stare in quel posto. Come se non fosse li proprio per noi.
Aveva qualcosa di famigliare quella figura strana e bizzarra. Terribilmente familiare.
Eravamo ormai giunte alla fine devo corridoio. Una porta bianca con su un segnale ci divideva dalle scure e fredde scale di metallo che mi avrebbero condotta fino alla macchina e poi fino al luogo sicuro di cui tanto parlava la donna in nero. Mancavano solo due passi e poi avrei afferrato la maniglia.
Il ragazzo sembrò risvegliarsi da una trance. Alzò il viso e guardò verso di me. Un sorriso furbo e compiaciuto gli dominava il viso.
Non ci potevo credere. Ecco perché quella figura così alta e slanciata mi era tanto familiare. Ecco perché mi ero aspettata una reazione da lui. Come avevo potuto non riconoscerlo a prima vista. Eppure lo conoscevo da tanto!
Iniziò a camminare, prima lento, poi sempre più veloce, fino a iniziare a correre. Giunse da noi in pochissimo tempo. Si voltò leggermente a guardami in modo da farmi leggere le sue intenzioni infondo agli occhi celesti.
Ma la donna in nero era preparata a un’eventuale situazione del genere e cercò di fermarlo in tutti i modi possibili. Anche lui tuttavia non era uno sprovveduto. Al veloce movimento del braccio della donna lui rispose con uno spostamento laterale, chinando in avanti il busto. Provò un nuovo attacco da dietro la donna, le lei riuscì a prevedere anche questo. Nonostante i suoi sforzi, era ancora lontano da me, così decisi di facilitargli il compito.
Mi spostasi leggermente di lato, in modo da nascondermi senza scomparire totalmente dal campo visivo della donna che altrimenti si sarebbe insospettita. Sporsi in avanti il braccio che era nella zona nascosta alla sua visuale e prontamente il ragazzo lo afferrò, per poi strattonarmi nella direzione da cui eravamo venute.
Non so come ma la donna non fece in tempo a intercettare le nostre mosse e prima che riuscisse a voltarsi completamente noi avevamo già svoltato il primo angolo.
Correvo dietro di lui, ancora vestita di quelle orrende camicie da notte che fornivano gli ospedali. Era stato tutto così movimentato e veloce che mi ero scordata di cambiarmi e ora mi trovavo lì, mezza nuda, dietro un ragazzo di poco più grande di me che correva per tutto l’ospedale, procurandosi occhiatacce dagli infermieri.
Di altro tipo erano quelle che invece mi guadagnavo io. Molti sguardi al nostro passaggio si soffermavano su di me. Alcuni infastiditi o increduli, soprattutto quelli delle donne, altri famelici e interessati provenienti da uomini di ogni età, non faceva differenza se ragazzini o pensionati. Ero terribilmente in imbarazzo.
Quasi non mi accorsi che davanti a noi vi era un lago d’acqua e rischiai di scivolare. Eravamo in prossimità di un bagno, nel quale, con la coda dell’occhio, vidi entrare un idraulico. Probabilmente si era rotta una tubatura.
Continuammo la nostra corsa, schivando gente e macchinari, svoltando a destra e a sinistra, ma sempre senza smettere di sentire alle nostre spalle la voce della donna in nero che ci intimava di fermarci.
Arrivammo all’entrata dell’ospedale. Il marmo liscio e lucido non era proprio l’ideale per correre a piedi nudi, si rischiava continuamente di cadere.
Un’enorme entrata a vetri si presentava davanti a noi. Il ragazzo ci si infilò, con me, approfittando di una signora la aveva appena aperta per entrare, procurandosi le sue lamentele. Per poco non era caduta.
L’aria fresca di accarezzò il corpo provocandomi piccoli brividi.
Scendere le scale di granito, a piedi scalzi, dove una marea di gente passa con le scarpe, mi faceva un po’ schifo, ma non potevo certo chiedere al ragazzo di fermarsi e prendermi in braccio.
Una macchina nera si parcheggiò davanti a noi, mancavano solo dieci metri.
La portiera si aprì e il ragazzo mi ci scaraventò dentro, per poi salire anche lui in fretta a furia al posto del passeggere davanti. Ancora non aveva chiuso la portiera che l’autista mise in moto.
Io era atterrata su qualcosa di morbido, o forse era meglio dire qualcuno, visto che sentivo un paio di braccia forti, maschili, circondarmi la vita. Alzai leggermente lo sguardo dalla maglietta dell’individuo al quale ero piombata addosso solo per incontrare un paio di occhi color oro  e dei ciuffi di capelli verdi.
-Ciao micetta. –
Mi scostai il più velocemente possibile da lui, facendo leva con le mani sul suo torace.
-Ki..Kisshu! –
Solo in quel momento mi ricordai di un particolare particolarmente importante.
Con i lacrimoni agli occhi gli gettai letteralmente le braccia al collo, stringendolo a me più forte che potevo.
-Sei vivo! Sei vivo! Sei vivo! –
Non ero mai stata così felice di vederlo. Mai.
-Si gattina. Sono qui. –
Mi accarezzò dolcemente la testa, donandomi uno dei sorrisi più dolci e sinceri che gli avessi mai visto.
-Non vorrei interrompere, ma ora non è il momento più adatto. Avrete tutto il tempo dopo. –
-Ryan. Grazie che mi sei venuto a salvare, ma non potevi farlo in un modo medo cruento e plateale. Ci guardavano tutti. –
-Oh, scusami tanto. La prossima volta aspetto che ti abbiamo portato nel loro posto sicuro, sotto chiave e senza finestre. –
Mi calmai di botto.
-Davvero mi volevano fare questo? –
-Si Ichigo. Non essere così ingenua. La donna che ti stava accompagnando giù era dei servizi segreti. Dimmi che non te ne eri accorta. –
Come avevo fatto ad essere così sciocca da non accorgersene? Eppure era così ovvio. Giacca nera, camicia bianca, cravatta e pantaloni neri, matricolare e occhiali scuri, capelli raccolti. Beh, tutto quello che, di solito, nei film hanno gli agenti dei servizi segreti. Strano che nemmeno mio padre se ne sia accorto. Lui va matto per quei film.
Oppure...
Forse i miei genitori sapevano, sapevano tutto e per proteggermi avevano accettato l'aiuto di quella donna senza chiedere spiegazioni.
Come vorrei averli potuti ringraziare.
- Ryan, ferma la macchina e torna indietro. –
- Come scusa? –
- Ti ho detto di tornare indietro. I miei genitori sono ancora la. –
Ryan mi rivolse uno sguardo scocciato.
- Ichigo, possibile che per te sia così difficile capire? Non puoi tornare la. È troppo pericoloso e oltretutto i tuoi genitori sono più al sicuro con loro che con noi adesso. –
Decisi di non fare ulteriori storie. Non ero per niente d'accordo con Ryan e non sopportavo che mi desse dell'idiota, ma in fondo in fondo sapevo che il più saggio tra i due era di certo lui. Mille e mille volte.
Mi sedetti sul sedile sotto lo sguardo attento di Kisshu. Sembrava preoccupato. Non lo avevo mai visto così.
-Dove stiamo andando? –
Nessuno mi rispose. Beh, se Ryan non me lo voleva dire forse Kyle sarebbe stato più comprensivo.
-Kyle, ti prego dimmelo. –
Prima di rispondermi Kyle guardò Ryan che non lo degnò di altrettanta considerazione. Se cercava un permesso lui non glielo avrebbe dato, ma non gli stava nemmeno vietando di dirmi tutto, così decise di rispondermi.
-I genitori di Ryan avevano un casa a Komae, ci stiamo dirigendo li. Abbiamo già prelevato le altre e ci stanno aspettando tutte li. Mi spiace lasciare il caffè, ma  non possiamo più tornarci. –
-E dopo cosa faremo? –
-Non lo so Ichigo, non lo so. –
Mi sistemai meglio sul sedile. Il contatto del rivestimento in pelle con le mie gambe nude mi dava fastidio, ma non avevo di che cambiarmi e poi non lo avrei mai fatto davanti a tre ragazzi.
Sentii lo spostamento d’aria provocato dal progressivo avvicinarsi di Kisshu a me.
-Comunque questi vestiti ti stanno benissimo Ichigo. Sono particolarmente eccitanti. –
Me lo sussurrò all’orecchio, malizioso, provocandomi dei brividi lungo tutto il corpo. Posò una mano sulla mia coscia e iniziò ad accarezzarmela, salendo sempre più. Con la bocca iniziò a seviziarmi il collo, posandovi baci caldi e umidi.
Posai tutte e due le mani sul suo torace, facendovi pressione per allontanarlo da me.
-Ki..Kisshu, smettila. –
-Rilassati tesoro. –
Sentii il suo sorriso sulla pelle del collo, poi si rimise, posandomi però un braccio attorno alle spalle e attirandomi a se così da farmi posare la testa sulla sua spalla. Piegò leggermente il viso verso di me per poi posarmi un bacio sulla fronte, delicato.
Stare in quella posizione mi dava un senso di calma indescrivibile e poco a poco mi addormentai, lasciandomi cullare dal suo respiro.
Mi svegliai solo quando sentii la macchina frenare su di un terreno disconnesso. Sentivo i sassi venire spostati dalle ruote e la macchina finire nelle varie buche che il terreno presentava, facendoci traballare come marionette appese ai fili. Fui costretta a reggermi al sedile per non venire sbalzata davanti.
-Siamo arrivati? –
Tutto si era fermato, la macchina e lo sballottamento, e mi ero potuta risedere composta e sistemarmi l’orrenda camicia da notte.
-Si Ichigo. –
Ryan mi aveva risposto con il tono di un adulto che si rivolge ad un bambino. Quanto lo odiavo quando faceva così.
Fu il primo a scendere dall’abitacolo, subito dopo lo seguì Kyle.
-Resta qui micina, ci penso io a portarti dentro. –
Anche Kisshu scese dalla macchina e ne fece il giro, per poi aprire la mia portiera e prendermi in braccio.
Fui costretta a portargli le braccia intorno al collo, altrimenti sarei caduta, ma lui sembrò non capire, o non volle capire, ipotesi più plausibile, che il mio gesto era dovuto solo a un bisogno impellente, in quanto fece uno dei suoi classici sorrisetti maliziosi.
-Posso camminare anche da sola, pervertito. –
-Guarda che non ho fatto mica niente e poi... –
Avvicinò di più il suo viso al mio.
-Non vorrai mica ferirti i piedi. –
Era così vicino che non potei fare a meno di arrossire, cosa che non fece altro che allargare ulteriormente il suo sorriso sfacciato.
-Pronta gattina? –
-Per cosa? –
Non feci in tempo a concludere la frase che non ci trovavamo più all’aperto. Eravamo all’interno di una specie di baita con il soffitto in legno e il pavimento di pietra grezza.
Sedute attorno ad un tavolo stavano le altre quattro Mew Mew, tutte sane e salve, anche se sembrava che tutta la felicità se ne fosse andata dai loro cuori.
-Kisshu. –
La voce di un bambinetto dai capelli castani raccolti in due codini fece voltare Kisshu a destra, con me ancora in braccio.
-Oh, c’è anche la vecchiaccia. –
-Come ti permetti nanerottolo! Se ti prendo! –
Continuavo a sgambettare, ma non succedeva nulla.
-Kisshu, guarda che puoi lasciarmi andare adesso. –
-E perché? È così bello tenerti in braccio micetta, anche se devo ammettere che pesi un po’. –
Non sapevo quale dei due fratelli mi stesse facendo più arrabbiare, se quello che mi girava attorno continuando a ripetere “Vecchiaccia” o quello che rideva per la frecciatina sul mio peso, che oltretutto era estremamente falsa.
-Ragazze, venite qui. Dobbiamo decidere cosa fare per quanto riguarda il vostro prossimo futuro. –
Kisshu mi lasciò andare di colpo, tanto che se non avessi avuto i geni del gatto ancora in corpo mi sarei sfracellata a terra.
-Kisshu! –
-Scusa gattina. –
Si abbassò per aiutarmi, senza però staccare un attimo gli occhi da Ryan. Era serio e preoccupato.
Ci dirigemmo verso il tavolo.
-Bene. Sapete tutte quello che è successo e per questo motivo, per tenervi al sicuro, io e Kyle abbiamo pensato che sia meglio dividervi. –
Tutte aggrottarono la fronte.
-In che sento Ryan? –
-Avevamo pensato ad una situazione del genere e ci eravamo preparati. Durante tutto il programma Mew Mew abbiamo fatto a turno per svolgere delle ricerche e infine abbiamo trovato quello che stavamo cercando. –
Stava girando introno alla questione, cosa assolutamente non da Ryan.
-Quindi? –
Fu Kyle a prendere la parola.
-Per la vostra sicurezza abbiamo trovato dei luoghi semisconosciuti che potrebbero tenervi nascoste per un po’, speriamo fino a che non troveremo una soluzione definitiva a questa storia, ma sarete da sole, non possiamo promettervi nulla. Ve la sentite? –
Erano tutte leggermente sconcertate dal discorso di entrambi, ma tutte fecero un secco e deciso si con la testa. Mancavo solo io.
Non ero molto convinta, ma era la cosa migliore. Diedi anche io il mio consenso.
-Bene, partirete domani. –
-DOMANI!!!??? –
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Learna