Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: younghearts    07/01/2013    1 recensioni
Posata ed elegante, Louise van de Bogaerde, proveniente dalla Germania dell’est, aveva vissuto la vita all’insegna dei sogni e delle avventure più strane, girando il mondo ed imparando ad apprezzare ogni minimo particolare, dal più insulso al più importante. A soli diciannove anni scoprì di essere incinta e, colta da un entusiasmo che solo lei riusciva a portare avanti nonostante la negatività dei suoi genitori, prese il primo treno per la Russia, trovando da lavorare in un negozietto di découpage. A trentotto anni era una donna libera e piena di idee da realizzare, una bellezza splendida e un amore verso la propria figlia che l’aveva fatta innamorare di un luogo come Lymington. Era dolce, alla mano e sapeva badare a sé stessa: perché sarebbe dovuta rimanere in un luogo che aveva amato ma che ora l’aveva stancata? Lymington parve essere la risposta al senso della sua vita e di certo vedere sua figlia, l’unica che amasse davvero, illuminata alla vista di tanta semplicità, non potè che darle la conferma che cercava: la loro vita sarebbe cambiata, dando loro una svolta decisamente romantica e deliziosamente gioiosa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Skinny love


 



Il porto aveva sempre avuto quel non so che di fantastico e mite al tempo stesso. Anche i pescatori, ai loro tempi di gloria, avrebbero potuto pensarlo. Innamorarsi del mare inglese, dopotutto, era alquanto difficile. Di certo nessuno si sarebbe sognato di farsi un bagno nell’acqua scura e gelida che prometteva solo un raffreddore incredibile e brividi ovunque. Certo, un pazzia da provare, ma il mare di Lymington aveva quella marcia in più che spinge una persona a pensare piuttosto di reagire d’istinto.
Sugli scogli ad est del paese vi era una roccia consumata dal mare che aveva preso le sembianze di una poltrona: scomoda ma utile per quei momenti in cui la persona in questione aveva bisogno di consultare sé stessa. Bassa, ma posta su un livello abbastanza lontano dagli schizzi delle onde, la sua posizione era l’ideale per le estati soleggiate in cui qualcuno avrebbe preferito stare all’ombra piuttosto che prendersi una scottatura – per quanto il sole inglese potesse riscaldare: era, infatti, stata creata da madre natura in modo che ci si sentisse al sicuro da qualsiasi cosa. Possiamo chiamarlo in tutti i modi, ma i suoi cittadini amavano dedicare al luogo un nome perfetto, semplice e poetico al tempo stesso: haven. Somigliava molto alla parola heaven, paradiso, e la gente preferiva mostrare quel piccolo angolo calmo ai turisti piuttosto della piccola Cattedrale al centro del paese.
Per quanto riguarda la quiete del luogo, in più, quella sedia sul mare era l’ideale: essendo una cittadina industriale, era piena di gente che faceva viavai con la fretta di chi non può perdere un attimo della sua vita per sciocchezze simili. Ovviamente questi erano tutti forestieri, poiché nessuno del posto avrebbe mai odiato la vista splendida del tramonto o dell’alba che si specchiava nella limpidezza delle acque profonde che dividevano l’Inghilterra dalla Francia. Venti miglia di distanza per un mondo totalmente diverso, più elegante e magari anche più divertente.
Non che la vita a Lymington fosse orribile, ma si pensava che gli ideali fossero troppo chiusi e prettamente maschilisti, per questo alle candidature per nominare un sindaco per la prima volta spiccò il nome di una donna: Louise van den Bogaerde.
Posata ed elegante, proveniente dalla Germania dell’est, Louise aveva vissuto la vita all’insegna dei sogni e delle avventure più strane, girando il mondo ed imparando ad apprezzare ogni minima cosa, dalla più insulsa alla più importante. A trentotto anni era una donna libera e piena di idee da realizzare, una bellezza splendida e un amore verso la propria figlia che l’aveva fatta innamorare di un luogo come Lymington.
La piccola Jasmine aveva appena dodici anni quando, dopo una vita a viaggiare in qualsiasi luogo del mondo, sua madre le fece visitare il paesino più a sud dell’Inghilterra. Ne rimase incantata non solo per la quiete che la racchiudeva delicatamente in un clima freddo e rigido, ma anche per la splendida vista che la finestra dava sul mare. Ne aveva visti di oceani e acque, ma quello la incantò, incastrandola nella sua bellezza gentile a vivere in un luogo del genere, diverso dal caos spagnolo, o dall’allegria italiana, o addirittura dalla società avanzata in Germania. Quel posto, Lymington, aveva carattere, aveva una storia ed era particolarmente affascinante. Perché non trasferircisi, allora?
Le due donne si stanziarono nel luogo nemmeno due mesi dopo, prese dall’entusiasmo e dalla nuova passione. Cominciarono a darsi da fare nella comunità, aprendo un negozio di musica: Louise aveva studiato al Conservatorio di Berlino ottenendo ottimi voti e venendo acclamata da tutti, vincendo concorsi su concorsi e venendo contattata dai più grandi maestri del mondo. A soli diciannove anni scoprì di essere incinta e, colta da un entusiasmo che solo lei riusciva a portare avanti nonostante la negatività dei suoi genitori, prese il primo treno per la Russia, trovando da lavorare in un negozietto di découpage. Era dolce, alla mano e sapeva badare a sé stessa: perché sarebbe dovuta rimanere in un luogo che aveva amato ma che ora l’aveva stancata?
Lymington parve essere la risposta al senso della sua vita e di certo vedere sua figlia, l’unica che amasse davvero, illuminata alla vista di tanta semplicità, non potè che darle la conferma che cercava: entrò subito nelle grazie dei cittadini e si candidò come sindaco sotto consiglio della propria vicina di casa, la vecchia Elizabeth, per rendere il paese un po’ più vivo.
E ci era riuscita, era riuscita a vincere. Aveva realizzato il sogno di una vita, era amata da tutti e nessuno avrebbe mai osato parlar male di lei. Ma soprattutto viveva in pace con sua figlia, al sicuro dal mondo. Questo era l’importante.
 
 

  *** 

 
 
«Per te è facile correre» aveva urlato divertita Jasmine correndo lungo la distesa di primule poco fuori dal paese. Era un pomeriggio adorabile, a detta degli inglesi, e il sole andava e veniva spesso, senza però accennare alla pioggia.
La piccola van den Bogaerde stava attenta a non inciampare nella gonna lunga fino al ginocchio, impiegando meno attenzione alle calzamaglie che ora erano piene di buchi qua e là lungo le gambe troppo lunghe e affusolate per una sedicenne. La sua figura magra si vedeva male, nascosta dalle alte erbacce, la sua chioma castana lunghissima, invece, svolazzava al vento accarezzando l’aria.
Correva, correva alla ricerca di qualcosa, qualcosa che aveva colmato solo con una persona fino ad allora: il nipote della sua vicina Elizabeth, il giovane Harry Cox.
Si erano conosciuti ad una delle solite cene a casa della nonna di lui, quelle in cui era praticamente presente mezzo paese e Jasmine era l’ospite d’eccezione, la figlia della nuova sindachessa. Seduta al fondo dell’ampio salone della sua vicina, scrutava seria i volti delle persone intorno a lei: tutti avevano una mise elegantissima, un viso calmo e divertito al punto giusto e quel po’ di rossore sulle guance tipico dei nativi inglesi. Erano buffi, si diceva spesso, sembrava che avessero bevuto una tanica intera di birra, tanto allegri e spensierati come erano. Tutte le donne, poi, indossavano un cappello colorato, enorme a suo parere, per rendere l’idea di essere serie e diligenti, quasi come se fosse un protocollo vestirsi così.
Tacchi alti, tailleur, cappelli e guance rosse: una cinquantina di inglesi scorrazzava da una sedia all’altra per salutarsi educatamente. Buffi, certo, per questo li adorava.
Louise era pronta a porgere mano e guance ai suoi nuovi amici, sempre entusiasta, rendendo gli onori di casa al posto di Beth che si trovava felicemente tra le braccia dei suoi numerosi nipoti, ragazzi che Jasmine imparò a conoscere bene, frequentandoli spesso da quel momento in poi.
Si chiamavano Sarah, Beatrix ed Harry ed erano tutti e tre cugini. Le prime due di diciannove anni, l’altro di sedici. Umoristici e chiassosi, quello che la ragazzina non si sarebbe aspettata da qualche individuo inglese. Sconcertata dal loro poco perbenismo, si spaventò talmente tanto che cercò di evitarli per giorni e giorni, finchè un pomeriggio in cui stava aiutando sua madre al negozio Sarah non si presentò e la invitò al suo compleanno.
E nacque l’amore tra i quattro, finchè le due maggiori non dovettero partire per l’università.
«Verrete a trovarci, Londra non è lontana» aveva promesso Beatrix e se n’era andata portando con sé il carico di valigie, diretta verso il vagone del treno che l’avrebbe portata, insieme a sua cugina, verso una nuova vita, troppo diversa da quella in cui avevano vissuto.
Jasmine rimase a fissare il treno allontanarsi, pensando che era la prima volta che abbandonava qualcuno con cui aveva legato tanto. Nei numerosi viaggi che aveva fatto non aveva mai legato con nessuno proprio perché non aveva nemmeno il tempo di imparare una strada che sua madre aveva trovato una nuova meta. Era stancante, ma ci era abituata. Così quando vide andar via le sue due uniche amiche provò un nodo al livello dello stomaco, che non era il solito dolore dovuto ad un cibo che fa male.
Allora Harry le si era avvicinato e le aveva scherzosamente pizzicato la guancia, invitandola a tornare a casa.
E da allora quei due diventarono ancor più inseparabili.
«Il punto è, mia cara» aveva risposto il ragazzo che si trovava molto più avanti di lei «che sei una ragazza!»
Lei si era fermata col fiatone e aveva messo su un finto broncio. «E con questo?»
«Sei scarsa» e le si era avvicinato, cingendole le spalle con un braccio.
Jasmine prontamente gli tirò un pugno sul braccio, scherzosamente, e continuò il suo sembrare una bambina che faceva i capricci. Contrariato, Harry le si posizionò davanti, piazzando le grandi mani sulle spalle di lei.
«Così non va»
«Così come?» rispose ingenuamente lei.
Il ragazzo sorrise e le stampò un bacio a ridosso delle labbra rosee di Jasmine, stando attento a scrutare il rossore che si formava a poco a poco sulle sue guance. Era fantastica. Più di una volta avrebbe desiderato farlo anche quando non poteva, amava le sue labbra e il suo essere deliziosamente dolce e timida in qualsiasi cosa facesse.
«Perché respiri ancora affannosamente?» chiese poi, sorridendo maliziosamente.
Lei sbuffò. «Non vale. Ho corso e ho la tachicardia»
«Sicura che non sia per me?» continuò imperterrito lui, poggiando la fronte alla sua.
La ragazza scosse il capo delicatamente, scrutando gli occhi verdi di lui, così lucenti e particolarmente inglesi. Era gelosa del suo essere bellissimo in qualsiasi cosa facesse, anche quando era in condizioni orribili come quando tornava dalle partite di calcio.
«Smettila» lo incitò provando ad allontanarsi, cosa che non riuscì a fare, attirata dal corpo di lui.
«Non me la prenderei mica se ammettessi che ti piace tutto di me»
Jasmine chiuse gli occhi e respirò l’odore di lavanda misto al dopobarba del ragazzo davanti a lei profondamente. Non poteva crederci: la stava mettendo in difficoltà e lei non riusciva ad arrabbiarsi, ma anzi stava sorridendo come un’ebete al vuoto.
«Davvero, smettila» spalancò gli occhi e rimase ancora sbalordita dalla bellezza che le si presentava davanti. E il mare sullo sfondo non c’entrava nulla.
Harry rise sguaiatamente e la prese per mano, facendola camminare verso la scogliera. Lei ovviamente sapeva dove erano diretti ed aveva già immaginato la scena in cui avrebbe ammesso ciò che le era difficile esprimere: non era mai stata brava con le parole, né tanto meno con i gesti.
Il ragazzo si sedette nel piccolo spazio nascosto, davanti al mare, facendo accomodare Jasmine sulle sue gambe. E, pensava la sedicenne, non c’era stato momento più imbarazzante di quello.
I gabbiani volavano alla ricerca di qualche pesce per nutrirsi, i pescatori urlavano parole di avviso perché stavano pensando al guadagno che avrebbero ricavato con il pesce che avevano catturato.
Non poteva esistere niente di più bello.
Jasmine rimase tesa tutto il tempo, mentre sentiva accarezzare i suoi capelli, mentre Harry col naso incollato alla schiena di lei ne annusava l’odore delicato e, addirittura, mentre la mano di lui aveva stretto la sua con una dolcezza infinita.
«Io ammetto di essere innamorato di qualsiasi cosa ti appartenga»
E i battiti cominciarono a calare.
«Perché non lo fai anche tu?»
Tipico di Harry: ti incantava con le sue parole e subito dopo rompeva l’atmosfera. Di certo la ragazza non avrebbe resistito a lungo e glielo avrebbe confessato.
Stretta nel suo cappotto primaverile, Jasmine fissò l’orizzonte, immaginando la vita di una francesina della sua età. Probabilmente sarebbe stata sulla sua spiaggia soleggiata a prendere il sole e a mangiare baguette ed escargot ripiene, col suo fascino da ragazza sbarazzina.
«A cosa pensi?» ci riprovò ancora lui, sperando in una risposta.
«Lo sai a cosa sto pensando» rispose pacata lei, cercando di pacare il battito del cuore che ora aumentava a dismisura.
Lui annuì, poggiando il mento sulla spalla di lei. «E perché non me lo dici?»
«Come on skinny love what happened here?» sussurrò in un inglese perfetto.
«È successo che ci siamo innamorati, no?»
Jasmine annuì con veemenza, sentendo il cuore sciogliersi.
«Lo ammetto» sbuffò quasi stanca di quella tensione che lei stessa aveva creato.
E non ci furono più dubbi.
Lei lo aveva reso felicissimo. Lui l’aveva resa incredibilmente consapevole del fatto di non essersi sbagliata quando si era innamorata del luogo in cui era arrivata qualche anno prima con sua madre, quasi conoscendo la propria sorte, quasi commettendo il fatale – ma bellissimo – errore di cadere tra le braccia di una persona tanto bella e forte.
Non ci furono più dubbi sul serio: haven era davvero un posto magico.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: younghearts