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Autore: Elizabeth_Tempest    08/01/2013    5 recensioni
Nella Danimarca settecentesca, il destino di una testarda contessa e di un misterioso giovane venuto da lontano s'intrecceranno.
"Friederieke guardava fuori dalla finestra, annoiata, rigirandosi pigramente il lavoro tra le mani; il cucito non l’aveva mai entusiasmata, lo aveva sempre trovato noioso dato che non ne trovava una vera utilità pratica –del resto i suoi abiti arrivavano sempre da qualche sartoria della capitale, dove suo padre spendeva un vero e proprio patrimonio per farle avere sempre i modelli più in voga alla corte francese.
Si concentrò sul ricamo, tentando di ricordare cosa fosse di preciso… forse un usignolo? si chiese, lanciando un’occhiata perplessa ai fili azzurri.
Non le sovvenne nulla ed alzò lo sguardo, sperando di poter sbirciare il lavoro della signorina Bernstein che invece pareva tutta presa dalla sua opera e la teneva in modo tale che la fanciulla non potesse vedere cosa stesse ricamando." [dal primo capitolo]
La storia è ambientata prima degli eventi di The Lost Canvas, ed è collegato ad uno dei gaiden.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Pisces Albafica
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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 Capitolo IX

Iedike mandò il cavallo al galoppo, ma poi lo rallentò ad un trotto sostenuto una volta arrivata al villaggio: non voleva travolgere nessuno e, grigiore o no, i bambini avevano sempre la brutta abitudine di bighellonare proprio nel mezzo della strada. Uscì dal villaggio, passò il ponte ed infine arrestò la bestia davanti alla casa di Jens. Smontò, legò il cavallo e bussò.

-Jens, sono Iedike, aprite.- disse. Subito la porta di legno robusto si schiuse e Cane balzò fuori, facendo le feste alla fanciulla. –Giù, Cane.

L’anziano fece per salutarla, ma scorgendo la sua espressione, un misto di tristezza, disperazione e confusione, la fece entrare senza dire nulla; la casupola non era vuota però: Albafica Van Dijk era seduto al tavolo sbilenco.

-Monsieur Van Dijk, di nuovo buongiorno.- disse la giovane, con una riverenza.

 

Albafica aveva dormito ben poco: il sonno era stato irrequieto, pieno di sibili e sussurri strani, inquietanti. Si era svegliato di soprassalto, ma non ricordava il perché, così aveva deciso che era inutile perdere altro tempo ed era andato a trovare il vecchio Jens Andersen.

L’uomo l’aveva accolto nella stanza principale della sua malmessa e modesta dimora, offrendogli la solita grappa, che però il ragazzo aveva rifiutato: ormai conosceva bene gli effetti di quel liquido malefico e voleva evitare di ritrovarsi di nuovo gola e stomaco in fiamme.

-Allora, vi siete divertito, oggi al maniero?- chiese l’anziano, quando il giovane Piscis si fu accomodato.
-Direi che è stata una visita educativa.- rispose Albafica.

-Oh, immagino… allora, le baronessine Eckersberg sono di vostro gusto?- inquisì l’uomo, con un sorriso bonario e divertito dipinto in volto.

-Se potesse, le chiederei in sposa entrambe, domattina.- rispose il giovane, a tono, facendo un mezzo sorriso.

Jens si mise a ridere. –Ah! Allora avete anche senso dell’umorismo! Bene, bene. Mai fidarsi di chi non sa farsi due risate. Ora, torniamo a noi.- iniziò, tornando serio –Che idea vi siete fatto?

Albafica si strinse le spalle. –Uhm… difficile a dirsi. Ho escluso il conte, sua sorella e le sue nipoti e la signorina Bernstein, ma…- tacque un secondo, cercando le parole giuste –Ma ho ancora dubbi sul conte Ludvig e sulla contessa.

Jens bevve un sorso di grappa, poi annuì. –Comprendo e credo sia giusto così, che vi facciate le vostre idee… ma credetemi, quella povera bambina non c’entra nulla, ve lo posso giurare sulla tomba di mia moglie e di mio figlio. So che può sembrare un tantino strana… ma che dico, quella ragazzina è strana, ma non è cattiva e non farebbe del male a nessuno, tranne, forse, a sua cugina.

-Non intendevo accusarla.- disse il giovane straniero, colpito. Non erano le parole di un servo, erano quelle appassionate e piene di affezione di un padre.

-Lo so.- rispose Jens –Lo so bene. Vi prego, fidatevi di lei, Friederieke…- ma non potò continuare, poiché si udì il suono di zoccoli che si avvicinavano, un nitrito e poi un bussare insistente.

-Jens, sono Iedike, aprite.

-Parli del Diavolo, spuntano le corna.- sorrise l’anziano, alzandosi scortato da Cane, che poi balzò addosso alla contessa. Albafica rimase al suo posto, in silenzio, guardandola entrare: non indossava più l’abito rosso, ma uno marrone scuro, semplice, adatto alla cavalcata. Il viso lo attirò: sembrava molto pallida e gli occhi erano inquieti, incapaci di posarsi stabilmente su qualsiasi cosa, non pareva la stessa giovane donna di poche ore prima, come se fosse tormentata da chissà quali orribili e spaventosi pensieri.

La contessa gli rivolse una riverenza ed un saluto, ma la voce sembrava incerta; si sedette anche lei al tavolo. Jens le versò una chicchera di grappa. –Bevete bambina, che pare ne abbiate molto bisogno.

La giovane prese la tazza e mandò giù quel fuoco liquido, ma evidentemente su di lei, che aveva sangue danese nelle vene, l’effetto non era lo stesso di quello che aveva sul Saint, perché non diede nemmeno segno di aver bevuto un alcolico tanto forte.

-Contessa, parlate pure. Avete una faccia, qualcosa vi preoccupa.- la esortò l’anziano stalliere.

La ragazza tacque per qualche istante, poi sospirò. –Dovevo parlarvi di quella questione, ricordate, no? Ma penso di aver sbagliato momento, avete ospiti…

Jens si sedette e scrollò il capo. –No, parlate liberamente davanti al signor Van Dijk. Lui sa.- disse, alzando un sopracciglio. –Potete fidarvi.

Friederieke rivolse uno sguardo indagatore ad Albafica. Tu sai davvero?

Il giovane semplicemente annuì e, se non fosse stato il cavaliere di Piscis, le avrebbe preso le mani, per rassicurarla. –Non abbiate paura di parlare davanti a me.

-Potrei sembrarvi pazza, signor Van Dijk.- gli rispose la giovane –Perché nulla di ciò che devo dire pare avere un senso.

-Non è necessario che esista un senso, se qualcosa è vero.- la rassicurò il giovane straniero.

La contessa sospirò. –Jens vi ha parlato del grigiore, immagino.- Albafica annuì. –E’… quando è nato, era limitato soltanto al villaggio e nemmeno a tutto… si è espanso pian piano, di giorno in giorno, per mesi, dal centro del borgo fino alle ultime case e poi verso i campi. All’inizio pensavamo fosse solo quella malinconia che coglie la mia gente in inverno, ma più passava il tempo, più peggiorava: la gente iniziava ad essere sempre più stanca e svuotata. Ad un certo punto Frydenjord si è popolata di… morti che camminano. La gente si alzava la mattina, andava nei campi e tornava la sera. Qualcuno andava all’osteria, altri rimanevano in casa, ma… ma è come se avessero smesso di vivere, persino i bambini non ridono più, giocano come se fosse un loro dovere, ma non si divertono. Questo è un villaggio di fantasmi, che ogni tanto si riscuotono per qualche spaventoso attacco d’ira, come se fossero delle belve assetate di sangue. E ora questa sensazione spiacevole, di stanchezza, che provo stando al villaggio, la provo anche al castello. Pian piano… è come se fosse una foschia che lentamente sale dai campi e oggi è finalmente giunta nella mia dimora. Mi sono sentita così stanca…- spiegò.

Jens strinse la bocca in una linea sottile e amara. –E così il morbo si propaga… Se continua così, fra qualche mese sarà ad Århus… e poi in tutta la Danimarca. Friederieke, altri ne risentono, su al castello?

La ragazza scrollò il capo, ad occhi bassi. –Non lo so… forse la signorina Bernstein, negli ultimi giorni sembra sempre immersa in uno strano torpore… e forse anche mio padre, è già un uomo cagionevole di salute…

-Chi è di mente debole è il primo a cedere al grigiore.- disse Jens al giovane ospite. –L’ho notato quando ha iniziato a diffondersi. Attacca la mente delle persone e le loro anime, non il fisico. Su di me ha pochi effetti, per via del mio Cosmo, che seppur infimo, c’è. E anche voi, Iedike, siete stata poco intaccata perché avete una mente forte…

La giovane sospirò. –Temo che vi sbagliate… ho una mente forte, ma è come se anche il morbo si fortificasse, ormai sta intaccando anche me.

Albafica sentì una fitta al cuore, uno strano e doloroso dispiacere. No, il grigiore non poteva incantare anche la contessa! La Stella Malefica non poteva sacrificare anche lei a Hades! Non poteva permetterlo e non voleva che accadesse perché… ma quando provò a pensare al perché, non lo trovò. Sapeva solo che voleva che lei si salvasse. Di certo perché era una creatura innocente, non poteva essere altrimenti.

-Contessa, se avete tenuto duro fino ad adesso, significa che siete forte. Non disperate.

-Come posso non disperare, signor Van Dijk? Se nessuno ci aiuterà… non voglio nemmeno pensarci.- rispose la giovane.

-Ma il signor Van Dijk è qui per aiutarci, bambina.- s’intromise Jens. Rivolse uno sguardo al guerriero. Fidatevi di lei, non ve ne pentirete. Aiutatela.

-Dite davvero?- la fanciulla si rivolse a Jens, con gli occhi sgranati pieni di speranza, poi si voltò verso lo straniero –È vero, signor Van Dijk? Ci aiuterete?

Albafica annuì.

-Ma… come potete voi, che siete un uomo, sconfiggere questa piaga?- chiese la ragazza.

Jens prese un’altra tazza e la mise di fronte al suo ospite, poi versò grappa per tutti. –Mi sa che sarà un lungo pomeriggio.

Albafica sospirò.

 

-E così la contessina inizia a sospettare, eh?- era rimasto in silenzio per tutto il tempo, ascoltando il riassunto del suo sottoposto. Fece un sorriso. –E allora lasciala sospettare.

-Non è rischioso?- chiese l’interlocutore.

-Come hai detto tu, potrebbe tornarci utile, molto utile. Quel Jens la sa fin troppo lunga e quello straniero... non mi fido di lui. Credo che non sia chi dice di essere.-

Poteva essere che quella vecchia volpe del Patriarca…? Scrollò il capo, infastidito dal pensiero.

-E allora chi è?

-Non lo so ancora, anche se ho un sospetto e se fosse fondato... ma ne riparleremo, ora torna al maniero e tieni sottocontrollo quella mocciosa.- ordinò, seccato.

-Sì.

-La ragazza può esserci utile, ma può anche scoprire troppo e riferire a quel vecchiaccio.- ammonì il suo sottoposto. Non si fidava di Friederieke Frydendahl, fin troppo sveglia, per essere così giovane.

-Non accadrà.

-Oh, ne sono certo. Hades ti ricompenserà bene…- rise.

 

Iedike aveva ascoltato, senza fiatare, tutto il racconto di Albafica Van Dijk e ad ogni parola la sua iniziale incredulità aveva lasciato il posto ad una certa irritazione. Lei parlava di cose serie e quei due… disgraziati si beffavano di lei?!

E quindi quel giovane olandese avrebbe dovuto essere uno dei… Saint di Athena? Un guerriero in grado di distruggere una montagna con un pugno e di spostarsi più veloce del vento, che combatteva in nome della dea pagana Athena, signora della giustizia e protettrice dell’umanità, ora impegnata nell’eterna guerra contro il dio degl’Inferi Hades?!

Ma… la credevano una bambina credulona o cosa?

Cercò di mantenersi calma: sia Jens che il signor Van Dijk avevano bevuto, probabilmente l’alcol aveva annebbiato loro la mente.

-Signori… direi che è una storia interessante, ma davvero pensate che io possa credervi?- chiese –Per l’amor di Dio, sono favole da ubriachi o storie da raccontare ai bambini per farli addormentare!- esclamò, indignata.

Jens sospirò: doveva immaginare una simile reazione, dopotutto Iedike era stata cresciuta da timorati di Dio che nulla sapevano della realtà del mondo. –Contessa, state calma…

-No che non sto calma! Mi sono fidata di voi, vi ho raccontato… e tutto ciò che ottengo è che vi prendiate gioco di me?!- disse. Sentiva di avere le lacrime agli occhi, come aveva potuto essere tanto sciocca ed ingenua?

Albafica intervenne. –Vi prego contessa, credetemi. Sono stato sincero, non mi sto affatto prendendo gioco di voi.- le disse, con un tono di voce ragionevole e un poco supplichevole.

-E allora dovete essere pazzo o ubriaco, signore.- gli venne risposto.

-Iedike, non fate così. So che è difficile da comprendere, ma… fidatevi bambina, mia moglie vi fu madre di latte, dovrà valere qualcosa.- le disse Jens –Se proprio non ci credete, il nostro signor Van Dijk vi dimostrerà di non avervi mentito.

La ragazza, ormai stanca di quella situazione, si alzò e fece per andare alla porta, ma Albafica, decidendo che ormai, dopo averle detto tutto, doveva pure convincerla, in qualsiasi modo fosse necessario, le comparve davanti. Si era mosso alla velocità della luce e la contessa non aveva potuto certo vedere il movimento, quindi la ragazza lanciò un urlo sorpreso e atterrito.

-Che stregoneria è mai questa?! Come avete fatto?!- disse la ragazza.

-Ve l’ho già spiegato, mi pare.- le rispose.

Friederieke Frydendahl si voltò verso il suo vecchio amico, che annuì, poi si voltò a fissarlo negli occhi.

-È tutto vero.

Albafica annuì. La ragazza si portò le mani davanti alla bocca, mentre gli occhi le diventavano lucidi: se il racconto dello straniero era veritiero, come avrebbero potuto battere un dio?!

-E allora è tutto perduto. Frydenjord è perduta. La mia famiglia è perduta.- sussurrò.

Jens si alzò e le mise una mano sulla spalla. –No, non lo è. Il signor Van Dijk è uno dei Saint più potenti, saprà come aiutarci. Confidate in lui, Iedike. E voi, Saint di Piscis, abbiate fiducia in questa giovane, come alleata vale certo più di me. Signorina Friederieke, siete disposta ad aiutarci?

La ragazza annuì. –Per il bene del villaggio, di mio padre e di mio fratello. Ma cosa posso fare io?- chiese.

Albafica le fece un mezzo sorriso rassicurante. –Conoscete questo posto meglio di me e potete arrivare là dove Jens non può. Dovrete essere i miei occhi e le mie orecchie, signorina contessa.

La fanciulla tentennò per un istante, poi gli rispose. –Ebbe, così sia. Vi aiuterò.




Allora? Dubbi? Sospetti? Teneteveli, che con Beth, non si sa mai che succederà XD

   
 
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