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Autore: Alys_90    11/01/2013    3 recensioni
-Sana addio. È finita, non cercarmi mai più-. E così dicendo rientrò.
Akito Hayama mi aveva davvero lasciata. E per di più in quella squallida maniera.
Corsi via, disperata.
-ADDIO!-.
Akito ha lasciato Sana. Come procederà la vita di entrambi? Sarà stato un addio definitivo oppure torneranno nuovamente insieme?
A tal riguardo, un grande segreto verrà a galla e scompiglierà le vite di tutti i protagonisti ..
Questa è la mia prima Fanfiction! Spero sia di vostro gradimento!
Dedicata a Simone, il mio adorabile fratello. ♥
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! :-)
Ecco qui il primo capitolo! Si tratta di un POV di Sana. Per alcuni capitoli alternerò il racconto dal punto di vista sia di Sana, che di Akito.
Ho letto le vostre recensioni e dico subito che il vero motivo per cui lui ha lasciato lei verrà chiarito più avanti!
Tuttavia, molto ancora dovrà accadere e ci saranno inattesi colpi si scena! :-)
Spero vivamente che continuiate a seguirmi! Un bacio!
Ps: aggiornerò la prossima settimana, causa preparazione esami universitari!
_(Non ho seguito la realtà dei fatti per quanto riguarda l’istruzione giapponese, presente all’interno del capitolo).

 

SETTEMBRE
Il sole filtrava dalle finestre socchiuse ed illuminava di luce il mio morbido copriletto rosa confetto. Sentii il suo calore inondarmi il viso ancora addormentato, reduce da una notte insonne.
Non avevo chiuso occhio, causa primo giorno di scuola da diciottenne liceale. Il tempo era passato talmente in fretta che tutto era cambiato. In negativo, direi.
Io, la piccola ed esuberante Sana, cresciuta in un mondo da star, odiata, presa in giro, schernita, venerata, adorata, Amata. Sì, Amata con la a maiuscola. Amata dalla famiglia, dagli amici, da lui. Da Akito. No, basta.
Mi alzai di botto dal letto, corsi in bagno per una bella doccia fresca, mi vestii, mi truccai velocemente e scesi in cucina. Silenzio assoluto. Mama probabilmente stava ancora dormendo. Preparai la colazione, con tanto di cornetti alla crema, succo di frutta e latte scremato, la mia preferita.
Mangiai di fretta e corsi alla porta. Esitante, mi fermai sulla soglia con la mano appoggiata sulla fredda maniglia. Uscire da casa quel giorno significava ritornare a soffrire, a star male, a fingere indifferenza. A fingere di essere felice. A fingere di non provare più nulla. L’estate era ormai finita ed era stata la più brutta che avessi mai trascorso. Che triste non riuscire a riprendersi, ad accettare la realtà. Ma, in qualche modo dovevo farcela, dovevo almeno provarci. Per il bene mio e delle persone che mi stavano accanto.
Uscii, camminai lungo il vialetto che portava al cancello senza voltarmi, perché sapevo per certo che, se l’avrei fatto, non sarei più stata capace di continuare, di procedere. Sarei tornata indietro, nel mio rifugio sicuro, nel mio nido protetto, dove niente e nessuno può intralciare la mia vita, i miei rari momenti di serenità.
Dovevo combattere e venirne fuori vittoriosa. Ebbene, era davvero un mio dovere.
Quei mesi erano stati troppo frenetici, troppo impegnativi. A giugno mi avevano offerto di girare uno spot su una nota marca di cosmetici e accettai; a luglio ero stata chiamata per essere protagonista di un divertente programma per bambini, chiamato “La trottola blu” ed ero molto emozionata di poter entrare a farne parte; alla fine del mese, inoltre, ho dovuto impegnarmi a recitare uno sceneggiato con Asako, Naozumi e altri attori. Solo ad agosto ho potuto godere di un po’ di relax, di svago, di amore.
Già perché per stare con il ragazzo che amo avevo avuto poco tempo, l’avevo trascurato per  stare al passo con il lavoro, non gli avevo dato considerazione, presa com’ero dal mio successo. Akito non me l’aveva mai fatto notare prima di quella fatidica sera, per tutto il tempo era rimasto in silenzio, ad osservarmi, ad accettare il mio comportamento da stupida egoista. E poi più nulla. I suoi occhi color nocciola, i suoi capelli biondo splendente, il suo viso angelico, le sue morbide mani erano sparite. Lui era sparito. Se ne andò, abbandonò il mio affetto, ignorò i miei sentimenti. Ora ero sola insieme ai rimpianti, ai rimorsi, al senso di colpa per aver anteposto i miei incarichi. Lui, il mio miglior amico e nemico, l’uomo che mi ha fatto innamorare, che mi ha accolta tra le sue braccia, che mi è stato vicino nei momenti più bui della mia esistenza, che mi ha fatto perdere la testa.
Da quel maledetto giorno non ci parlammo più. Nemmeno un “Come stai?”, né semplicemente un “Ciao”. Da oggi avrei dovuto sopportare di vederlo, di sentire la sua voce, calda ed elegante come solo lui ha. E la prospettiva era alquanto difficile da accettare. Non dovevo avere ricadute, non  dovevo scoppiare a piangere, non dovevo lamentarmi. In fondo era colpa mia se l’avevo perso, se le nostre strade si erano separate.
Ma era davvero quello il motivo per il quale aveva deciso di lasciarmi? Non era da lui. Ci avevo pensato e ripensato, ma entrare nella mente di Hayama era un’impresa assai difficile, se non impossibile.  
Fra un mese sarei dovuta partire, destinazione Italia, per il nuovo film, con tutto il gruppo di recitazione, compreso Naozumi. Forse era lui la causa della nostra rottura. Ma era già capitato centinaia di volte e Akito non aveva mai dato peso alla questione. Non volevo chiedergli spiegazioni, no. Altrimenti, la mia debolezza avrebbe preso il soppravvento. Non ci dovevo pensare, punto.
I nostri amici erano gli stessi, pur se nella compagnia si respirava una certa tensione, un’atmosfera di imbarazzo mista a sconforto.
Che sciocca. Avevo strappato pagine di diario con scritto il suo nome, gettato i regali, urlato dal dispiacere e dall’amarezza. Solo dopo mi resi conto del disastro, di quello che gli avevo fatto, che avevo fatto a noi, alla nostra storia, andata in frantumi come un vetro rotto, i cui mille pezzi si spargono ovunque.
Con questi pensieri arrivai a scuola. Ero preoccupata, non sapevo cosa mi aspettava, quale sarebbe stata la mia reazione nel rivederlo. E la sua.
Entrai a passo deciso, speranzosa di non trovarlo, di non incrociarlo nel corridoio.
Vidi Aya venirmi incontro, con Tsuyoshi e Hisae.
-Buongiorno Sana!- dissero in coro.
-Ciao ragazzi! Siete pronti per iniziare quest’anno scolastico con grinta ed allegria?!-. Proprio io parlavo di grinta ed allegria.
-Certo! Caspita, ci conosciamo dalle elementari e ora siamo qui, tutti insieme!- esclamò Tsuyoshi. I discorsi che faceva puntualmente da otto anni.
Ci raggiunsero anche Fuka, Mami, Gomi e altri nostri compagni.
-Ciao!-
-Ma ciao Fuka!-
-Hei Sana!-
-Mami, Gomi!-
-Come stai?-
-Bene, grazie-. Non era vero. Non stavo per niente bene. E lui? Dov’era?
Fuka mi guardò e capì subito che avevo detto una bugia bella e buona. Lei mi comprendeva sempre, era un’amica speciale, una di quelle persone con cui entri in sintonia già dal primo istante. Lei e Akito erano rimasti buoni amici, senza provare alcun rancore l’uno per l’altra. La loro storia era finita ormai da tempo, da troppo tempo.
-Amici, sta arrivando Hayama!- sentii dire Tsuyoshi alle mie spalle.
“Oh no, e adesso? Che faccio?”
Mi voltai e lo vidi. Era bellissimo, come sempre. Camminava con il suo caratteristico passo, mani in tasca e sguardo basso. Si avvicinava sempre più, ed io mi paralizzai. Che avrei detto? “Ciao Akito, come va? Tutto ok?”. No.
-Salve a tutti-. Freddo e gelido come il ghiaccio. Incrociai il suo sguardo, che subito distolse, rivolgendosi agli altri.
"Drin", la campanella. Le lezioni iniziavano.
-Ci vediamo alla mensa più tardi!-
-Certo, a dopo!-
E ci dirigemmo ognuno nella propria classe. Akito non era con me, e almeno di questo ero grata. Andai verso la 5-3, ma prima di entrarvi mi girai verso l’aula accanto, la sua. La porta scorrevole era aperta e sentii il borbottio al suo interno. A quanto pare l’insegnante non era ancora arrivato e gli alunni ne approfittavano per parlare e sghignazzare.
Feci per raggiungere il mio banco, ma una testa bionda fece capolino accanto a me. Hayama. Mi guardò a lungo, senza batter ciglio. E io feci lo stesso. La mia mente stava viaggiando, il mio cuore batteva talmente forte che credo quasi che lo abbia sentito.
-Sana entra! Che fai lì immobile? Avanti!- proferì ad un certo punto Aya.
-A-a-a-arrivo..- bofonchiai senza staccare gli occhi da quelli di Akito.
“Sana ma che stai facendo?”
Con tal domanda che regnava nella mia testa, finalmente mi volsi e mi diressi al mio posto.
 
 
 
 
  
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