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Autore: Tomi Dark angel    11/01/2013    4 recensioni
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e…
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il vento smise di accarezzare le foglie dell’albero.
Gli uccelli interruppero bruscamente il loro canto, virando a nord, lontano.
Il sole si oscurò, coperto da nuvole massicce e nere come la pece.
La natura acquietò ogni più piccolo suono, risucchiandolo in un pozzo di cupa attesa, di trepidante paura per ciò che sarebbe dovuto accadere di lì a poco.
Ramiel e Gabriel si fronteggiavano, irradiando luce su ogni punto della collina altrimenti oscurata dalle nuvole. L’aria e la terra cominciarono a vibrare così forte che Sam cadde in ginocchio, perdendo l’equilibrio, ma incapace di staccare gli occhi dalla scena che gli si parava dinanzi.
Non aveva mai visto Gabriel così infuriato, così pronto alla battaglia, nemmeno quando Raphael li aveva attaccati. Sembrava una montagna imponente e irremovibile, con quegli occhi pervasi di gelida decisione, le labbra strette e i muscoli gonfi sotto gli abiti. Guardandolo, Sam ebbe paura: in lui non c’era più traccia del caldo, giocoso Gabriel, che adesso aveva lasciato il posto a un’entità imperscrutabile, bellissima e terribile. Era chiaro che se anche il cacciatore si fosse intromesso, non sarebbe riuscito a fermarlo, e questo era agghiacciante quanto un cane col sangue agli occhi e la bava alla bocca che punta la gola di una preda. Era possibile fermare quel mastino durante il salto?
Le ali di Gabriel e quelle di Ramiel si distesero in tutta la loro imponente grandezza, stiracchiando le piume affilate e splendenti come tanti piccoli punti luce. Nonostante una delle ali di Gabriel fosse ferita, era chiaro che le sue fossero almeno due volte più splendenti di quelle di Ramiel, che emanavano un cupo riflesso blu che contrastava con l’oro pallido dell’avversario come un sole contrasterebbe in un cielo notturno.
Fu un attimo, un battito di ciglia. Sam sentì l’aria immobilizzarsi, vibrare più forte e un istante dopo ci fu un esplosione che lo scagliò via, facendolo rotolare sul bordo della collina fino a urtare dolorosamente la schiena contro un masso sporgente dal terreno che arrestò la caduta. Un vento gelido lo investì e istintivamente Sam chiuse gli occhi un attimo prima che la luce invadesse l’aria, forse il mondo, spazzando via ogni cosa nel raggio di miglia.
Si udì un boato e, socchiudendo gli occhi, Sam avvistò con fatica le due sagome degli arcangeli che lottavano in un serrato corpo a corpo fatto di lame argentate che fendevano l’aria e la carne. Entrambi si muovevano con la scioltezza di due gatti, danzando nell’aria così in fretta da sembrare due comete che sfrecciavano da una parte all’altra dell’intero universo. Le ali si piegavano, sbattevano e sfioravano l’avversario nell’intento di ferirlo abbastanza gravemente da costringerlo a una distrazione fatale. A volte le piume dei due arcangeli si incrociavano con violenza, emettendo un vibrare cristallino, come di vetri che si schiantano senza andare in pezzi. Le scintille che ne sprizzavano erano la prova della durezza micidiale di ogni penna.
Era uno spettacolo mirabile per i pochi che riuscivano a contrastare con gli occhi la luce emanata dai due arcangeli che di tanto in tanto gemevano o urlavano con la loro vera voce, facendo sanguinare le orecchie di Sam che tuttavia si rifiutò di coprirle. Tutta la potenza dell’universo sembrava concentrarsi nei colpi delle due magnifiche creature alate, le quali generavano un boato come di tuono e un bagliore accecante ad ogni stilettata incrociata con l’avversario.
Sam si guardò intorno e vide con orrore la terra bruciata, tranne che nel piccolo punto in cui si trovava. Gabriel doveva averlo protetto dalla potenza distruttiva dello scontro iniziale.
Si alzò barcollando, cercando di combattere le raffiche di vento che gli graffiavano la pelle, facendo a brandelli i vestiti. Ciò che vide lo lascio basito: in lontananza non v’era più una traccia di verde e per miglia e miglia le colline si presentavano completamente annerite o addirittura tranciate in due come se una spada gigante le avesse fatte a pezzi.
Un tuono fu liberato dal cielo e Sam tornò ad alzare gli occhi verso i due arcangeli. Gabriel era retrocesso per piegare un braccio e portarsi una mano davanti al viso. Il fulmine piovve dal cielo per concentrarsi in tutta la sua accecante potenza nel palmo dell’arcangelo, il quale distese all’istante il braccio, facendo esplodere la crepitante saetta contro Ramiel, che tuttavia compì un ampio gesto con un entrambe le braccia facendo materializzare davanti a sé uno schermo etereo ma dai riflessi argentati sul quale rimbalzò il fulmine, che si andò a schiantare su una collina poco lontana, spaccandone la vetta.
All’improvviso Ramiel si voltò per incrociare gli occhi di Sam. Ghignò.
-Tieni molto al tuo ragazzo, vero, Gabriel?- gridò in modo da essere sentito da entrambi.
Sam strabuzzò gli occhi, incespicando all’indietro quando capì cosa avrebbe cercato di fare Ramiel. Vide l’arcangelo sollevare la mano che impugnava la spada angelica e scagliarla con forza verso di lui. Il lancio fu talmente veloce che Sam non lo vide, ma si accorse chiaramente del lampo dorato che aveva intercettato la traiettoria dell’arma.
Gabriel gridò con la sua vera voce mentre la lama penetrava nella sua spalla e contemporaneamente Ramiel gli si scagliava addosso come un proiettile. Quando si scontrò contro Gabriel, il rumore prodotto fu uno schianto assordante, ampliato nel momento in cui entrambi gli arcangeli piombarono in cima alla collina, a pochi passi dalla lapide di Kendra, l’unica cosa rimasta intatta insieme all’albero…
Sam spiccò una corsa incerta verso i due arcangeli che cadendo avevano generato un cratere profondissimo, dando vita alla buffa imitazione della bocca di un vulcano.
Ramiel salì a cavalcioni di Gabriel e rigirò la lama nella sua carne, allargando la ferita. Gabriel urlò di nuovo, sbattendo disperatamente le ali per il dolore. La sua luminosità diminuì, scemando velocemente insieme alla vita che gli scivolava via dalle dita. Aveva gli occhi sbarrati, le labbra ancora spalancate in un gemito talmente sofferente da costringere Sam a coprirsi le orecchie per non doverlo ascoltare.
-Credevi di cavartela davvero, traditore che non sei altro?- ruggì Ramiel, alzandosi per assestare un calcio sul fianco di Gabriel. L’arcangelo gemette ma utilizzò tre delle sei ali per cercare di rialzarsi. Le sbatté con foga, generando un vento profumato che tuttavia fu insozzato da diversi schizzi di sangue.
Sam non si azzardò ad avvicinarsi alla scena. Sapeva che lanciarsi a testa bassa contro Ramiel sarebbe stato un autentico suicidio, perciò fece l’unica cosa che gli suggeriva il buonsenso: corse verso l’albero, le cui foglie tremavano ferite, forse per il suo legame con Gabriel. Il tronco di piegò ferito, le foglie cominciarono a cadere.
Sam si arrampicò sulle radici, graffiandosi le mani e spezzandosi le unghie nella foga di fare presto.
-Pensavi davvero di poter tornare ad amare, fratellone? Non hai ancora imparato la lezione, vero? Be’, sappi che del tuo… sentimentalismo, il paradiso non se ne fa niente! A Dio servono dei soldati che lo servano, non degli angeli che giocano a interpretare Romeo e Giulietta!- ruggì Ramiel, assestando un altro calcio sul fratello. Gabriel sputò un grumo di sangue, guardando impotente il liquido argentato della sua Grazia che scivolava fuori dagli occhi, dalla bocca e dalle orecchie. Quello era il suo ultimo atto, i suoi ultimi momenti, e li avrebbe passati da angelo libero.
Piantò le dita nel terreno e si fece forza per alzarsi in piedi, perdendo sangue a fiotti dalle numerose ferite, le stesse che riportava lo stesso Ramiel.
-Ti sbagli, fratello.- mormorò. –Perché dimentichi cosa ci ha generati? Nostro Padre non è il generale di un esercito, non lo è mai stato e mai lo sarà. Non ci ha mai chiesto di ammazzarci a vicenda, non ha mai professato la violenza. Noi prendemmo le armi per difendere il debole e servire l’uomo, la perfetta creatura di nostro Padre. Ciò che davvero sarà rigettato dal paradiso non sono io, ma tu e coloro che combattono forti di una rabbia che differenzia solo i demoni dagli angeli. Un vero angelo si distingue per la pietà che lo conduce a risparmiare lo sconfitto, non per la sua vittoria riportata sul debole. Si è angeli quando l’amore ti spinge a immolarti per qualcuno di veramente importante o quando la speranza rafforza il tuo braccio innalzato a protezione dei deboli, che si tratti di uomini o bestie. Si è angeli quando si provano delle emozioni, Ramiel. Ora lo so, e mi pento solo di averlo scoperto soltanto adesso. Sappi tuttavia che no, non mi pentirò di aver amato un mezzo demone e no, non mi pentirò per avergli salvato la vita. Se con la mia morte potrò donargli un domani, allora ho motivo di andarmene col sorriso sulle labbra.-
Con un gesto repentino, Ramiel afferrò la spada che sporgeva dalla spalla di Gabriel e la estrasse. L’arcangelo non gridò, non gemette. Semplicemente, si accasciò al suolo guardando il cielo con occhi tristi ma soddisfatti. Soffiò debolmente e una delle nuvole più nere sbiancò e si dissipò come vapore, lasciando spazio a un sottile ma intenso raggio di sole che piovve poco lontano da lui. Se ne sarebbe andato, ma l’avrebbe fatto lasciandosi il sole alle spalle. Per lui andava bene così.
Sam cadde, sbattendo la testa contro il tronco. Sentì il sangue inzuppargli la fronte, forse colando da un taglio che si era appena procurato, ma non si fermò. Cominciò a tastare il tronco, gli occhi che saettavano disperati da una parte all’altra della pianta morente.
-Ti prego, ti prego…-
Sam tirò un pugno al tronco, sfogando la sua frustrazione. Sentiva i due arcangeli parlare, ma più di tutto sentiva la voce sfinita di Gabriel. Il suo arcangelo stava morendo per lui, e questo lo annientava. Se solo si fosse spostato dalla traiettoria della spada angelica di Ramiel…
Una lacrima sfuggì alle ciglia di Sam e cadde ai suoi piedi, sulle radici dell’albero, che fremette.
-Da questa parte.- disse una voce flebile, remota.
Sam si voltò e vide il fantasma di una ragazza appoggiata al tronco dell’albero. Aveva lunghi capelli neri, la pelle abbronzata e due ridenti occhi verdi che anche nella morte non avevano perduto il loro ardore. Guardandola, Sam non ebbe difficoltà a capire chi fosse in realtà quel fantasma.
-Kendra?- chiamò con voce spezzata e lei annuì. Si spostò con uno svolazzo della veste bianca che indossava e sfiorò la mano di Sam con gentilezza, sorridendogli.
-In nomine Patris, iubeo, quo statuit fidem meruit infirmos*- recitò Kendra con voce solenne.
-Eh?-
-Pensa a lui e chiedi aiuto non per te stesso, ma per chi adesso soffre in tuo nome.-
Detto questo, Kendra sparì.
-Aspetta!- gridò Sam, ma il fantasma non riapparve. Guardò il tronco e vi appoggiò una mano, chinando il capo esausto. –So che non sono uno che prega, ma almeno adesso ho bisogno della tua attenzione. Se ci sei, se sei in questo albero, Signore, ti prego… non portarmelo via. Forse sono solo uno stupido mezzo demone egoista e non potrei chiederti niente, ma non voglio che me lo strappino dalle braccia perché vederlo morire sarebbe come lasciarmi alle spalle una parte della mia anima già distrutta… ti prego… ti supplico, qualunque sia il prezzo da pagare in cambio, sono disposto a pagarlo… In nomine Patris iubeo, quo statuit fidem meruit infirmos.-
Si udì uno scricchiolio e lentamente il tronco dell’albero si contorse, costringendo Sam ad allontanare la mano. I nodi di legno scricchiolarono, si sciolsero e scivolarono di lato generando una lunga apertura ellittica che scoprì una spada incastonata a fondo nel cuore dell’albero.
Sam afferrò l’elsa con entrambe le mani e strattonò con tutta la forza che aveva. L’arma si liberò senza opporre resistenza, facendogli perdere l’equilibrio e rotolare ai piedi dell’albero.
Un fascio di luce avvolse la lama, facendola splendere di Grazia divina. Sam la fissò ammirato, pensando che sì, quella era decisamente l’arma perfetta di Gabriel.
La guardia crociata era fatta di quello che sembrava diamante e lavorata in modo che ogni suo braccio rappresentasse delle ali studiate nei minimi dettagli, tre per parte. Al centro vi era incastonato un cristallo al cui interno splendeva un bagliore dorato e da esso si diramava una fitta rete di simboli tribali prima incisi, poi in rilievo che davano vita a un sottile filo di cristallo che si staccava dall’arma per avvolgersi prima strettamente intorno all’elsa a due mani che culminava con una delicata lavorazione poi in volute più larghe intorno a un quarto della lama fatta di quello che sembrava oro massiccio, nonostante Sam sapesse che non poteva trattarsi di un materiale così debole. La forma della lama era lunga e sottile, maneggevole e splendida con le sue incisioni a rilievo infisse al centro esatto del piatto della lama.
-Ora basta, Gabriel. È finita!- ruggì Ramiel, calando l’arma verso il petto di Gabriel. L’arcangelo chiuse gli occhi e sorrise, soddisfatto del suo operato.
Il suo ultimo pensiero fu per Sam, per i suoi occhi chiari e per la morbidezza delle sue labbra. Era un buon modo per andarsene.
-Ma che…!-
Gabriel spalancò gli occhi e vide il fantasma di una donna aggrappato al braccio di Ramiel con tanta foga da farlo sanguinare mentre le unghie affondavano nelle carni. Gabriel ci mise qualche istante, ma alla fine riconobbe quei lunghi capelli neri, quel gentile viso di donna così come gli occhi di smeraldo.
Kendra.
Ramiel sbatté le ali con violenza, generando un vento che spazzò via il corpo leggero della ragazza. Kendra sbatté la schiena contro il bordo del cratere e svanì. Gabriel cercò di tendere una mano verso di lei, verso quello che era stata e che lui aveva amato, ma non riuscì a muoversi. Alzò gli occhi e vide un bagliore dorato, qualcosa di grosso e sottile che si alzava al cielo.
Non è possibile…
Qualcosa di grosso ma agile balzò dal bordo del cratere, dritto verso di loro. Uno scintillio di lama che cala, uno schizzo di sangue e il corpo pesante di Sam che rotolava nell’erba lasciandosi alle spalle la schiena squarciata di Ramiel. L’arcangelo urlò, lasciando cadere la spada angelica con un tonfo cristallino che si propagò nell’aria e piegò la schiena in una posa addolorata, gesticolando nel vano tentativo di sfiorarsi la profonda ferita sanguinante che aveva quasi tranciato di netto una delle ali di sinistra, quella di mezzo.
Ramiel rotolò nell’erba, lasciando libero Gabriel, il quale non riusciva a staccare gli occhi da Sam, in piedi poco lontano da lui con una vera spada da arcangelo stretta tra le dita. L’arma era lucente, molto più di quanto Gabriel ricordasse, ma non era questo il problema: un umano, un mezzo demone per di più, non avrebbe potuto impugnarla.
-TU!!! UMANO SCHIFOSO!!! Te ne pentirai!- gridò Ramiel, rialzandosi.
Sam spostò lo sguardo spossato su Gabriel. Occhi cangianti d’oro e smeraldo si mescolarono in un vortice di emozioni, di sentimenti. Le iridi di Gabriel ripresero lentamente lucentezza.
Uno sguardo d’intesa, un leggero annuire di Gabriel che si alzava a sedere con le ultime forze rimaste.
Ramiel scattò, furioso come non lo era mai stato in vita sua e ormai desideroso soltanto di spezzare il collo a quell’umano che aveva osato tanto, che si era azzardato a toccare un arcangelo come lui.
Sam lanciò la spada, che compì un arco sibilante ma preciso nell’aria rarefatta del campo di battaglia. Rimase indifeso, con le braccia leggermente spalancate, gli occhi sbarrati ora fissi sulla morte che veniva a prenderlo nascosta tra le vesti di un arcangelo infuriato.
Sam indietreggiò, sicuro di perdere l’equilibrio e cadere, ma al contrario andò a sbattere contro qualcosa di gelido, duro e liscio. Un braccio avvolto di luce gli circondò le spalle e una voce eterea, vibrante come fatta di cristallo gli sussurrò di chiudere gli occhi. Era un suono talmente melodioso che Sam avvertì i timpani doloranti placare ogni dolore. Ubbidì.
-NO!!! NO, ASPETTA!!!- urlò Ramiel, indietreggiando.
-Torna nell’ombra, creatura; il tuo posto non è più nell’alto dei Cieli.- ruggì Gabriel un attimo prima di appoggiare con grazia la punta della spada sul terreno per poi rialzarla con un violento scatto del braccio. Dallo squarcio dorato aleggiante nell’aria che si lasciò alle spalle la lama scaturì un potente fascio di luce luminoso come il sole e implacabile come l’ira di Dio.
Sam si tappò istintivamente le orecchie con le mani e premette il viso contro il petto gelido di Gabriel, ma non fu necessario ripararsi poiché l’arcangelo aveva già avvolto entrambi in un morbido bozzolo di piume dorate. Le urla di Ramiel si udirono appena e l’esplosione che avvenne dalla distruzione dell’arcangelo non sfiorò minimamente Sam, ma invece si propagò sottoforma di onda luminescente per miglia e miglia, abbracciando i territori fino a quel momento massacrati.
-Puoi aprire gli occhi, se vuoi.-
Sam sollevò cautamente le palpebre per scoprire cosa fosse in realtà la superficie gelida contro cui si era appoggiato fino a quel momento, e la risposta fu la più assurda, ma anche la più bella che avesse mai potuto avere.
Gabriel indossava un’armatura. Ma non si trattava di una protezione piena di borchie e metallo uncinato come si vedevano nei film, no.
L’armatura di Gabriel era un rivestimento di placche fatte di quello che pareva cristallo rifinito con intarsi e sinuose decorazioni d’oro.
I bracciali aderenti agli avambracci e ai bicipiti decorati da splendenti volute dorate; gli spallacci leggermente sporgenti dalla forma abbozzata a formare delle piccole ali, riportate anche sul pettorale aderente che si attillava al fisico atletico dell’arcangelo, il cui viso, preceduto da un collare rigido che gli sollevava il volto in una sorta di superbo atteggiamento era cinto sulla fronte da un diadema d’oro intrecciato in volute delicate che ai lati del cranio fin dietro la testa si modellavano poi a costruire un ala per lato che si spiegava ad intrecciare le piume con la sua gemella, proprio dietro la testa. I gambali erano attillati, gli stivali lavorati in comode placche e sulla schiena, per lasciare libero movimento alle ali, l’armatura si spalancava in volute che ricadevano sulla spina dorsale per difenderla senza però intralciare le appendici piumate. Un fodero di cristallo pendeva lungo il fianco.
Sam sentì le ginocchia cedergli, ma Gabriel lo sostenne e gli accarezzò i capelli con i lisci guanti di maglia.
-Và tutto bene, Sam… è finita.- disse, alzando gli occhi su qualcosa fermo alle loro spalle. Gabriel tremò e lasciò andare Sam quando si fu accertato che il ragazzo fosse ben saldo sulle gambe.
Il fantasma di Kendra lo fissò sorridendo mentre si avvicinava con passo felpato, il capo chino, docile e lo sguardo basso di chi si vergogna troppo per alzarlo.
Alla fine Gabriel sfoderò la spada e piantò la punta nel terreno, inginocchiandosi ai piedi della ragazza. Gli tremavano le ali e le mani e il viso era pallido come quello del fantasma che aveva dinanzi.
-Kendra.- mormorò.
-Perché ti inchini a me, Gabriel?-
-Io…- Gabriel s’interruppe per trarre un profondo respiro e impedire al tono di voce di strozzarsi. Strinse forte le palpebre in un’espressione addolorata. -…per chiederti perdono, credo. Ti ho lasciata morire, non sono riuscito a fare niente per salvarti. Come se non bastasse, ora scopri di aver amato una bugia, un arcangelo che si fingeva uomo ma che aveva troppa paura per dirti la verità che meritavi. Credevo di fare qualcosa di buono amandoti e facendo crescere le migliori piante nel tuo campo, ma sbagliavo… io… ti ho portato solo morte.-
Gabriel lasciò andare la spada, che rimase piantata nel terreno, arma lucente e bellissima in perfetta armonia col padrone dall’aspetto altrettanto mirabile le cui ali, immense nella loro maestosità dorata, vibravano emozionate.
Gabriel tese le mani per aggrapparsi alla veste di Kendra e portarla al viso, dove pianse lacrime di amarezza, ricordando l’impotenza che l’aveva colto quando aveva guardato il viso terreo della sua amata. Aveva avvertito la sua anima scivolare via, ma non aveva mai avuto il coraggio di cercarla: era stato codardo due volte e di questo non poteva perdonarsi.
Due mani fresche gli accarezzarono il viso, spingendolo a levarlo insieme allo sguardo per incrociare gli occhi ridenti di Kendra, il viso disteso in un’espressione serena. Chinò il capo e gli baciò la fronte, poco al di sotto del diadema.
-Ti perdono, Gabriel, ma ti sbagli se pensi di avermi nascosto la verità. Ricordi quando ti incontrai per la prima volta? Quel giorno pioveva, ma nessuna goccia d’acqua riuscì a sfiorarmi. Ricordo di aver alzato gli occhi e in controluce mi era apparso qualcosa che sembrava incredibilmente un’ala. Fu un attimo, poi sparì, ma non dimenticai mai quella visione e adesso ho la conferma di non essermi immaginata tutto.-
Kendra si piegò per stringersi il capo di Gabriel al petto e baciargli i capelli biondi. Lui premette una guancia sui suoi seni, cingendole la vita. Si lasciò sfuggire un singhiozzo appena soffocato dalla veste di lei, che sorrise.
-L’ho sempre saputo, Gabriel e giorno dopo giorno ti ho osservato fare visita alla mia tomba, pulirla con le tue stesse mani come uomo e non come angelo. Ti ho amato, e ti amo ancora adesso, però devi lasciarmi andare.-
Gabriel sollevò lo sguardo per incrociare gli occhi gentili di Kendra, che sorrise. –Non posso più restare qui e tu hai una vita da vivere, perciò ti chiedo solo una cosa…- respirò a fondo e scivolò in ginocchio dopo aver estratto con una certa facilità la spada dal terreno. La porse a Gabriel. –Assolvimi.-
E l’arcangelo non se lo fece ripetere due volte. La strinse tra le braccia, piegando le ali verso di lei come a volerla proteggere dal mondo. Affondò il viso nei suoi capelli in un gesto disperato che sapeva di addio, e forse in realtà lo sarebbe stato. Non avrebbe mai voluto lasciarla andare, non avrebbe voluto separarsi da lei, ma Kendra aveva ragione: era ora di tornare a vivere e inseguire un ricordo sarebbe stato un errore per lui e per Sam che non l’aveva mai abbandonato e adesso era lì.
Chiuse gli occhi.
Inspirò a fondo.
Premette le labbra sulla fronte del fantasma.
Da dietro le palpebre serrate presero lentamente forma i ricordi di una Kendra viva, sorridente e felice. Gabriel la rivide arare i campi, tergendosi il sudore dalla fronte di tanto in tanto. La rivide sorridere, saltare sul posto battendo le mani per la felicità quando scoprì che il suo campo diventava ogni giorno più rigoglioso e soprattutto, Gabriel ricordò la morbidezza delle sue labbra, il calore del suo corpo e la sua risata argentina quando lui le faceva il solletico.
Il corpo di Kendra sbiadì fino a sparire, ma prima di andarsene, la ragazza si rivolse a Sam che aveva assistito con discrezione all’intera scena: -Prenditi cura di lui.-
§§§§
Dean parcheggiò l’auto vicino al bordo della scarpata del parco deserto e spense il motore. Appoggiò la testa contro il sediolino, traendo un profondo respiro. Se aveva pensato che la giornata non sarebbe potuta peggiorare dopo la notizia della ricomparsa del Graal, si era sbagliato di grosso.
Tanto per cominciare, non esisteva che Dean Winchester rifiutasse una cameriera super sexy, con tanto di tette quarta taglia e con scritto in faccia “Sono tutta tua”. No, non era normale. Eppure, era successo: la cameriera aveva avanzato delle avances verso di lui per ore intere e Dean si era sempre costretto a rispondere, convinto che il fastidio che provava verso quella donna sarebbe scomparso un attimo prima di scollegare il cervello mentre se la portava a letto. Quella sera era uscito dal motel col chiaro intento di distrarsi, magari con una birra e una buona nottata di sano sesso, e invece cosa si ritrovava tra le mani? Niente, e tanto per migliorare la situazione, Sindragon se n’era andato a spasso chissà dove.
Dean spostò il peso del corpo in avanti per appoggiare mollemente la fronte al volante. Chiuse gli occhi, ripensando a Castiel, ai suoi occhi limpidi e sinceri di angelo caduto. Ricordò il calore di quel corpo e si chiese come sarebbe stato stringerselo addosso, sfiorando ogni centimetro di quella pelle così morbida… setosa come solo quella di un angelo poteva essere…
-CAZZO!!!-
Dean sbatté ripetutamente la testa contro il volante, rimproverandosi per quei pensieri tutt’altro che virili verso il bell’angelo dagli occhi blu.
Calmo Dean, stai buono. A te piacciono le tette, ricordi? Quelle cose morbide, piene, che ti piace tanto mordere… Tette, non pettorali. Tette.
-Guarda chi si vede.-
Dean sollevò la testa di scatto, guardingo, la mano già stretta intorno al calcio della pistola. Samael era davanti alla portiera del guidatore, alto e statuario, tanto che Dean dovette uscire dall’auto per guardarlo in faccia. Lui non si mosse, ma tenne lo sguardo fisso sulla volta celeste, le mani in tasca, un ciuffo di capelli ribelli sulla fronte.
-Buffo che tu sia ancora vivo e vegeto con l’intero paradiso che dà la caccia a te e al tuo fratellino.- scosse il capo, desolato. –Accidenti, i miei fratelli devono essere caduti veramente in basso per non riuscire a vedere un cosino come te aggirarsi da solo per strade secondarie e deserte. Sarebbe stato più che semplice farti a pezzi senza nessun arcangelo che ti parasse il sedere, ma la mia sfortuna non accenna ad abbandonarmi.-
-Lieto di averti rifilato l’ennesimo calcio in culo, figlio di puttana.-
Samael rise, gettando indietro il capo. Tuttavia, qualcosa in quel suono fece rabbrividire Dean, che tuttavia si ostinò ad ostentare la sua solita faccia da schiaffi che in più di un’occasione lo aveva contraddistinto.
-Sai cosa mi manda in bestia?-
-No, e non mi interessa. Cos’è, vuoi che ti consoli?-
-No, voglio che tu sparisca.- sputò Samael tra i denti. Un bagliore bronzeo scintillo dietro la sua schiena, segno che l’angelo stava facendo il possibile per trattenere le ali. –Detesto che nonostante tu abbia fatto soffrire Castiel, lui ti ha perdonato! Ti perdona sempre, dimentica tutte le stronzate che fai, e si sacrifica ogni giorno per una scimmia arrogante come te!-
Samael pestò un piede per terra, frustrato. L’aria crepitò intorno a lui, ma Dean si costrinse a non indietreggiare, stupito da quell’improvviso attacco d’ira.
-Sai quante volte gli abbia chiesto scusa? L’ho salvato, aiutato, e lui continua a volere te! Si ostina a proteggerti, quando invece andresti rigettato nell’inferno da dove Castiel ti ha ripescato! Mi sono fatto in quattro per farmi guardare in faccia da lui, ma Castiel niente, continua a non rivolgermi la parola, a non volermi nemmeno sfiorare! E adesso sbuchi tu che con un semplice sguardo lo fai cadere ai tuoi piedi! Cos’hai più di me?!-
Dean fu sbalzato in aria da una forza invisibile. Oltrepassò in volo l’Impala, pronto a un violento impatto contro l’albero più vicino. Chiuse gli occhi, preparandosi… ma lo schianto non avvenne.
La schiena di Dean urtò qualcosa di morbido e soffice, nel quale l’intero corpo del ragazzo affondò come in una coperta di seta. Un mare di piume argentate lo circondò, abbracciandolo in una carezza dolce come quella di una madre. Un fiotto di calore lo sfiorò e Dean si sentì bene, colmo di energie.
Conosceva quelle piume gigantesche, soffici come niente di terreno sapeva essere.
Conosceva il profilo dell’uomo che posava gli occhi blu cobalto su uno spossato Samael.
Conosceva quei capelli adesso spettinati che lo rendevano ancora più sexy del normale.
Soprattutto, Dean conosceva il trench che l’uomo indossava.
-Castiel…- mormorò Samael, indietreggiando di un passo. Castiel aggrottò le sopracciglia in un’occhiata accigliata e l’aria che fino a quel momento aveva crepitato come elettrizzata intorno a Samael si acquietò, spandendo nell’aria un profumo di fiori e aghi di pino appena spiccati. Sorpreso, Dean riconobbe il profumo di Castiel.
-Cosa stai facendo, Samael?- disse l’angelo in tono severo. Dean si beò di quella voce profonda, tanto che chiuse gli occhi, abbandonandosi al suo suono melodioso. Aveva creduto di non poterla udire mai più.
-Io…- Samael esitò, poi contrasse il viso in una smorfia e chinò il capo, sconfitto. –Niente. Chiedo scusa.-
-Non dovresti essere qui, torna al tuo posto.-
-Stavo sorvegliando l’umano.-
-Non ce n’era bisogno, se ne stava già occupando Jeliel. Non ti permetto di avvicinarti ancora a questo ragazzo.-
Allora Samael esplose di nuovo, stavolta sul serio. L’ala di Castiel si piegò quel tanto che bastava per avvolgere Dean in un bozzolo di piume un attimo prima che una luce calda e purissima esplodesse, diffondendosi nell’aria ad onde sempre più larghe. Le piante che ne furono toccate fremettero e piegarono verso Samael i rami o i fili d’erba, rafforzandosi ad ogni onda lucente che le bagnava, abbeverandole come acqua antica, priva di ogni umana impurità.
Le ali bronzee di Samael si distesero in tutta la loro immensità, coprendo con le loro piume brillanti metri d’aria vibrante. Erano enormi, poco più piccole di quelle di Castiel, ma altrettanto belle, con le piume soffici, delicatamente sovrapposte in file ondulate, dolci come sogni di bambino.
Castiel le osservò senza riuscire a impedirselo. Ricordava bene tutte le volte che quelle piume l’avevano avvolto, stretto al corpo di Samael, difendendolo dal mondo e dalle sue debolezze. A quel tempo era ancora giovane e in addestramento per cancellare qualsiasi emozione lo contraddistinguesse da qualsiasi altro angelo guerriero. Era stato un percorso difficile, ma Samael non lo aveva abbandonato mai. L’aveva sostenuto, consolato e si era sempre occupato di alleggerirgli le sofferenze a costo di rischiare la cruda punizione del loro supervisore Virgilio. Quella volta Castiel credette di essersi innamorato e donò tutto se stesso a quell’angelo che adesso gli stava davanti con la rabbia negli occhi e un atteggiamento arrogante in viso.
Castiel stiracchiò l’ala che reggeva Dean per permettergli di tornare a vedere.
Il cacciatore spalancò la bocca per protestare, ma rimase di sasso alla vista delle ali di Samael. Castiel non poteva dargli torto: se a lui non erano indifferenti, non poteva immaginare quale meraviglia esercitassero su un essere umano.
-Cos’ha lui più di me, Castiel? Non ti ha mai voluto, ha quasi mandato in frantumi la tua Grazia e tu l’hai perdonato! Perché? Perché gli errori di una scimmia senza peli sono perdonabili mentre i miei…-
-Adesso basta.- sibilò Castiel, il tono minacciosamente calmo. Samael conosceva quel modo di fare e sapeva di essersi avvicinato una volta di troppo al limite. Un’altra parola e Castiel sarebbe intervenuto a modo suo.
La luminosità delle ali di Castiel accrebbe, accecando Dean, che tuttavia socchiuse gli occhi fino a farli lacrimare pur di non distogliere gli occhi da Cass. L’angelo aveva assunto una posa più rigida del solito, le spalle dritte e le gambe leggermente divaricate. Gli occhi stretti in uno sguardo affilato lanciavano lampi di puro avvertimento di una furia prossima all’esplosione, una rabbia che fece rabbrividire Dean al solo pensiero di assistervi.
-Torna al tuo posto, Samael. Adesso.-
Senza replicare, Samael ubbidì e scomparve, dissolvendosi nel nulla.
Castiel si rivolse a Dean in tono incolore ma autoritario: -Devo scusarmi per il comportamento del mio sottoposto, non avrei dovuto lasciargli tanta libertà di movimento. Non accadrà più.-
Dean era senza parole. Castiel sembrava tornato ai tempi del loro primo incontro. Il suo atteggiamento marziale, rigido, sembrava aver abbandonato ogni parvenza di umanità ritrovata dall’angelo prima di morire contro Raphael. Come se non bastasse, adesso Castiel gli parlava come se Dean fosse un perfetto estraneo e questo più di tutto il resto lo mandò in bestia.
L’ala dell’angelo si sollevò lentamente, facendolo scivolare a terra, dove Dean atterrò in piedi ma un po’ instabile. Guardò Castiel con rabbia, gli si avvicinò e senza pensare gli sferrò un pugno in piena faccia.
Il dolore alla mano esplose in tutta la sua devastante potenza, ma Dean non si permise di urlare. Si morse le labbra a sangue, maledicendosi per la sua impulsività.
-Lascia, faccio io…- cercò di dire Castiel, ma Dean indietreggiò.
-Non mi toccare.- sputò tra i denti. Quelle parole ebbero un effetto inaspettatamente devastante su Castiel: le sue ali persero luminosità e il suo corpo tremò visibilmente, come scosso dalle convulsioni. Gli occhi cercarono disperatamente di restare impassibili, ma pochi istanti dopo si coprirono di uno sguardo addolorato, ferito.
 Visto in quello stato, Castiel sembrava immensamente fragile e indifeso. Per un attimo Dean provò pietà per lui, ma poi decise di non dargliela vinta.
-Deve essere stato divertente spassarsela in giro dopo aver fatto credere a tutti che eri morto, vero? Sono mesi che ti chiamo, mesi che aspetto di vederti ricomparire e quando alla fine mi rassegno all’idea di non vederti più mi trovo davanti un maledetto cane che ha i tuoi stessi occhi e mi fa pensare che ti sei trasformato in un sacco di pulci ambulante! Ho avuto gli incubi per mesi e tu restavi a guardare! Ti ho aspettato e tu eri in giro insieme a quel coglione di Samael che ha evidentemente perso la testa per te! Ci hai presi tutti per il culo e adesso che sei tornato speri che ti abbracci e ti baci?! Vaffanculo, Castiel!-
Dean voltò le spalle e fece per andarsene quando un gemito lo fece trasalire. Castiel era in ginocchio, le ali distese per terra in due bellissimi tappeti di piume setose. L’angelo aveva il capo reclinato in avanti e una mano premuta sul fianco.
-Cass!-
Dean tornò sui suoi passi e si inginocchiò nell’erba, al suo fianco. Lo costrinse ad alzare il viso e vide la sua pelle sbiancare, gli occhi socchiusi di chi sta per svenire.
-Cass, che cazzo succede?- esclamò, chinandosi per strappare la mano di Castiel dal fianco. I suoi occhi si posarono su una grossa macchia di sangue che andava allargandosi, macchiando la camicia.
-Che accidenti hai combinato?!-
-Niente… ho solo… questa ferita ha parecchi giorni.-
-Non puoi guarirti?-
-Io…-
Ma Castiel non riuscì a concludere la frase. Il suo capo crollò in avanti, il corpo si inclinò pericolosamente e l’angelo cadde svenuto tra le braccia di Dean, le ali inermi e il respiro ansante.
 
*”In nome di Dio Padre io ti ordino, innalzati dove i deboli meritano difesa.”
Angolo dell’autrice:
A breve mi arriverà una denuncia dal paradiso… ok, ammetto che li sto maltrattando davvero questi angeli! XD va bene, ho deciso di far patire i nostri umani, ma credo che Sam si meriti un applauso per il suo gesto eroico e a breve Dean non sarà da meno. L’ho trascurato per i miei motivi… o meglio, l’ho fatto per colpa di Samael. Lui porterà non pochi problemi, ma immagino che si sia capito che sarà un osso duro da combattere se Cass e Dean vorranno mantenere un legame. Non nego tuttavia di provare una certa pena per Samael, e nel prossimo capitolo se ne delineerà il motivo, anche se immagino sia in parte intuibile dall’ultima parte di questo capitolo. Dunque, che dire? Come al solito mi trovo a stravolgere e a infangare con i miei scritti la bellissima opera di Supernatural e delle creature che lo abitano e sono certa che a breve mi giungerà una lettera di protesta da parte dei registi, se non fa prima qualche killer incaricato di fermare questo abominio. Va bene, detto ciò, passiamo ai ringraziamenti dei miei angioletti più belli!

Blacasi: secondo me invece, Gabe e Kendra erano dolcissimi insieme, ma concordo, Sam non si tocca, anche perché al momento mi sta puntando contro una pistola e no, Sammy… Sam, volevo dire Sam… non sto cercando di avvertire qualcuno perché venga ad aiutarmi… ed eccoti Cass, anche se non completamente vivo e vegeto. Se chiama il numero azzurro per angeli dopo avrà di che preoccuparmi… lo sto maltrattando, ma ho i miei scopi muahahahah!!! Ohohoh, Dean avrà più di una cosa da ridire riguardo la presenza di Samael! Comincia a preoccuparti, Deanuccio! Be’, ora ti lascio e come al solito mi inchino al tuo cospetto e al tuo bellissimo commento, abbracciandoti virtualmente per la forza che mi danno le tue recensioni!
 
xena89: ma quale ramanzina, Dean non sarebbe mai riuscito a trattenere un cazzotto ben piazzato, e complimentiamoci per la sua intelligenza, comunque… il lupo perde il pelo, ma non il vizio! Menomale che non gli ha dato una testata, altrimenti immaginati le conseguenze… be’, si Gabe amava molto Kendra, ma forse per lui è ora di andare avanti, tu che ne pensi? Grazie ancora per il commento e a presto, sperando di leggere un’altra delle tue splendide recensioni!
Sherlocked: Gabriel, il tuo personaggio preferito? Dannazione donna, non solo hai un nickname che merita un applauso (Sherlock è… meraviglioso, accidenti!) ma adori anche Gabriel! Solitamente non se lo pensa nessuno, e mi spunti tu che dici di adorarlo? Colpo di scena, gente!!!! Qui qualcun altro a parte me ama da morire l’arcangelo trickster! Be’, su Ramiel c’è ben poco da dire se non che è un… un… (PEZZO DI MER…AVIGLIA!!! Nd Gabriel che si corregge all’occhiataccia dell’autrice) bene, ora mi parli anche di Harry potter! Stai riassumendo tutto ciò che preferisco e lo sai che non ci avevo pensato agli horcrux? XD dannazione, sono caduta proprio in basso! Oddio, il Behemah paguro sarebbe un casino, pensa ai casini che combinerebbe Dean cercando di cucinarlo… sarebbe l’apocalisse! Comunque grazie per il commento, come sempre meravigliosa, divertente e mi motivi a scrivere ! grazie e a presto!
Tomi Dark Angel
  
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