Capitolo
7. Quindici giorni di me e di te
«Senza la tua voce stridula casa mia sarà magnificamente
silenziosa» disse Sebastian sulle scale della porta d'ingresso, con un tono altezzoso
a cui, in quel momento, non credeva nessuno dei due.
«Ed ecco che hai perso l'ennesima occasione perfetta per
stare in silenzio» gli rispose Kurt, reggendo il gioco.
«A parte lo scherzo,» continuò Sebastian con un tono
improvvisamente più dolce, «mi mancherà starti intorno Kurt».
“Proprio adesso che
stava succedendo qualcosa...” poté quasi sentire riecheggiare Kurt nel
silenzio sceso improvvisamente tra di loro.
«Puoi stare tranquillo, non ti libererai così facilmente
di me» gli rispose Kurt, rivolgendogli un sorriso sincero e posandogli un
rapido e imbarazzante bacio sulla guancia.
Rimase fermo sulla soglia della propria casa, guardando
Sebastian salire sulla macchina dei genitori, e agitando la mano per salutarlo
un'ultima volta. Sebastian gli rispose con uno dei suoi sorrisi sinceri, e Kurt
pensò che il sorriso di Sebastian era una delle cose che gli sarebbero mancate
di più del ragazzo.
«Stai facendo l'idiota Kurt. Vi rivedrete ancora, sarà
solo un po' più distante» si ricordò da solo, con decisione, per rassicurarsi.
E in verità non era sicuro di poterci credere del tutto.
Perché tutto quello era accaduto, ed
aveva funzionato, solo perché si erano trovati bloccati insieme, solo perché
Sebastian non aveva altro che la sua compagnia tutto il giorno e non avrebbe
potuto esattamente ignorare la sua presenza.
Adesso stavano tornando ognuno alla propria vita, e Kurt
non sapeva cosa aspettarsi.
Cominciò ad ordinare la casa, nonostante fossero solo le
9 e mezza e il giorno prima avesse deciso di aspettare l'arrivo di Finn per le dodici, pur di tenere la mente impegnata e
impedirsi di costruire castelli in aria.
«Sono a casa!» urlò Finn un
paio di ore dopo, entrando in casa e trovando Kurt intento a passare lo
straccio in cucina. «Che stai facendo? Non dovevo aiutarti a pulire? Dov'è
Sebastian?» chiese, a raffica.
«Non lo vedi da solo cosa sto facendo?» gli rispose Kurt,
con un tono di voce più infastidito di quanto non avesse previsto. «Sebastian
se n'è andato, i suoi genitori sono passati a prenderlo verso le nove. E una
volta che ero sveglio ho pensato di cominciare a sistemare il caos di ieri
sera» spiegò, tentando di mantenere un tono di voce fermo per non far capire al
fratellastro tutto quello che gli stava passando per la testa.
Piano miseramente fallito, a giudicare dall'espressione
di Finn.
«Non dirmi che ti eri abituato alla presenza del Criceto
Malefico e che adesso ti manca?» gli
chiese Finn, senza nascondere il disgusto.
«No è che...» cominciò Kurt. E si fermò subito, perché in
realtà non sapeva minimamente che scusa inventare. «Lo so che non ti sta
simpatico» riprovò, puntando sulla sincerità «però non è così male se lo
conosci un po' meglio. Ok, è sempre presuntuoso, arrogante, testardo, però il
più delle volte è uno scherzo, o un'esagerazione voluta. E' intelligente e
divertente, ha sempre la battuta pronta, la lingua tagliente, e un'ironia
sarcastica e sottile, non sempre cattiva. Davvero, non è così male».
Finn spalancò gli occhi, palesemente sconvolto dal
balbettare insensato di Kurt. «Oh, cazzo. Ti sei preso una cotta per Sebastian Smythe. Dio Kurt, capisco che Lima non è piena di ragazzi
gay, ma proprio Sebastian Smythe? Non potresti tornare con Blaine
a questo punto, piuttosto?».
Kurt gli tirò un pungo sulla spalla, adeguandosi al
linguaggio dei maschi etero e 'virili'
per esprimere il proprio fastidio.
«Ouch...» si lamentò Finn, massaggiandosi la parte colpita.
«Così impari a parlare prima di pensare. Non sono innamorato di Sebastian. Ho solo detto
che non è poi così male. E non voglio tornare con Blaine.
E Sebastian non sarebbe un ripiego, non sono così disperato da concedere una
possibilità a qualsiasi cosa si muova ed abbia un pene» rispose Kurt,
rivolgendo a Finn un'occhiataccia. «Questa... qualità la lascio tutta a voi latin
lover».
«Scusa, scusa!» rispose l'altro, sollevando le braccia in
gesto di resa. «Non credevo che la cosa ti stesse così tanto a cuore... E, oh
se sei cotto di lui. Sei proprio nella merda amico». Gli diede una pacca sulla
schiena ed uscì dalla cucina, per buttarsi sul divano e giocare con l'Xbox.
«Hai diciotto anni o otto? A volte mi viene seriamente il
dubbio» gli urlò dietro Kurt.
«Lo so che la verità fa male, fratello, ma prima aprirai
gli occhi prima riuscirai a capire cos'è meglio fare per conquistare il cuore
di ghiaccio del tuo insopportabile amato».
«IO NON AMO NESSUNO!».
«Certo, amico. Continua a ripetertelo e forse riuscirai a
crederci» rispose Finn, alzando il volume del gioco
per mettere fine a quell'inutile scambio di battute.
Kurt fece un verso frustrato e tornò alle proprie
pulizie.
Pulì il tavolo, gli scaffali, le piastrelle davanti la macchina
a gas e i fornelli; guardò l'orologio ed erano soltanto le dodici e mezza.
Si mise ai fornelli e un'ora dopo lui e Finn si sedettero davanti a due piatti di un delizioso e
profumato pollo al curry. Il pranzo trascorse in un silenzio teso, almeno per
quanto riguardava Kurt. E quando vide Finn alzarsi
per sparecchiare Kurt cominciò a pensare che qualcosa, nella sua espressione,
doveva lasciar trasparire la sua malinconia più di quanto non volesse lui.
«Io vado da Rachel» lo informò Finn,
dopo aver finito di lavare i piatti.
Kurt annuì distrattamente e tornò a fissare il vuoto,
avvertendo poco dopo il rumore della porta sbattuta come proveniente da una
dimensione parallela.
Si alzò dalla propria sedia come un automa, e si diresse
in salotto per pulire a fondo anche quella stanza.
Spolverò le mensole, lavò i vetri, sbatté i copridivani fuori dalla finestra e passò lo straccio.
Controllò l'orario sul decoder e vide che erano soltanto le tre del pomeriggio.
Grugnì, sempre più infastidito.
Infine si decise ad entrare nella stanza degli ospiti,
che aveva evitato fino a quel momento, e si buttò sul letto, seppellendo la
testa nel cuscino che aveva ancora l'odore di Sebastian.
«Dio mio, è mai possibile che solo dieci giorni in
compagnia di quel ragazzo malefico mi abbiano reso così patetico?» sbuffò,
nello stesso istante in cui sentì il cellulare vibrare nella tasca dei jeans.
‘Mittente: SebastianIlCricetoMalefico’,
lesse, con un tuffo al cuore.
‘I
miei genitori sono già andati via perché mio padre aveva non so quale pranzo di
lavoro. E non torneranno prima di domani mattina perché si fermano a dormire da
qualche parte fuori città. E' mai possibile che io abbia dei genitori così di
merda?’.
Lesse il messaggio e prima di rispondere andò sulle
impostazioni della rubrica per rinominarlo.
‘Magari era davvero una cosa importante, non credo
lascino proprio figlio da solo così a cuore leggero...’.
Kurt digitò il testo dell'sms e lo inviò a ‘SebastianEBasta’.
‘Ahahaha. Hai presente quando qualcuno rimane incinta perché
si rompe il preservativo e poi però ti dicono che sei il regalo più bello che
potessero ricevere? Ecco. Io però sono nato per sbaglia e basta. I miei
genitori sono nel pieno della loro carriera, non hanno tempo per un adolescente
che richiede troppe attenzioni’.
Kurt non poté ostacolare in alcun modo l'ondata di
tristezza che lo invase.
‘Vuoi che faccia un salto lì per tenerti compagnia?
Tanto non ho nulla da fare...’.
‘Ti
ringrazio ma sono di umore nero. Credo che renderei la giornata un incubo ad
entrambi. Anzi, ho fatto male perfino a scriverti. Buon pomeriggio Kurt’.
Kurt si trovò a detestare quel messaggio dalla prima
all'ultima sillaba; rappresentava tutto quello di cui aveva paura: i muri di
Sebastian che tornavano al proprio posto, uno dopo l'altro, il suo atteggiamento
freddo e distaccato che aveva cominciato ad ostentare con sempre minor
frequenza e un sottofondo di profonda infelicità che Kurt non riusciva in alcun
modo ad ignorare.
Si ritrovò indeciso sulla risposta da inviare, non sapendo
se fosse il caso di ignorare il tacito ordine di Sebastian e insistere, oppure
se fosse davvero meglio rispettare la richiesta di Sebastian di rimanere solo.
‘Ok...’ scrisse infine, decidendo che qualsiasi
altra risposta avrebbe infastidito l'altro ragazzo.
Accese il computer, riducendosi a curiosare in giro su facebook, e guardare video stupidi su youtube,
pur di far trascorrere il tempo in qualche modo.
Afferrò in mano il cellulare e scrisse ‘mi manchi’,
finendo con il cancellare e riscrivere lo stesso messaggio una decina di volte,
senza mai trovare il coraggio di inviare l'sms. Alla fine lanciò il cellulare
sul letto, con un sospiro frustrato.
‘Lo
sai che in questi casi la soluzione migliore è lo shopping...’ gli
scrisse Rachel poco dopo, probabilmente indovinando quale potesse essere lo
stato di Kurt in quel momento.
‘Allora ho il tuo permesso di andare alla ricerca
dell'ennesima sciarpa di cui non ho bisogno e di un nuovo paio di anfibi?’.
‘Vai
e spendi, hai la mia benedizione!’ lesse Kurt, senza riuscire
a trattenere una risatina sciocca.
Quando, un paio di ore dopo e 100 dollari in meno sulla
sua prepagata, il suo iPhone vibrò nuovamente Kurt
poté avvertire distintamente un tuffo al cuore.
‘Mi sono
comportato di merda, prima...’.
E, oh, se
quello non era Sebastian Smythe che si stava scusando
Kurt avrebbe rivenduto la propria collezione di giacche Marc Jacobs. E quei capi d'abbigliamento valevano più della sua
stessa vita.
‘La mia offerta è ancora valida, se ti va. Domani
pomeriggio torna mio padre da Washington, quindi per un po' non potrò essere al
tuo servizio a qualsiasi ora del giorno e della notte’.
Premette il tasto di invio, sperando vivamente che
Sebastian si decidesse ad accettare. La casa era così... silenziosa, e se Kurt avesse dovuto passare tutto il resto della
sera da solo sarebbe probabilmente uscito di testa.
‘Sicuro che non è
un problema? Westerville non è esattamente dietro
l'angolo...’.
‘Nessun problema, dammi l'indirizzo di casa tua e in
un lampo sarò lì’.
Un sorriso sciocco
fece la propria comparsa e non si decise ad abbandonare il suo viso per tutto
il tempo della strada che separava Kurt da Westerville
e dal ragazzo di cui non era
assolutamente cotto.
Mezz'ora dopo Kurt suonò al citofono di una villa... maestosa, non c'era altra definizione.
«Chi è?» rispose l'inconfondibile voce di Sebastian.
«Io, idiota».
Sebastian grugnì e poi gli aprì il cancello della propria
tenuta. Kurt attraversò un viale alberato e parcheggiò in uno spiazzale, poco
lontano dall'ingresso della casa vera e propria, di fianco ad altre due
macchine.
Mise l'allarme, per pura abitudine, e si diresse verso l'edificio imponente,
trovando Sebastian ad aspettarlo sulla soglia di casa, con indosso un paio di
bermuda, una t-shirt meravigliosamente aderente, e un sorriso smorfioso.
«Simpatico come sempre, vedo» gli fece Kurt, andandogli
incontro e salutandolo con un bacio sulla guancia.
Sebastian grugnì nuovamente, e quello doveva essere
diventato il suo mezzo d'espressione preferito.
«Disse quello che la prima parola che mi ha rivolto è
stata “idiota”» rispose il padrone di casa.
«Non è colpa mia se lo sei».
«Un idiota terribilmente sexy, però. Guarda che non mi
sono lasciato sfuggire il tuo sguardo d'apprezzamento» gli disse Sebastian con
un ghigno. Kurt scosse la testa, incredulo, mentre tentava di reprimere un
sorrisetto.
«Tu hai le traveggole Smythe,
te lo dico io».
Seguì Sebastian lungo un ampio corridoio, che li condusse
alla porta in mogano di una camera da letto.
«Se te lo stai chiedendo, è la stanza degli ospiti.
Camera mia è al piano di sopra ma come potrai ben immaginare sono rinchiuso qui
al momento».
Kurt si guardò intorno e notò che in effetti la stanza
era abbastanza impersonale, con i mobili di legno scuro e delle tende verde
chiaro appese davanti ad un'ampia finestra. Sebastian non gli diede il tempo di
esaminare troppo accuratamente lo spazio, in un istante fu di fronte a lui e
l'unica cosa su cui Kurt poté concentrarsi erano le sue labbra.
Le mani di Kurt risalirono lungo la schiena di Sebastian,
intrecciandosi alla base del suo collo. Sebastian lo invitò a dischiudere le
labbra con la propria, lingua, approfondendo il bacio.
E quel momento sancì la definitiva perdita di lucidità
per Kurt.
Il resto della serata trascorse in un susseguirsi di
baci, di capi d'abbigliamento che volavano negli angoli più improbabili, di
carezze, non particolarmente caste.
Sentendo le mani di Sebastian che percorrevano le sue
gambe, Kurt non poté fare a meno di pensare che quel dannatissimo gesso era
davvero scomodo. Non vedeva l'ora che Sebastian se lo togliesse, lì sì che
avrebbero festeggiato per bene.
*°*°*°*°*
L'estate di Kurt trascorse ad una velocità surreale. Le
giornate sembravano sempre troppo corte ma, soprattutto, scandite da Sebastian
in un modo che cominciava a terrorizzare Kurt.
Westerville era
diventata quasi la sua seconda casa e i rari giorni in cui i signori Smythe non erano in giro per il mondo per lavoro Kurt
andava a prendere Sebastian e tornavano a casa sua, trascorrendo le giornate pigramente,
sdraiati sul divano, guardando film, o nella stanza degli ospiti, solo loro
due. Qualche volta andavano insieme al parco, si svaccavano su un telo, con un paio di panini e libri o
musica a tener loro compagnia e non facevano altro che star lì.
In quei momenti la cose che Kurt avvertiva più
distintamente erano la schiena di Sebastian contro il suo petto, i capelli di
Sebastian che prudevano contro la sua guancia. E probabilmente un paio di anni
prima non avrebbe trovato il coraggio di farsi vedere in chiari atteggiamenti
intimi con un altro ragazzo, soprattutto a Lima, Ohio, ma adesso, con la
partenza per New York alle porte, era abbastanza deciso di sbattersene
allegramente dell'opinione della gente.
E se Sebastian voltava il capo per posargli un bacio sulle labbra Kurt
lo accettava più che volentieri.
E fu proprio lo sfiorare di labbra di Sebastian che lo
allontanò dai propri pensieri, riportandolo alla realtà.
Era il 2 settembre, il sole era tiepido ormai, non più
caldo come un paio di mesi prima, quando Kurt era ancora il ragazzo di Blaine e Sebastian era un odioso roditore.
«A cosa pensi?» gli chiese il ragazzo in questione,
notando che Kurt era totalmente immerso nei propri pensieri.
«A quante cose sono cambiate. Al fatto che un paio di
anni fa non avrei avuto il coraggio di farmi vedere da tutti con un altro
ragazzo» disse, omettendo in parte la verità. Perché, a dirla tutta, Kurt aveva
sulla punta delle labbra una domanda, e bruciava dalla voglia di chiedere a
Sebastian “E noi, cosa siamo?”. Ma una domanda del genere era fuori
discussione.
«Non potrai mai andare bene a tutti, quindi l'unica è
fregartene dell'opinione della gente» sentì dire a Sebastian, quando focalizzò
la propria attenzione nuovamente sulla realtà e non sul suo universo interiore.
«Forza Socrate,» gli disse scompigliandogli i capelli e
cominciando ad alzarsi, «andiamo che tra due ore hai l'appuntamento con il
medico e non vorrei mai farti iniziare in ritardo il tuo primo giorno di
libertà».
Sebastian accettò la mano che Kurt gli aveva offerta e si
mise in piedi reggendosi sulla gamba sana, rivolgendo un sorriso caldo
all'altro.
Il viaggio in macchina fu rilassato, con il vento a
scompigliargli i capelli e le canzoni che passavano alla radio, e che loro
canticchiavano allegramente.
Sebastian salutò Kurt con un bacio, prima di scendere
dalla macchina e dirigersi verso l'entrata della propria casa. Kurt guardò la
sua schiena sparire dietro la porta, poi fece inversione e uscì dal quella
fottutissima tenuta a cui non si
sarebbe probabilmente mai abituato.
‘Sono
un uomo, quasi, libero. Il gesso è andato, e sostituito da un molto più comodo
tutore che quantomeno mi permette di piegare la gamba e che ogni tanto posso
anche toglierlo. Stasera si va a ballare per festeggiare?’.
Kurt lesse il messaggio con un sorriso sulle labbra.
‘Ballare? Non ti sembra una pretesa troppo grossa se
ancora non riesci a reggerti su entrambe le gambe?’
‘D:
:( :'( ç___ç T____T’.
‘E poi cercano le ragioni del crollo delle borse... Se
la gente ha così poco rispetto già dei soldi spesi per mandare un
messaggio...’,
‘D:
D: D:’.
‘Ho capito, basta! Che dici di ripiegare un
una cena fuori e una sana sbronza? Faccio io l'autista, come sempre’.
Anche lui in verità aveva voglia di uscire e festeggiare con Sebastian. E
doveva ammettere che il pensiero che l'altro ragazzo volesse condividere con
lui quella ritrovata semi-libertà gli riscaldava il cuore.
‘Affare
fatto. Poi ti va di rimanere qua a dormire? I miei sono appena andati via,
domani hanno una riunione di lavoro a Chicago.’
Kurt, prima di rispondere, scrisse un messaggio a Rachel,
con le mani tremanti dall'ansia. ‘Stasera sono a dormire da te, sappilo.’
La ragazza gli rispose quasi istantaneamente. ’Ma Kurt, lo sai che i miei
genitori sono a trovare i miei nonni e quindi Finn
dorme qui’.
‘No, Finn dorme da Puck,
io dormo da te.’ spiegò più chiaramente.
‘Oh...
ok. Allora appena vedo Burt gli racconto del nostro fantastico pigiama party
rigorosamente di sole ragazze’.
Kurt ridacchiò immaginando l'espressione di Rachel non appena aveva
avuto l'illuminazione.
‘Grazie Rach, sei la migliore <3’.
‘Mi
raccomando le protezioni!’ gli scrisse la ragazza, facendolo arrossire
vistosamente. Ringraziò mentalmente che quello scambio non stava avvenendo in
presenza di testimoni di alcun tipo.
‘Ritiro quello che ho detto’.
Kurt aprì la porta della stanza, senza riuscire a
contenere un enorme sorriso soddisfatto. «Papàààààà,
io stasera dormo da Rachel» urlò per farsi sentire dall'uomo che era al piano
di sotto.
«Ok...» gli rispose Burt. «Come se io ci credessi davvero
che Finn dorme da Puck e
Kurt da Rachel proprio la stessa sera» lo sentì grugnire abbastanza
distintamente.
«Grazie papà, sei il migliore!» gli rispose, prima di
chiudere nuovamente la porta della propria stanza.
‘Aggiudicato, Ho la benedizione del papà orso, che sa
che dormo da Rachel.’ scrisse a Sebastian.
‘Ci
crede ancora? Ti preego’.
‘Nah... Però è
meglio che certe cose rimangano non dette. Passo a prenderti alle 8, non farmi
aspettare un'ora come sempre solo perché devi seppellire i tuoi orribili
capelli sotto un litro di lacca’.
‘Adori
i miei capelli, lo so benissimo. A dopo piccolo’. Kurt
non riusciva a non sentirti preso in giro ogni volta che Sebastian tirava fuori
un qualche nomignolo affettuoso. Anche se proprio 'piccolo' forse era il suo
preferito.
‘A dopo Sippyy’ rispose
lui, immaginandosi il grugnito di Sebastian nel leggere quel soprannome che
odiava.
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N.d.a.: Hi everybody! Spero che finisca presto questo sciopero del silenzio
dei lettori perché sta diventando scoraggiante XD Ad ogni modo, la lunghezza di
questa storia mi sconvolge. Perché sì, ho fissato la fine con l'inizio, dunque
tipo AAANNI dopo, e benché non prevedo di descrivere con questa dovizia di
particolari tutto quel tempo non era previsto venisse fuori una cosa del
genere. Doveva essere una “mini-long”. Ah. Ah. Ah. Povera illusa. Però non fa
per me affrettare le cose, mi piaceva descrivere l'evoluzione del loro rapporto
gradualmente e dandole un senso, spero
di esserci riuscita^^
A presto!