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Autore: Maryangy91    13/01/2013    3 recensioni
Maria e Frank si rivedono dopo cinque anni di scambi di lettere. E' l'anno 1913. Dopo frequenti e clandestini incontri si fidanzano. Ma dopo due anni lui viene chiamato a combattere la grande guerra.
L'amore può vincere anche la guerra?
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Correva l'anno 1913. Avevo sedici anni. Mi scambiavo delle lettere con un ragazzo italiano che viveva a Berlino. Una lettera a settimana. Ogni Giovedì aspettavo impaziente il postino e tutta emozionata correvo in camera mia nascondendo la lettera ai miei genitori, ignari di tutto.

Ci conoscemmo cinque anni prima in Italia ma, da all'ora, non ci eravamo più rivisti. Lui si chiamava Franco ma tutti lo chiamavano Frank.

In una sua lettera mi scrisse che, durante i tre mesi estivi, sarebbe venuto in Italia da alcuni suoi parenti e voleva rivedermi. Io accettai. Passò un mese e finalmente arrivò il giorno del tanto atteso incontro. Uscii di casa senza dire dove andavo e mi diressi nel luogo stabilito. Nell'attesa l'ansia saliva fino a farmi avere le mani sudate e il cuore che batteva all'impazzata. Finalmente, dopo dieci minuti, vidi un bel ragazzo alto e snello avvicinarsi. Anche se era cresciuto molto i suoi lineamenti mi lasciarono subito intuire che era lui.

-Ciao, Frank- lo salutai avvicinandomi.

-Ciao Maria- mi disse.

Ci furono istanti di silenzio dove la tensione e l'imbarazzo erano palpabili.

-Sei cresciuta in questi cinque anni. Sei più alta e più bella- Mi disse prendo in mano una ciocca dei miei lunghi e biondi capelli.

-Grazie. Anche tu- risposi arrossendo, con lo sguardo basso. Ed intanto pensavo: -Come sei bello con i tuoi capelli biondi e gli occhi verdi-.

-Ormai siamo adulti Maria- aggiunse.

-Già. Sembra strano dirlo, ma non siamo più quei bambini che, cinque anni fa, litigavano per giocare ad un pallone- a queste mie parole iniziammo a ridere ricordando il nostro primo incontro. Stavamo io e i miei cugini a giocare con il nostro pallone. Mia cugina, con un calcio, lo lanciò nel cortile dei parenti di Frank e così dovemmo litigare per riaverlo. Giungemmo ad un accordo, dovevamo giocare tutti insieme. E da quel giorno giocammo sempre insieme. Così nacque la grande amicizia tra me e Frank.

Tra una risata e un'altra passeggiavamo lungo un viale alberato sotto un sole caldissimo. Ci sedemmo sotto l'ombra di un albero, su una panchina.

-Ti va di vederci domani mattina, verso le dieci, qui?- mi propose dopo qualche minuto di silenzio.

-Si- accettai io, felice.

Ci rivedemmo il giorno successivo e anche altre volte fino a fidanzarci. I nostri incontri clandestini durarono due mesi, poi lui ritornò a Berlino. Noi ci scrivevamo sempre, appena possibile ci vedevamo. Nel 1915 fu chiamato in Italia per combattere la grande guerra. Lui viveva nelle trincee ed io chiusa in casa per difendermi dagli spari. Soffrivamo tanto perché, oltre alla lontananza, c'era anche la paura che uno dei due potesse perdere la vita. Egoisticamente pensavamo anche a come affrontare una tragedia simile nel caso fosse avvenuta.

Forse a causa dell'angoscia, una notte sognai che Frank era in pericolo di vita. Esattamente, nel mio sogno si correva, lui aveva una gamba ferita che perdeva sangue e alcuni cercavano di spararlo mentre era a terra incapace di muoversi. Così al mattino andai a trovarlo sui campi di battaglia. Mi mancava tanto e ci vedevamo poco, inoltre ero spaventata. Appena lo vidi iniziai a chiamarlo a voce alta. Lui si avvicinò a me felice e mi abbracciò. In quell'istante ci fu un attacco straniero, Frank per proteggermi da un proiettile fu ferito alla spalla. Lui cadde ed io iniziai ad urlare, implorare che qualcuno lo salvasse. Temevo che il mio sogno si avverasse. Era colpa mia se lui stava in quelle condizioni, lo sapevo e mi sentivo in colpa. Volevo rimediare, volevo essere io al suo posto. Con l'aiuto di alcuni suoi compagni fu portato in ospedale. Fu urgentemente operato.

-Ha perso molto sangue e ha bisogno di trasfusioni. Chi ha il gruppo sanguigno A positivo?- Chiese un medico a me e ad i suoi compagni.

Senza battere ciglio intervenni: -Io ho quel gruppo sanguigno. Può prelevarlo da me-.

Mi sentivo molto in colpa nel vedere il mio Frank in quelle condizioni ed ero molto felice di fare qualcosa per lui. Anche se detestavo aghi e sangue. In quel momento il mio unico pensiero era salvare la sua vita, non solo perché lui aveva salvata la mia ma anche perché sapevo che senza di lui sarei morta anche io. Forse no fisicamente, ma moralmente sì.

Quando seppi che era fuori pericolo tornai a casa. Lo andai a trovare tutti i giorni, ma solo dopo un paio di giorni riuscii a parlargli. Tra le lacrime gli chiesi: -Frank, amore mio, come stai?-

-Sono stato meglio- mi rispose lui con espressione stanca e sofferente.

-Ti sei ripreso alla grande, sono contenta di questo-.

-Grazie per avermi dato il tuo sangue- mi disse accarezzandomi il volto.

-Grazie a te per avermi salvato la vita- gli risposi, poi lo baciai delicatamente sulla fronte.

Ci furono pochi minuti di silenzio che interruppi io.

-Quando starai meglio scappiamo, evitiamo di vedere altro sangue. Ti prego- lo supplicai.

-Maria, ti prometto che appena starò meglio ci sposeremo e scapperemo dove non potranno trovarci- questa sua promessa fatta con un filo di voce ma con tutto il suo amore mi fece scendere alcune lacrime che asciugai con il dorso della mano sinistra, mentre con la mano destra la accarezzavo.

-Ti amo Frank- gli dissi.

-Anche io Maria- mi rispose, prima di baciarci.

In quel bacio c'erano tante emozioni, ma soprattutto tante speranze. In quel bacio c'eravamo noi. 

   
 
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