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Autore: IamShe    13/01/2013    11 recensioni
Shinichi è rimasto adulto, ma non sa né come né perché né quanto durerà l'antidoto. Sebbene cerchi di godersi questi attimi preziosi nel suo corpo originale, un vortice arriva a sconvolgergli la vita: una giornalista ha scritto un articolo su di lui e sul suo ultimo caso risolto, e Ran comincia a nutrire dei seri sospetti sulla sua doppia identità. E chissà che tutto ciò, non giunga alle orecchie sbagliate....
•••
“Rimani?” chiese lei di rimando, velocemente. Non voleva una vera risposta, voleva solo ascoltare la sua voce. Voleva solo sentirlo parlare. Perché sapeva che ogni cosa, ne avrebbe nascosta un’altra. Ogni verità, avrebbe nascosto una bugia. Una scia di luce, forse quella di prima, forse quella che si era persa nell’oscurità, forse quella che aveva cercato costantemente, passò negli occhi di Shinichi.
Ran non seppe interpretarla, ma non le importò.
“Sì.”
La bastò solo quello: credere alle sue bugie.
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Your Lies

7.
Lo Chandon
•••

 

 
“Ran...”
In realtà, le due giovani liceali non furono solo pura immaginazione del detective dormiente. La figlia, infatti, aveva ben pensato di rintanarsi in camera sua, trascinando l’amica per il braccio e chiudendo la porta nel momento preciso in cui l’investigatore aveva aperta quella dell’ufficio. Ran sapeva quanto il padre fosse geloso, e quanto non volesse che frequentasse Shinichi; metterlo a corrente di un presunto bacio avrebbe potuto scatenare la sua ira più folle e causare imprevedibili conseguenze. Meglio prevenire che curare, si diceva così, no?
Ma la sua, di rabbia, non era certo passata. L’ereditiera l’aveva umiliata, rincorsa e poi, quasi con occhi lacrimanti, aveva pregato potesse perdonarla.
Era, d’altronde, la sua migliore amica.
“Ran, per favore... scusami, davvero! Sono una stupida, hai ragione! Però almeno fammi parlare!” La pregò ancora, innalzando fin troppo il tono di voce. La karateka le fece segno di abbassare il volume, appoggiandosi un dito sulle labbra. Non replicò però alle sue invocazioni, ancora un po’ irritata.
“Davvero, scusami! Se solo tu m’avessi detto che...” abbassò improvvisamente il tono, guardandosi intorno furtiva. “...che stavate insieme, io... io non avrei fatto quella scenata!”
“Hai la minima idea di come mi sia sentita?!” sbottò lei, infuriata. Poi aggiunse, timida: “E non stiamo insieme!”
“Sì! scusami, scusami, scusami, scusami!” congiunse le mani a mo’ di preghiera, per risultare ancora più convincente. Poi s’interruppe, sconcertata. “Non state insieme?”
L’amica arrossì, mantenendo comunque una smorfia sulle labbra. Poi, timidamente, le rispose. “No...”
Sonoko strabuzzò gli occhi, bloccandosi d’un tratto. “Ma... ma vi stavate per baciare o è stata mia impressione?!”
Ran deglutì, imbarazzata. “Mi stava per baciare lui... ma io... io...”
“Lo stavi ricambiando, no?”
“Ehm...” La karateka s’immobilizzò. “Forse...”
“Allora si è dichiarato?!” cominciò il suo interrogatorio la Suzuki, mettendosi a sedere sul letto, accanto all’amica. Ran rilasciò un sospiro, - non proprio - pronta alla tortura che avrebbe dovuto subire da lì a qualche oretta.
“No... ma... ma mi ha... mi ha baciata qualche giorno fa, a casa sua...” ammise poi, dipingendosi di rosso. Alla sua confessione, l’ereditiera tramutò il suo viso in un sorriso a trentadue denti, dall’aria entusiasta.
“No, non ci credo! E tu? Tu l’hai ricambiato?!”
“No!” urlò repentina e paonazza. Ma poi, avvertendo lo sguardo incerto di Sonoko addosso, e riuscendo a ricomporsi, trasformò gli occhi in puntini. “Sì.”
“Wow!” esclamò ancora la castana, divaricando le braccia. “Si è deciso a farsi avanti, finalmente! Devo essere sincera, lo sto rivalutando!”
Ma l’amica aveva altro per la testa. Aveva paura ed aveva voglia di provare ancora. Si sentiva al settimo cielo, ma allo stesso tempo temeva di sprofondare in una nuvola di sciocchezze. L’aveva perdonato certo, o meglio, l’aveva creduto, ancora. Ma allora perché si sentiva così confusa ed emozionata? Il loro rapporto era completamente mutato, e ciò poteva essere un bene quanto un male. Avrebbero potuto fraintendere, ed in realtà credere che non siano davvero così perfetti insieme, oppure avrebbero potuto confondere i loro sentimenti con qualcosa di più. Stufa, sbuffò attraverso le labbra, sdraiandosi al materasso. “Sonoko...?”
“Mhm?”
“Come devo comportarmi, Sonoko?” rilasciò ancora un sospiro. “Non so cosa fare... cioè, noi eravamo migliori amici, adesso... adesso cosa siamo?”
L’ereditiera fece spallucce. “Che importa?”
Ran la guardò sconcertata. “Come?”
“Che importa, scusa? Che siate migliori amici, conoscenti, compagni di classe, amanti o, come si dice adesso, amici di letto...” ridacchiò all’elenco. “Che importanza ha? Sarete sempre Shinichi e Ran. Sempre quei due che si conoscono fin da piccoli e che fin da piccoli s’amano, perché dovreste classificarvi? Di coppie come voi non ce ne sono più, credimi.”
L’amica inarcò, così, un sopracciglio. Era improvvisamente diventata profonda... “Ma... ma tu non eri contro di lui?”
Sonoko la osservò, scoppiando a ridere. “Ma io lo dicevo perché avevo paura potesse farti soffrire ancora, più di quanto ha già fatto... ma se tu lo vuoi... beh, a me non è che stia così simpatico, ma per te... beh, chiuderò un occhio!” Le fece l’occhiolino, facendola sorridere.
“Quindi... dovrei accettare tutto quello che ci sta accadendo?”
“Sì, tutto... avete perso fin troppo tempo, no?”
Ran annuì. “Ho paura...”
“Si ha sempre paura d’amare, è normale. Devi solo fare in modo che quella paura non comprometta i tuoi sogni.”
“Come?” s’interessò Ran, guardandola.
“Sconfiggi quella paura insieme a lui.”
La karateka sembrò zittirsi. Quel discorso la introdusse in una nuova ottica, dove forse non aveva mai guardato: quella in cui, Shinichi Kudo, era e poteva davvero essere un compagno di vita. Non più l’amico d’infanzia appassionato di misteri, ma il suo detective preferito, il suo Shinichi. Suo e di nessun altro.
Certo, insieme avrebbero dovuto imparare a coltivare quel sentimento. A farlo crescere, a rafforzarlo, e casomai a curarlo, quando ce ne sarà bisogno.
E finalmente si sentì pronta, pronta ad amarlo.
Ma, nonostante tutto, quel discorso era stato troppo intenso per credere davvero fosse stata Sonoko a pronunciarlo. Non che l’amica non ne fosse capace, ma era solo forse troppo poco seria per parlare in tal modo, in quelle parole che Ran sentì dannatamente sue, lei.
Così la guardò, colpita. “Belle parole, davvero! Grazie amica!” e con le mani l’abbracciò, felice.
L’ereditiera si voltò verso di lei, fiera. “Ah, non sono mie. L’ho sentite in un telefilm, vedessi quanto è bello!”
Ran assottigliò gli occhi. “Sonoko...”
“Guarda, ti racconto. Praticamente, questi due si conoscono in un viale alberato, ma non riescono a vedersi mai, sai perché? perché...”
Probabilmente, comunque, la karateka aveva già smesso di prestarle attenzione. In quel momento, avrebbe voluto ascoltare solo la voce del suo Shinichi.
 
•••
 
Shinichi si rivoltò sul materasso come una palla di fieno cade e si rotola dalla discesa d’una collina. La casa era desolata e silenziosa, gli unici rumori provenivano da fuori: uccellini sui suoi alberi centenari e qualche voce di fondo appartenente a dei ragazzini che giocavano a calcio gli permisero di socchiudere gli occhi e lasciarsi andare ai suoi pensieri. Uno starnuto lo obbligò a chiudere gli occhi, e a spezzare quell’armonia. Quel maledetto raffreddore sembrava tartassarlo ancora. Ma, in quei giorni, non era stato proprio la sua influenza a scuoterlo. Anzi, l’aveva proprio accantonata. Perché dopo il caso, l’antidoto, l’azoto, le scuse, le bugie, il litigio, il bacio, quel tizio, la timidezza e il fastidio, poi di nuovo loro e di nuovo il bacio, tempo per starnutire quasi non ne aveva trovato.
Ah, il quasi bacio, si ricordò, dato che Sonoko Suzuki aveva avuto la grande idea di interromperli sul più bello.
- Speriamo solo che Ran torni a parlarmi... speriamo solo che non se la prenda con me per quanto quell’oca ha combinato! -la maledisse, stringendo i denti. - Ah, se non si fosse messa in mezzo... l’avrei baciata di nuovo... è tutta colpa sua... mannaggia, ah... te la faccio pagare Suzuki, puoi giurarci... - ghignò con le labbra, maligno.
- Chissà se Haibara ha completato l’antidoto... dannazione, se solo fosse davvero pronto, potrei non trasformarmi più in Conan, potrei avere sempre il mio corpo... -si mise supino, mandando lo sguardo al soffitto. - Troppo bello per essere vero... -
- Se solo avessi qualche indizio in più su di loro... potrei scovare la loro base e tentare in qualche modo di farli arrestare... non possono passarla liscia! - strinse i pugni con decisione, stendendo le gambe.- Certo è che stare qui non è che mi aiuti... - ammise poi, tramutando i suoi occhi in puntini.
Così, alzandosi dal materasso, s’infilò le scarpe e filò dritto verso l’entrata, diretto a casa del professore. Sperò solo che la piccola scienziata avesse fatto seri progressi per l’antidoto, e che quella, finalmente, fosse la volta buona.
 
•••
 
“Ciao Shinichi!”
Lo scienziato pazzo, che definiva suo vicino di casa, lo accolse con grande entusiasmo, sbarrandogli la porta d’entrata e permettendogli d’entrare. L’investigatore mosse alcuni passi verso di lui, accompagnato da un inconfondibile sorriso sulla bocca. E quell’espressione, che gli andava ad allargare le guance magre, non sfuggì al professore.
“Ti vedo felice... ti è successo qualcosa di bello?”
Shinichi sviò il suo sguardo, leggermente imbarazzato. “A me? Niente di che...”
“E dai, dimmi... come è andata con Ran?” lo prese in giro il dottore, stuzzicandolo col gomito.
Ma il detective pensò bene d’ignorarlo. In fondo, il coraggio di confessare cosa fosse successo, ad una persona che l’aveva visto crescere e che con ogni probabilità l’avrebbe riferito all’istante a sua madre, non ce l’aveva proprio.
“Professore... Haibara è in casa?”
“Sì, è di sotto... sta faticando molto per l’antidoto!”
“Immagino...” L’investigatore annuì, muovendosi verso il seminterrato dell’abitazione. Scese le scale con passo svelto, seguito con flemma dal dottore.
“Allora? Progressi?” si affacciò alla porta, per poi introdursi nel laboratorio ed avvicinare la finta bambina che, seduta su di una poltrona fin troppo grande per lei, continuava a lavorare al computer.
Alla sua voce, Ai si girò ad osservarlo, mandandogli un’occhiata truce. “Ma non avevi detto che avrei dovuto avvisarti io?”
“Non ti ho sentita più dall’altro giorno.” Le ricordò l’amico, sedendosi ad una delle sedie della stanza. Il professore lo imitò, stanco.
“Forse perché non avevo nulla da dirti?”
Shinichi sbuffò, stiracchiandosi. “Ciò vuol dire che sei ancora a zero?”
La scienziata lo imitò, voltandosi con l’intero corpo, aiutata dal movimento rotatorio della sedia, verso il dottore e l’amico.
“No. Grazie alle informazioni sull’azoto so ormai qual era il processo che non ti ha mai permesso, quando prendevi i miei antidoti, di rimanere Shinichi Kudo. L’azoto ne è in parte responsabile, ma in sé non risolverebbe granché.”
“Cioè... non è l’azoto il perno della questione?” dedusse lui, poggiando il viso sui palmi delle mani, e i gomiti sulle ginocchia.
“Lo è e non lo è. Cioè, voglio dire, potrebbe essere una combinazione di alcuni fattori...” si provò a spiegare, pensando alle parole giuste. “Ovvero, eri influenzato, hai bevuto l’acqua di quel lago ed hai ingerito l’antidoto. Questi tre avvenimenti, messi insieme, hanno prolungato l’effetto della pillola. Precedentemente avevi solo preso l’antidoto, altre volte eri soltanto raffreddato... invece, l’ultima volta, a contrastare l’aptx si son messe insieme ben tre cose.”
“Okay” sospirò il detective, deglutendo. “Tutto ciò per dire che?”
“Come va il raffreddore, Kudo?”
Shinichi s’incuriosì, inarcando un sopracciglio. “Il raffreddore? Beh, un po’ meglio... starnutisco ogni tanto...”
“Ti sta passando?” gli chiese ancora.
“Ehm... direi di sì.” Affermò, stranito. Poi, strabuzzando gli occhi, cominciò a balbettare. “Con questo... vuoi dirmi... che...” non riuscì nemmeno a completare la frase quando ne capì il vero fine.
Lei fece spallucce. “E’ probabile che, quando ti passerà del tutto, tornerai ad essere Conan...”
“Eh!??” s’alzò di sbotto dalla sedia, facendola sobbalzare. “No, questa è un’ingiustizia!”
Lei assottigliò gli occhi, tornando a concentrare l’attenzione al monitor del suo computer. “Lo sapevi che saresti tornato piccolo... non fare scene inutili.”
“No...” Shinichi si guardò intorno, ricercando qualcosa di indefinito sugli scaffali. Spostò gli occhi su più cose, per poi soffermarsi sulla porta d’entrata. Scrutandola per un po’, decise di muovere qualche passo verso di essa, per poi accelerare e risalire le scale, lasciando i due da soli nel seminterrato. Si guardarono allibiti quando sentirono la porta d’entrata aprirsi e poi richiudersi, nel giro di qualche secondo. Se n’era andato, ma i suoi ‘no’ riecheggiavano ancora nell’aria.
 
•••
 
Avendo già preparato lo gi e la borsa da karateka, Ran non esitò un minuto in più: dopo aver parlato ancora con Sonoko, ed averle confidato i dubbi riguardo la sua, nascente, relazione, aveva deciso d’accompagnarla a casa, e durante il tragitto fermarsi in palestra. Le due avevano mangiato insieme un panino al fast food, divertendosi a spettegolare del più e del meno. Nei discorsi balzò anche il nome di Hana Yami, che tanto fastidio aveva procurato alla Mouri quella stessa mattina. Riuscì comunque a mascherarlo al meglio, sebbene bramasse dalla voglia di saperne di più su quella ragazza così misteriosa e saltata lì dal nulla. Sonoko l’avvisò che aveva sentito alloggiasse in un albergo, alla ricerca di una casa vera e propria; ed inoltre, la informò che, tipi come quelle, avevano il potere di mettere i bastoni tra le ruote ad una relazione. Ran deglutì, sorseggiando la sua bibita, ma non poté fare a meno di darle ragione. Quella tipa era fin troppo estroversa per i suoi gusti.
Ran arrivò in palestra abbastanza in anticipo, e si sorprese di vedere che Saigo era già lì ad aspettarla. Scendendo i gradini, gli rivolse un sorriso benevolo che il giovane ricambiò molto volentieri.
“Sei già qui? Come mai?” gli chiese , appoggiando il borsone su una panchina apposita, e prendendo da esso lo gi.
“Non vedevo l’ora di iniziare... ho già fatto il riscaldamento ed alcuni esercizi che mi hai fatto vedere tu la scorsa lezione... sono carico!!” esclamò, avvicinandosi alla ragazza con passo svelto.
“Ah, davvero? Molto bravo... vado a cambiarmi, ci metto un attimo!” Lo avvisò, cominciando a muoversi verso gli spogliatoi presenti nella palestra.
Saigo annuì, e ridacchiando, le si avvicinò. “Se vuoi ti faccio compagnia...”
A quell’invito, Ran arrossì di sbotto, e fermandosi ad osservarlo, si ritrovò ad essere indecisa se avesse capito o meno quello che le aveva appena detto. “Eh!?”
Ma lui rise, e sventolandole una mano di fronte agli occhi, allentò la tensione. “Sto scherzando! Vai, vai...”
“Ah” ridusse i suoi occhi a puntini, imbarazzata. “Certo, certo” rise anche lei dopo, per poi girarsi e correre verso le cabine. Saigo si sedé nuovamente sui gradini, in attesa che la sua maestra si cambiasse. Strinse un po’ i pugni, dandosi mentalmente dello stupido per l’avances che continuava a mandarle ma che lei sembrava non avvertire minimamente.
- Devo essere più incisivo... con queste mezze frasette non vado da nessuna parte... -si rimproverò poi, mandando alcune occhiate agli spogliatoi, impaziente di vederla uscire. E quando lo fece, non poté che rimanere esterrefatto nuovamente da tanta bellezza. Quello gi le stava da vera dea.
 
•••

 
- Okay, non sembro un idiota... no... -si autoconvinse il detective, lasciando che la porta di villa Kudo si chiudesse alle sue spalle. Mani, alquanto gelide, in tasca e passo tutt’altro che svelto: quella giornata faceva più freddo di quanto pensasse. Ma, quando sentì un nuovo starnuto disturbarlo, pensò che avesse fatto la cosa giusta. E s’incamminò così, rabbrividendo ad ogni minimo passo, verso il liceo Teitan.
- Mannaggia...solo a me possono venire certe idee... -
“Ciao Shinichi Kudo!”
Una dolce voce lo richiamò da lontano, costringendolo a voltarsi. Dall’incrocio di due strade, proveniva con passo svelto, e con un gran sorriso stampato in viso, la ragazza che aveva conosciuto stamattina a scuola, di nome Hana. Si fermò così l’investigatore, e nell’aspettare che lo raggiungesse, fece altri tre starnuti, uno di seguito all’altro.
“Se ti vesti in questo modo altro che raffreddore! Ti prenderai una bronchite!” lo sfotté poi, quando fu ad un metro da lui.
Il detective sorrise falso, stringendosi nei pochi stracci che lo coprivano.
“No, no... è solo allergia.” Finse, asciugandosi il naso. “Ciao...” la salutò poi, sorridendole. “Come mai qui?”
“Sto cercando casa... mi hanno detto che qui ci sono molti appartamenti carini. Sto dando un’occhiata...” lo avvisò, entusiasta.
Poi, continuando ad osservarlo, lo scrutò per bene. “Non per farmi i fatti tuoi... ma potrei sapere perché a febbraio sei a mezze maniche?”
Shinichi sobbalzò. Infatti, per prevenire un probabile rimpicciolimento, aveva deciso bene di cambiarsi d’abiti ed indossare una semplice t-shirt a mezze maniche blu, che andava a risaltare il colore dei suoi occhi, ed un pantalone di cotone nero abbastanza leggero, che potessero fargli raggiungere il suo fine. In fondo, la scienziata gli aveva detto che presto si sarebbe trasformato in Conan a causa della scomparsa del raffreddore; quindi, aveva pensato lui, se vado in giro a fine gennaio come se fosse agosto dovrei riuscire ad ammalarmi. Peccato che non avesse messo in conto quanto freddo avrebbe beccato con questa sofisticata tecnica.
“Io? Ehm... ho caldo, sì... soffro di alcuni sbalzi di temperatura tremendi. Tipo, adesso, non sai quanto vorrei stare al mare...”
Ebbe solo la fortuna di riuscire a non ticchettare i denti mentre lo diceva.
- Sotto il Sole cocente... - aggiunse in mente, raggelandosi.
“Ah, davvero?” rise lei, non pienamente convinta. “Comunque, visto che conosci la zona... mi vuoi fare compagnia? Potresti darmi dei consigli utili!”
“Accompagnarti?” esitò, osservando in direzione della sua scuola. Avrebbe voluto parlare con Ran, e controllare quel tipo cosa combinasse con la sua amica. Come declinare cordialmente l’invito di una ragazza?
“Sì, dai! E poi, essendo tu famoso, vuoi vedere che mi fanno qualche sconto?”
Shinichi rise, stringendosi su se stesso. “Mica sono un architetto!”
Lei sbuffò, continuando a ridere. “Che c’entra! Hai tantissime fan... casomai ne becchiamo una, sai che fortuna?”
“Beh, io...” provò a dirle, ma quasi non ci riuscì. - Dovrei andare da Ran e da quell’idiota... -
“Dai!!” continuò, congiungendo le mani a mo’ di preghiera. “Però, se davvero la incontriamo... specifichiamo che io non sono la tua fidanzata!” rise, divertita. “Sono tua sorella, dai. Sennò mi mangerebbe.”
Anche a Shinichi scappò un risolino. “Beh, potremmo dire la verità: sei una mia amica.”
“Mhm...” puntò lo sguardo al cielo lei, sfottendolo. “La verità è sempre una sola! Sei fissato proprio eh!”
“Oh, mi conosci bene...” constatò, osservandola.
“Sì, e se dobbiamo dirla tutta, la verità non è che sono una tua amica...” fece maliziosa lei, afferrandogli un braccio. Se ne rese conto appena lo toccò: era gelato.
“Mhm?” emise un suono smorzato lui, stranito.
“Sono una tua fan!” Rise ancora lei, e con l’altro braccio lo spinse da dietro la schiena, trascinandolo con sé. “Quindi... non puoi negare un piacere ad una tua fan!”
Shinichi sospirò, rassegnato. Sperò solo di potersi sbrigare presto.
 
•••
 
“Ehi Ran...”
- Ma dov’è... - Sebbene apparisse concentrata e fin troppo assorta negli esercizi, per chi come Saigo la osservava da fuori, la karateka pareva distratta nel mandare occhiate verso il portone d’entrata della palestra. Ed ogni volta che notava un’ombra oscurare la luce del Sole, sentiva il cuore mancarle un battito ed aumentarle la respirazione. Ma, quando constatava che quella figura non fosse l’investigatore, si lasciava andare ad uno sbuffo seccato, da cui trapelava tutta la sua delusione.
“Ran...?”
- Mi aveva detto che sarebbe venuto...! -
“RAN?!”
All’ennesimo richiamo fu forzata a voltarsi, rendendosi improvvisamente conto d’essersi, nuovamente, persa a pensarlo. Sorrise all’amico, grattandosi un po’ la testa, imbarazzata.
“Oh, scusami, ero sovrappensiero.”
“Non preoccuparti” fece gentile lui, avvicinandola. “Sei molto distratta oggi... mi devo preoccupare?”
“Eh?” ridusse i suoi occhi a puntini Ran, arrossendo all’istante. “No, macché... pensavo ad una cosa...”
“Cosa?” s’incuriosì lui, mentre s’abbassò al pavimento per eseguire particolari esercizi.
“Ehm...” balbettò la karateka, ma mentre ricercava una scusa per mentirgli, tornò con la testa a quella stessa mattina, quando in classe s’era presentata quella nuova ragazza.
“In realtà, sai... oggi in aula abbiamo conosciuto una ragazza.”
“Ah, sì?”
“Ed ha il tuo stesso cognome...” lo avvisò, col tono perplesso.
S’interessò così lui, fermandosi un attimo. “Davvero?”
“Si chiama Hana Yami... è molto carina... cioè, non so, ho pensato potesse essere...” non riuscì comunque a continuare lei, indecisa se rivelarglielo o meno.
Ma lui l’anticipò, esterrefatto. “... mia sorella?”
Lei annuì.
“Ma Ran...” balbettò poi, incredulo. Si fermò d’un tratto e si sedette al pavimento, congiungendo le gambe. “Ma mia sorella... mia sorella ha 22 anni...”
“Lo so...” lo avvertì lei, ricordando quel - piccolo - particolare. “Ma mica ricordi come si chiamava?”
“Beh, il suo nome originale era Yukiko Masuyama.” L’avvertì, poggiando un indice sotto il mento e alzando gli occhi al soffitto.
“Aspetta...” lo interruppe Ran, stranita. “Avete cambiato nomi?”
Lui annuì. “Sì. Quando si viene adottati da altre famiglie, per legge, si acquista il cognome di suddetta famiglia, che può, se vuole, cambiarti anche il nome.”
“Ma quindi... il tuo vero nome qual è?” Le chiese lei, curiosa.
“Per esteso sarebbe...” ci pensò un attimo su, tornando a guardarla. “Higo Saigo Masuyama Yami.”
A Ran scappò un sorriso. “E perché non ti fai chiamare Higo?”
Lui fece spallucce. “Per quanto ricordo mi hanno sempre chiamato Saigo... mi sembrerebbe strano farmi chiamare diversamente. Tutto qui.”
Lei s’intenerì, socchiudendo leggermente gli occhi. “Dev’essere stato difficile per te...”
Lui sorrise, issandosi da terra. “C’è chi sta peggio. In fondo, io, ho trovato una famiglia che m’ha accudito e m’ha cresciuto come un vero figlio... può darsi che mia sorella non abbia avuto altrettanta fortuna.”
“Questo è vero...” annuì Ran, abbassando il capo.
“Avrei soltanto voluto incontrarla in questi anni, ma sebbene l’avessimo cercata ovunque, non l’abbiamo trovata da nessuna parte.”
“Non credi proprio possa essere questa Hana Yami, vero?”
Lui fece una smorfia, insicuro. “Non so. Mi sembra più un’incredibile coincidenza che, questa tizia, abbia il mio cognome adottivo. Avrebbe dovuto essere presa in custodia da una famiglia col mio stesso cognome... e poi, lo sai, mia sorella è più grande di noi.”
Ran rimase zitta per un po’, rattristita da quella conversazione. Ma, quando il Sole, tramontando, tornò a proiettare uno dei suoi raggi sull’infisso della porta, sussultò.
E mentre si girò a controllare, si diede mentalmente dell’idiota. Shinichi non era venuto.

 
•••

Un sbuffo di fumo aleggiò nella stanza cupa e buia di quel seminterrato, nella periferia di Tokyo. Nel silenzio di quella notte, un ghigno maligno si aprì sulla bocca dell’uomo, mentre un po’ di cenere si distruggeva al pavimento. Un bicchiere di spumante in mano, come a festeggiare quella vittoria. Così prossima.
- Ah, lo Chandon... è così dolce e amaro allo stesso tempo... -

 





•••

Hello to everybody!!! I'm back ;)
Okay, la smetto di fare l'idiota XD Sono tornata gente!!! In realtà, non pensavo nemmeno io di riuscire ad aggiornare così presto, ma alla fine ce l'ho fatta. Diciamo che questo settimo capitolo si è quasi scritto da solo! :P
Ha fatto bene? Sì, no, non lo sapete? E ditemelo!!!
In realtà, chi credeva che le cose sarebbero dovute andare lisce per i due piccioncini? E vi sbagliavate di grosso! Chi conosce Tonia sa che mai da quiete a questi due poveri giovani che hanno l'unica colpa d'essere i miei beniamini, o perlomeno, la mia coppia preferita di tutti gli anime e manga esistenti sul pianeta! :P
Allora!!! Come vi è sembrato il SEVENth?"
Shinichi che vuole prendere la febbre ad ogni costo... XD è idiota, o no?
Ran e Sonoko che fanno pace... l'ereditiera abbozza anche un minimo di filosofia... rubata! :P 
Hana che trasporta l'investigatore di qua e di là alla ricerca di un appartamento...!
E Saigo che continua a confidarsi con la sua dolce maestrina, facendola intenerire. E poi, la parte finale. Per chi non lo sa: lo Chandon è uno spumante. Anche molto buono, direi XD
E dunque... A BUON INTENDITORE, POCHE PAROLE!

Grazie mille ai recensori del precedente chap: ciccia, assu, Luna, Kaori, Marta, Delia, Shin e ran amore, bessielizzie, j_angel, mangaka-chan, Hoshi e arya!!
SIETE MERAVIGLIOSI!!!! <3

Io, dunque, fuggo via. Sperando d'avervi fatto gioire/piangere/bestemmiare anche con questo chap, vi do un saluto affettuoso!
E ci sentiamo alla prossima!!!

xxx
Tonia
   
 
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