Peter fissò quelle parole
a lungo.
Non poteva crederci: suo figlio era
il capo degli
Osservatori.
Cosa diavolo era successo?
Perché aveva fatto invadere il
loro mondo? E, soprattutto, come aveva fatto a tornare, se quando era
scomparso
era solo un neonato?
Queste e altre domande invasero la
mente di Peter nel poco
tempo che trascorse tra la lettura di quel telegramma di sua figlia e
il
momento in cui Lincoln gli prese il foglio dalle mani per leggere a sua
volta
quelle parole.
L’uomo sospirò e
lanciò uno sguardo indeciso verso la
moglie, che si era rivestita ed era seduta sulla brandina dove poco
prima aveva
fatto l’ecografia.
“Tyrone, che succede? Cosa
dicono Etta e Tony?” domandò,
guardandolo preoccupata.
L’uomo la fissò
indeciso. Non voleva farla agitare ma,
d’altronde, prima o poi avrebbe saputo tutto;
sospirò e lanciò uno sguardo a
Peter, il quale si fece avanti e fece sedere meglio la donna, prima di
parlarle, guardandola negli occhi.
“Olivia, il capo degli
Osservatori è nostro figlio.
Henrietta e Tony lo hanno appena incontrato.” le rispose,
calmo, mentre Lincoln
si sedeva accanto a lei, prevedendo una reazione emotiva della moglie.
La donna sospirò, fissando
prima Peter e poi Lincoln. Stava
per rispondere, quando sentirono una sonora esplosione proveniente
dall’esterno
del TARDIS.
Tutti quanti scattarono e corsero
verso l’ingresso; Peter,
Lincoln e Olivia afferrarono le loro armi, pronti a sparare.
Appena furono fuori, videro che anche
buona parte degli
uomini della Resistenza presenti nel laboratorio avevano estratto le
loro armi
e le puntavano contro una persona al centro della sala.
Si trattava di una donna, circa 35
anni, con dei boccoli
biondi che ricadevano sparsi sulla fronte, incorniciando due occhi
verdi
dall’espressione vispa e un sorriso furbo. Teneva le mani
alzate e, appena
arrivò il Dottore con gli altri, li guardò.
Il Dottore e John si fissarono per
qualche secondo:
l’avevano riconosciuta. L’alieno si fece avanti,
superando sua figlia, Jack e
Charlie, che non accennavano ad abbassare le armi, e guardò
la nuova arrivata
negli occhi.
“Come diavolo sei arrivata
qui?” le domandò, senza mostrare
alcuna emozione.
“Anche per me è
un piacere vederti, dolcezza.” rispose la
donna, continuando a sorridere “Ero sicura di trovarti
qui.”
“Rispondi alla
domanda!” esclamò l’altro, irritato.
“Sono venuta a dare una
mano alla Resistenza.” continuò lei,
abbassando le mani “Che anno siamo?”
“E’ appena
passato il Natale del 2036.” riferì John,
avvicinandosi e affiancando il suo doppio.
La donna sospirò e prese
dalla tasca del suo cappotto un
libricino di colore blu TARDIS, lo aprì e lo
sfogliò.
“Natale
2036…” mormorò “Santo cielo,
sono arrivata tardi!”
esclamò, guardandosi intorno “Ditemi che Etta e
Tony sono ancora qui, per
favore…”
“No, li ho mandati in
missione e abbiamo appena scoperto che
sono stati catturati dagli Osservatori.” rispose il Dottore,
sempre serio
“Allora che ci fai qui?”
“Sono
qui…” cercò di rispondere la donna
“Ero venuta qui per
avvertirti, ma sono arrivata tardi…”
Il Dottore sospirò e
guardò gli altri. Peter si avvicinò,
affiancando la compagna, e fissò la nuova arrivata con fare
indagatore.
“Tu devi essere Peter
Bishop, vero, pasticcino?” domandò, la
donna, continuando a sorridere.
“Mh… tu chi
saresti? Come conosci il Dottore? E come fai a
sapere chi siamo noi?” chiese Peter, di rimando, sempre
più sospettoso.
“Diciamo che vengo dal
vostro futuro. Il resto, per ora, è
spoiler.”
Nel frattempo, nella base operativa
degli Osservatori, i due
giovani erano in attesa nella loro prigione.
Tony era seduto sul davanzale, e
guardava distrattamente
fuori dalla finestra, in direzione della zona cementificata di Central
Park,
mentre Etta camminava per la stanza, con l’aria di una fiera
in gabbia.
“Henrietta, stai calma,
andrà tutto bene!” esclamò il
ragazzo, dopo qualche minuto. La ragazza si fermò di fronte
a lui, fissandolo;
era nervosa e preoccupata.
“Come faccio a stare calma?
Quello è mio fratello, e da
quello che ho visto è pericoloso!” si
sfogò “E se il messaggio non fosse
arrivato? Magari i nostri non sanno nulla… e lui ci
ucciderà…”
Tony si alzò,
avvicinandosi alla giovane; doveva cercare di
calmarla, se perdeva la lucidità che aveva mantenuto fino a
quel momento
avrebbe perso tutte le sue difese. Le prese il volto con entrambe le
mani,
inducendola a guardarlo negli occhi.
“Etta, tranquilla. Ho
fiducia nel Dottore, troverà il modo
di tirarci fuori di qui. Ma intanto che aspettiamo dobbiamo stare
calmi, ok?”
domandò. Etta era ancora agitata, ma annuì, senza
togliere gli occhi dai suoi. Il
ragazzo sospirò e la strinse. Dovevano sostenersi a vicenda,
se volevano
sopravvivere.
Senza mollarla, si sedette nuovamente
sul davanzale e tornò
a guardare Central Park in lontananza.
“Vedere Central Park
cementificato mette una tristezza
assurda…” commentò, cercando di
cambiare argomento per mantenere un minimo di
lucidità.
“Prima
dell’invasione, mamma e papà mi ci hanno portato
spesso. Mi piaceva correre sull’erba, era la cosa
più bella del mondo per me…”
disse la giovane, guardando anche lei fuori dalla finestra.
“Quando la guerra
finirà, voglio prendere una casa in
campagna. I miei figli devono avere la possibilità che non
ho potuto avere io
di crescere in mezzo al verde…”
continuò l’altro, soprappensiero. Henrietta si
girò nuovamente verso di lui, senza dire nulla; Tony
sospirò, guardandola
sconfortato “Sempre se questa guerra finirà
mai…” concluse.
“Io non ho mai pensato
davvero al futuro. Combatto praticamente
da sempre, il mio unico pensiero è sempre stato solo
sopravvivere.” si giustificò
lei. Tony annuì e la strinse ancora, riprendendo a parlare.
“Dobbiamo sopravvivere
tutti, e la speranza aiuta a farlo. La
mia speranza per il futuro è quello di riuscire a vivere in
pace, crearmi una
famiglia ed avere dei figli. Mi piacerebbe una femmina, sai?”
“Una femmina? Come
mai?”
“Non lo so… le
femmine sono generalmente più tranquille… non
tutte, ma in genere lo sono.” rispose, sovrappensiero
“Mi piacerebbe chiamarla
River… River Song.”
“E’ un bel nome.
Il canto del fiume. Indica grazia e forza,
allo stesso tempo.” sorrise Etta. Tony annuì e le
tirò indietro una ciocca di
capelli che le cadeva sulla fronte, quindi tornò a guardarla
negli occhi.
“Ora stiamo calmi e
aspettiamo, ok, biondina?” domandò;
Henrietta annuì e Tony la strinse ancora. Era più
tranquilla. Senza dire altro
le sfiorò le labbra con le proprie.
Etta chiuse gli occhi e lo
lasciò fare. Si sentiva al
sicuro, di nuovo, e aver vicino il suo amico la rilassava.
Tony approfondì. Fu un
gesto istintivo, e altrettanto
istintiva fu la risposta della ragazza. Sentirono l’energia
passare attraverso
di loro; era potente, quasi una droga. Il battito dei loro cuori si
sincronizzò, la respirazione rallentò e tutto
sparì attorno a loro.