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Autore: Harmony394    15/01/2013    6 recensioni
«Perché stai piangendo?» Una voce infantile e femminile alle sue spalle lo fece sussultare e lui, istintivamente, si voltò a fronteggiare chiunque fosse stata l’artefice di quella domanda. Quando si voltò, i suoi occhi proiettarono quella che doveva essere la sagoma di una bambina di circa dieci anni. Aveva dei folti e ricci capelli rossi che le incorniciavano il viso piccolo e sottile ricoperto di lentiggini e dei grandi occhi color cielo curiosi e vispi che non smettevano di scrutarlo. Non era molto alta, arrivava all’incirca alle sue spalle e inoltre era anche parecchio magrolina.
Non seppe il perché di quello strano pensiero, ma Loki ebbe come l’impressione di avere dinanzi a sé una… sì, una piccola volpe!

[Loki x Nuovo Personaggio]
STORIA CONCLUSA!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Volpe e il Lupo.'
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~Jötunheimr.

L’acqua santa non può aiutarti ora.
Mille eserciti non riusciranno a tenermi fuori.
Non voglio i tuoi soldi.
Non voglio la tua corona.
Vedi, sono venuta a radere al suolo il tuo regno.

Seven Devils- Florence and The Machine.

 
 
 
«Dunque, andrò a prendere le mie cose. Vi consiglio di fare lo stesso: Jötunheimr non è celebre per la sua ospitalità»A parlare fu Thor e, nel suo sguardo, Loki notò un barlume di avventatezza, quasi di sfida. Sembrava esaltato all’idea di andare a combattere contro i Giganti di Ghiaccio e nulla, nemmeno l’idea di star mettendo tutti loro in pericolo, sembrava distoglierlo da quella sua ambigua felicità. Guardandolo, non poté evitare di chiedersi come un simile soggetto potesse davvero essere colui che avrebbe preso le redini del regno Asgard e, istintivamente, si disse che, forse, quello che stava facendo non era poi così sbagliato.

Accanto a lui, Sif e i Tre Guerrieri si scambiarono uno sguardo d’intesa e subito fecero per dirigersi fuori dalla sala; Thor fece lo stesso, ma, una volta arrivato all’uscio della porta, si voltò e fece scattare il suo sguardo verso quello verde del fratello minore, che si arrestò di colpo.

«Tu resta qui» Gli disse, «Non hai bisogno di armamenti, giusto? Hai già le tue sleali magie. Rimarrai qui di guardia, caso mai qualcuno dovesse domandare di noi. Puoi farlo. Non è così, fratello?» Nonostante la sua voce fosse neutra e indifferente, Loki percepì le parole di Thor come un ordine nei suoi confronti e istintivamente digrignò i denti, irritato. Lui faceva quello che voleva, nessuno poteva dargli degli ordini. Men che meno Thor.
Ma, nonostante la rabbia crescente, si impose mentalmente di non farlo adirare e di andare per il suo verso, cosicché non ci sarebbero stati ulteriori intoppi con il procedimento del piano.

«Certo. Non ci sono problemi, Thor» Dichiarò quindi, gli occhi involontariamente assottigliati in due fessure.

Thor sembrò percepire l’irritazione del fratello, ma non se ne curò più di tanto, rivolse invece lo sguardo alla piccola figura che gli stava accanto e con voce dura e decisa le disse: «Vieni con me, Emily. Devi prepararti per il viaggio, non puoi andare a Jötunheimr con quelle vesti: moriresti di freddo». 

A quel richiamo, la ragazza si fece, se possibile, ancor più piccola di quanto non fosse già e istintivamente strinse la sua mano più forte di prima, facendolo irrigidire un po’: sapeva che Thor era arrabbiato con lei a causa della sua cocciutaggine nel volerli seguire ad ogni costo a Jötunheimr e quindi, vedere quegli occhi così chiari e accusatori puntati su di lei, non faceva altro che aumentare il senso di colpa che stava provando in quel momento.

«N-No. Voglio restare qui, Thor» Pigolò ad un tratto, sorprendendo entrambi i fratelli, che la fissarono con tanto di occhi. Il maggiore, perché aveva ricevuto il suo primo rifiuto da quando aveva vinto la sfida, mentre il minore perché era convinto che Emily sarebbe andata con Thor.
«E come farai a procurarti ciò di cui hai bisogno? Mancano ancora pochi minuti e dovremmo partire per il Regno dei Giganti di Ghiaccio, ovvero il posto più freddo e desolato che ci sia in tutti i Nove Regni. Se devi venire, dovrai perlomeno avere qualcosa che ti protegga da quei mostri e dal freddo» Dichiarò con evidente fastidio nella voce.

Loki abbassò lo sguardo su quello ceruleo di Emily e constatò che era evidentemente intimorita da suo fratello, probabilmente a causa dello sguardo carico di astio che le stava rivolgendo. Quando infine vide le sue mani piccole e delicate cominciare a torturarsi l’un con l’altra –atteggiamento che Emily assumeva ogniqualvolta fosse imbarazzata o agitata, capì di dover intervenire.

«Penserò io a questo, Thor. Tu va pure a imbellirti come meglio credi, ormai manca poco alla partenza e quindi farai meglio a sbrigarti. Sono certo che se Padre venisse a scoprire ciò che stiamo per fare prima ancora che la missione sia portata a termine, non ne sarebbe molto felice.» Dichiarò, e nella sua voce ci fu una sottile nota di sfacciataggine e arroganza che non sfuggi a Thor, che, irritato, assottigliò gli occhi e li ridusse così a due fessure azzurre.

«E come pensi di fare?» Gli domandò quindi, le sopracciglia aggrottate per la rabbia.

Sogghignò e, con occhi furbi e sagaci, fece una rapida mossa con le dita e mormorò qualche parola in una lingua antica che Thor non conosceva. Poi alzò lo sguardo nella direzione del fratello e avvicinandosi a lui gli diede spettacolo di ciò che stava accadendo alle sue mani, lasciandolo sbalordito: all’inizio, sopra i palmi delle mani delle sue mani ci fu solo una piccola lucina argentata, ma poi, col passare dei secondi, questa diventò più grande fino a prendere la forma di due pugnali visibilmente molto affilati. Dopo di ciò, improvvisamente, la luce argentata che teneva i pugnali sollevati si dissipò e questi caddero dritti nelle sue  lunghe dita, afferrandoli con ancora il suo sorriso sornione sul volto affusolato. Dopodiché si voltò e li diede ad Emily, che era rimasta in silenzio per il troppo stupore.

«In questo modo» Dichiarò infine, le labbra arricciate in un sorriso di scherno che, per un momento, mandò su tutte le furie il Dio del Tuono. Osservando di sottecchi il fratello, credette lì per lì che Thor gli avrebbe caricato un pugno, uno di quelli che facevano male e che gli avrebbe certamente tolto il sorriso dalla faccia, ma si dovette ricredere quando vide sul volto del biondo aprirsi un ghigno canzonatorio che non gli piacque per nulla.

Lo vide avvicinarsi ad Emily, che lo fissava con le sopracciglia aggrottate e le labbra serrate e ridotte a un filo, e prendere uno dei pugnali che teneva nelle dita sottili col chiaro intento di studiarlo. Dopo aver preso il pugnale, Thor lo osservò un po’ in modo puntiglioso e minuzioso, ma dopo alcuni secondi, scoppiò a ridere divertito.

«È questo che sai fare, fratello?» Chiese, arrogante. «Far apparire oggetti dal nulla? Davvero sorprendente! Bravo! Tipico di te usare trucchetti così sleali e poco onorevoli» Esclamò in modo sarcastico e canzonatorio.

Stridette i denti ed improvvisamente ebbe l’istinto animalesco di prendere quel pugnale e conficcarglielo nella testa, così: giusto per sfizio. Chissà se, con un coltello piantato in quel poco cervello che aveva, Thor avrebbe cambiato atteggiamento. Ma, nonostante la furia che gli montava nel petto, si impose di rimanere calmo e seguire il piano; se c’era qualcosa che in quel momento non andava fatta, quella era certamente perdere la pazienza.

«La magia è parte di me, fratello. Non posso non usarla» Sibilò.

A quelle parole Thor sorrise beffardo e gli rivolse un’occhiata sprezzante. «La magia è inganno, Loki. Usarla è sinonimo di codardia e disonestà: non è onorevole, per un figlio di Odino, usare un sotterfugio simile» Dichiarò, improvvisamente scuro in volto. Poi rivolse il suo sguardo ad Emily, che lo fissava con occhi pieni di rabbia, e le ridiede il coltello con un sorriso mellifluo sulle labbra rosse. «Sii giudiziosa, piccola Emily. Usalo solo in caso di necessità» Le disse, ed Emily ebbe voglia di rispondergli che se non se ne fosse andato entro pochi secondi, quel coltello glielo  avrebbe ficcato lì dove non batteva il soleper necessità personale.

Come se avesse sentito i suoi pensieri, Thor si voltò e fece per andarsene, ma, una volta arrivato all’uscio, si fermò e gli lanciò uno sguardo d’intesa.

«Fra pochi minuti tornerò con tutti gli armamenti necessari, se dovete fare qualcosa fatela adesso. A dopo» Soffiò, prima di richiudersi le porte dietro di sé.
Poi successe tutto in un attimo: Loki, furioso come non mai per quell’ennesima frecciatina che gli era stata rivolta, si avviò con passo spedito lontano da Emily, che, vedendolo in quello stato, gli corse istintivamente dietro.

«Dove stai andando?!» Urlò. «Thor ha detto che dobbiamo restare qui!».

Si voltò di scatto e le puntò un dito accusatorio contro. «No, tu devi restare qui. Ti avevo detto fin dal principio di tornare a casa, perché non l’hai fatto?!».
Era stanco di essere sempre preso di mira da Thor e dai suoi stupidi amici, stanco di essere sempre considerato il reietto della famiglia solo perché non era riuscito a sollevare uno stupido martello. Stanco di essere accusato di essere senza onore solo perché al posto delle armi lui usava la magia.

Era stanco di tutto e di tutti.

Lo stress per lo sviluppo del piano lo stava facendo impazzire e, di certo, la voce squillante e preoccupata di Emily in quel momento non lo aiutava. In fondo era anche colpa sua se adesso stava così: se non fosse stata così testarda e cocciuta e non avesse insistito nel voler venire con loro, di certo si sarebbe risparmiato quell’ennesima palettata al suo orgoglio.

O almeno, questo era quello che la rabbia gli faceva credere.

«Perché voglio venire con voi. Cosa c’è di così complicato da capire?» Rispose allora Emily, gli occhi azzurri pieni di stupore a causa del repentino cambio d’umore dell’amico.

Nonostante fosse evidente che fosse realmente preoccupata per lui, si sentì infastidito da tutte quelle attenzioni. Voleva rimanere solo, sfogarsi per conto proprio: non gli andava che qualcuno lo vedesse in quello stato, lo faceva sentire debole e indifeso. Quasi come un infante bisognoso di attenzioni.

«Non puoi. Te l’ho già detto! Saresti solo un peso» La sue voce era tagliente e cattiva ed Emily non riusciva proprio a capire perché improvvisamente lui ce l’avesse tanto con lei. Non le piaceva lo sguardo di fuoco che le stava riservando, e non le piaceva nemmeno il fatto che le stesse urlando contro. Non sopportava le persone che urlavano: le considerava odiose e antipatiche e Loki, in quel momento, sembrava ricalcare alla perfezione quel tipo di gente che a lei proprio non piaceva.

«Perché dici questo? Avevi detto che saresti rimasto con me, che mi avresti protetta!» Esclamò allora, confusa e arrabbiata.
«È quello che sto cercando di fare, infatti, razza di stupida!» Sbraitò lui in risposta, furente di rabbia.

Nella sala calò il silenzio più assoluto e Loki ebbe quasi l’impressione che tutto intorno a lui fosse diventato incredibilmente freddo ed ostile. Vide Emily dinanzi a lui mordersi il labbro inferiore a sangue e le sue dita stringere con forza la sua veste blu; subito sentì una fastidiosissima stretta allo stomaco, che diventò un vero e proprio dolore quando notò che la ragazza era prossima alle lacrime – come ogni volta che litigavano. Stanco, si lasciò andare a un sospiro rassegnato e, mentalmente, si disse che l’unica cosa che ci mancava per completare in bellezza la giornata era vederla piangere. Decise quindi di usare un tono più calmo e mansueto, in modo che così magari anche lui si sarebbe calmato un po’.

«Non puoi venire con noi, Emily. Sarebbe una follia» Le sussurrò piano, cingendole le spalle.
«Questa missione è già una follia!» Ribatté allora lei, testarda, scrollandosi dalla sua presa.
«Una follia di cui tu non dovrai far parte» Tagliò corto lui, sperando che il discorso finisse lì.
«Perché?!» Gli chiese l’altra, gli occhi azzurri ridotti a due fessure. «Avevi detto che andava bene! Che non ci sarebbero stati problemi! E… E poi, se il problema è il fatto che io non sono brava come Sif nel combattere, ti assicuro che farò di tutto per evitare problemi alla squadra e cavarmela da sola! Io… io so fare perfino alcune magie e riesco anche a maneggiare bene i coltelli! E … e poi io … io devo andarci.» Concluse piano, e la sua voce, dapprima acuta e squillante, sembrò ridursi a un pigolio indistinto che lui, che era a pochi centimetri da lei, riuscì a capire a fatica.

Improvvisamente, Emily alzò lo sguardo e i suoi occhi si andarono a poggiare su quelli suoi, in un chiaro senso di supplica. Lui ricambiò l’occhiata e, nel farlo, scorse un velo di determinazione mista ad angoscia nello suo sguardo. Subito capì che Emily voleva venire con loro per un fine ben preciso che, per chissà quale arcano motivo, non voleva rivelargli. Decise quindi di indagare.

«Perché devi? Cosa devi fare?» Le domandò, schietto e senza tanti giri di parole.

Emily cominciò a torturarsi le mani, quasi come se quel piccolo gesto avesse potuto alleviare l’imbarazzo che stava provando in quel momento, poi fece un respiro profondo e rispose:
 
«Ciò per cui stiamo partendo, Loki. Uccidere i Giganti di Ghiaccio» Disse quelle parole con una tale convinzione che, per un momento, Loki credette sul serio che fosse seria. “Impossibile” si disse, “Non può davvero essere così stupida!”.

 Ma, guardandola, si rese conto del fatto che non stesse affatto scherzando. Restò sbigottito e silenzioso per alcuni minuti finché, alla fine, scoppiò in una grossa risata nervosa, alta e perfino un po’ sguaiata.

«Parli sul serio? Tu, uccidere un Gigante di Ghiaccio? Emily, scoppi a piangere per una piccola ferita o per la morte di un animaletto, come credi di poter riuscire a uccidere uno di quei mostri? Non puoi. Non ci riuscirai. Cosa credi di ottenere? Pensi forse che così facendo diventerai una guerriera come Sif?» Le domandò quando le risate si furono placate.

«Cosa puoi saperne tu?!» Urlò allora lei a pieni polmoni, profondamente ferita dalla reazione che lui aveva adottato poco prima. « Tu non sai cosa significa sentirsi soli! Non avere dei genitori, dover passare ogni compleanno senza tua madre o tuo padre che ti dicono quanto ti amano, che sono felici di stare con te … non hai la minima idea di cosa significa perdere qualcuno di caro solo per un capriccio di quei mostri. Tu non sai niente, quindi non hai il diritto di parlarmi cos--» Fu bruscamente interrotta da Loki che, senza preavviso, l’aveva afferrata con veemenza per le spalle e spinta con forza contro un pilastro lì vicino, bloccandola con le braccia. L’impatto che ebbe con l’oro della colonna fu forte e le fece male, ma quando, alzando lo sguardo, vide i suoi occhi verdi colmi d’una rabbia e una frustrazione che non gli aveva mai visto prima, non ebbe la forza di ribellarsi e si sentì improvvisamente piccola e indifesa. Deglutì.

«Sei una stupida» Disse. «Proprio tu mi parli di quanto sia dolorosa la solitudine? Di quanto sia brutto non sentirsi amati? No, non te lo permetto. Cosa speri di ottenere andando fin laggiù? Credi davvero di riuscire a uccidere il Gigante di Ghiaccio che ha assassinato i tuoi genitori? Eh, è così? Tu non hai la minima idea di che follie stai dicendo. Credi che uccidere sia facile? Che sia tutto un gioco e che una volta ucciso il presunto assassino dei tuoi genitori tu possa trovare la pace? No, non è così che andrà! Emily, apri bene le orecchie: qui non si parla di Midgard, dove gli esseri umani sono dei poveri stolti, incapaci di campare per più di qualche anno e facili da ingannare con due semplici paroline un po’ più forbite... si tratta di Jötunheimr. Lo capisci questo?» La voce di Loki era dura e senza ammissioni di repliche ed Emily, per un momento, si sentì mortificata.
 
Nonostante ciò, non riuscì a distogliere lo sguardo da lui e dai suoi occhi verdi, che la tenevano inchiodata lì e la facevano sentire incredibilmente piccola.

«… Sì» Pigolò.

«E allora resterai qui, giusto? Lo farai?» Domandò Loki con una scintilla di speranza negli occhi.

Emily non rispose subito, al contrario: passarono alcuni minuti prima che si decidesse ad aprir bocca. Era confusa, arrabbiata e piena di paura: sapeva a cosa sarebbe andata incontro se avesse deciso di partire per Jötunheimr e quindi le parole di Loki non facevano altro che aumentare questo suo timore. Si disse che forse aveva ragione, che sarebbe dovuta restare a casa al sicuro, e, per un momento, fu in procinto di cedere alle sue imposizioni. Poi però le ritornarono in mente i ricordi della lei bambina, quella piccola e gracile che era sempre stata, mentre giocava da sola con delle bambole di pezza senza la compagnia di nessuno, o quando la zia Kim le diceva dolcemente che neanche quell’anno i suoi genitori sarebbero potuti esserci al suo compleanno, facendola scoppiare inevitabilmente a piangere. Ricordò tutto e, improvvisamente, tagliente come un fulmine, il dolore e la rabbia esplosero in lei perché, probabilmente, tutto ciò non lo avrebbe mai passato se i suoi genitori fossero stati ancora vivi.

Pensò che non le importava niente di morire: voleva vendicarsi di quegli orrendi mostri che avevano ucciso i suoi genitori e che le avevano impedito di vivere un’infanzia normale. Se sarebbe dovuta morire, si disse, lo avrebbe fatto con onore. Proprio come avevano fatto loro.
Alzò quindi lo sguardo su quello di Loki, che continuava a fissarla in cerca di una risposta, e nel riscontrare quegli occhi verdi su di sé si disse che nessuno, nemmeno lui, avrebbe potuto impedirglielo.

«No» Rispose, cercando di avere il tono più serio e convinto possibile.

Lo mormorò appena, ma nel silenzio totale che albergava nella sala quel “no”  risuonò forte come un grido. Subito pensò di aver fatto una stupidata, una di quelle di cui si sarebbe pentita amaramente, e quasi d’istinto cercò gli occhi di Loki: aveva lo sguardo confuso e dubbioso di chi non ha ben capito bene cosa stesse succedendo ed i suoi occhi erano innaturalmente sgranati e apprensivi. Poi, improvvisamente, il suo  sguardo mutò di colpo e qualcosa, dentro di lei –simile a un campanello d’allarme, le urlò di rimangiarsi quello che aveva detto poiché il suo viso ossuto e affilato dell’amico era diventato improvvisamente una maschera piena di rabbia e frustrazione.

Per un momento, fu certa che le avrebbe fatto del male, ma poi si accorse che quella di Loki era una rabbia dolorosa, stanca e assolutamente non violenta; probabilmente era arrivato al limite della sopportazione. Sorpresa, non riuscì a distogliere gli occhi da lui nemmeno per un istante e con fatica si accorse di star trattenendo il fiato nell’attesa di una sua reazione. Loki la teneva inchiodata lì, con il suo sguardo irritato e la mascella contratta, senza dire una sola parola.

Ad un tratto si allontanò bruscamente da lei, le lanciò un’ultima occhiata ed assottigliò le labbra fino a farle diventare un filo. Guardandolo, constatò che tutto di lui era un constante tremolio.  

«Bene!» Sussurrò a un tratto, gli occhi ormai ridotti a due fessure verdi. «Fa' come credi!» Disse, furente. «Ma ascoltami attentamente: stai percorrendo una strada pericolosa, che ti porterà in un mucchio di guai! Stai giocando col fuoco, Emily, e bada bene che quando ti scotterai io non sarò lì per medicarti le ferite e asciugarti le lacrime. Non questa volta» Aggiunse, mentre si affrettava ad uscire dalla sala con passo veloce e spedito.

Nel tragitto, si scontrò con Volstagg che era venuto per avvisarli che stavano per partire. Quello, nel vedere il compagno così adirato, fece una faccia stupita e si gratto la folta barba rossa, mormorando un “Ma cosa—?” sommesso quando Loki lo superò senza degnarlo neanche d’uno sguardo.

«Bene!» Sibilò fra i denti Emily, piccata. Ed anche lei fece per andarsene via senza degnare d’uno sguardo il povero Volstagg, che cominciava a non capirci più nulla.

«Per la barba di Odino, si può sapere cosa sta succedendo?!».



«Dobbiamo trovare un modo per passare oltre Heimdall» A parlare fu Thor e sul suo viso abbronzato e ricoperto da alcuni peletti biondi si dipinse un espressione di pura concentrazione.
«Non sarà un'impresa semplice! Si dice che il guardiano del Bifröst possa scorgere una singola goccia di rugiada cadere da una foglia a migliaia di mondi di distanza!» Intervenne allora Volstagg, sinceramente preoccupato.
«Sì, e che possa sentire un grillo scorreggiare a Niffleheim!» Ribatté Fandral, scatenando l’ilarità di quasi tutti i presenti.
 
Quasi, perché a differenza di tutto il resto del gruppo, Loki ed Emily erano entrambi silenziosi come tombe e adirati come non mai a causa della discussione avuta poco prima. Di tanto in tanto, entrambi si scambiavano delle occhiate di sottecchi, ma nessuno dei due sembrava essere in vena di iniziare una conversazione.

«Non scherzare! Lui sente tutto!» Irruppe Volstagg, ansioso.
«Oh, per piacere! Passare dovrà essere semplice, a questo punto, visto che sembra che si lasci sfuggire i Giganti di Ghiaccio proprio sotto al suo naso!» Commentò Fandral con spacconeria, mentre cominciava ad avviarsi verso le scuderie.

«Oh, perdonalo, non intende offenderti!» Supplicò l’altro al cielo, seriamente preoccupato per ciò che avrebbe detto il Guardiano del Bifröst.

Si avviarono tutti verso le scuderie, ad eccezione di Loki, che tardò un po’ poiché intraprese una piccola conversazione con una guardia di passaggio che, inconsapevolmente, lo stava aiutando nell’ennesima fase del suo piano per la conquista al trono. Dopo che ebbe finito di discutere, anche lui si avviò alle stalle con un sorrisetto appena accennato sul volto. Emily, che a sua volta si stava attardando per ben altri motivi – doveva allacciarsi lo stivale, lo notò e, per un momento, fu tentata di domandargli cosa avesse detto alla guardia. Alla fine però si limitò a fare dietrofront ed avviarsi anche lei nelle scuderie.
 
«Cosa dovrei fare adesso!?» Domandò irritata  quando, dopo essere arrivata alle stalle, si ricordò che lei non sapeva andare a cavallo. Le erano sempre piaciuti quei mastodontici animali così eleganti e raffinati, ma purtroppo, non aveva mai avuto la possibilità di imparare a cavalcare.

«Resterai qui. Com’è giusto che sia!»Rispose Sif con un sardonico sorrisetto sul viso delicato.
«Sarebbe la cosa più saggia» Mormorò Hogun.
«Già, ma non credo sia una buona idea. La piccoletta potrebbe andare a riferire al Padre degli Dèi quello che stiamo facendo!» Soffiò Fandral, sospettoso.
«Anch’io dubito che sia una buona idea, amici miei» Gli fece eco Thor, scoccando un’occhiata dubbiosa ad Emily, che li fissava dal basso con aria infastidita e le mani sui fianchi.
«Ehi! Vorrei ricordarvi che io sono ancora qui!» Dichiarò ad un tratto, irritata dai commenti dei guerrieri.
«Esatto. Sei qui, ma non dovresti esserci» Ribatté Thor, scontroso. «In ogni caso, potrai venire con me. Quindi monta su, il mio cavallo può reggerci entrambi» Fece, porgendole la mano.

Nel momento stesso in cui, con titubanza e malvolentieri, Emily accettò l’aiuto di Thor, Loki sentì la rabbia dentro di sé aumentare. Fu come se qualcosa di grosso e squamoso avesse preso bruscamente vita nel suo stomaco, artigliandogli le viscere; il sangue caldo gli salì al cervello e gli spense ogni pensiero, sostituito da un selvaggio impulso di trasformare Thor in budino. Era una sensazione fastidiosa ed antipatica, che non gli piaceva per niente. Si sentiva fragile in quei momenti, perché, per lui, cedere ai sentimenti era sinonimo di fallimento e idiozia. E lui era tutto, fuorché un idiota.

Lottando contro questa improvvisa follia, sentì la voce di Hogun come da un’enorme distanza.

«Muoviti: Thor non ti aspetterà a lungo» Gli disse.

Con le labbra ridotte a un filo e lo stomaco sotto sopra, si costrinse a prendere le redini del proprio cavallo ed avviarsi anche lui verso il Bifröst. Nel tragitto, cercò di distrarsi osservando con piccole occhiate sfuggevoli le abitazioni e le città di Asgard e si sorprese un po’ nel vedere così tante sfaccettature di colori che l’abbellivano.
Asgard era davvero meravigliosa.
Arrivarono al Bifröst e lo percorsero senza indugi fino alla fine, dove dovettero fermarsi per poter dialogare con Heimdall, che li scrutava con lo sguardo di chi sapeva già tutto.

Scese dal cavallo e, nel percorrere l'ultimo pezzo di strada che lo distanziava dal Guardiano, sentì provenire da dietro di sé un flebile “Hai visto? Sapeva già che stavamo per arrivare. Che ti dicevo, eh? Malfidato miscredente…” appena sussurrato da Volstagg in direzione di Fandral, che, ancora sorpreso, non rispose alla provocazione lanciatagli dal compagno.

Di fronte a lui, Emily e Thor camminavano a pochi centimetri di distanza. Non poteva vedere che espressione avevano in quel momento i loro visi, ma fu certo che Thor avesse il solito sorriso spaccone che lo contraddistingueva sempre, mentre Emily un piccolo broncio impaurito.
Si avviò verso il Guardiano e superò Thor velocemente, liquidandolo con un semplice “Lasciate fare a me” accompagnato da un sorrisetto un po’ canzonatorio. Fece per iniziare il discorso, ma Heimdall lo precedette, senza dargli nemmeno il tempo di finire ciò che stava per dire.

«Servono indumenti caldi a sufficienza» Dichiarò, cupo.

Aggrottò le sopracciglia, confuso.

«Come, scusa?» Chiese allora, non aspettandosi quella reazione.
«Credi di potermi ingannare?» Soffiò il Guardiano, mantenendo quell’espressione neutra e composta.

Heimdall era sempre stato un dio di grande valore, questo lui lo sapeva bene. Da bambino lo aveva sempre temuto, perché suo padre diceva che, in quanto a forza fisica e intelletto, era uno dei migliori in tutta Asgard; motivo per cui era stato proclamato come Guardiano del Bifröst. Era un uomo dalla pelle scura, gli occhi di un acceso marrone e una folta barba nera; molto diverso dalla classica bellezza chiara e pura degli altri asgardiani. Nonostante ciò, non riusciva a credere che i suoi presunti “poteri” fossero reali; era certo che in tutta Asgard, solo lui ed Emily fossero in grado di fare magie. E, quest’ultima, nemmeno tanto bene.

«Devi esserti sbagliato» Rispose allora con un sorriso di circostanza sulle labbra. «Io non so--».
«Basta!» A parlare fu Thor e la sua voce risuonò forte e chiara nelle sue orecchie e, istintivamente, smise di parlare.
«Heimdall possiamo passare?» Domandò.
«Mai un nemico ha eluso la mia sorveglianza, sino a questo giorno. Vorrei sapere com’è accaduto.» Rispose Heimdall con voce decisamente infastidita ed irritata, quasi come se gli desse fastidio ammettere di aver fallito nel suo ruolo di Protettore di Asgard.
«Allora non dirai dove siamo andati fino al nostro ritorno. È chiaro?» Domandò Thor in modo serio e deciso.

Heimdall non rispose e quindi Thor avanzò con la certezza di avere il suo consenso. Lo stesso fecero gli altri e Volstagg, quando gli passò accanto, sussurrò un canzonatorio: “Che c’è? La lingua sciolta si è annodata?” che lo fece infuriare ancora di più.

Lanciò un’occhiataccia all’uomo di grossa stazza mentre, con la coda dell’occhio, fissava i movimenti di Emily che camminava lenta e titubante davanti a lui, quasi come se avesse avuto paura di procedere. Improvvisamente, lei si voltò per guardarlo e, constando che lui la stesse già osservando di suo, distolse subito lo sguardo e accelerò il passo. Accigliato, Loki ebbe la sensazione di essere stufo di tutta quella situazione a dir poco ridicola e, senza rendersene neanche conto, aggrottò le sopracciglia e assottigliò le labbra.
Si avviarono dunque all’interno di un enorme sala in cui era posizionata una sottospecie di incudine che, una volta azionata, avrebbe fatto sì che tutti loro venissero teletrasportati in uno dei Nove Regni.

Heimdall sfoderò la spada in pesante oro e subito la conficcò all’interno della cavità che stava dentro la pietra che, una volta azionata, cominciò a far saettare fulmini a destra e a manca. Improvvisamente tutto cominciò a girare vorticosamente ed Emily, impaurita, gettò uno squittio involontario. Quando poi esplose un enorme lampo verticale dalla roccia, dovette premersi le mani sulla bocca per non urlare di sorpresa.

«Siete avvertiti: io onererò il mio giuramento di proteggere questo regno come Guardiano. Se il vostro ritorno minaccerà la sicurezza di Asgard, il Bifröst resterà chiuso e morirete nella fredda terra desolata di Jötunheimr» Dichiarò solennemente, facendo rabbrividire tutti i presenti.
«Non potresti lasciarci aperto il ponte?» Domandò Volstagg.
«Lasciare aperto il ponte libererebbe il pieno potere del Bifröst e distruggerebbe Jötunheimr con voi al suo interno»Rispose Heimdall prontamente.

A quelle parole, credette per un momento che, arrivati a quel punto, con un rischio tanto alto e pericoloso, Thor decidesse di lasciar perdere tutto e ritornare ad Asgard o, magari, cosa più probabile, di partire solo lui lasciando gli altri al sicuro. Ma, ovviamente, non fu ciò che accadde. Infatti, al contrario di Emily che stava letteralmente tremando spaurita e aveva gli occhi sgranati, sul viso di Thor si dipinse un sorriso sghembo decisamente fuori luogo.

«Oggi non ho intenzione di morire!» Ghignò.
«Come nessuno» Fu la repentina risposta del Guardiano.

Poi successe tutto molto velocemente, forse troppo: Heimdall azionò con un rapido movimento delle braccia il “portale” ed in pochissimi secondi, senza neanche rendersene conto, tutti vennero teletrasportati a Jötunheimr.

Quando Emily si fu ripresa dal forte impatto che il teletrasporto aveva avuto su di lei, si guardò intorno con aria preoccupata e spaventata. Jötunheimr era una terra aspra, fredda e ricca di rocce spigolose ed appuntite; era del tutto diversa dalla soleggiata e rigogliosa Asgard che conosceva e che tanto amava. Per un momento desiderò ardentemente tornare a casa con tutta se stessa, ma, ricordandosi il motivo per cui era lì, si impose di restare calma e agire con lucidità: aveva desiderato lei finire laggiù, lo aveva preteso con tutta se stessa, adesso era tardi per tirarsi indietro.

«Non dovremmo essere qui»Fu il commento di Hogun dopo parecchi minuti di silenzio.

Loki si guardò intorno nervoso, come se si aspettasse che, da un momento all’altro, qualcuno gli saltasse addosso pronto a ferirlo, ed istintivamente il suo sguardo cadde su Emily, che, nonostante stesse tremando dalla testa ai piedi – probabilmente più per la paura che per il freddo, non osava proferire parola. Senza pensare a ciò che stava facendo, le si avvicinò velocemente e dopo averle scoccato un’occhiataccia che diceva chiaramente: “Ti avevo detto di non venire, guarda ora in che guaio ti sei cacciata, razza di sconsiderata!”, le diede il suo mantello con un gesto stizzito della mano. Emily fu stupita da quel gesto, ma non disse nulla. Probabilmente, pensò, perché aveva capito di aver fatto una stupidaggine bella e buona e che quindi era meglio tacere.

Succedeva spesso che dopo un battibecco o una litigata, entrambi finissero con l’accantonare la rabbia e fare “pace” senza neanche accorgersene o porsi tante questioni al riguardo. Probabilmente, tutto ciò accadeva perché si conoscevano sin da bambini e quindi ogni tabù, segreto o imbarazzo tra di loro non aveva motivo di esistere. Specialmente in una situazione simile, dove l’unica cosa che importava era sopravvivere e farsi forza l’un l’altro. I litigi e le incomprensioni le avrebbero lasciate a dopo, quello non era affatto il momento per pensarci.

«Muoviamoci.» Dichiarò a un tratto Thor, rigido e serio, distogliendolo dai suoi pensieri.

Mentre camminavano, si accorse di come il freddo che albergava in quelle lande desolate non lo toccasse minimamente. Al contrario, sembrava infondergli piacere. Sembrava qualcosa che, inconsapevolmente, aveva sempre desiderato. Era una sensazione strana ed inquietante, soprattutto perché, accanto a lui, Emily continuava a battere i denti per il troppo freddo. Quando la guardò, constatò che le sue labbra fossero diventate violacee e la sua pelle si fosse, nonostante l’abbigliamento pesante e caldo, impallidita di colpo.

Camminarono per un tempo che parve infinito, finché qualcosa non li fece sobbalzare e arrestare sul posto.

«Avete fatto molta strada per morire, asgardiani» Fu una voce profonda e macabra a parlare, quasi gelida, e accanto a lui, Emily, improvvisamente spaventata, fece cadere la proprio mano sul fodero che conteneva uno dei suoi coltelli, sguainando uno dei pugnali.
«Io sono Thor, figlio di Odino!» Urlò di colpo Thor in modo spavaldo.
«Sappiamo chi sei…» Rispose la voce.
«Come ha fatto la tua gente ad entrare ad Asgard?!» Domandò allora Thor, gli occhi saettanti di rabbia.

Improvvisamente, un leggero e debole fascio di luce illuminò un determinato punto davanti a loro, rivelando così un grandissimo trono fatto di pietra su cui era seduto l’essere più disgustoso e temibile che avessero mai avuto la sfortuna di vedere: era alto diversi metri, di un temibile color blu notte e con grandi e grossi occhi rossi fiammeggianti. Aveva il corpo di un uomo, ma di umano non aveva pressoché nulla. Nel vederlo, Emily gettò uno squittio spaventato e lui dovette stringerle il braccio con forza mentre, con voce incrinata e ansiosa, le sussurrava di restare calma e di non fare mosse avventate.

Poi successe una cosa molto strana che non riuscì a comprendere: Laufey volse il suo sguardo verso di loro, precisamente su di lui, e l’osservò con una minuziosità tale da fargli salire un brivido su per la schiena. Era terrificante.
 
«La casa di Odino… è colma di traditori» Biascicò, la voce tetra e gutturale.

Subito Thor, avventato e spavaldo, partì al contrattacco: «Non disonorare con le tue bugie il nome di mio padre!» Urlò inferocito, sguainando il Mjolnir.
Vide il Gigante di Ghiaccio assottigliare gli occhi, riducendoli a due fessure scarlatte, e in un impeto di rabbia alzarsi in piedi, rivelandosi in tutta la sua enorme statura. Poi rivolse a Thor un’occhiata di puro astio e disgusto.

«Tuo padre è un assassino e un ladro!» Sputò fuori. «E tu perché sei qui? Per la pace?! No… tu vuoi la battaglia, la brami! » Fece una pausa, senza smettere di osservarlo. «Sei solo un ragazzo che vuole dimostrare a se stesso di essere uomo» Dichiarò.

Thor strinse più forte l’impugnatura del martello ed anche lui assottigliò gli occhi, irato. «Questo ragazzo si è stancato del tuo scherno!» Disse, furente.

Solo allora si rese conto del fatto che fossero circondati da migliaia di Giganti di Ghiaccio, pronti ad attaccarli all’ordine del loro Re. Subito il suo sguardo cadde su Emily, che adesso stava tremando come una foglia, e capì di dover fare qualcosa. Qualsiasi cosa.
Corse da Thor e cercò di dissuaderlo da quella pazzia, mentre, con tutto il cuore, sperava che Padre avesse ricevuto il messaggio dalla guardia e arrivasse presto in loro soccorso.

«Thor, fermati e rifletti: siamo inferiori numericamente e--».
«Sta’ al tuo posto, fratello» Lo zittì lui, furioso.
«Non sai cosa potrebbero scatenare le tue azioni…» Lo avverti Laufey  con voce melliflua e strascicata. «Io sì. Andate, finché ancora ve lo consento».

Dopodiché si avvicinò a loro, facendo tremare la terra ad ogni passo, e li guardò dall’alto della sua enorme stazza con sguardo irritato, come a volerli sfidare a rifiutare la sua offerta.

«Accetteremo questa tua gentile offerta» Gli rispose allora, temendo quello che sarebbe potuto accadere se avessero risposto diversamente.

Thor fece passare il suo sguardo da lui al gigante con una rabbia tale che, per un momento,  credette che di lì a poco sarebbe scoppiato per la troppa ira ed avrebbe ammazzato quanti più Giganti di Ghiaccio possibili. Non che la cosa non lo allettasse: avrebbe pagato oro per vedere qualcuno di quei mostri spappolato contro il muro, ma nonostante ciò cercò comunque di rabbonirlo e dissuaderlo dai suoi istinti animaleschi.

Non potevano permettersi una battaglia: non con Emily nei paraggi.

«Andiamo, fratello!» Sussurrò poi, trascinandolo via.

Ecco fatto: aveva vinto. Adesso sarebbe certamente arrivato Padre e, constatando ciò che Thor aveva quasi scatenato, lo avrebbe certamente dimesso dal suo ruolo di quasi sovrano di Asgard. Poi avrebbe assegnato a lui, Loki, quel titolo e tutto sarebbe andato secondo i suoi piani. Tutti vincevano e nessuno perdeva.

Ovviamente, nessuno tranne Thor.

Fece quindi per andarsene, sollevato,  erto di essere finalmente fuori pericolo e di aver concluso ciò per cui era venuto. Adesso non restava altro che andarsene il prima possibile da quei mostri ed aspettare che Padre venisse a “salvarli”. Solo questo.
Fece dunque per andare verso Emily, che lo guardava con gli occhi sbarrati dalla paura, per rassicurarla che stavano per tornare a casa e che tutto sarebbe presto finito. Prima che però potesse prenderle la mano, successe qualcosa che non solo non si aspettava, ma che non era compresa nel piano.

«Torna a casa, principessina!» A parlare fu Laufey e, nello stesso momento in cui lo fece, Loki si sentì congelare dalla paura poiché sapeva già cosa sarebbe successo dopo.

«Dannazione…» Sussurrò fra i denti.

Accadde tutto in breve tempo: vide Thor sorridere beffardo mentre, in un impeto di follia, si voltava con un ringhio verso il Re dei Giganti di Ghiaccio e lo colpiva con il Mjolnir, facendolo volare diversi metri in aria.

«Avanti!» Urlò poi, colpendo un altro Jotun che, anche lui, volò diversi metri più in là.


Fu come far esplodere una bomba.

I Giganti di Ghiaccio avanzarono all’attacco contro di loro, che subito partirono al contrattacco sguainando le proprie armi e caricando colpi a destra e a manca. Loki vide la scena come a rallentatore: Hogun e Fandral combattevano fianco a fianco, proteggendosi a vicenda, Thor si prodigava nell’uccidere uno di quei mostri e Volstagg e Sif cercavano di difendersi a vicenda dai colpi sferragliati dai Giganti. Nel frattempo, con una lentezza quasi palpabile, Loki vide Emily sguainare i propri coltelli e, in un probabile impeto di follia dettato dalla paura stessa, correre verso uno di loro nel tentativo di colpirlo. Loki non fece in tempo a fermarla.

«No…» Sussurrò incredulo fra sé e sé a quella vista. «No! Che stai facendo?! Torna indietro, brutta stupida!» Le urlò dietro, facendo per rincorrerla. La sua corsa fu però fermata dall’arrivo di un Gigante di Ghiaccio che gli si era parato dinanzi in chiaro segno di minaccia. Irritato, gli lanciò una delle sue magie, che lo mandò in pezzi. Subito ne arrivarono altri e la sua vista fu dunque oscurata dalle enormi figure di quegli imponenti esseri, non permettendogli così di vedere cosa Emily stesse facendo.
Imprecò forte e chiamò a gran voce il suo nome, giurando sulla sua stessa vita che, una volta che tutto quello sarebbe finito, le avrebbe inflitto una lezione così forte che non se la sarebbe mai più scordata.

Per il momento, però, la voleva viva.

Frattanto, Thor stava finendo di uccidere l’ennesimo Gigante di Ghiaccio: il tutto sotto gli occhi scarlatti di Laufey. Sentendosi dunque invincibile e potente, il Dio del Tuono azzardò un’ennesima sfida nei suoi confronti, urlando a gran voce che quella, per lui, non era affatto una sfida. Bensì un gioco.

Sentendolo, imprecò sulla sua idiozia e gli urlò di stare zitto, che stava solo aggravando la situazione. Thor però non parve sentirlo, tanto era preso dalla battaglia, e quindi continuò il suo scherno nei confronti del Gigante di Ghiaccio che, irritato, sguinzagliò contro di loro l’ennesimo mostro: stavolta più grosso e potente dei precedenti.

Agitato, uccise l’ennesimo Gigante di Ghiaccio e si prodigò di tutta fretta a recarsi da Emily che, constatò, stava cercando di uccidere uno di quegli esseri. Le si avvicinò correndo ed in quel momento poté notare tutta la furia e l’istinto di sopravvivenza che si celava dentro i suoi occhi cerulei. Fu allora che capì che Emily non combatteva per uccidere, bensì per sopravvivere. Nei suoi goffi movimenti contro uno di quei giganti, vide l’esitazione che si celava dietro ogni suo attacco per paura di uccidere per davvero il mostro dinanzi a lei che, però, non sembrava essere ugualmente insicuro.
Prima che quest’ultimo potesse sferrarle un attacco allo sterno, scattò prontamente verso di lui e lo uccise con un semplice incantesimo.

Poi si voltò a guardare l’amica, che aveva il fiatone e una guancia rigata da un profondo taglio, e capì che il motivo per cui lui stava combattendo con tutte le sue forze non era l’odio, la voglia di massacrare quei mostri o il desiderio di rivalsa nei confronti di Thor.

Era lei.  

Fece appena in tempo a rendersene conto che l’ennesimo Jotun  si avventò su di loro e lui, istintivamente, gli scagliò contro una delle sue magie. Il mostro non morì, ma si accasciò al suolo in preda agli spasmi che la magia gli aveva procurato. Fu allora che vide Emily sgusciare nuovamente via da lui, sguainando il proprio coltello e infliggendo il colpo di grazia al mostro, che morì con un ultimo sussulto.

«Questo era per i miei genitori!» Urlò, cercando di avere un tono spavaldo; ma, guardandola bene, poté giurare di vedere una lacrima solitaria che rigava il suo volto sporco e ferito. Probabilmente, pensò, per la paura che quel gesto le aveva procurato e per la “piccola” rivincita morale che aveva ottenuto su quegli esseri dopo tutti quegli anni. Non si stupì affatto quando la vide trattenere un singhiozzo.

Improvvisamente un fragoroso rumore causato dall’ennesima corsa di quei mostri fece tremare la terra e Loki agì d’istinto: la prese per un braccio e la trascinò via di lì.

«Dobbiamo andare via di qui!» Le urlò dirigendosi verso un punto un po’ più coperto e non molto in vista.
« Non farti vedere assolutamente da nessuno. Sono stato chiaro, Emily? Nessuno!» Le disse con espressione grave, guardandola dritta negli occhi arrossati.
«No! Sono venuta fin quaggiù per aiutarvi! Non posso restare qui! N-Non dopo quello che ho fatto!» Ribatté lei, titubante ed impaurita.
«Fa come ti ho detto!» Gridò prima di allontanarsi, dirigendosi verso il posto dove si stava tenendo la battaglia. Una volta arrivato fin lì cercò di dare man forte a Thor, che se la stava vedendo brutta a causa di un sinistro mollatogli da uno di quei mostri, poi evitò la carica di un altro di loro grazie a una delle sue illusioni, che fece sì che il gigante precipitasse in un burrone, ed infine, grazie a un altro dei suoi trucchi, riuscì ad uccidere un altro gigante.

Nella furia della battaglia, riuscì a vedere con la coda dell’occhio che Volstagg si era appena ustionato un braccio solamente toccando il mostro; istintivamente, sperò che la stessa sorte non toccasse a lui.

Poi successe tutto in pochi minuti: un ennesimo Gigante di Ghiaccio gli si scagliò contro e lui, per riflesso, fece lo stesso. Quello che però accadde dopo fu strano e decisamente confusionario: il gigantegli afferrò il braccio, bruciando una parte della sua manica, che si frantumò in mille pezzi, e, quando fu certo che anche a lui sarebbe toccata la stessa sorte di Volstagg, vide il suo braccio divenire di un macabro color blu notte, proprio come quello del suo aggressore. Sgomento e spiazzato, lo fisso senza fiatare, immobile come una statua di cera.
 
Cosa gli stava succedendo?

Poi, successe qualcosa che lo fece distrarre del tutto da ciò che stava facendo: quella cosa fu Emily.

Infatti, la ragazza, credendo che lui fosse in pericolo e che il Gigante lo stesse tramutando in uno di loro, disobbedì all’ordine impartitole poc’anzi e corse in suo soccorso. Approfittando della momentanea distrazione della creatura, sfoderò i suoi coltelli e con balzo gli fu addosso,  piantandogli le lame nella schiena. Quello con un urlo si dimenò, riuscì ad afferrarle il braccio e la scaraventò contro un’enorme lastra di ghiaccio come se fosse stata un fuscello. L’impatto che ebbe contro il muro dovette essere troppo forte, perché improvvisamente non si mosse più.

E Loki urlò. Così forte e disperatamente che sentì le vene delle tempie gonfiarsi e la gola dolergli.

Preso dalla collera, emise un verso simile a un ruggito e, iracondo, si scagliò contro il Gigante di Ghiaccio, uccidendolo sul colpo. Sentì la testa pulsargli dolorosamente e il cuore battere forte nel petto come un rullo di tamburi. Nella sua mente, c’era un unico pensiero: “Fa che non sia morta. Fa che non sia morta!”.

Corse da lei con quanta più velocità le sue gambe gli permettessero di avere e, quando le arrivò accanto, le fu subito addosso. Si inginocchiò accanto a lei e le spostò le lunghe ciocche rosse dal viso, rivelando così un lento rivolo di sangue che le rigava la fronte, il naso ed il collo. Allarmato, guardò da dove provenisse la ferita e la punta delle sue dita si macchiò di sangue quando le sfiorò la testa. Subito, la sua mano si ritrasse e si strinse in un pugno così forte che le unghie gli si conficcarono nella carne e ne lasciano alcuni segni ben visibili. Digrignò i denti, chinò la testa e si morse il pugno a sangue, come a volersi trattenere dall’urlare di nuovo. Voleva piangere. Gridare e spaccare tutto. Ma non riuscì a muoversi, poiché la sua voce era bloccata all’interno della gola e non sembra avere intenzione di uscire.

Fuori si continuava a combattere. Thor stava distruggendo l’ennesimo Gigante di Ghiaccio, Sif aiutava Fandral, che era stato ferito gravemente, e Volstagg ed Hogun non potevano far altro che dare man forte al resto del gruppo.

Nessuno sembrava  aver notato la loro assenza.

Osservò con occhi vitrei il volto di Emily: era giovane, acerbo, decisamente non adatto a morire e ad appassire come un fiore strappato. Il sangue cremisi continuava a rigarle il viso, creando un forte contrasto con la sua pelle chiara e lentigginosa, ed i suoi occhi erano chiusi. Subito, pensò che non li avrebbe rivisti aperti mai più. Non avrebbe più rivisto il sorriso radioso di Emily quando giocava con Fenrir, il suo naso arricciarsi ogni qualvolta rideva, lo sguardo frizzante ed allegro che aveva sempre e che la contraddistingueva da tutte le altre e, cosa più importante, non avrebbe più sentito la sua voce.

Nel pensare ciò, sentì gli occhi annebbiarsi e la voglia scalpitante di piangere ed urlare farsi strada in lui. Si morse il labbro inferiore, che prese a sanguinare, e le sue dita si strinsero attorno al polso secco di Emily.

“Perché non mi hai ascoltato?! Perché devi sempre fare di testa tua? Perché, per una volta, non potresti semplicemente fare quello che ti dico io?! Perché, dannazione? Perché non mi hai dato retta?!” Sentiva  l’aria mancargli ad ogni respiro che faceva e, per un momento, credette di stare per morire. Di non poter più respirare. Il senso di colpa si fece largo in lui e sembrò ucciderlo lentamente, come una terribile tortura.

Sentì gli occhi bruciargli ma, proprio quando una lacrima stava per rigare il suo viso ossuto e affilato, i sentì qualcosa sotto di sé muoversi. Abbassò lo sguardo e, con tuffo al cuore, si accorse che si trattava delle dita di Emily. Con una velocità e una foga disumana, le si avvicinò e appoggiò il proprio orecchio sul suo petto.

E fu  solo quando lo sentì, che si accorse di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.

Tum, tum, tum, tum, tum…

Eccolo lì, il battito del cuore di Emily. C’era, era lì! Lo sentiva!

Emily era viva! Era viva!

Quello che successe dopo fu tutto un susseguirsi di eventi fin troppo veloci. Così veloci, che riuscì a capire a stento cosa stesse succedendo attorno a lui.
Laufey scatenò contro di loro l’ennesimo mostro, il peggiore di tutti: era alto decine e decine di metri e il suo enorme corpo stava per spaccare il ghiaccio che lo teneva imprigionato. Restarono tutti a fissare quel mostro con l’aria di chi non sapeva cosa stesse realmente accadendo, poi, improvvisamente, la voce di Volstagg irruppe, facendoli sobbalzare.

«VIA!!» Gridò con voce possente e spaventata.

Subito tutti si prodigarono a scappare: lui prese di peso Emily e se la caricò sulle spalle, ringraziando mentalmente tutti gli dèi in suo ascolto per aver fatto sì che fosse incredibilmente leggera, e si allontanò il più possibile da quel luogo prima che quel mostro si fosse risvegliato del tutto.
Si voltò un attimo dietro di sé, giusto per vedere cosa stesse succedendo, ma non fece in tempo a scorgere suo fratello Thor , ancora intento nella lotta contro i Giganti di Ghiaccio, che l’enorme bestia si scagliò su di loro.

Sgranò gli occhi spaventato, convinto di star per morire, finché il crepitio del ghiaccio sotto di sé non lo avvisò che il suolo stava per franare a causa del troppo peso del mostro che, in pochi istanti, finì sotto terra. Non ebbe neppure il tempo di esultare che subito, quasi come un automa, riprese la sua corsa sfrenata nel tentativo di portare in salvo lui ed Emily. Corse più veloce che poté, finché non arrivò nello stesso punto da cui erano partiti.

«Heimdall! Apri il ponte!» Urlò Volstagg, ma non ebbe nemmeno il tempo di ricevere risposta che la grottesca e gigante zampa del mostro sbucò fuori da sotto la terra, facendoli tutti sobbalzare. Adesso era dinanzi a loro, alto e grosso il quintuplo di lui ed armato di aguzze zanne da cui pendevano diversi fili di saliva e qualche altra roba schifosa che non riuscì a definire, ma che gli diede comunque il voltastomaco.

La bestia cercò di divorarli, ma, prima che potesse farlo, venne fermata da Thor che, grazie alla forza del suo Mjolnir, lo uccise fracassandogli il cranio.

Per la prima volta in vita sua, fu davvero felice di vedere suo fratello.

Ma la sua contentezza venne placata di colpo quando, voltandosi, vide un enorme esercito di Giganti di Ghiaccio pronti ad ucciderli uno per uno. Istintivamente, strinse più forte Emily a sé, in un vago tentativo di nasconderla dalla vista di quei mostri, e sperò con tutto se stesso che qualcuno, chiunque, venisse ad aiutarli. Non gli importava più nulla del piano e del fatto che fosse andato a monte: adesso desiderava solamente tornare a casa, mettersi al sicuro ed accertarsi che Emily stesse bene.

Voleva solo tornare a casa.

Nel momento stesso in cui lo pensò, vennero tutti avvolti da un fascio di luce argentea che fece allontanare di colpo tutti i Giganti di Ghiaccio, terrorizzati.

Confuso, alzò il capo. Odino, suo padre, sopra di loro, troneggiava in groppa al suo cavallo Sleipnir, lo scettro levato e il volto pallido e furente.
Si sentì attraversare da una sorta di scarica elettrica. Erano salvi.

«PADRE! INSIEME LI STERMINEREMO!» Gridò Thor, con folle estasi.
«Silenzio!» Rispose tagliente Odino, zittendolo.

In quel preciso momento, Laufey si levò in tutta la sua statura e si contrappose a Odino, che lo scrutava con sincera vergogna negli occhi da sopra il suo cavallo.

«Padre degli dèi…» Mormorò il gigante con un sorriso canzonatorio sul volto.  «Sembri stremato» Aggiunse poi, con una nota d’ironia nella voce burbera e grottesca.
«Laufey…» Esalò allora Odino con voce ansimante. «Adesso finiamola».
«È stato tuo figlio a volerlo» Ribatté adirato il gigante.
«È vero… e sono state le azioni di un infante!» Acconsentì l’altro, fulminando il suo primogenito con lo sguardo. Poi il suo unico occhio tornò a fissare quelli rossi di Laufey. «Considerale tali! Poniamo fine alla cosa. Qui ed ora… prima di spargere altro sangue» Concluse, lanciando una veloce occhiata ad Emily, che giaceva ancora esanime sopra la sua spalla.
«Siamo oltre la diplomazia, Padre degli dèi…» Dichiarò Laufey con voce truce. «Avrà ciò per cui è venuto: guerra e morte» Sentenziò, malsanamente compiaciuto dalla cosa.

Odino rimase in silenzio per alcuni secondi, il peso della corona che gli gravava sulle spalle come mai: non voleva tornare in guerra contro Jötunheimr . Erano anni che cercava di mantenere una pace durevole! Ma che altra scelta aveva? Poteva forse soccombere per un capriccio di quel mostro? No, questo mai.
Fece un grande sospiro, uno di quelli stanchi e pesanti, ed infine esclamò: «Così sia!».

Successivamente, Laufey cercò di pugnalarlo con una delle sue lame di ghiaccio, ma lui, sveglio e attento nonostante l’età, lo precedette e lo allontanò grazie al proprio scettro. Poi si teletrasportò insieme a tutti gli altri ad Asgard, lasciando il Gigante di Ghiaccio alle spalle e la promessa di una guerra che non aveva mai voluto dinanzi a sé.
 
 



 
-Note dell’Autrice


Ebbene, eccoci arrivati al quattordicesimo capitolo! Evviva!
Diciamo che questo capitolo, oltre brevi –brevissime- parti, è stato uno dei più difficili da scrivere! Vi dico solo che è stata DURISSIMA seguire passo per passo la battaglia di Jötunheimr per come veniva raccontata nel film ed aggiungere comunque scene in più create da me @_@. I personaggi non mi convincevano mai e io dovevo mettere qualcosa che si collegava sia con la storia principale, sia con gli avvenimenti del film e sia con tutto quello che dovrà accadere in futuro a Loki ed Emily che, povera ragazza, ne ha sempre una. Povera cucciola.
Mi scuso infinitamente per l’orario disumano con cui sto postando il capitolo ma capitemi: sono stanca, lavoro a questo capitolo da GIORNI e, come se tutto questo non bastasse, ultimamente mi hanno riempita di compiti in classe. Sono sull’orlo della follia, giuro.
Ringrazio tutti coloro che seguono la storia! Aumentate ogni giorno di più! Adesso siete più di 80 *O*.

Vi mando un bacione!

P.S: Se volete, ditemi che ne pensate del capitolo! –suvvia, fatemi felice!
P.P.S: Nel capitolo ci sono delle citazioni nascoste prese da alcuni libri di Harry Potter: chi di voi le ha trovate? :P
P.P.P.S: Se volete potete aggiungermi al mio indirizzo Facebook, dove aggiorno e metto alcune robe in più sulla storia :)

Link: http://www.facebook.com/harmony.efp.9

Al prossimo capitolo!

RINGRAZIO VIVAMENTE DARMA PER IL BETAGGIO! GRAZIE ANCORA <3 <3
   
 
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