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Autore: Polveredigente    15/01/2013    5 recensioni
E' una notte silenziosa ad Hamilton.
Una solita e nevosa notte nel cuore del Canada.
Il mondo tace, solo qualche animale lontano rincorre la propria preda, un ululato squarcia il silenzio, chi rivedrà la luce del sole?
Io scommetto sul più grande, qualsiasi cosa sia.
E' una notte silenziosa ad Hamilton ed una ragazza è pronta a cambiare vita, ancora una volta, ma lei ancora non lo sa.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imbuco la lettera e subito dopo mi guardo intorno come se stessi compiendo qualche reato per cui potrei finire da un momento all’altro in prigione. Scuoto la testa divertita e ritorno a camminare spedita verso casa.
Quello che ho fatto è stato incredibilmente stupido e insensato, ma è l’unico modo per rassicurarmi e per dare un minimo di pace alla mia mente, che se no non avrebbe un momento per respirare, senza continuare a lavorare su nulla, impegnandosi a vuoto, cercando risposte a domande inverosimili.
Come ha fatto per tutta la mattinata, dove invece di essere attenta a clienti e scontrini, nel minimarket non riuscivo a concentrarmi nemmeno davanti alla cassa, e cosa ho dovuto inventarmi? Di non sentirmi tanto bene, e allora il signor Burm mi ha spedito nel magazzino, dove ho potuto semplicemente stare seduta a sorseggiare caffè.
Dalle cuffie dell’i pod parte una canzone che riconosco dalla prima nota e che dalla prima nota mi fa sorridere.
Who you are, solo che a cullarmi non è la voce femminile e acuta di Jessie J, ma quella roca e profonda di Ed Sheeran, che ad ogni sillaba sembra quasi accarezzarmi i capelli e dirmi che tutto andrà bene, e che riuscirò a tenere me stessa con me. Mi lascio consolare da queste bugie, perché io lo so che non migliorerà un bel niente, io lo so che quelle parole incombono su di noi come un spada di Damocle che prima o poi si schianterà su di noi, distruggendo il finto idillio che ci siamo creati.
Ma come posso credere che smetterò di sentire bruciare dentro di me l’amore di cosi tante vite? Come posso accettare che non ricorderò i nostri baci, i nostri ti amo, le nostre parole, le nostre carezze? Che cosa resterà delle notti insonni, dove eravamo solo noi due ed il luccicare irrefrenabile dei nostri occhi che si specchiavano riflessi nell’amore che irradiavano?  Dove andrà a finire il nostro stringersi convulso, il nostro cercarsi continuo, le nostre mani che si intrecciano e le nostre bocche che si completano?
Dove andrà a finire tutto?
“Piccola.” Qualcuno mi tira dolcemente per un braccio e la voce che arriva ovattata alle mie orecchie non riesce a sovrastare la parte della canzone che più di tutte mi stravolge e che ogni volta mi lascia senza fiato.

Real talk, real life, good love, goodnight
With a smile, that’s my home
That’s my home, no

“No, no, no, no… ”

 
“Hope!” Una mano fredda mi sfila la cuffia lasciandomi con gli occhi lucidi e il respiro mozzato. “Ehi piccola.” Le mani fredde mi circondano il viso e solo con un secondo di ritardo riconosco quegli occhi, quelle mani che così gelide non ho mai sentito e quel sorriso che mai mi è sembrato tanto finto.
“Adrian.” La mia più che un’affermazione sembra una domanda, qualcuno cortesemente potrebbe spiegarmi cosa succede? E soprattutto chi è lo sconosciuto che ha preso il posto del mio fidanzato?
Adrian è davanti a me, ma praticamente non è lui.
Gli occhi azzurri sono spenti e cerchiati da pesanti occhiaie, e ricordate quella luce in grado di placare ogni dubbio? Quella luce che era praticamente il mio sole e la mia luna? La mia stella polare ed il mio unico vero punto di riferimento?
Ecco, quella scintilla capace di illuminare il mondo intero è sparita.
Ne è rimasto solo uno stralcio, un fascio slavato e poco convincente, un tizzone ancora ardente e pronto ad esplodere, ma ricoperto dalla cenere.
“Hope? Cosa diamine succede?” La sua voce è allarmata, ed è possibile aver visto un piccolo lampo in quegli occhi cosi vuoti? Un lampo di luce pura. “Sembra che tu abbia visto un morto.”
Non è cosi? Tu cosa sei?
Il pensiero che si formula automaticamente nella mia testa mi fa venire i brividi, e prontamente scuoto la testa in modo da scacciare quelle parole, appoggiando una mano al suo petto, cosi da assicurarmi che sia vero, reale e che stia bene.
Il battito del suo cuore mi da il benvenuto, ed in un momento tutto sembra sparire, l’incessante ticchettare dell’orologio nella mia testa, le sue stranezze, le mie paure, tutto sembra trovare senso e pace, perché il cuore di ognuno di noi batte secondo i ritmi più strani e sconosciuti, ma la melodia che segue il suo, dio, non mi stancherei mai di ascoltarla.
“Cosa ci fai qui?” Si avvicina ancora di più, le nostre fronti quasi si sfiorano e sarei pronta anche a stare dalla parte di chissà quale esercito di alieni fin quando intravedo i capelli più biondi che io abbia mai visto e nella mia mente ritornano decise e nette le parole del ragazzo con cui parlava Adrian alcune settimane fa fuori a scuola. “Ah capisco.” Il vento di fine Gennaio mi scompiglia i capelli ed un ciuffo mi finisce davanti agli occhi impedendomi di potermi accertare che sia proprio lui, ma non ho bisogno di molte certezze. E’ il tipo inquietante.
“Cosa?” Mi sistema il ciuffo dietro l’orecchio e quando mi sfiora la guancia con il polpastrello lo vedo sorridere, ed è un sorriso vero, quel sorriso sghembo che mi fa impazzire, quello in cui alza un solo angolo della bocca, quindi, sta bene?
“Il tuo amico lì.” Indico con la testa il tavolino fuori al bar e lo vedo toccarsi i capelli nervoso. “Adrian, cazzo, dimmi che non sei gay.”
Una risata genuina e sincera sgorga dalle sue labbra e inizio a sentirmi davvero meglio quando appoggia la sua fronte sulla mia e l’incessante odore di liquirizia e tabacco si fa largo fra i miei polmoni, facendomi sentire a casa.
“Perdendomi te?” Mi lascia un bacio sul naso e lo vedo lentamente ricominciare a brillare di quella luce particolare, che mi ha fatto pensare fin da subito che non potesse essere umano. “Non potrei mai.”  E mi bacia lentamente, con le sue mani adesso di nuovo calde contro il mio viso ed i nostri corpi cosi vicini da confondersi.
E  tutte le parole che avremmo consumato per spiegare cose inutili, tutte le frasi che avremmo dovuto dire per giustificare la mia tristezza, la sua apatia, tutte le sillabe che avremmo sprecato cercando di rendere normali le nostre vite, sono state risparmiate.
Perché delle volte le parole non servono, basta un bacio, uno di questi baci dove non sono le labbra a comunicare, ma sono le nostre anime che si ritrovano e che chiariscono, senza troppi giri di parole, senza nessuno spreco di voce, solo bocche che si scontrano e che irrimediabilmente si completano.
Lui sa come al solito di buono, è meglio di qualsiasi pizza davanti ad un film, meglio di un letto caldo e di un buon libro, meglio del profumo di erba appena tagliata, lui da semplicemente di paradiso.
“Sai di buono.” Esclama con il mio labbro fra i denti e le mani dietro alla mia testa, accarezzandomi i capelli e regalandomi i suoi occhi, quegli occhi. “Andiamo…” Dice poi di scatto, ancora troppo vicino per iniziare a respirare regolarmente, ma sono quasi certa di vederlo perdere troppo velocemente vitalità. “Devo presentarti un amico.”
“Ma chi è? Cos’è questo effetto che ha su di te?” Lo fermo prendendolo per un polso e lui mi guarda stranito.
“Cosa?” Gli occhi spalancati e la piccola scintilla che bussa per entrare sono sul punto di farmi cedere, ed invece riprendo.
“Quando sei con lui sei diverso, è come se perdessi energia.” La mia voce è un soffio, la sua espressione un concentrato di emozioni negative, è sorpreso, ma anche arrabbiato, confuso, ferito, e soprattutto si sente vulnerabile. Ed odia esageratamente questa situazione.
“Amore, cosa stai dicendo? Sono solo stanco.” Cerca di giustificarsi, e vedo che in qualche modo lo fa in modo sincero e soprattutto senza cattiveria alcuna.
“Mi dirai sempre se c’è qualcosa che non va? Se cambia qualcosa?  Se non sono più la tua scelta in piena notte e in pieno giorno? Se quando ti svegli non cerchi il mio corpo accanto al tuo? Se non saresti pronto a seguirmi in capo al mondo? Se gli oceani ti faranno paura e non gli attraverserai nemmeno per amarmi un’altra volta?” Lo dico tutto d’un fiato e per un momento spero di averlo detto perfino troppo velocemente cosi da non avergli fatto capire nulla. Ed invece la scintilla si accende, ma questa volta non c’è cenere che tenga, né acqua, né vento, la scintilla è ovunque, ed il suo sguardo è luce.
Quella luce che più di tutto mi fa capire che alla mia di felicità preferisco la sua, ma che soprattutto non smetterò, nemmeno per un istante, di sperare, di sperare che il mondo diventi improvvisamente buono e che non se la prendi con dei ragazza che vorrebbero solo amarsi per una vita intera.
“Sarai sempre la mia prima e unica scelta. Il resto del mondo perde importanza se non sono le tue labbra a raccontarmelo.” Con che razza di sguardo mi sta fissando? I suoi occhi mi stanno perforando l’anima con il rumore del battito delle ali di un uccellino e la forza dell’esercito invincibile che ancora deve essere creato, ci stanno riuscendo, stanno sciogliendo lo strato immenso di paure che mi aveva stretto lo stomaco per giorni interi, mi stanno regalando l’amore che quella maledizione mi aveva negato, mi stanno donando la casa che non avrei mai potuto avere, mi stanno facendo credere che comunque le cose vadano quegli occhi saranno sempre pronti a salvarmi dal buio, mi stanno facendo innamorare un’altra volta, in un modo totalmente improbabile e assurdo.
E rimanemmo cosi, persi uno negli occhi dell’altro, mentre il tempo passava e i dubbi divenivano certezze.
 
 
Guardo lo sconosciuto con una sensazione di inquietudine che mi cammina sulla pelle, lasciandola umida e viscida, ed il vento freddo che soffia invece la fa riempire di brividi e mi fa stringere del mio parka, come una bambina che non vuole stare a sentire.
Sono seduta al bar Humburg, difronte a me ho un ragazzo di massimo venticinque anni, bello, biondissimo e leggermente muscoloso. I suoi occhi però mi spaventano: sono di un nero assoluto, un buio profondo, una tenebra perpetua.
Evito il più possibile di incrociare il suo sguardo, ma magari fosse solo quello a spaventarmi, è come se fosse intoccabile, come se, se provassi a ristringergli la mano, saltassero fuori una decina di uomini pronti ad uccidermi, anzi non proprio, qualcosa di ancora più pericoloso, come se per caso dovessi sfiorargli il braccio cadrei a terra preda delle convulsioni.
Non ho mai provato tutte queste sensazioni spiacevoli per un ragazzo solo, durante il mio viaggio ho imparato a fidarmi di questo senso, riuscivo a capire da chi stare alla larga e chi invece era avvicinabile e gentile, era quasi divertente capire dal primo sguardo cosa potesse riservare una persona, ma adesso, con gli occhi di Shaitan puntati addosso sento un peso sulle spalle che mi sta lentamente sfiancando e rendendo sempre più debole e impotente.
“Amore?” Chiamo Adrian sottovoce e lui mi guarda immediatamente. “Io devo andare, fra poco Danielle arriva a casa.” Il braccio intorno alle mie spalle è freddo, probabilmente più di quanto lo fosse prima, ma gli occhi, gli occhi quella luce non l’hanno persa, non adesso. Voglio dire, se non dovessimo conoscerci, se non ci amassimo da sempre, se non sapessi chi fosse, e lo incontrassi per strada, o forse in un bus, rimarrei ore intere a fissare quegli occhi, e non perché sono di quell’incredibile azzurro, che se ci guardi bene dentro, ci vedi il mare, ma no, li guarderei perché rispendono di luce propria e la luce nasce solo dalla vita.
“Si, si.” Lancia uno sguardo veloce a Shaitan e poi ritorna a me con un mezzo sorriso. “Ora andiamo, piccola.” Io di rimando sorrido e lui mi accarezza la guancia con fare premuroso.
“Che coppia meravigliosa che siete.” Esclama il ragazzo difronte a noi appoggiando il mento sulle mani congiunte. “Davvero davvero innamorati.”
“Grazie.” Rispondo io, imbarazzata dalla tensione inspiegabile che aleggia nell’aria. Mi ritrovo improvvisamente fra la presa d’acciaio di Adrian e lo sguardo inspiegabilmente inquietante di Shaitan.
Da quando mi sono seduta a questo tavolino, se possibile, le domande si sono triplicate e i dubbi mi stanno facendo lentamente affogare, ma i due ragazzi a momenti sembrano amici di vecchia data – cosa che da subito mi ha fatto dubitare della natura del biondo-, mentre subito dopo si scambiano sguardi ostili dove uno dei due sembra pronto a saltare sull’altro per mangiarselo a morsi, e magari dopo dieci secondi noto che Shaitan parla di Adrian come un burattino nelle sue mani e che immediatamente il mio fidanzato inizia ad alterarsi e si ritorna ai vecchi amici di vecchia data.
E’ un rapporto strano, una situazione scomoda, ma continuo a sguazzarci dentro, perché nonostante sia confusa e affannata, sono curiosa di sapere cosa stia succedendo, perché, e di questo ne sono certa, qualcosa sta succedendo ed è completamente fuori dal mio controllo.
La cosa che più spaventa e mi lascia perplessi però, non è il loro cambio frenetico e veloce di comportamento, e probabilmente nemmeno l’eccessiva voglia di controllo di Adrian, la cosa che più mi spaventa è la totale e assoluta assenza di espressioni da parte di Shaitan, potrebbe ridere o fare un lieve sorriso, potrebbe arrabbiarsi o essere confuso, ma la sua faccia rimane impassibile.
Non trovo altri aggettivo oltre ad inquietante.
“Come stai?” Mi sussurra il mio fidanzato all’orecchio e non capisco lo sguardo preoccupato che sembra lanciarmi, e cosi lo fisso dubbiosa.
“Bene, bene.” Rispondo confusa. “Come dovrei sentirmi?”
Anche se a dire la verità bene è una parolona e sono incredibilmente stanca, come se tutte le mie necessità siano salite improvvisamente a valori troppo alti, valori mai toccati prima e ogni mia terminazione nervosa sia tesa e messa sull’attenti.
Mi lascia un bacio sulle labbra, uno di quei baci casti, innocenti, quasi puri, e non sta baciando solo la mia bocca, sta baciando i nostri problemi, sta baciando mie paure, sta baciando i suoi tormenti. Con questo semplice bacio sta baciando anche quella maledizione che tanto ci fa male, sta baciando il nostro amore.
“Shaitan, noi andiamo.” Lo sguardo che gli lancia è puro gelo, il ghiaccio ha mai fatto cosi tanta paura? “Mi assicuri che tutto vada bene, quindi?”
“Sicurissimo amico mio.” Sorride prontamente il biondo fissandoci intensamente, e di scatto ci alziamo tutti e tre, come delle molle che non sopportano più una pressione eccessiva. “Hope” Dice con un soffio e un movimento quasi impercettibile della bocca. “Lietissimo di aver fatto la tua conoscenza.” E con uno slancio di confidenza una mia mano si ritrova fra le sue bollenti, quasi incandescenti oserei dire. Cosi il buio mi divora, per un secondo sembra tutto spegnersi intorno a me, come se quel contatto avesse spento ogni dannata luce nel cuore di Bristol, come se solo lo sfiorarsi frettoloso di due mani fosse riuscito a spegnere il sole, come se mi stesse lentamente prosciugando da ogni sprizzo di luce che la mia anima conservava gelosamente. Il buio ormai mi è entrato dentro, e sta avvolgendo con ingordigia ogni pensiero, ricordo, momento. Ma ad un tratto vedo  una piccola luce, una lampadina che risplende nell’immensità nell’universo, irradia una luce particolare, una luce diversa, una luce tutta sua.
Scappo dal buio, ma lui è sempre avanti a me, è intorno a me, è ovunque, ma d’un tratto mi trovo ai piedi della luce, e la luce che irradia è inconfondibile, è di quell’azzurro che spesso mi sono ritrovata a fissare incredula, quell’azzurro intenso da far paura, quell’azzurro che più lo guardi e più ti chiedi se possa essere reale.
La lampadina irradia semplicemente turchese.  
E con tutte le forze che mi rimangono mi aggrappo a quella luce, sperando che riaprendo gli occhi il mondo mi si mostri per quello che è davvero, sperando che aprendo gli occhi riesca semplicemente a rivedere quel colore.
“Hope, Hope che succede?” Siamo lontani dal tavolo e dall’intero bar quando riesco a dare una risposta decente alle incessanti domande di Adrian, che però, nonostante tutto non mi ha mia lasciato la mano.
“Era buio, troppo buio.” Mi volto e trovo due occhi che mi scrutano con insistenza, due occhi che praticamente mi stanno venerando senza esprimersi a parole, trovo, anzi ritrovo quel turchese che mi ha salvato dal baratro e la testa mi gira leggermente, scuotendomi dall’interno.
“Sono stato creato per essere la luce nelle tue tenebre.”




“Oh, e a te sembra una cosa normale questa?” Apro incerta la porta e la voce che sento mi fa automaticamente sorridere e allo stesso tempo preoccupare ancora di più.
“Cosa c’è?” Sono ancora metà nascosta dietro alla porta di ingresso perché ho sinceramente paura ad entrare, questa ragazza potrebbe farmi del male da un momento all’altro.
“E’ maleducazione dare un invito ad un’amica e non farsi trovare.”  Esclama come se fosse la cosa più ovvia del mondo ed io fossi una stupida a non averlo capito prima.
“Scusami Danielle.” Rispondo entrando in casa e buttandomi sfinita sul divano. “Ho incontrato Adrian e un suo amico al bar e mi sono fermata un po’ con loro.” A questo pensiero i brividi che partono dal mio collo percorrono tutto il mio corpo lasciandomi ancora quell’incessante senso di inquietudine addosso. “Sono stanca morta.” Chiudo gli occhi e appoggio la testa allo schienale del divano, cercando un minimo di miglioramento.
“Che? Cosa?” Inizia ad urlare “Non abbiamo tempo per riposarci, dobbiamo cucinare, preparare qualcosa, sistemare casa.”
“E perché questo?” Le chiedo nella stessa identica posizione di poco prima.
“Perché fra mezzora Jake è qui, e non lo vedremo per la bellezza di tre settimane.”
“COSA?” Urlo io questa volta. “E’ oggi?”
“Esattamente.”
“Merda merda merda.” Continuo isterica camminando avanti e dietro per la stanza con le mani fra i capelli.
“E’ l’unica parola che puoi dire, brava.” Interviene risoluta, scuotendo la testa e muovendo spasmodicamente quei capelli inverosimilmente arancioni, non sono rossi, o magari rossicci, nemmeno ramati, sembrerebbe quasi che una decina di bambini si siano divertiti a colorare uno a uno ogni suo capello con la tempera più luminosa presente sul mercato e che il risultato sia, malgrado piuttosto appariscente, davvero bello da vedere.
Eccolo un altro colore che mi rincorre, oltre al turchese dei suoi occhi, sento che anche l’arancione resterà per sempre uno di quei colori particolari.
Quei colori che ti piacciono tanto, quelli fra i quali non sai scegliere, i colori che rendono la vita un posto più vivibile, che annientano il bianco e nero con la loro brillantezza, con la loro indiscutibile presenza.
Quei colori che rendono, la tua di vita, un mondo pieno di sfumature.
E che so mi porterò anche in altre mille vite.
“Non sei per niente incoraggiante.” Lo guardo in cagnesco e lei mi sorride, con quella forza che solo un sorriso sincero può avere.
“Lo so, lo so.” Dice con le mani congiunte e lo sguardo serio. “Incoraggiante non lo sono, ma previdente si. E per fortuna qualcuno mi ha mandato nella tua vita, per migliorarla.”
“O peggiorarla.” La interrompo divertita. “Dipende dai punti di vista.”
“Potrei benissimo portarmi a casa la pasta che ho preparato e le bistecche che ho già messo in frigo.”
“Oh mio dio.” Mi avvicino a lei e le butto le braccia al collo. “Ti ho mai detto che ti amo?” La stritolo fin quando anche a me manca il fiato e poi la guardo negli occhi e continuo. “La mia salvezza sei tu.”
“E tu la mia pallina di pelo.” Mi scompiglia i capelli e mi sorride. “Devo anche aggiustarti un po’, sei quasi inguardabile.”
“Quel quasi è parecchio d’aiuto.” Le do un leggero spintone e lei ricambia con una risatina appena trattenuta e un inchino regale.
“Sempre a sua disposizione, milady.”
“Corro a fare la pipi e poi sono tutta tua.” Esclamo già sulle scale e adesso la sento perfino dal primo piano la sua risata, quella libera e quasi singhiozzante, la sento che aleggia nell’aria e che rende la casa quel posto pieno e vivo che ho sempre desiderato.
Hanno deciso per me, una volta, che non avrei mai potuto avere una casa, dei ricordi e probabilmente nemmeno una vera famiglia, oltre ad avermi tolto il vero amore. Ma in questa vita, l’unica in cui mi è stato concesso conoscere, ho avuto tutto quello che loro mi hanno negato, ho avuto il mio Adrian, ho avuto un fratello e una sorella, ho avuto momenti che possono essere considerati tali, pieni, vivi, indimenticabili, e che quindi saranno i migliori ricordi che potrebbe essermi concesso portarmi dietro, e anche se non fosse cosi, sono stati vissuti, e questo basta, ma soprattutto ho avuto una casa.
E non parlo di questo agglomerato di legno, mattoni e ferro.
Parlo del calore che è stata in grado di trasmettermi, parlo della felicità che ho saputo provare ogni giorni aprendo gli occhi e trovandomi ancora qui, parlo delle emozioni che mi ha trasmesso semplicemente tenendomi al caldo e al sicuro da ogni problema, parlo della consapevolezza, che per la prima volta ho provato, ne sono sicura, di sentirmi davvero a casa.

Perché casa è dove si trova il cuore.

 

 

 

BUONASERA PERSONE!
E finalmente ho partorito anche questo capitolo.
In realtà doveva essere molto più lungo, ma ho preferito dividerlo, per dare più spazio possibile al prossimo.
Purtroppo voi siete spariti e da quel che ho capito la storia non piace molto, ma, mi dispiace per voi devo finirla!
Come al solito, mi farebbe davvero piacere sapere la vostra, e rispondere alle vostre domande o chiarire i vostri dubbi.
Grazie a tutti.
Un bacio.

-Allen

  
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