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Autore: AlessandraCasciello    16/01/2013    8 recensioni
Non avevo mantenuto la promessa. Non ero riuscita a combattere quella fottuta malattia, quel fottuto cancro.
Era troppo forte per me. troppo forte per me e Ronan.
Chiusi di botto la porta, cercando di frenare tutti quei ricordi che mi stavano trafiggendo il petto.
Se da una parte volevo dimenticare, dall’altra volevo ricordare ogni minimo particolare. Solo l’idea di dimenticarlo, mi faceva sentire male.
E io stupida che pensavo di esserci riuscita. Io stupida che pensavo che dopo quattro anni il cancro se ne fosse andato.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Continuavo a camminare per strada a sguardo basso, cercando di nascondere quella miriade di lacrime che mi solcavano il viso, facendomi quasi male.
Alzai lo sguardo verso il cielo, solo dopo essermi assicurata che nessuno stesse passando per la via.
“ti prego Dio, fammi smettere” sussurrai al cielo.
Perché parlavo con Dio? Lui era stato cattivo con me. mi aveva portato via Ronan. Mi aveva portato via il bambino che mi aveva donato il sorriso quando la mia vita era diventata una merda.
 


 
“ne è proprio sicura, signorina Swift?” annuii, più decisa che mani.
“si, voglio quel bambino. Voglio Ronan” la segretaria abbassò gli occhi, guardandomi intensamente, facendomi sentire a disagio.
“signorina, quel bambino è malato. Ronan ha il cancro, e molto probabilmente non durerà per più di qualche anno. Soffrirà, lo sa?” scossi la testa decisa.
“guarirà. Ce la farà” la signora mi guardò con compassione, scuotendo il capo.
“una firma qui…” mi indicò il foglio con rassegnazione. Lo ferma decisa e felice. No, nessuno mi avrebbe tolto Ronan. Mi aveva colpito dal primo momento che l’avevo visto nell’orfanotrofio, con i suoi occhi azzurri puntati nei miei e i suoi capelli rossicci.

 


 
Avrei dovuto darle ascolto. Molto probabilmente non starei soffrendo come un cane adesso, come se qualcuno mi avesse strappato il cuore. E l’avrei preferito. Avrei preferito di gran lunga che qualcuno mi avesse strappato il cuore al posto della vita di Ronan.
Mi asciugai le lacrime, riprendendo a camminare.
Era strano camminare senza Ronan vicino a me. era strano non sentire più la sua risata cristallina che mi teneva compagnia.
Entrai in casa lasciando la borsa con uno sbuffo per terra.
Mi tolsi la giacca schioccando la lingua sul palato.
Mi fermai davanti la cucina, guardando impalata il pavimento.
 


 
“Ronan!” lo chiamai con un sorriso, entrando in cucina.
“Eih Taylor!” mi salutò con una vocina stridula, giocando con i suoi dinosauri di plastica sparsi per tutto il pavimento.
“cosa fai?” gli chiesi, sedendomi per terra vicino a lui.
“sto giocando con i miei dinosauri. Ma attenta, mordono” alzai le sopracciglia, fingendo un’espressione spaventata.
“ma stai tranquilla. Loro non fanno male alle ragazze belle come te” gli sorrisi scompigliandogli i capelli rossi, prima di dargli un bacio sulla guancia.
“e hanno un nome?” gli chiesi sedendomi più comoda.
“lui è dinosauro 1, lui dinosauro 2 e lui dinosauro 3” scoppiai a ridere, sotto lo sguardo curioso di Ronan.
“cosa c’è che non va? Non ti piacciono i nomi che gli ho dato?”
“nono, assolutamente. Sono fantastici questi nomi. Solo che…sono un po’ strani” Ronan fece spallucce.
 

 


 
Mi asciugai un’altra lacrima che mi scivolò lungo il mio viso pallido.
Chissà per quanto tempo avrei pianto. Forse per sempre.
Mi inchinai notando un dinosauro di plastica sotto il tavolo.
“ciao dinosauro 2…” dissi, baciandolo e posandolo sul mobile del soggiorno.
Mi specchiai allo specchio appeso lì vicino, il quale mi mostrò in che situazione mi ero ritrovata.
I miei capelli non erano più tanto biondi, e neanche i miei occhi tanto azzurri.
Sembravo invecchiata di venti anni, e un po’ ci speravo. Avrebbe significato che il tempo sarebbe passato.
Diedi un pugno allo specchio scoppiando a piangere.
Ronan diceva che io ero bellissima.
Ronan diceva che sembravo una principessa.
Mi trascinai verso la sua camera con i singhiozzi. Eppure si erano raccomandati tutti di non entrarci per un po’ di tempo.
Il letto era fatto in malo modo. Sorrisi, ricordandomi di quando Ronan volle provare a farlo quella mattina, anche se non avesse più forze.
 




 
“stai comodo?” gli chiesi, rimboccandogli le coperte.
“si, grazie” gli baciai una guancia, incamminandomi verso la porta.
“Taylor?”
“si?” gli chiesi, fermandomi alla porta.
“mi canti una canzone?” sorrisi, andandomi a sedere sul suo letto, poggiando la mano dall’altra parte delle sue gambe.
“che canzone vuoi che ti canti?” lui fece spallucce. Ci pensai su, prima di iniziare a cantare una canzone lenta.
Ronan chiuse gli occhi accoccolandosi al cuscino.
“grazie Tay…”mi sussurrò, quando ebbi finito.
“di niente” Ronan si fece il segno della croce, iniziando a pregare.
“Signore, fai che domani io sia ancora qui con Taylor” il sangue mi si ghiacciò nelle vene.
“non dire queste cose, Ronan. Tu ci sarai domani. E anche dopodomani. Tu vivrai come gli altri bambini” gli uscì una smorfia.
“io non sono come gli altri bambini. Io sono malato e morirò” strinsi i pugni, cercando di placare la rabbia che mi stava invadendo.
“ti prometto che non morirai. Ti fidi di me?” Ronan mi sorrise. Gli baciai la fronte, sussurrandogli: “ ti porterò via da qui, Ronan. Ti strapperò via questa malattia e vivremo insieme felici e contenti, come i principi e le principesse” lui chiuse gli occhi sereno, addormentandosi.

 
 



Non avevo mantenuto la promessa. Non ero riuscita a combattere quella fottuta malattia, quel fottuto cancro.
Era troppo forte per me. troppo forte per me e Ronan.
Chiusi di botto la porta, cercando di frenare tutti quei ricordi che mi stavano trafiggendo il petto.
Se da una parte volevo dimenticare, dall’altra volevo ricordare ogni minimo particolare. Solo l’idea di dimenticarlo, mi faceva sentire male.
E io stupida che pensavo di esserci riuscita. Io stupida che pensavo che dopo quattro anni il cancro se ne fosse andato.
Un’ingenua. Sono solo un’ingenua.
 
 
 
 

“pronto?”
“pronto signorina Swift?! Siamo l’ospedale” il cuore iniziò a trottare forte. Ogni volta che mi chiamavano, speravo che mi dicessero una bella notizia. E, anche se questa non arrivava mai, io non smettevo di sperarci.
“mi dica” dissi con un filo di voce.
“sono arrivati i risultati degli esami. Ronan è peggiorato. Deve essere ricoverato in ospedale” sbarrai gli occhi, non riuscendo più a respirare.
“s-si. Quando?”
“domani” non sentivo più la terra sotto i piedi, e un dolore allo stomaco mi stava facendo sentire quasi male.
“certo. Grazie dottore” attaccai il telefono, facendo uscire una lacrima.
“era il dottore?” mi girai, notando Ronan in pigiama stropicciandosi gli occhi.
“Ronan! Cosa ci fai tu in piedi a quest’ora? è tardi. Fila a letto”
“era lui, vero?” abbassai lo sguardo, annuendo.
“domani devi andare all’ospedale. Ci rimarrai un po’”
“sto per morire, non è vero?” scossi la testa, avvicinandomi a lui e abbracciandolo.
“Non dire neanche per scherzo una cosa del genere. Sono solo dei controlli. Tranquillo”

 
 
 


Aggiungerei anche bugiarda. Ero una bugiarda. Avevo mentito a Ronan. Gli avevo detto che non era niente di grave.
Ma lo avevo fatto per proteggerlo.
Ma a me, avevo pensato? Stavo proteggendo me stessa?
no, non lo stavo facendo. non lo avevo mai fatto, e di certo non avrei di certo iniziato adesso.
Non riuscivo ad abituarmi all’assenza di Ronan. Sentivo un istinto dentro di me che mi diceva: “Taylor, devi andare a prendere Ronan da scuola! Su forza, muoviti!”
I miei avevano ragione: mi stavo prendendo una responsabilità troppo grande. Un dolore inimmaginabile.
Ma io ero abituata a soffrire. Ronan aveva bisogno di me.
“ le consiglio di togliere tutte le sue foto”
La gente è pazza? Come potevo eliminare Ronan dalla mia vita? per poi rimanere ad ottantenni con un ricordo sbiadito? Neanche per sogno. Ronan non mi aveva abbandonata.
Stava vicino a me, solo che io non lo sentivo. Lui adesso era invisibile, e stava giocando in camera sua.
Lui adesso era un fantasma che giocava con il dinosauro numero 2 che avevo sistemato in soggiorno.
 
 
 


“Taylor….”mi sussurrò Ronan, pallido in viso e con le macchine attaccate al suo corpo.
Mi veniva da piangere e da gridare, ma mi contenei. Io non dovevo piangere davanti a lui.
“eih Ronan. Come stai?” sorrisi, indicandomi con gli occhi le macchine.
“credo che domani non ci sarò più” scossi la testa con gli occhi lucidi.
“non è vero”
“non c’è bisogno che tu menta, Tay. Sono piccolo, ma mica stupido” mi voltai verso l’infermiera che lo controllava. Mi guardò triste, affermando la teoria di Ronan.
“non ti succederà niente, Ronan. Domani ci rivedremo. Te l’ho promesso”
“tranquilla Taylor. Non ti sentire in colpa. Io andrò in Cielo in mamma. Te la saluto sei vuoi. Le dirò quanto sei stata brava e buona e le racconterò di tutti i giochi che abbiamo fatto insieme.  le piacerà, vedrai. Che dici, me li porto i dinosauri in Cielo?” scoppiai a piangere, lasciandomi cadere sulla sedia. Non mi preoccupai di Ronan.
“non piangere Taylor…non voglio vederti piangere”
“scusa scusa. Non lo farò più” Ronan chiusi gli occhi, respirando profondamente.
“signorina, forse è meglio che lei….”
“no, non te ne andare” mi disse Ronan, prendendomi per mano, con il fiato sempre più pesante.
“Non me ne vado. Sono qui” non mi importò del dolore che avrei potuto provare assistendo alla sua morte.
L’infermiera uscì dalla stanza, troppo sensibile a quella scena.
Gli baciai la fronte calva e fredda.
“sei stato i miei migliori quattro anni, Ronan”

 
 


 
“eih Ronan” dissi, rientrando in camera sua e mettendomi seduta sul pavimento gelido, vicino alle sue macchinine di plastica sparse di qua e di là.
“oggi c’è stato il tuo funerale. È venuta tanta gente, sai? Ti volevano tutti così bene. Ma tu ancora stai qui, vero? Non mi hai abbandonato, vero? Me lo avevi promesso. E noi le promesse le manteniamo sempre, ricordi?” presi fiato, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
“questa è la macchinina numero 1, vero?” dissi al vuoto, prendendo la macchinina gialla più in fondo, iniziando a farla girare per la pista.
“non sono brava quanto te, però” sospirai, asciugandomi il viso con la manica.
“come sta la mamma? Bene? È bella come ce la immaginavano noi? E lì come stai? Tutto apposto? Senti freddo? Hai fame? Sete? Oppure non provi niente? ma tu ancora mi vuoi bene, vero? Non mi dimenticherai mai, promettimelo Ronan, promettimelo. Io farò lo stesso” alzai lo sguardo verso la finestra.
Vidi la luna illuminare la città. A lei non gliene fregava niente se Ronan era andato via. A lei non gliene fregava di niente e di nessuno. Era lontana. Irraggiungibile.
“ti amo fino alla luna e indietro, Ronan” sussurrai, prima di addormentarmi sul pavimento gelido.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sappiate che ho pianto io stesso scrivendola.
È ovviamente ispirata alla canzone “Ronan” di quella meraviglia della Swift.
Mi sono parecchio fissata con lei in queste ultime settimane.
Spero che vi piaccia leggerla come a me è piaciuta scriverla.
Davvero, è la mia one shot preferita.
Spero veramente con tutto il cuore che voi l’apprezziate.
-Ale

  
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