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Autore: Tomi Dark angel    16/01/2013    5 recensioni
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e…
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Ahi ahi, dovevo immaginare che si sarebbe ridotto male.- borbottò Gabriel, guardando Castiel e scostandogli i capelli dalla fronte con una dolce carezza.
Si trovavano a casa di Bobby da circa due giorni e Castiel non si era ancora ripreso. Restava incosciente, mortalmente stabile, senza avvisare cambiamenti. Il viso si manteneva innaturalmente pallido, la ferita continuava a sanguinare copiosamente e Gabriel, che si era voluto premurare di fasciarlo personalmente, aveva annunciato che il corpo di Castiel era coperto di ferite analoghe, o forse addirittura ben più gravi. Secondo l’arcangelo, suo fratello aveva passato tutto il tempo trascorso lontano da loro a combattere contro legioni di angeli. Se Dean ci pensava si sentiva a pezzi per aver sgridato Castiel in quel modo prima che perdesse i sensi. Non doveva essere stato facile tenere d’occhio le sue battaglie e le loro, per non parlare di Samael che l’aveva costretto a intervenire. All’improvviso la freddezza di Castiel non sembrava più tanto aliena, visto quello che aveva dovuto passare.
-Si riprenderà?- chiese Sam, guardando Gabriel con intensità.
Quello era un altro aspetto che Dean si sarebbe fatto spiegare a breve dal suo santissimo fratello: da quando si erano ritrovati tutti lì a casa di Bobby in seguito a una telefonata di Dean a Sam, il giovane Winchester non si era mai allontanato da Gabriel. Gli gravitava intorno, guardandolo di tanto in tanto come se vedesse qualcosa in lui, una luce di salvezza o qualcosa di simile.
In compenso, anche lo stesso Gabriel sembrava restio ad allontanarsi da Sam. Anche se i due si parlavano poco, Dean sentiva che tra loro si era creato una sorta di legame che non aveva bisogno di parole. Bastava uno sguardo, uno sfiorarsi di mani per far sentire all’altro che andava tutto bene. Ancora un poco e Dean si sarebbe ingelosito davvero, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
-Non lo so, dolcezza. Gli hanno iniettato un veleno niente male… credo che si tratti di acqua santa sconsacrata.-
-Si può sconsacrare l’acqua santa?-
-Tu che dici, mio dolce pasticcino alla crema?-
Dean si passò una mano sul volto, guardando Castiel così immobile, indifeso. Ripensò alle cose che gli aveva detto prima che perdesse i sensi e si chiese se adesso quegli stessi momenti stessero rivivendo negli incubi del suo angelo. Aveva sbagliato ad aggredirlo così, a non voler ascoltare alcuna spiegazione. Sì, aveva sbagliato, e adesso ne pagava le conseguenze, e con lui Castiel stesso.
Si lasciò cadere su una sedia accanto al letto di Castiel senza staccargli gli occhi di dosso. No, non voleva accettare che il destino glielo avesse restituito un attimo prima di portarglielo via nuovamente. Aveva già vissuto una parte di vita in assenza del suo angelo ed era stato tremendo. No, Dean si rifiutava di ripetere l’esperienza e a costo di sembrare egoista, non avrebbe concesso a nessuno di portarglielo via di nuovo, che si trattasse di un arcangelo come Raphael o di uno stronzo come Samael. Castiel era suo e di nessun altro, e questo l’avrebbe dimostrato al mondo intero, l’avrebbe marchiato con le sue mani pur di convincere il resto del mondo a non torcere più una piuma a quelle ali d’argento adesso rientrate in quel corpo piccolo, che non pareva capace di contenere appendici alate così grosse.
Una mano grande si appoggiò dolcemente sul suo capo, chinandolo leggermente sotto il suo peso. Dean guardò Gabriel di sottecchi e quasi non si accorse che Sam e Bobby se n’erano andati.
-Mio fratello è uno tosto, se la caverà. Ha affrontato Raphael a testa alta e ne è uscito vincitore, supererà anche questa.-
Dean scrollò il capo, scansando la mano di Gabriel. –Ehi! Non sono mica un cane! Se lo fai un’altra volta ti taglio le dita e mi ci faccio una collana!-
Gabriel sorrise.
-Oh, non c’è di che.-
-Non ti ho ringraziato!-
-Non l’hai detto, ma l’hai pensato.-
-Fottiti!-
Gabriel scoppiò in una sonora risata e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Idiota.
Dean tornò a guardare Castiel: la sua espressione era contratta, sofferente, e lui non poteva fare nulla per aiutarlo. Dean si sentiva impotente, sconfitto da un male che non sapeva curare. Ancora una volta, lo stava guardando morire senza far niente, umano piccolo e incapace davanti alle sofferenze di un angelo spezzato da un male all’apparenza troppo forte per essere sconfitto.
-Perché Gabriel non fa qualcosa?- mormorò Dean, aggrappandosi alla mano gelida di Castiel. –Dov’è Dio? Dov’è la giustizia mentre un angelo soccombe per aver combattuto per ciò in cui crede? Perché ci hanno lasciati soli, Cas?-
Lentamente, quasi senza accorgersene, Dean si sdraiò al fianco dell’angelo svenuto, cingendogli la vita con un braccio. Intrecciò le gambe a quelle di Castiel, guardando quasi con avidità quei lineamenti nobili, alteri e bellissimi, accarezzati dai capelli scuri e scompigliati. Era così umano, eppure così angelico.
Potente e alato, ma anche dolce e fragile. La perfetta mescolanza, con quel pizzico di mancato senso dell’umorismo e con quell’atteggiamento sempre protettivo, pronto a scendere in campo al loro fianco.
Castiel era questo: protezione, innocenza… amore.
Con quest’ultimo pensiero, Dean chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro una tempia di Castiel, emettendo un sospiro basso e una preghiera a bassa voce: -Ti prego, lui no.-
§§§§
Quando Dean aprì gli occhi sulla radura, ci mise ben poco a riconoscerla. Quel posto immerso nel verde e coperto come da una cupola di rami intricati e ricoperti di foglie di smeraldo a tratto bucherellate da sottili fasci di sole aveva albergato nei suoi sogni e nei suoi pensieri per mesi e mesi. Il profumo di fiori che si spandeva nell’aria, i tronchi stiracchiati degli alberi che abbracciavano la radura in un circolo frastagliato… e infine il laghetto. E lì, in piedi sul bordo della sponda, c’era lui.
Castiel gli dava le spalle, ma bastò un’occhiata veloce per capire quanto fosse diverso dal solito, in mancanza dei soliti abiti da contabile poco raccomandabile. Al posto di trench, giacca e cravatta, Castiel indossava soltanto un paio di larghi pantaloni argentati di seta morbida, drappeggiata, coperta in vita da una fascia bianca che si annodava davanti all’inguine e cadeva sul davanti, giù fin quasi a sfiorare il terreno. Il torso era scoperto e da lì, seppur in buona parte coperta dalle ali immense, gloriose seppur ripiegate per non occupare l’intera radura con una sola appendice alata distesa, la schiena allenata e ben delineata dava bella mostra di sé agli occhi di Dean, per non parlare del fondoschiena alto e tonico.
Come in trance, Dean si accostò a lui, ma non osò toccarlo per paura che sparisse.
-Non dovresti essere qui, Dean.-
Dean sussultò come un bambino sorpreso con le dita nella marmellata, ma quando Castiel si voltò verso di lui, ogni paura, ogni insicurezza, furono risucchiati da due immensi occhi di un blu talmente luminoso da illuminargli l’intero viso.
Castiel lo fissò per qualche attimo, poi tornò a dargli le spalle. –Non dovresti essere qui.- ripeté, ma Dean si avvicinò comunque. Lo affiancò, posando lo sguardo sulla superficie tranquilla del laghetto. L’acqua era trasparente, pulita e rilassante mentre ondeggiava lenta, emettendo un debole sciabordio.
-Cass…-
-Non importa.-
Dean guardò Castiel, ma in pochi istanti un’ala soffice e leggera come l’aria si posò sulle sue spalle, rivestendole di un pregiato manto di piume color dell’argento colato. Dean ne sentì la consistenza e la fragilità e si chiese come avesse potuto qualsiasi nemico tentare di ferire in battaglia quelle ali meravigliose e quell’altrettanto meraviglioso angelo.
-Siamo nella mia testa?-
-Non nella tua, Dean. Sei nella mia.-
Dean lo guardò sbarrando gli occhi, allucinato all’idea di essere penetrato chissà come nella mente di un angelo.
-Come…-
-La mia parte di Grazia che c’è in te ha reagito alla sua gemella, trascinandoti qui. Per rendere possibile una cosa del genere dovresti trovarti molto vicino a me.-
Dean abbassò lo sguardo, colpevole. Ricordò di essersi addormentato abbracciato al piccolo corpo dell’angelo, aggrappandosi alla sua carne e alla preghiera di lasciarlo vivere. Chi aveva pregato, poi? Dio? Non erano cose da lui, quelle, però l’aveva fatto. E no, non capiva perché.
-Devi andartene, non reggerò a lungo.- mormorò Castiel, passandosi una mano sul viso. Dean notò che la mano gli tremava, perciò la strinse tra le sue sotto lo sguardo stupito dell’altro e se l’appoggiò in grembo, senza trovare il coraggio di rialzare gli occhi.
-Non ti lascio solo un’altra volta, coglione piumato che non sei altro.- sbottò, non senza un filo di imbarazzo. Le ali di Castiel splendettero. –L’ho fatto una volta e ne hai pagato a caro prezzo le conseguenze. Adesso tocca a me salvarti il culo.-
Castiel sorrise amaramente, una smorfia che gli deformò il viso pallido che lentamente pareva farsi sempre più esangue. La terra sotto i loro piedi tremò così forte che Dean si aggrappò istintivamente alla spalla di Castiel per non cadere.
-Che cazzo succede?- esclamò, ma in quel momento Castiel lo strinse tra le braccia, premendogli la testa contro il suo petto caldo mentre una corrente d’aria bollente li investiva in una folata infuocata che cancellò come una gomma su un foglio sporco di grafite ogni segno della radura paradisiaca. Le piante intorno a loro raggrinzirono, ripiegandosi su loro stesse e sbriciolandosi in sabbia dorata, sottile, che a breve ricoprì l’intero paesaggio come una coperta alterata da dune di diverse dimensioni.
Le ali di Castiel si scostarono insieme alle sue braccia, rivelando il panorama sconfinato di un deserto baciato dalla luce bollente del sole. Dean cominciò subito a sudare, ma subito un’ala di Castiel lo abbracciò. Il cacciatore si sarebbe aspettato di morire di caldo sotto quella massa di piume, ma non fu così: un senso di sollievo e refrigerio lo pervase insieme a un benessere che Dean attribuiva solo e soltanto al suo Cass.
-Fammi capire, hai le ali adattabili all’ambiente? Le usi anche per congelare o riscaldare gli alimenti, per caso?- domandò sarcastico, ma Castiel non rispose. Guardava qualcosa in lontananza, un puntino nero che arrancava verso di loro stancamente. Anche Dean strinse gli occhi per guardare meglio, ma Castiel lo afferrò per le spalle, costringendolo a guardarlo.
-Devi andartene. Ora.-
-Cass, cosa…-
-Questi sono i miei ricordi. Esci di qui adesso, Dean!-
Ma Dean non voleva. La possibilità di poter conoscere almeno un po’ quell’angelo solitamente così riservato sul suo passato lo affascinava, attirandolo come un’ape al miele. Il deserto intorno a loro vibrò violentemente mentre alcune dune di sabbia venivano spazzate via per essere sostituite a sprazzi dall’erba soffice della radura.
Castiel, quello vero, stava opponendo una fiera resistenza ai suoi peggiori incubi. Non voleva che Dean vedesse, che sapesse, ma era troppo stanco per reagire a dovere.
Si sforzò ancora una volta in un ultimo gesto disperato, ma alla fine crollò in ginocchio, il corpo sudato e le ali scosse da tremiti violenti. Chinò il capo, sconfitto, ma Dean, che intanto aveva cominciato ad avanzare come ipnotizzato verso la figura davanti a lui, non lo vide.
Alla fine il cacciatore raggiunse l’uomo, ma all’istante desiderò non averlo mai fatto, pregò di tornare indietro nel tempo per dare ascolto a Castiel e uscire da quell’incubo.
L’uomo che Dean aveva inseguito era Castiel stesso. Non si chiese come mai quel ricordo, che doveva risalire a secoli prima rispecchiava un Castiel con l’aspetto di Jimmy Novak, non si chiese perché tutto questo stesse succedendo. Ogni pensiero fu risucchiato all’istante dalla creatura massacrata che aveva dinanzi.
Quel Castiel aveva il capo chino, i capelli scompigliati e sporchi di sangue, un braccio e una gamba spezzati, le spalle ingobbite, di cui una ricadeva in una strana angolatura, come se fosse lussata. Indossava semplicemente i suoi pantaloni di seta, ormai insozzata da sangue, sabbia e sudore.
-C…Cass?-
Castiel alzò il viso, facendo perno sull’unico braccio sano per sollevare quantomeno il busto dalla sabbia. Dean avrebbe voluto che non l’avesse mai fatto, avrebbe voluto non osservare mai più quel viso pallido, sporco di sangue, coperto di tagli e ferite. Nonostante tutto, ciò che più colpì Dean, furono gli occhi: di un blu scuro, spento e vacuo, parevano aver perso ogni scintilla di luce e di emozione. Qualcuno aveva soffiato sulla fiamma che aveva sempre alimentato quello sguardo, rendendolo esausto, incolore, privo di vita in un corpo ancora vivo.
Era un incubo che si realizzava, un cadavere che per pura inerzia sembrava spinto a muoversi. Le ali, un tempo argentate, erano entrambe spezzate, arruffate e ingrigite, private della loro bellezza come il padrone che se le trascinava dietro come delle catene maledette, chilometriche e incredibilmente pesanti.
Dean non aveva mai visto qualcosa di così triste in vita sua. Cercò di distogliere lo sguardo, ma i suoi occhi erano come incatenati a quella visione maledetta, soffocante come aria che mancava ai polmoni.
-C… Castiel…-
Finalmente, Dean distolse lo sguardo. Alle sue spalle, a pochi passi da Castiel, era comparso un altro angelo abbigliato alla romana, con una lunga tunica rossa indosso e un’aria maledettamente familiare.
Samael fece un passo verso Castiel, tendendo una mano verso di lui, ma l’altro lo guardò stordito, come se non lo riconoscesse, e allora Samael si fermò, cristallizzato in quella posizione.
-P… erché?- esalò Castiel con voce flebile, morente. Samael indietreggiò.
-Io… io non volevo… ti giuro Castiel, non…-
-Non posso più volare…-
Samael si zittì, gli occhi sbarrati e colmi d’orrore posati sulle ali spezzate, annerite come da una macchia di pece. Castiel cercò di allungare una mano verso Samael col solo risultato di essere colto da uno spasmo e cadere con la guancia nella sabbia, restandovi immobile, spezzato.
-Non ho mai voluto tutto questo, lo giuro! Non era mia intenzione, Castiel, ho perso il controllo!!! Alzati! ALZATI!!!- gridò Samael, cercando di afferrarlo, ma prima che ci riuscisse, un’altra mano comparve ad arpionargli il polso in una presa ferrea che gli fece scricchiolare l’osso. Samael gemette e posò lo sguardo sul nuovo angelo comparso, un uomo con corti capelli biondi e gli occhi azzurro cielo. Vestiva alla maniera degli angeli, con larghi pantaloni di seta bianchi e una fascia azzurra legata in vita.
-Balthazar…-
-Adesso basta, Samael.- ordinò con voce grave.
Si udì un battito d’ali e alle spalle di Samael comparve Gabriel.
Era vestito come Balthazar, con la sola differenza di avere una fascia dorata e non azzurra in vita e fissava Castiel con compassione mista a sofferenza. Raggiunse suo fratello e gli toccò una spalla, chiudendo gli occhi nel disperato tentativo di curarlo, ma alla fine guardò Balthazar e scosse il capo, addolorato.
-Cosa ci fate qui?- sussurrò Samael, ma Balthazar posò su di lui uno sguardo rabbioso e in un attimo Samael fu sbalzato lontano e atterrò sul fianco di una duna di sabbia, dove rotolò diverse volte prima di fermarsi con un gemito strozzato.
-Vattene, Samael! Non sei più ammesso tra i miei sottoposti, e che Dio Padre ti perdoni, poiché in me mai più troverai traccia di perdono!- urlò Gabriel, spiegando le ali dorate, che irradiarono una luce accecante più di quella del sole, costringendo Dean a schermarsi gli occhi con un braccio. Le piume si fecero affilate, taglienti e minacciose di riflessi che le attraversarono come lame di coltelli. -Ti raggiunga la mia maledizione e quella di mio fratello, traditore! Che tu possa mai più raggiungere il Paradiso dove tradimento mai fu ammesso! Così come Michael scacciò Lucifer dall’alto dei Cieli, così io con l’autorità di arcangelo ti condanno a non poter mai più raggiungere i tuoi fratelli, poiché l’altezza del Paradiso sarà sempre troppa per essere raggiunta da ali pesanti come solo quelle di un traditore potranno essere! Tu sia maledetto!-
E Gabriel tese un braccio, sollevandolo davanti a sé per indicare un tremante quanto stravolto Samael in un gesto di condanna definitiva.
Fu allora che anche Balthazar spiegò le ali cangianti, che dal blu sfumavano all’azzurrino sulle punte delle ultime piume. Erano ali enormi, forse anche più di quelle di Gabriel, tanto che sembrarono occupare lo spazio di dune e dune di sabbia, stiracchiate com’erano in tutta la loro tremenda maestosità.
Ali dorate e ali azzurre sbatterono all’unisono, spazzando via una parte della sabbia del deserto, rimodellandolo come solo due angeli di alto grado avrebbero potuto fare. I riflessi brillanti delle loro ali si rifletterono tutto intorno a loro in una corona di luce arcobaleno, uno spettro luminoso che fece cadere Dean nella sabbia, costringendolo a chiudere gli occhi.
Udì il grido di Samael mentre veniva spazzato via, il debole battito d’ali che cercava di contrapporsi alla condanna appena emessa. Infine, tutto finì e quando Dean riaprì gli occhi, non vi era più traccia di Castiel, Balthazar, Gabriel e Samael. Restava solo lui, solo tra le dune di sabbia rimodellate da un vento profumato di fiori, solo con i suoi pensieri.
Castiel in quello stato. Non poteva più volare.
Samael che si scusava.
Gabriel che perdeva il controllo e condannava un altro angelo alla punizione peggiore che si poteva immaginare: l’esilio.
-Basta così!- esclamò una voce, e Dean si voltò. Castiel, un Castiel vivo, sano e infuriato come Dean non l’aveva mai visto, si stagliava dinanzi a lui, pallido di gelida furia, emessa a fiotti dagli occhi assottigliati in uno sguardo rabbioso.
-Cass, aspetta…-
-Fuori di qui. FUORI!!!!!- urlò Castiel, sbattendo le ali una volta, talmente vicino che una delle sue piume taglio di striscio l’avambraccio di Dean, facendolo gemere e indietreggiare.
Tutto divenne vacuo, confuso, avvolto in un turbine di colori indistinti che lo confuse mentre sentiva il suo corpo farsi leggero in balia delle raffiche di vento emesse dalle ali di Castiel.
Dean urlò mentre la sua anima si separava bruscamente da quella ferita di Castiel.
§§§§
Dean fu sbalzato via dal letto così violentemente che la sua schiena andò a sbattere contro il muro opposto. Gemette e crollò a terra esausto, la testa dolorante. Tremò.
La porta si spalancò, lasciando entrare Sam, Bobby e Gabriel.
-Dean!- Sam si inginocchiò accanto al fratello, afferrandolo per le spalle. Dean alzò gli occhi, ma non guardò Sam, bensì Gabriel, appoggiato allo stipite della porta a braccia conserte, lo sguardo indagatore fisso su di lui. Sembrava sapere perfettamente cosa fosse appena successo.
-Cosa hai visto?-
Ecco, appunto. Dean si alzò in piedi.
-Gabriel, cosa ha fatto Samael per farsi odiare tanto da Castiel?-
Diretto, preciso, senza peli sulla lingua. Dean detestava i giri di parole, perciò si limitò a fronteggiare l’arcangelo con rabbia malcelata, i pugni stretti e gli occhi fissi in quelli giudiziosi dell’angelo.
Alla fine Gabriel sorrise, un sorriso ambiguo, quasi minaccioso. Scivolò accanto a Castiel e lo guardò con viso incolore.
-Credi di essere stato l’unico, umano?- esalò con una cattiveria non sua, intrisa di veleno. –Credi che Castiel sia vissuto sempre in tua funzione? No, un tempo mio fratello era un angelo libero, almeno ai tempi dell’apprendimento militare. Fu lì che conobbe Samael, suo compagno di addestramento. Quello strano angelo lo trattò da subito come un suo pari, sostenendolo e difendendolo un po’ come un fratello maggiore e in breve i due divennero inseparabili: dove c’era Castiel, lì era anche Samael, e viceversa.
-Spesso Castiel veniva da me e mi parlava di lui, raccontandomi di quanto fosse fantastico, e in quei momenti le sue ali brillavano come il sole. Cos’è successo poi? Puoi immaginarlo, Dean? Si sono innamorati. O meglio, Castiel lo amava da morire e Samael fingeva di amarlo. Mio fratello lo seguiva come un cagnolino, lo difendeva nei combattimenti e la sua Grazia splendeva semplicemente in funzione di Samael. Fu allora che accadde il tradimento. Castiel trovò Samael con un altro angelo.-
Dean sentì il cuore mancargli un battito mentre l’atroce visione di quel Castiel spezzato e prostrato nella sabbia gli invadeva la mente. Pensò al suo sguardo perso, sconfitto: lo sguardo di chi è troppo stanco e ha perso ogni voglia di vivere.
Era stato Samael? Era colpa sua se Castiel era stato trascinato a terra, stanco e ferito?
Dean fu percorso da uno spasmo di rabbia.
-Mio fratello cadde proprio mentre s’innalzava in volo per allontanarsi da quella visione. All’improvviso le ali si fecero pesanti e Castiel si schiantò al suolo. Fu allora che io e Balthazar lo soccorremmo e nell’unico vero attacco di furia che mi prese in quel momento, maledissi Samael: non avrebbe mai più rivisto il regno dei Cieli, non avrebbe più abbracciato i suoi fratelli. E così fu.-
Appena la voce di Gabriel si spense, l’arcangelo guardò Dean con tanta furia che per un attimo il cacciatore dovette combattere l’istinto di indietreggiare.
-Perché? Perché non mi avete detto che Castiel…-
-Avrebbe avuto importanza per te?!- esplose Gabriel, contorcendo le spalle per arrestare la tentata fuoriuscita delle ali. –Come pensi che siamo giunti a questo? Castiel è ridotto così perché ti ha difeso una volta di troppo e ha ripreso contatti con Samael per te, sporco umano che non merita neanche una spiegazione!-
Sam cercò di frapporsi tra i due, ma Dean lo spinse di lato con rabbia, spostando quasi con facilità quel gigante di ragazzo. Si avvicinò a Gabriel e accostò il viso al suo tanto che i loro nasi quasi si toccarono.
-Pensi che non abbia mai fatto niente? Pensi che abbia gioito alla sua morte? Se voi fraccomodi culi piumati non mi dite niente di come gira il vostro fottuto universo, come puoi darmi la colpa di ciò che accade per colpa mia? Cosa feci quella volta, quando Castiel si è gettato tra le braccia di Raphael per fare l’eroe? Dimmelo in faccia, Gabriel, abbi le palle di…-
-STAVA MORENDO, DEAN!!! Quando Castiel ha incontrato Raphael aveva già un piede nella fossa! Quello doveva essere il suo ultimo volo!-
-Gabriel!- urlò Sam, trattenendo il fiato mentre Bobby lo fissava stupito e Dean si irrigidiva, lo sguardo piantato sul volto stravolto dell’arcangelo.
Cosa lo stupì più di ogni altra cosa, quella volta? Il fatto che suo fratello sapesse tutto e che non avesse mai dato segno di sapere o la brutta sensazione che c’era dell’altro, qualcosa di gran lunga peggiore alle parole di Gabriel?
-Hai capito bene, Dean Winchester! Castiel stava morendo, e fosti tu a ridurlo in quello stato!-
Tutto l’odio e la rabbia che Gabriel aveva trattenuto in quei mesi era esplosa così all’improvviso che non era riuscito a frenarla. Le parole erano fuoriuscite in un fiume inarrestabile, violento, ma adesso che aveva davanti un Dean confuso e sulla buona strada di un incazzatura seria desiderò di non aver mai aperto bocca. In più, Sam voltò le spalle ad entrambi e uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle.
-Cosa… hai… detto?-
Gabriel sospirò. Ormai la bomba era stata sganciata, tanto valeva attendere l’esplosione. –Ho detto che Castiel stava morendo. Dico che quello che hai visto nei ricordi di mio fratello stava per ripetersi per mano tua.-
Il silenzio cadde per stringerli in un abbraccio di mefitico avvertimento.
La mente di Dean scelse proprio quel momento per parargli davanti agli occhi il ricordo del Castiel devastato che aveva visto trascinarsi nella sabbia, le ali nere, spezzate, sanguinanti. Era questo a cui andava incontro Castiel una volta levatosi in volo verso la morte?
Dean ricordò la cieca fiducia che aveva sempre scorto nello sguardo di Castiel ogni volta che l’aveva guardato: fiducia, devozione… affetto puro, incontaminato, come solo quello di un angelo come Castiel sapeva essere.
Dean l’aveva visto cadere.
Dean l’aveva visto guardarlo dall’orlo del dirupo che affacciava sulla fiancata del monte Sinai mentre un’ala spezzata rischiava di trascinarlo di sotto.
Dean aveva visto la sua mano tendersi, accompagnate dalle sincere parole che in quel momento gli laceravano il cuore:
“Dean… sei venuto.”
“Sono qui, Cass. Sono qui, non me ne vado.”
“Lo so.”
Dean sentì le gambe tremargli, ma non si appoggiò al muro. Non voleva dimostrarsi debole ancora una volta, nonostante in quel momento si sentisse fragile come il vetro. Aveva lottato anni e anni per formare il carattere di cui andava fiero, e non avrebbe mandato tutto in pezzi in quel momento, non davanti a Gabriel e Bobby, fermi e intenti a fissarlo.
In quel momento la porta si spalancò e nella stanza entrò Sindragon. Solo Bobby gli riservò una lieve occhiata, ma Dean e Gabriel finsero di non vederlo.
Il cane zampettò fino al letto di Castiel e appoggiò il muso sul materasso, aspettando, pregando che il suo padrone intervenisse.
Così fu.
Una mano si appoggiò sul capo di Sindragon, un piede nudo sfiorò con delicatezza il pavimento.
Dean guardò alle spalle di Gabriel, sbarrando gli occhi mentre Castiel si alzava in piedi, barcollando ma con in viso uno sguardo talmente deciso che nessuno dei presenti si azzardò a tentare di dargli una mano. Si issò dal letto con fatica, fallendo due tentativi di restare in piedi, ma alla fine riuscì a raddrizzarsi fieramente. Avanzò di qualche passo, una mano appoggiata al capo del cane che lo scortava fedelmente. Castiel raggiunse Gabriel e finalmente gli premette una mano su una guancia, guardandolo con rinata tenerezza, un gesto che da confidenziale divenne quasi una benedizione.
Castiel baciò l’altra guancia di Gabriel e gli accarezzò i capelli come un fratello maggiore che consola il minore, nonostante in realtà l’arcangelo fosse più grande dell’altro.
-Basta, Gabriel. Va tutto bene.- esalò con un cenno stanco. Gabriel lo afferrò per un braccio prima che cedesse, ma Castiel tornò a raddrizzarsi quasi immediatamente. –Vai a cercare Sam, gli devi qualche spiegazione.-
Gabriel guardò prima lui, poi Dean, ma alla fine capitolò con un sospiro. Si batté una mano sulla coscia per attirare l’attenzione di Sindragon, che lo seguì fuori dalla stanza. La porta si chiuse con un tonfo ampliato dal silenzio creatosi tra Dean e Castiel.
Il cacciatore fissava l’angelo, riempiendosi gli occhi di quella visione viva, reale. Quel Castiel stava bene e quasi sorrideva a suo indirizzo, ma in passato? Cass ricordava cosa gli aveva fatto lui, Dean, diversi mesi fa? Ricordava di aver assaporato con l’amaro in bocca l’ultimo volo di morte al quale il giovane Winchester l’aveva costretto?
Incapace di guardarlo ancora, Dean gli voltò le spalle e appoggiò le mani sul davanzale della finestra.
-Perché non me l’hai detto?- mormorò, pieno di risentimento. Strinse forte gli occhi, grato a se stesso di aver dato le spalle all’angelo: non avrebbe gradito farsi vedere in quello stato. –Perché non parli mai?!-
Dean alzò la voce, incosciente di aver afferrato con entrambe le mani il davanzale.
-Perché non riveli te stesso? Conosci ogni cosa di me, del mio passato, e forse sai anche come sarà il mio futuro! Non ho scelta, non posso nasconderti niente, perché tu sai già tutto! Io invece non so niente di te, della tua vi…-
Due braccia forti gli circondarono il petto in una stretta convulsa e tremante, quasi spaventata. La fronte di Castiel si appoggiò grata contro l’incavo della sua spalla mentre l’odore familiare di aghi di pino avvolgeva le narici di Dean, facendolo in qualche modo rilassare. Quando Castiel parlò, la sua voce era tremula e flebile.
-Sono un vigliacco, Dean. È questa la verità, nient’altro. Avevo paura che vedessi, che conoscessi davvero cosa sono stato in passato e cosa sono adesso. Avevo paura che mi ripudiassi come merito, sciocco e arrogante quale sono. Forse non sopportavo la tua intrusione nel mio passato, o semplicemente detestavo vedere i tuoi occhi mentre si posavano sul mio debole corpo di allora. Ogni giorno cercavo di dimenticare, di lasciarmi alle spalle quella pesantezza che in passato rischiò di sottrarmi la capacità di volare. Cercavo in lungo e in largo qualcosa, un modo che mi aiutasse a volare come un tempo, a sentirmi leggero.-
Castiel sospirò sulla sua pelle, facendolo rabbrividire.
-Alla fine trovai ciò che cercavo nel posto più improbabile dell’universo. Tra le fiamme dell’inferno e della disperazione, vidi la speranza. Vidi i tuoi occhi, Dean, e da allora ho saputo ricominciare. Passo dopo passo mi hai condotto inconsapevolmente sulla via della guarigione, senza neanche accorgerti del mio handicap, e quando infine esso è tornato ad aggredirmi, sono stato abbastanza forte da combatterlo.-
Un suono argentino e altisonante rimbombò nella stanza, facendo tremare violentemente i vetri delle finestre. Dean ascoltò la vera risata di Castiel, un suono talmente limpido che socchiuse gli occhi e si abbandonò alla sua musicalità.
All’improvviso però, qualcosa di bagnato gli sfiorò la pelle. Dean spalancò gli occhi e guardò Castiel, che con ancora un sorriso sulle labbra aveva socchiuso gli occhi dai quali scendevano piccoli cristalli d’acqua. Piangeva? Gli angeli come lui potevano piangere davvero?
-Ero felice! Avevo scelto di andarmene difendendo ciò a cui tenevo più di ogni altra cosa e mi andava bene… e ancora adesso sono fiero della scelta fatta, perché tu sei qui e grazie a te io volo ancora.-
Dean cercò di voltarsi, ma le braccia di Castiel lo tennero fermo. L’angelo respirò sulla sua pelle, inspirando il suo profumo.
-Ti prego, no.- mormorò. –Capisco che vuoi allontanarmi, ma ti prego… concedimi un attimo, uno solo. Poi andrò via.-
La voce di Castiel tremò, indebolita, e questo richiamo al ricordo a cui Dean aveva assistito servì solo a innescare la reazione del giovane cacciatore. Si liberò dalla stretta dell’angelo con un gesto brusco e, voltatosi, lo stinse in un abbraccio soffocante, che lentamente perdeva ogni scintilla di fratellanza per sostituirla a qualcos’altro, un legame nuovo e più forte che Dean non si era mai aspettato di sentire per Castiel.
Dean strinse a sé quel corpo che già in precedenza aveva dimostrato fragilità. Castiel rimase inerme, il viso ancora bagnato di lacrime, gli occhi sbarrati in una muta domanda che rivolse silenziosamente al suo umano, ponendo lo sguardo su di lui.
Dean gli strinse gli avambracci con forza, guardandolo in faccia con tale aggressività che Castiel sentì l’impellente bisogno di rifugiarsi da quello sguardo.
-Tu non ti muovi da qui.- sibilò minaccioso. –Non ti azzardare a sparire di nuovo o quanto è vero mio fratello, giuro che ti vengo a cercare e ti spiumo penna dopo penna, sono stato chiaro? Non me ne fotte un cazzo di chi ti cerca e perché, e se Samael sentirà di poter rivendicare qualche diritto sul tuo bel culo, farà meglio a guardarsi le spalle prima che gliele faccia a pezzi nel modo più doloroso che posso aver appreso come allievo di Alistair!-
Dean emise un ringhio gutturale prima di avventarsi sulle labbra di Castiel.
Ogni freno inibitore crollò di schianto, sopraffatto da una libidine che assalì Castiel con tanta violenza da fargli girare la testa: all’improvviso si trovò premuto contro il muro, con una gamba di Dean infilata tra le sue e il bacino del cacciatore che si schiacciava contro di lui, bisognoso.
Castiel ansimò mentre la lingua di Dean gli schiudeva a forza le labbra per andare a stuzzicare la sua. La reazione non si fece attendere e per diversi, passionali minuti, le loro lingue danzarono, si rincorsero, sfiorandosi e poi fuggendo come in un gioco di acchiapparello.
Dean insinuò le mani sotto la camicia di Castiel, sfiorando la pelle bollente dell’addome e trovandola sorprendentemente indurita dagli addominali. Dean bruciava dal bisogno di vederli di nuovo, di poterli accarezzare e guardarli mentre faceva scorrere le dita tra quelle placche non esagerate che tuttavia rendevano giustizia a un delicato corpo d’angelo.
Castiel sentì le ali premere per uscire, ma contrasse le spalle per trattenerle. Al contrario, Dean fece scivolare la mano già insinuata sotto la sua camicia sulla schiena e gli accarezzò le scapole. Castiel lo guardò spalancando gli occhi, quasi spaventato da quel contatto così intimo eppure così incredibilmente piacevole.
-Voglio vederle.- mormorò Dean, mordendogli un lobo e leccandolo. Castiel gemette e sentì le ali premere ancora e ancora, quasi con insistenza.
-D… Dean…-
Dean allontanò il viso dal suo per guardarlo in faccia, occhi smeraldo che abbracciavano occhi di zaffiro. I due gioielli più belli incastonati in occhi all’apparenza umani si confusero in un ritrovato sguardo di liquida passione, le pupille dilatate e le palpebre socchiuse.
Alla fine Castiel poggiò la fronte sull’incavo della spalla di Dean e lo strinse a sé, liberando quella parte di se stesso che per tanti anni lo aveva appesantito, trascinandosi dietro di lui come un peso inestimabile. Adesso però, Castiel sentiva le ali leggere, quasi inesistenti tanto era poco il loro peso e capì che non solo le sue appendici piumate, ma anche la sua anima si erano alleviate.
Le ali fuoriuscirono lentamente, con un fruscio armonioso, splendide nel loro ammasso di piume morbide, luminose come tante piccole stelle.
Eccitato, Dean baciò il collo di Castiel, accarezzandogli il torace con una mano e la base delle ali con l’altra. L’angelo si lasciò sfuggire un gemito indecente che fece rabbrividire lo stesso Dean.
La luce che emanò dalla pelle di Castiel era così luminosa che rischiarò l’oscurità della stanza, abbracciandone ogni angolo. Luce rinata, pura e non più macchiata del peso di un’anima inquieta. Era come se qualcuno avesse ripulito un punto luce fino ad allora offuscato dalla polvere.
Dean si strinse Castiel addosso, desideroso di raggiungere il letto, quando all’improvviso i vetri delle finestre cominciarono a tintinnare. Il pavimento vibrò, il lampadario oscillò pericolosamente mentre la lampada al suo interno si riempiva di crepe ed esplodeva.
-Cass!- esclamò Dean, ma rimase estasiato quando vide gli occhi di Castiel riempirsi di un barlume di luce interiore, come se all’interno di quelle iridi brillassero delle stelle. Castiel mormorò qualcosa, una lenta litania in enochiano e si abbandonò contro il corpo di Dean, respirando affannosamente.
-Cass, che succede?!-
-Non fermarti, Dean. Baciami.- mormorò Castiel con fare lascivo che fece venire la pelle d’oca al cacciatore. Dean non se lo fece ripetere due volte: bramava quel momento da tempo immemore e non se lo sarebbe lasciato sfuggire.
Il cacciatore gli afferrò la nuca e i fianchi in una stretta possessiva mentre le loro lingue tornavano a giocare, rincorrendosi in una danza antica come la più anziana delle Ere. Fu allora, quando Dean se lo strinse addosso premendo il suo corpo contro di lui, che Castiel si sentì rinascere. Le sue ali rinvigorirono, sollevandosi in un trionfo di luce bianca e argentata e la pelle dell’angelo cominciò a emanare un tenue bagliore sempre più forte, sempre più puro. Qualcosa si mosse alle sue spalle e uno sgradevole rumore simile a uno strappo lacerò l’aria.
Castiel strabuzzò gli occhi e si allontanò da Dean con un grido di dolore. Inarcò la schiena, i muscoli tesi e le palpebre serrate mentre sotto gli occhi stupiti di Dean un nuovo paio d’ali si allungava verso il basso, stiracchiando all’aria le piume neonate, fresche.
Il sangue sgorgò dalla schiena di Jimmy Novak mentre dalla ferita continuavano a fuoriuscire piume luminose, eppure pulite come appena lavate e belle come le gemelle più anziane.
-DEAN, CHIUDI GLI OCCHI!!!-
Ma Dean non ubbidì.


Spazio dell’autrice:
Coff coff, va bene, calmiamoci, sono certa che possiamo scendere a un accor…
Gabriel: accordo un cazzo, guai a te se mi rovini gli affari! Hai idea di quanto pagherebbe Samael per il video che ho registrato?
Gabriel, dubito che Samael pagherebbe per vedere Cass che… ehm… si lavora un altro, insomma.
Gabriel: pagherebbe se per tre quarti del film inquadro il gran bel culo di mio fratello!
Cosa? Aspetta, non ti eri infilato nel condotto d’areazione, vero?
Gab: perché no? Sam non si trovava, dovevo fare qualcosa per passare il tempo!
Se hai combinato qualche danno Bobby ti fa a pezzi! Qui dentro è pieno di piume!
Gab: be’? sono in muta, non è colpa mia!
Gli angeli vanno in muta? Non è che cambiate anche pelle? No, perché…
Gab: purtroppo no, ma sarebbe davvero figo.
Ma che schifo!
Ehm… dicevo? Ah, sì, il capitolo! Dunque, ammetto di essere un po’ sfiduciata in questo periodo e di avere il morale sotto le scarpe, ma per voi angioletti faccio sempre il possibile per trovare il tempo di scrivere e pubblicare. Allora, so che il capitolo ha un’interruzione particolarmente bastarda, ma era l’unico modo per tagliarlo, o sarebbe uscita la Divina Commedia in un solo capitolo, e avrebbe appesantito la storia. Lo so, so di aver combinato un casotto con Dean e Castiel e so di aver parecchio rovinato i personaggi originali, avete il diritto di spararmi.
Detto ciò, annuncio che ci vedremo nel prossimo capitolo e spero come al solito (e forse invano XD) di conoscere le vostre opinioni! A presto e spazio ai ringraziamenti!

ThanatosTH: cara, sei tu che ti fai amare con i tuoi bellissimi commenti! Eh, purtroppo la parte di Sam che si spupazza Gabriel l’ho dovuta tagliare per fini più alti, come direbbe Cass, ma tranquilla, anche loro avranno la loro parte da sbavo (no, non la scriverà perché è una scena a luci rosse! Nd Gabe) (Gabriel, era una scena ridicola, hai riempito Sam di caramello e l’hai inseguito per mezza brughiera con l’intento di prenderlo a morsi!) (Colpa sua che scappava! A proposito, hai visto dove si è cacciato? Nd Gabe) (Cerca sotto quell’ammasso informe di insetti... nel caso servisse, qui c’è la pala e comincia a scavargli la fossa, non voglio un cadavere in casa!) Ohoh, contenta adesso? Dean alla fine ha ceduto, applausi prego! (Si alzano cori da stadio) Avrà il suo bel daffare adesso, anche perché Samael non mollerà l’osso tanto facilmente, ma non saprei se preoccuparmi più per l’angelo (Samael) o per il cacciatore XD Qui finisce che sarà Castiel a farlo a pezzi! XD violenza, sìììììììì!!! Come al solito ti ringrazio e ti abbraccio virtualmente per i meravigliosi commenti che mi lasci e per il sorriso che mi regali ogni volta che mi scrivi. Grazie!
  
Sherlocked: dannazione, Laufeyson? LAUFEYSON??? Ti piace anche Loki?! XD that’s amoreeeeeeeeee!!! Oddio, no, non ingozzarti di caramelle, mangiati Gabriel che è più saporito! Sa di pollo, giuro!!! XD spero di essere arrivata in tempo, colmiamo un po’ la mancanza con un’altra vagonata di cretinate di mia malata inventiva. Qualcuno mi amputi le mani e fermi questo abominio di storia! XD comunque tranquilla, ne avrai di maledizioni da scaricare sul vecchio Samael, perciò per ora moderiamo gli accidenti che gli si invia altrimenti non mi arriva al prossimo capitolo! (Volesse il cielo che non ci arrivasse… figlio di put… putto! Sì, hai presente il putto che si mette sull’albero? È un PUTTO meraviglioso!!! Nd Gabriel) grazie ancora per il bellissimo commento e come sempre spero di leggere presto i tuoi bellissimi commenti! E sappi che ti stimo XD
Tomi Dark Angel

 
 
 
 
 
  
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