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Autore: Leoneghiro    17/01/2013    1 recensioni
la mia prima fanfiction. wow. mi raccomando, fatemi sapere se vi è piaciuta o no. ;) "Non importa quanto tempo possa passare, anche se il tuo aspetto cambierà nel corso dei secoli, e se da uomo che sei ora diverrai donna, o se da donna che sarai diventerai nuovamente uomo, io troverò sicuramente la tua anima. Tu sei la mia unica ragione di vivere. Non dimenticarlo mai". parole dolci di un sogno. ma saranno mai state vere? e chi sono Laila e Calion?
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kanata Wakamiya, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yuki Sakurai, Zess/Luka Crosszeria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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saaalve a tutti!!! rieccomi con un altro capitolo della storia. inutile dire che aspetto con tutto il cuore di poter sapere che cosa ne pensate .... pertanto recensite, please. anche soltanto per insultarmi ( spero tanto che non lo facciate ;) ). nel frattempo, divertitevi a leggere il cap. 2.
p.s. un grazie sincero alle 17 persone che hanno degnato almeno uno di uno sguardo questa storia e, in particolare, a White Dreamer che l'ha recensita. e non ti preoccupare: nel prossimo anche il nostro meraviglioso Luka tornerà in azione. ;) ;)

Peccato imperdonabile
Calion aprì gli occhi nella penombra della stanza che era stata data loro la sera prima. Sentì qualcosa muoversi accanto a sé e chinò il capo per osservare la sorella, ancora addormentata e completamente vestita. Lui ne percepì il tremore leggero, nonostante non facesse freddo, e la strinse ancora di più a sé, tuffando il naso in quella chioma dorata che sapeva di iris e pesca soltanto per essere rassicurato sulla sua effettiva presenza, che non fosse solo un sogno che la sua mente stava producendo per ingannarlo. Come gliel’aveva ridotta, la sua sorellina, quel bastardo di Reiga. Un altro movimento, ai piedi del letto, gli fece alzare lo sguardo, per vedere che cosa l’aveva prodotto, e vide un enorme lupo dal pelo argentato che se ne stava acquattato con gli occhi ben aperti per osservare la situazione. Gli sorrise e si coricò di nuovo. Sempre così fedele Michael. Un pigolio, seguito da un debole luccichio, gli annunciò che il suo Gabriel si era trasformato. Ormai il sole era alto e avvertì gli abitanti di Villa del Crepuscolo che si alzavano, seguendone uno in particolare, ancora troppo stupito di poterlo sentire e timoroso che anche questo fosse un altro parto della sua mente malata. Vide Laila aprire gli occhi e sorridergli dolcemente. Non poté fare a meno  di sorriderle a sua volta. Dio, se era felice di rivedere quel sorriso, dopo tutto il tempo passato ad osservare quegli stessi occhi pieni di terrore e il suo viso nascosto nel suo petto per il terrore verso il mondo esterno. “Andiamo a fare colazione?” le chiese, arruffandole affettuosamente i capelli sciolti sul cuscino.
 
Yuki rimase alquanto sorpreso quando vide, entrando nella sala da pranzo, Takashiro-san in piedi, accanto al tavolo. “Ah, Yuki!” lo chiamò questi, con un lieve sorriso sul viso quasi sempre serio “siediti! Ci sono delle novità”. Il ragazzo si sedette, perplesso, al suo solito posto, vicino a Tohko-san. “Volevo dirvi” continuò l’uomo, riprendendo la sua solita espressione impenetrabile “che, per qualche ragione, avremo qui con noi un’altra coppia di Zweilt: si chiamano Calion e Laila”. Da quel momento, Yuki smise di sentire che cosa stava dicendo la persona davanti a lui. Prepotente, il ricordo di ciò che aveva sognato quella notte gli ritornò in mente, indugiando soprattutto sulla voce di sua madre. Avvertì qualcosa dentro di sé rompersi all’improvviso e percepì due presenze: una forte e astuta come una tigre, l’altra potente e fragile insieme. E dolore. Un dolore vecchio di secoli iniziò a devastargli l’anima, il cuore e la mente. Si portò senza accorgersene le mani al viso e gemette debolmente. Udì le voci degli altri che, spaventati, cominciarono a circondarlo, facendo domande  che non riusciva a capire. Tra tutte, si distingueva quella di Luka che stava ruggendo qualcosa. Spalancò gli occhi, cercando di vedere qualcosa senza riuscirci, finché due luci iniziarono a farsi più vicine, dirigendosi verso di lui, e tese le braccia aggraziate verso di esse, gemendo. Era l’unica cosa che riusciva a far uscire dalla bocca. L’unica preghiera che poteva rivolgere.
 
Dio santo. Aveva una voglia matta di picchiare qualcuno. Ora, non solo sua sorella era devastata e impaurita per quello che aveva subito, ma anche suo fratello, quel fratellino delicato a cui suo padre aveva cancellato i ricordi per proteggerlo, ora giaceva riverso tra le sue braccia con un inspiegabile, a suo dire, espressione di sollievo sul volto pallido. Forse era perché il dolore nella sua mente era svanito, si disse, controllando nuovamente per assicurarsene. O forse, pensò con un sorriso tenero, era dovuto alle gentili carezze di Laila sui capelli setosi del giovane, mentre mormorava piano una dolce cantilena per calmare ciò che, evidentemente, doveva aver trovato nel cuore di Yuki. Inconsciamente, lo strinse con ancora più forza. Quanto gli era mancato quel corpo tiepido che, quando era bambino, coccolava quando il fratellino dormiva e la sorella cantava, con la sua voce melodiosa come un’arpa, canzoni di sua creazione. Una mano scese a carezzargli leggermente un braccio. Calion si volse e vide che era stato Gabriel. Gli sorrise, grato, e si portò in avanti per sfiorare, con attenzione, la guancia dell’amato con le labbra, facendolo arrossire per l’imbarazzo. Il sorriso si allargò ancora di più. Meno male che c’era sempre il suo piccolo angioletto a riportarlo coi piedi per terra.
Reiga, avvolto nella luce della luna crudele della dimensione dei duras, continuava a tormentare con le mani un bicchiere di vino rosso. Rosso come il sangue. Rosso come le rose dalle malefiche spine. Il suo sguardo si alternava dall’assorto, quando osservava fuori dal vetro della finestra a cui si era appoggiato, al freddo glaciale, quando, voltandosi, vedeva Cadenza, che lo fissava con quel suo sorriso crudele, dall’altra parte della stanza. “Qualcosa non va, Reiga-dono?”chiese questi, con il solito tono ammaliante. “Non avevo ordinato questo!” si limitò a rispondere l’altro, voltandogli nuovamente le spalle. L’opast fece, indifferente, un passo avanti e continuò “ma non ha voluto rispondervi”. “Non mi sembra, però, che le vostre torture l’abbiano piegata” ribatté il suo padrone, sempre con voce dura. Per un caso estremamente fortunato, erano riusciti a rapire una Zweilt e Reiga aveva deciso di interrogarla per saperne di più sulla Luce di Dio. Ma la ragazza si era rivelata un osso più duro del previsto, nemmeno le minacce erano valse a qualcosa e lui si era stancato di aspettare. L’aveva affidata ai suoi servi perché se ne occupassero loro. La verità lo aveva scioccato più di quanto volesse ammettere a sé stesso. Mentre quei demoni si divertivano a giocare con la ragazza, questa aveva rivelato un potere immenso, pari a quello di Yuki. Un aiuto, poi, imprevisto le aveva garantito la libertà. Reiga non si era arrabbiato più di tanto per quello smacco. A dire il vero, lo aveva accettato con indifferenza. Non voleva avere tra le mani un potere come quello. Ciò che lo aveva impressionato maggiormente era stata la piuma che aveva trovato nella cella vuota della sua prigioniera. Quella consistenza, quella morbidezza, quei colori. Al pensiero scosse la testa, ancora turbato. Gli ricordava troppo la prima battaglia combattuta tra i loro due eserciti. Una battaglia in cui, per riuscire a vincere con meno perdite possibili, Tahashiro aveva permesso il peccato più imperdonabile di tutti. Aveva favorito la nascita di quei tre bambini, dati dall’unione di un demone e di un angelo. Il legame più sbagliato e contro natura che esistesse. Un peccato che non esigeva solo la vita come espiazione, ma anche il fatto di non poter quasi mai rinascere in un corpo insieme al proprio compagno. Il dolore più grande per chi è immortale. E questo Takashiro lo sapeva benissimo.    
  
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