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Autore: jeffer3    21/01/2013    20 recensioni
AU
Brittany, ragazza tranquilla del McKinley, vuole finire il liceo senza problemi. Cosa accadrà quando una Santana Lopez, completamente cambiata dagli anni precedenti, finirà per entrare nella sua vita?
Dal capitolo I:
"Fu allora che per la prima volta si girò, guardandomi fissa negli occhi.
Dio, avevo sbagliato, non erano marroni.
Erano neri. Come la pece. Un colore che in quel momento sembrava essere un tutt’uno con la sua anima.
Sembrava si stesse scatenando un tornado in quegli occhi, un terremoto, capace di scuotere qualunque cosa, qualsiasi persona.
Anche me.
Un fuoco. Erano occhi come il fuoco."
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Passarono altre due settimane, abbastanza velocemente, anche.
Le mie giornate vennero completamente risucchiate dalla danza.
Ormai mancava poco al provino e non facevo altro che allenarmi.
Con Jennifer, certo.
Ma anche da sola.
Soprattutto da sola.

La sua presenza mi faceva star bene, indubbiamente.
Ma ero… confusa.
Combattuta.
Dovevo ancora inquadrare bene il problema, che sentivo ci fosse alla base.
Non che sentissi di dovere qualcosa a Santana… credo.
Cioè, forse.
Non lo sapevo, avvertivo solo ci fosse qualcosa di sbagliato.
Tremendamente sbagliato.

Il punto, però, è che avevo adottato una tecnica piuttosto interessante, in quel periodo.
Dopo la quasi zuffa fra Jennifer e Quinn, dopo le parole di Rachel, dopo lo sguardo che mi scambiai con Santana e dopo tutto il dolore che ne scaturì, presi una decisione.
Non pensare, solo ballare.
Insomma, mi tenevo il più lontano possibile dai miei pensieri, convincendomi che andasse tutto bene.
Ed era utile.

Avverti una strana sensazione di disagio quando Jennifer cerca di andare oltre il bacio? Squagliatela e balla!
Senti il tuo cuore lacerarsi quando incroci casualmente Santana nei corridoi? Ignora il dolore e balla!
Rachel è improvvisamente diventata più tollerante nei confronti della tua ormai ex-ragazza? Fai finta di niente e balla!
La mattina ti svegli con un senso di oppressione, che preme sulla tua cassa toracica? Balla!
Tua sorella cerca di infilarti una cannuccia su per il naso? Ball-
Aspetta.

“MaryG!” sbraitai, scattando in piedi, iniziando a strofinarmi con la mano il naso, mentre lei se la rideva di gusto, con la cannuccia ancora in mano. “Che diavolo combini?!”
“Oh, eri così concentrata!” ridacchiò, riprendendo a mangiare cereali “E’ stato più forte di me!”
“Sei un’idiota” sibilai, risedendomi sulla sedia per finire la brioche, con cui stavo facendo colazione.
“Un’idiota divertente, però!” mi corresse, sorridente “Piuttosto, a che pensavi?” chiese, curiosa.
“Ti dirò…” feci, concentrata “pensavo al non pensare.”

Si limitò a corrugare le sopracciglia, portandosi due dita al mento, pensierosa.
Sbatté un paio di volte le ciglia, prima di parlare.

“Poi dicono che sono io la pazza qui.”
“Perché tu lo sei” chiarii, disinteressata “Io sono solo diversamente sana”
“Eh, certo, credici!” sbottò, ironica.
“Mà!” richiamai mia madre, appena entrata in cucina “Gollum dice che sono pazza!” mi lamentai, lanciando uno sguardo di sfida a mia sorella.
“Perché è vero, tesoro” mise in chiaro, sorridendo tranquilla.
“Ma che-“
“Eh… i geni di tuo padre, che posso dirti” sollevò le spalle, allontanandosi di nuovo.

Promemoria.
Promemoria per me: mai cercare un qualsivoglia tipo di aiuto dalla mia genitrice.

“Te l’avevo detto” ridacchiò soddisfatta MaryG, afferrando la cartella ai piedi della tavola “E dopo questo momento di crudele e necessaria verità, io me ne vado” annunciò, avviandosi verso la porta.
“Seh, seh. Cert- OH, Gollum!” la bloccai, ricordandomi di una cosa.
“Dimmi, Consuela” si voltò annoiata.
“Senti..” iniziai avvicinandomi di più “Stasera viene Jennifer a casa” feci, abbassando il tono di voce.
“Mamma e papà non ci sono” riflettè lei, pensierosa.
“Già…” sollevai le sopracciglia allusivamente.
“Mh… Mi stai finemente esortando a rimanere fuori casa per non interferire con le tue attivit-
“NO!” la fermai, urlando.

Socchiuse gli occhi sospettosa, osservandomi.

“Cioè..” mi ricomposi, con un paio di colpi di tosse “Gradirei la tua presenza  a casa” aggiunsi, osservando il nulla attorno a me.

Ti prego, non fare domande.
Non fare domande.
Per l’amor del cielo, non fare domand-

“20 dollari!”
“Scusa?” mi voltai, allibita.
“20 dollari.” ribadì, tranquilla “Dovevo uscire con Mike stasera” spiegò, con una sollevata di spalle.
“Fallo venire qui, no?!”
“Quello è base, ovviamente” fece, con un sorriso maligno “Ma mi costringi a stare chiusa in quattro mura, devi pagarmi i danni psicologici.”
“Sei un’idiota” sollevai gli occhi al cielo.
“Sono una donna d’affari, Giasmina.” Mi corresse, puntigliosa. “Ad ogni modo, 20 dollari e stiamo pace.” ribadì, mettendosi la cartella su una spalla.
“Mmh.” Borbottai, sapendo di non avere alternative.
“Ma io mi stabilisco al piano di sotto. Tu puoi pure monopolizzare quello di sopra e-“
“NO!” la interruppi di nuovo, sbarrando gli occhi.
“Tu devi curarti” mi guardò stralunata “Quale diavolo è il problema ora?!”
“Ahm..” provai a prendere tempo.
“Allora?”
“Ecco…” tanto valeva confessare “Non vorrei rimanere troppo da sola con lei, tutto qui” feci, grattandomi la nuca.
“Okay” fece, passandosi stancamente una mano sulla faccia “Vuoi spiegarmi?”
“Na, io non spiego e non penso” feci, seria “Faccio e basta.” Chiarii “Anzi.. in questo caso non faccio, in realtà.”
“Ma sbaglio o siete tornate insieme?” chiese, non capendo.
“Questa domanda richiede una riflessione profonda, mio caro flagello dell’umanità… e come ti ho già detto io non pens-“
“Ma devi!”
“Oh, no. Non devo” ribattei, convinta.  “Senti MG, è complicato.”
“Io credo, invece, che sia tu a rendere tutto complicato” fece, seria. “Non c’è niente di complicato nel non voler stare troppo tempo da sola con una persona, la spiegazione è molto semplice.” Chiarì “Ed è ovviamente che-“
“SSSSHHHH! Silenzio!”
“Va bene!” sbottò, avviandosi a passo di marcia verso la porta di casa “Stasera te la vedi da sola!”
“No, no, no, MG, vieni qui!”
“Mai!”
“MaryG, per favore!” la afferrai, disperata, per il braccio, facendola fermare “Dai, non essere Marygraziosa…”
“Eh?” si voltò, confusa.
“Sì, beh.. cercavo un aggettivo che si confacesse ai tuoi atteggiamenti… e, niente, questo mi era sembrato il più adatto” sollevai le spalle, lasciandola allibita “Ma non è questo il punto, aiutami!”
“No!”
“Ti prego! Ti do 20 dollari, aiutami!”
“No!”
“Eddai!”
“Sei ancora innamorata di Santana, Britt!” fece, zittendomi all’istante “Smetti di non far niente al riguardo e pensa! Tu devi pensare. Fa’ qualcosa!”
“E che dovrei fare?” sbottai, in una risata amara.
“Riprenditela!” esclamò, ovvia.

Quello non era possibile.
Non più.

“Non posso” abbassai lo sguardo, sospirando.
“Non voglio, intendevi forse”
“No, MG” ripuntai lo sguardo nel suo “La cosa orribile e frustrante è che vorrei. E mi picchierei per questo.” Chiarii “Ma non posso.”
“Perché?” chiese, non riuscendo a capire.
“Perché è tutto finito.”
“Onestamente non credo sia tutto finito, se sei qui a parlarmi come se ti stessero pugnalando al cuore, Britt” fece, seria “Perché ti ostini a stare con Jennifer?”
“Lei mi fa star bene” risposi, subito, sicura.
“Ma non è lei che vuoi, sbaglio? Lei ti ama, ma tu non ami lei, non è così?”
“MG, basta con queste domande” la interruppi, seria “Non voglio pensarci, ok?!”
“Dovresti!” ribattè, convinta.
“Ma non voglio!” tagliai corto, indispettita, uscendo di casa “Senti, fa’ come vuoi stasera. Ci vediamo.”




 
“Dove stai andando?” mi si affiancò Rachel, nel corridoio della scuola.

Quella mattina avevo seguito le lezioni come mai nella vita.
Attentissima ad ogni parola.
Appunti a gogo.
Avevo persino scritto della digressione che il prof di fisica aveva fatto sulle gare di moto GP, di cui evidentemente era un fan sfegatato.
Il tutto, per evitare di pensare.
Per tenermi occupata, finché non fossi riuscita a recarmi nella palestra della scuola.

“Ballare” risposi semplicemente, affrettando il passo.
“M-ma, tra un’ora abbiamo il glee!”
“Ho uno spasmodico bisogno di distrarmi, Rach. Se faccio a tempo vi raggiungo” feci, aprendo la porta che dava sul cortile.
“M-ma… io credo che-“
“Rach” la bloccai, fermandomi “Abbi pietà” feci, riprendendo subito dopo a camminare.
“Io lo capisco, Britt, c’è il provino e-“
“E un sacco di casini per la testa” aggiunsi, grave.
“Hai visto Santana?” chiese, poi, facendomi fermare per la seconda volta.

E no, eh!
Pure Rachel no!
Avevano tutti dimenticato la regola del ‘Non nominare l’Innominabile nei paraggi di Brittany’?!
Era una legge.
Come quella del ‘Non parlare a qualcuno in treno, mentre sta palesemente cercando di ignorarti con la musica nelle orecchie’.
Oppure, ‘Non dire ad una persona che le dovrai raccontare una cosa, più tardi’.
Un giorno, comunque, mi dovranno spiegare cosa cacchio cambia se mi racconti un fatto un’ora dopo.
Ad ogni modo, le leggi andavano rispettate, maledizione.

“No!” sbottai, allucinata “Ti pare?!”
“Va bene, va bene, sta’ calma” alzò le mani, preoccupata.
“Aspetta… Perché avrei dovuto?” domandai, leggermente allarmata. “Sta male?”
“No, no!” rispose subito “Ma-“
“Perfetto, era tutto quello che volevo sentire!” la interruppi sorridente “Ci vediamo dopo, eh, Rach?” feci allontanandomi.

Meno pensare, più ballare!

“Ma, Britt-“
“A dopo!”




 
Un’ora e mezza dopo, avendo saltato il Glee, ero allegramente distrutta.
Allegramente perché come ogni volta, avevo dimenticato tutto il resto.
Tutte le preoccupazioni, l’angoscia, il dolore.
Riuscivo a limitarli in una piccola e remota parte di me.
E, Dio, se mi aiutava.
Un po’ così, un po’ con del sano autoconvincimento, mi dicevo che andava tutto bene.

Era… come quando studi qualche materia, che odi dal più profondo del cuore.
Come la fisica.
Sai che devi studiarla, e allora cerchi di farti fessa da sola.
‘Oh! Ma guarda, quest’argomento è davvero interessante!’
‘Uuh… il moto parabolico! Carino…’
E ci riesci, alla bene e meglio, eh!
Il problema sorge quanto vai troppo avanti così.
Arrivi, insomma, a fluidi, elettricità e magnetismo e l’unica cosa che vuoi fare è lanciare il libro dalla finestra.
Se ti va bene.
Solitamente, infatti, vuoi lanciare proprio te stesso dal terzo piano della casa.

Il sunto è che speravo non sarebbe mai arrivato, metaforicamente parlando, il momento di elettricità e magnetismo.
Perché già così, mi ci voleva poco per sbroccare.
La danza, il non pensare, il dirsi che andava tutto bene aiutavano.
Ma fino a un certo punto.

Mi passai stancamente una mano per i capelli, afferrando la bottiglina d’acqua lì vicino.
Ma mi interruppi nel movimento di portarla alle labbra, sentendo la porta della palestra aprirsi.
Perfetto.
Davvero fantastico.
Ero appena arrivata ai fluidi.

“Oh.” Disse solo Santana, sbarrando gli occhi nel vedermi al centro della palestra.

L’Universo ce l’aveva con me quel giorno.
Non c’era altra spiegazione.
Tra l’altro la mia espressione non doveva essere delle più tranquille e intelligenti possibili.
La bottiglina, tanto per cominciare, era ancora sospesa a mezz’aria.

Non ci eravamo incrociate nemmeno una volta, in quelle due settimane.
Mai.
E quando capitava, una delle due faceva immediatamente dietrofront, allontanandosi il prima possibile.
Quindi, no.
Non ero per niente preparata ad un suo incontro.
Mh.
Forse era questo che aveva cercato di dirmi Rachel.
Scaltrezza di ragazza, non poteva semplicemente dire ‘Tieniti lontana dalla palestra, se non vuoi incontrare l’Innominabile’?!

“C-credevo che tu fossi al glee” fece, grattandosi la nuca, evidentemente in difficoltà.

Dopo aver rispolverato mentalmente le regole dell’inspirazione ed espirazione, che il mio cervello sembrava aver momentaneamente dimenticato, feci caso a un paio di cose.
Prima di tutto un taglio sul labbro.
Sapevo fossero ricominciati da ormai una settimana i tornei, ma non mi aspettavo di vederne i segni così presto.
Seconda cosa, un secchio con un mocho, che si stava portando dietro.
Che diavolo ci faceva con un secchio e un mocho nella palestra della scuola?!

“Dovevo andarci” dissi, faticando a reprimere il tremolio della voce, apparendo gelida “Ma sono rimasta qui ad esercitarmi”
“Ah.”

I suoi occhi erano spenti.
E stanchi.
Mi ricordavano tanto, troppo, i vecchi tempi.
Quando ancora non sapevo chi fosse.
Quando ancora non mi ero innamorata di lei.

“Se vuoi io posso andarmene o-“
“No, no.” La interruppi, ricomponendomi leggermente “Me ne stavo giusto andando”
“Se devi ancora esercitarti io posso… ahm, la palestra è grande, posso iniziare da lì” fece, indicando il posto più lontano possibile da me.

Mi limitai a sorriderle amara.

“Non è grande abbastanza” ribattei, sicura, iniziando a prendere le mie cose.
“Già” concordò, trascinando il secchio più avanti, riottenendo la mia attenzione e curiosità.
“Che ci fai con mocho e secchio qui, comunque?”
“Punizione” sollevò le spalle, stringendo, però, la mascella.
Dettaglio che non mi sfuggì.
“Per cosa?” chiesi, ancora, confusa.
“Il preside è un idiota, lo sai”

‘Non è l’unico’ avrei voluto rispondere.
Ma no, non lo feci.
Dio, odiavo questo mio essere così.
Da un lato, avrei voluto ucciderla con una mazza chiodata.
Dall’altra, non riuscivo ad essere cattiva con lei.
Non ci riuscivo e basta.
E nonostante sapessi per certo che non aveva voluto dirmi il motivo di proposito, tenni la mia rabbia per me.

“Già” mi limitai, quindi, a dire, avviandomi verso la porta.
“Britt” mi richiamò, prima che uscissi.
“Dimmi”
“Ecco..” iniziò, passandosi la mano per i capelli “So che… insomma, non sono certo la persona con cui vorresti parlare e-“
“Infatti.” Concordai, gelida.
“Sì, beh..” deglutì, in difficoltà, stringendo la presa sull’asse di legno del mocho “Volevo solo… insomma, ho sentito del provino” fece, guardandomi intensamente “Congratulazioni”

La osservai per un secondo.
E combattei, per quel brevissimo intervallo di tempo, contro me stessa.
Dio, sarei andata lì ad abbracciarla.
A dirle che mi mancava come l’aria.
A stringerla a me come se niente fosse mai accaduto.
Come fossimo state ancora insieme.
Come fossimo state ancora Brittany e Santana.
E non due nomi separati da un punto.

“Non sono ancora entrata all'università” ribattei dura, prendendomi mentalmente a pugni per i pensieri che avevo fatto.
“Lo so” rispose, ignorando il mio tono infastidito “Ma se ballerai come ti ho visto ballare…” iniziò, sorridendo beata, forse inconsciamente “Allora sappiamo tutti come andrà a finire.”
“Mi sto esercitando” commentai, cercando di mascherare lo scossone che lei aveva provocato in me.
“Non ne hai bisogno” fece, convinta, scostando lo sguardo, come a riflettere.

E lì, notai come i suoi occhi si illuminarono.
Erano di nuovo limpidi, come nei mesi passati.
Sinceri.
Liberi.

“Ho sempre amato il momento iniziale” commentò, ripuntando nel mio quello sguardo, che stava per provocarmi un crollo emotivo. “Quando arrivavi in palestra” spiegò, con un piccolo sorriso “Eri sempre così piena di energie e allegra. Carica ed entusiasta come non mai… E iniziavi a ballare” il suo sorriso si allargò, di riflesso, mentre i miei occhi si inumidivano “Ballavi così… intensamente, così felice e spensierata e, Dio, si vedeva quanto amassi quello che stavi facendo.”
“Se permetti all’esaminatore di vedere quello, allora nessuno può competere. Nessuno, Britt. Persino un idiota non si farebbe scappare un talento come il tuo.”

Mi guardò un ultimo momento, prima di voltarsi, per iniziare a pulire la palestra.
Ormai vedevo appannato, per tutte le lacrime trattenute.
La gola chiusa in una morsa.
Ma volevo parlare.

“M-mi dicesti di ballare per te” commentai, con voce incrinata, facendola bloccare. “E-e io lo facevo. Ballavo, perché ti amavo.”

Seguì un lungo e profondo momento di silenzio.
Si voltò, infine, verso di me, permettendomi di vedere i suoi occhi lucidi.

“Tu ami ballare, Britt?” chiese, solo.

‘Amo di più te’ avrei risposto, guadagnandomi un’altra dose di schiaffi mentali.

“Sì.”
“E allora balla per te.” Disse, anche lei con voce tremante, nonostante, sapevo per certo, non avrebbe mai voluto darlo a vedere “Balla per te stessa, perché lo meriti. Perché sei la persona migliore che abbia mai incontrato e andrai lontano, Britt. Non farlo, per chi non ti merita.”
“Già” commentai, pulendomi con il dorso della mano le lacrime sfuggite al mio controllo.

Dovevo uscire di lì.
Al più presto.
Mi limitai a lanciarle un’ultima occhiata, prima di voltarmi, per uscire.

"Sarai fantastica." aggiunse, infine.

Questa volta non mi girai a guardarla.
Non potevo permettere che vedesse i segni del crollo delle mura, che avevo eretto attorno a me.
Mura di cartapesta, crollate dinanzi le sue parole.
Distrutte dall'amore che, era certo, ancora provavo per lei.

"Ciao, Santana."






Tetraedro dell'Autrice

E' un bel casino? Sì, è un bel casino!


Scusate se sto facendo passare molto tempo fra un capitolo e l'altro, ma il periodo è oscuro... pieno di insidie e tranelli, di morte e distruzione... è periodo di esami D:
Scherzi a parte (no, in realtà non stavo affatto scherzando), dovete perdonarmi, anche perchè ho notato... rileggendo anche i primi capitoli della ff, che... porca paletta, quando sono sotto esame connetto poco!
Tant'è che molti non mi piacciono.
Perchè vi sto dicendo questo? Semplicemente perchè non voglio inguacchiare (/fare danni) giusto gli 'ultimi' capitoli di ELF!
Li programmo davvero da troppo!
Quindi, se controllo, facciamo 10 normalmente, ora dovrei controllare 1000 per stare quieta!

Apologia di un'autrice a parte, non ho nient'altro da dirvi, se non: confidate... abbastanza.

Come sempre, grazie davvero, davvero a tutti!! *-*
A presto (spero in tempi non troppo lunghi), bella gente! :DD

  
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