DAAB
II
.::La
partita non è finita::.
Tutti i personaggi
della mia ffc sono
di proprietà di J.K. Rowling (a parte qualcuno), quindi,
ringrazio questa
grande donna per averci regalato con i suoi libri un mondo
meraviglioso, quello
di Harry Potter…
Io ho terminato,
buona lettura.
Angèle
* le parti in corsivo (come in tutte le
ffc) sono ricordi….
-Chapter
7: “Accettare significa crescere”-
Taissa
scrutò gli occhi scuri del
cucciolo di drago che aveva davanti: erano così limpidi che
riusciva a
riflettersi. Non interruppe il contatto visivo, nemmeno per un secondo,
nemmeno
per battere le palpebre.
Charlie era
stato chiaro: bisognava creare un rapporto visivo con il proprio
animale,
soprattutto con i draghi. Questi, a causa della loro intelligenza,
tendevano a
sovvertire i ruoli, non riconoscendo la superiorità del
proprio cavaliere.
Quindi, creare fin da subito un rapporto gerarchico con loro era
importantissimo. Come meglio farlo se non sfidando i cuccioli con lo
sguardo?
Durante la
spiegazione, Charlie aveva più volte fatto un sorrisetto di
scherno. Si vedeva
che la pensava come i draghi.
-Molto
bene…-
la voce vellutata di Charlie interruppe la loro esercitazione.
–Per oggi, basta
così. I draghi si potrebbero innervosire troppo.-
Taissa
sbuffò
un attimo. A lei piaceva quel contatto così ravvicinato con
quelle creature.
Non vedeva l’ora che il suo drago riconoscesse la sua
superiorità, abbassando
lo sguardo. Solo in questo modo sarebbe passata alla fase successiva
dell’addestramento.
Guardò
di
nuovo il musetto acuminato di quell’animale e lo
trovò adorabile, nonostante i
canini che spuntavano qua e là.
-Se continui a
guardarlo così, Alex si potrebbe innamorare di
te…-
Taissa si
voltò di scatto facendo ondeggiare i suoi capelli neri.
Inarcò un sopraciglio
in direzione di Charlie che le si era accovacciato accanto.
-Chi è
Alex?-
chiese, mordendosi le labbra.
Charlie
sorrise. –Questo splendido esemplare di maschio che hai
davanti…-
-Tu?-
L’uomo
rise di
gusto scotendo la testa. –Beh, potrebbe anche essere. Ma in
questo caso mi
riferivo a lui…- ed indicò con un pollice il
drago che era ancora appollaiato
sul trespolo.
-Ah…
è un
maschio?-
Charlie
annuì.
–Certo. Vedi il muso com’è appuntito e
la zampe quanto sono robuste?-
Taissa
arrossì. Mai nessuno le aveva spiegato come si riconoscesse
il sesso dei
draghi. Aveva già lavorato con loro in Bulgaria, ma si era
occupata
prevalentemente di organizzare gli assalti utilizzando i dragatori.
Nulla di
più. –Io… non lo sapevo…-
-Beh,
immaginavo.-
-Vuoi dire che
sembro una che non sa niente?-
Charlie
sollevò le sopraciglia. Fissò i suoi occhi sul
volto delicato di Taissa e poi
scoppiò a ridere. –Ehm, sembri una che di draghi
sa poco quanto niente.-
Taissa si
accigliò. –Conosco abbastanza da sapere che Alex
fa schifo come nome per un
drago.-
Charlie rimase
serio per un momento, riflettendo. –Già, non
è dei migliori, però, a lui sembra
piacere.-
-…e
come?-
Charlie si
strinse nelle spalle. Si voltò verso il drago che aveva
preso a lisciarsi la
membrana dell’ala destra. –Alex, andiamo?-
L’animale
si
rizzò subito sul trespolo, iniziando ad emettere strani
pigolii metallici. Un
po’ di fumo sbuffò dalle narici violacee.
Charlie lo
prese in braccio, accarezzandogli la testa con un dito.
–Visto?-
Taissa
inarcò
un sopraciglio, guardandosi intorno.
La stalla in
cui si tenevano le lezioni di Charlie si era svuotata e lei non se
n’era
nemmeno accorta.
Un gruppo di
Auror si era fermato a parlare poco fuori il cortile interno della
base. Il
loro chiacchiericcio entrava dalle finestre aperte.
-Beh, a lui
potrà anche piacere. Rimane, però, uno stupido
nome inglese per un
bell’animale.-
Charlie scosse
la testa divertito. Ripose nella gabbia il cucciolo, prima di
risponderle.
–Magari
tu
l’avresti chiamato in un altro modo decisamente
più intelligente. Decisamente
più bulgaro…-
-Decisamente.-
-Peccato che
questi draghi abbiano uno stupido addestratore inglese,
però.- Charlie incrociò
le braccia aggrinzendo la tuta verde militare degli auror.
-Già,
peccato.-
Charlie non
riuscì a trattenere una smorfietta. –Mi stai dando
dello stupido?-
Taissa
recuperò, la sua borsa appesa alla sedia di legno. Se la
mise a tracolla,
mentre con un mezzo sorrisetto che non era stata in grado di
sopprimere,
rispondeva. –Può darsi, dragatore. In fondo, sono
una straniera e non ho molta
pratica con la vostra lingua.-
Charlie fece
uno sguardo furbo. –Beh, io ti darei volentieri delle
ripetizioni.-
Taissa scosse
la testa. –Non ti preoccupare; ho già il mio
insegnante privato.- si avviò verso
la porta con il suo passo elegante.
-…e chi
sarebbe?-
La bruna si
fermò appena prima della soglia. Si voltò e
sorrise. –Tuo fratello Ron.- e
senza aggiungere altro, scomparve.
-Adoro quella
bulgara…- e con un sorriso da ebete stampato sulle labbra,
Charlie iniziò a
sistemare i draghi per la lezione successiva.
***
Ron Weasley adorava
passare le ore in
palestra. Potersi allenare da solo, nel silenzio famigliare di
quell’enorme
ambiente l’aveva aiutato nei momenti più difficili
della sua vita. Percorse,
quindi, quasi correndo, gli ultimi metri che lo separavano
dall’entrata, ma
quando aprì la porta rimase deluso. La palestra, infatti,
non era vuota: c’erano
due auror, un uomo ed una donna, che si stavano allenando.
Stava per fare
dietrofront, quando riconobbe la voce di una dei due: Hermione.
Non
l’aveva
più vista da quella notte dell’attacco a Diagon
Alley; la donna, infatti, aveva
rispettato i loro patti, sparendo la mattina successiva, prima che Ron
si
svegliasse. Non c’erano state pretese, aspettative o
complicazioni. Hermione
aveva preso il suo conforto e poi era uscita in punta di piedi.
Ron non
sopportava ammetterlo, ma quel comportamento che lui stesso aveva
preteso gli
aveva dato fastidio. Avrebbe voluto trovarla al suo risveglio, in modo
da poterla
fissare dormire, libero di farlo senza dover dare spiegazioni a nessuno.
-No, aspetta
non sono pronta…- Hermione scoppiò a ridere
proprio nel momento in cui, l’altro
auror, le andava contro caricandosela sulle spalle per farla girare.
–Dimitri!-
urlò, scalciando un po’ per farsi mettere
giù. –Lasciami!-
Ron sentiva
quelle risate, vedeva quelle mani enormi del bulgaro appoggiate sulle
gambe di
Hermione e, all’improvviso, sentì lo stomaco
contorcersi.
Entrò a
grandi
passi nella palestra, camminando come fosse un elefante.
Hermione lo
vide arrivare, con un’aria truce e sobbalzò.
–Dimitri, basta. Fammi scendere!-
Se lo sentiva che Ron avrebbe equivocato, insomma, avrebbe equivocato
anche
lei. Quando il bulgaro la rimise a terra, tutto le girava attorno in
maniera
così veloce che per reggersi in piedi dovette appoggiarsi al
braccio di
Dimitri.
Ron
notò la
mano di Hermione sul bicipite del bulgaro e quasi vide rosso.
–Io che pensavo
fossi tornata in Bulgaria…-
-No,
Ron… io…-
-Beh, è
buffo
sai, pensavo volessi riconquistare la mia fiducia…-
Hermione fece
un passo in avanti, non badando alla stanza che le girava ancora
intorno.
–Noi ci
stavamo solo allenando, Ron. Poi, abbiamo iniziato a scherzare, come
facevamo
io e te.-
Ron scosse il
capo. –La cosa era diversa, Hermione. Io avevo tutto il
diritto di farlo!-
Hermione
aprì
la bocca, ma non riuscì a dire nulla. Abbassò il
capo, mordendosi le labbra.
“Non ce
la
faccio più.”
-E’
stata
colpa mia, Ronald. Se c’è qualcuno con cui devi
prendertela, quello sono io.-
La voce di
Dimitri colse di sorpresa tutti: Hermione alzò la testa di
scatto, trattenendo
il fiato; Ron, invece, lo guardò con rabbia.
-Tu stai
zitto, bulgaro.- sentì le mani prudere dalla voglia di
assestargli un bel pugno
sulla faccia.
Dimitri fece
una risata di scherno. –No, sta zitto tu. Non sei nemmeno
abbastanza uomo da
riuscire a capire cosa vuoi…-
Ron
sentì
decisamente il fischio nelle orecchie, pochi attimi prima di colpire la
mandibola di Dimitri con una manata.
Hermione
urlò.
–Ron, fermo!- non riuscì a continuare,
perché Dimitri, ripresosi dalla botta,
la scostò bruscamente, per colpire il rosso.
La bruna perse
l’equilibrio e cadde di schiena sul pavimento.
-Hermione!-
Ron sentì l’immenso istinto di protezione nei
confronti della bruna farsi largo
dentro di sé. Non poteva permettere ad un uomo qualsiasi di
trattare la sua
donna a quel modo. Perché anche se non stavano
più assieme, Hermione sarebbe
rimasta la sua donna per sempre.
Così,
accecato
dalla rabbia prese Dimitri dalla collottola e lo strattonò
violentemente.
–Inizia
a
pregare che non si sia fatta nemmeno un livido a causa di questa
caduta…-
Hermione si
rialzò con un balzo. Nemmeno si era resa conto di tutta
quella assurda
situazione. –Ron, ma che fai?! Vuoi essere cacciato via?!-
-Se io vengo
cacciato, lui viene con me, Hermione…- Ron continuava a
fissare con odio gli
occhi scuri di Dimitri che, nonostante fosse grosso almeno una taglia
in più
del rosso, in quel momento, quasi non sfiorava il pavimento con le
punte dei
piedi.
-Io non farei
cose stupide, Capitano Weasley.- la calma con cui Dimitri
parlò fece
rabbrividire di rabbia Ron che d’istinto strinse i pugni
intorno alla maglia
dell’altro.
-…
perché non
dovrei?-
Dimitri rimase
in silenzio per un po’ mentre Hermione tratteneva il respiro.
Ron non
l’ascoltava affatto.
-Perché
io qui
sono l’ospite.-
Ron
sbuffò
infastidito. –Decisamente poco gradito.-
-Ma pur sempre
ospite.-
Hermione
posò
una mano su quelle serrate di Ron. –Dai, lascialo andare. Non
è successo
niente. Sto benissimo.-
Ron
lasciò
andare con uno scatto la collottola di Dimitri. Fissò
brevemente negli occhi
Hermione. Poi, scosse la testa e, senza parlare o chiedere spiegazioni,
si
allontanò a grandi passi.
Hermione lo
seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve dietro le
porte della
palestra, incapace di fare altro.
***
Draco
sentì finalmente l’auto di Anne
parcheggiarsi nel vialetto di casa. Era da quasi mezz’ora che
aspettava lei e
Lily. Per ingannare il tempo, aveva sistemato gli scaffali della cucina
delle
ragazze. Più di una volta, in maniera sempre diversa: prima
aveva disposto le
scatole dei cereali in ordine alfabetico, poi, in base ai colori delle
confezioni. Aveva deciso, infine, di risistemarle secondo i loro nomi.
Si sedette, quindi
, al tavolo di legno con un bel sorriso e il mento appoggiato su una
mano.
Sentì un paio di risate prima che la porta sul retro si
aprisse di scatto.
Anne entrata
per prima nella cucina sobbalzò dalla sorpresa di vederlo
lì seduto ad
aspettarle. Sapeva che il loro rapporto stava lentamente tornando
com’era, ma
non ne era tanto felice.
I cambiamenti
avvengono per dei buoni motivi e lei ne aveva di ottimi.
Aveva deciso
che avrebbe accettato un riavvicinamento a Draco solo se questo avesse
portato
a un miglioramento del loro rapporto. Non voleva ritrovarsi al punto in
cui
aveva lasciato, ma decisamente qualche passo più avanti.
-Ciao, Draco.-
Anne aggrottò le sopraciglia. –Che ci fai qui?-
Il biondo
stava per risponderle quando fecero il loro ingresso nella cucina un
ragazzo
alto e Lily che aveva l’aria abbastanza imbronciata.
Draco li
guardò sfilare una dopo l’altro con la bocca
socchiusa dallo stupore che si
accentuò quando l’uomo sconosciuto
baciò Anne sulla guancia mentre le porgeva
le buste della spesa.
Nemmeno le
feste di Lily lo distrassero.
-Draco!-
esclamò la bambina, correndogli incontro. Gli
circondò il collo con le braccia,
stringendolo forte. –Che bello vederti!-
L’auror
ricambiò il gesto affettuoso di Lily serrandola a sua volta,
tra le braccia; le
accarezzò con dolcezza la testa, mentre non staccava gli
occhi di dosso ad Anne
e il bell’imbusto dal sorriso abbagliante.
-Sì,
principessa. E’ bello vederti.- se la tirò sulle
gambe, permettendo alla
piccola di accoccolarsi contro il suo petto.
-Ti prego,
Draco, salvami. Io quel tipo non lo reggo.-
Il biondo fece
una faccia interrogativa.
Lily
sospirò.
–E’ il mio nuovo insegnante di pattinaggio, David
Sadsnow. Ci prova
sfacciatamente con Anne.-
Draco
serrò la
mascella, quando le parole di Lily furono accompagnate da un risolino
della
bruna dall’altra parte della stanza.
L’uomo
biondo
inarcò un sopraciglio con un’espressione poco
convinta verso la bambina che si
strinse nelle spalle.
-Oh, ma che
sbadata. Non vi ho presentato.- irruppe all’improvviso Anne
mentre si rendeva
conto che qualcuno aveva sistemato i suoi scaffali sempre perennemente
disordinati. –David questo è Draco. Draco questo
è David, il…-
-…nuovo
insegnante di pattinaggio di Lily. Lo so.-
Draco strinse
la mano che il giovane insegnante gli porgeva.
Aveva un sorriso così splendido e bianco che
all’auror ricordò la neve
appena caduta.
-Che bel nome,
Drago.- David commentò la presentazione.
Lily
scoppiò a
ridere, mentre Draco scoteva la testa. –Non è
Drago, ma Draco.-
-Oh, in
effetti era troppo strano.-
La bambina
sillabò con le labbra la frase “tutto muscoli,
niente cervello” e al biondino
quasi scappò una risata.
Anne sorrise
sotto i baffi, mentre riportava negli stipi della cucina il suo
adorabile
disordine.
-E cosa fai
nella vita, Draco?- David
sottolineò
la lettera “c” nel nome dell’auror, dopo
aver lanciato un’occhiata al sedere di
Anne che si era chinata per riporre una verdura nel frigo.
Draco
sentì
l’impulso di spaccargli la faccia, ma riuscì a
trattenersi. –Sono nella
sicurezza.- tagliò corto proprio nel momento in cui la bruna
si scioglieva i
capelli con un colpo di testa, rapendo completamente la già
minima attenzione
che David aveva dedicato al discorso di Draco.
-Sicurezza,
eh?- David si passò una mano su una mascella.
–Cosa sei un poliziotto?-
Draco
riaccolse sulle proprie gambe Lily che era scesa un momento per andare
a
prendersi un bicchier d’acqua. Guardò David con un
mezzo sorriso poco convinto.
–Una mezza specie.-
David si
appoggiò con un gomito al ripiano della cucina.
Guardò Draco
interrogativamente. –Cosa vuol dire una mezza specie? Sei nei
servizi segreti?-
Il biondo
appoggiò il mento sulla spalla destra della bambina,
stringendosi nelle spalle.
–Forse.-
-Wow! Sto
parlando con uno 007.-
Anne rise,
negando con la testa. –No, David, rilassati. Stai parlando
solo con Draco, un
mio amico del liceo.-
-Ah, siete
andati a scuola insieme?-
Draco gli
rivolse un breve sguardo. –Non esattamente.-
David
trovò
quelle risposte così evasive e poco chiare di Draco davvero
irritanti. Si
sedette, quindi, sullo sgabello della cucina, bofonchiando qualcosa
d’incomprensibile. Guardò indispettito Draco
ancora per un po’, poi, decise di
porre fine a quella conversazione.
Anne gli si
avvicinò poggiandogli una mano su una spalla. Sapeva che
Draco la stava
guardando, anche se non lo dava a vedere. Li percepiva i suoi occhi su
di sé.
-Dammi 5
minuti. Mi rinfresco un attimo e poi andiamo a cena.-
David sorrise
raggiante, mentre Draco colorò con troppa forza il disegno
di Lily,
strappandolo un poco.
-Esci?-
Anne si
voltò
verso Draco che le aveva rivolto la domanda. –Sì.-
Draco
aggrottò
le sopraciglia. –E Angelia e Lily?-
Anne
sospirò.
–Angelia è con mio padre al negozio. Lily
andrà a dormire da una compagna di
classe.-
-Angelia si
è
già ripresa?-
-Certo che
no.- Anne rispose con una faccia scandalizzata. –Le ho
consigliato io di
distrarsi, andando ad aiutare mio padre. Con lui, è sempre
tranquilla.-
-Capisco.-
-Qualche
problema, Draco?-
Il biondo si
strinse nelle spalle. –Assolutamente. Fa quel che vuoi.-
Anne
annuì.
–Infatti.- Allungò una mano verso Lily.
–Andiamo, tesoro. Vai a prepararti lo
zaino mentre io mi rinfresco.-
Lily fece una
faccia dispiaciuta. –Già? ma io volevo stare un
altro po’ con Draco.-
Anne
sbuffò.
–Avanti, Lily, non fare capricci.-
-Ma…-
-Niente ma.-
Lily mise su
il broncio. Salutò frettolosamente Draco che
sospirò afflitto. –Dai,
principessa. Ci vediamo presto.-
-Dici sempre
così. Ogni volta, però, passa sempre
più tempo.-
Draco
non seppe che risponderle, così la
strinse ancora un po’ a lui. Poi, Anne la richiamò
e Lily si staccò riluttante.
Lo salutò con la manina paffuta, prima di dileguarsi dietro
la porta della
cucina sdegnando la mano tesa di Anne.
La donna
lanciò un’occhiata esasperata a Draco.
-Ci
vediamo…-
Draco
alzò una
mano in segno di saluto e dopo essersi congedato velocemente da David
lasciò
quella casa alla maniera babbana, senza dare nell’occhio.
Aveva paura, però,
che il suo malumore non riuscisse a passare tanto inosservato.
***
Mellifluo aveva
l’aria assorta.
Il sole stava
morendo lentamente all’orizzonte e il suo rosso-arancio
tingeva il cielo di
colori spettacolari.
Mellifluo si
appoggiò alla parete di roccia nuda alle sue spalle e
sospirò: non riposava più
bene. Sogni così diversi si susseguivano ogni notte, volti
per lui sconosciuti
si presentavano prepotentemente, disturbandogli il sonno: uomini
dall’aria
malvagia, qualche ragazzina dalla capigliatura rossa e, soprattutto,
quella
donna dagli occhi blue.
La immaginava
in continuazione, ogni volta, con un dettaglio nuovo: quelle pagliuzze
verdi
sparpagliate verso l’esterno dell’iride blue; le
dita bianche e affusolate; il
suo profumo intenso.
-Ma chi sei?-
se lo chiedeva in continuazione. Non sapeva il suo nome, eppure aveva
la
sensazione che in un passato, magari non troppo lontano,
l’avesse pronunciato
così tante volte.
-Cosa ci fai
qui?- Cassio aveva girato tutti i sotterranei per trovarlo. Non credeva
che
fosse già in grado di trovare da solo la strada per la
superficie. –Ti ho detto
mille volte che mi devi chiedere il permesso per allontanarti.-
Mellifluo si
voltò con stizza. –E chi l’avrebbe
deciso questo?-
Cassio lo
guardò male; strinse le braccia intorno al petto prima di
rispondere. –L’ho deciso
io…-
Il biondo fece
un sorriso antipatico. Ritornò ad appoggiarsi alla parete di
roccia, perdendo
di nuovo il suo sguardo verso l’orizzonte. –Allora,
non è un mio problema…-
Cassio rimase
interdetto. Lo guardò un secondo senza ben sapere cosa fare.
–Cos’hai detto?-
Mellifluo gli
rivolse uno sguardo annoiato. –Ti ho detto che dei tuoi
ordini me ne frego.-
Il bruno non
gli diede nemmeno il tempo di finire la frase; gli si
avventò contro, colpendolo
con un pugno alla mascella.
Mellifluo
fu sospinto
all’indietro in malo modo;
perse l’equilibrio e cadde a terra. Fissò negli
occhi Cassio e sputò, poco dopo,
un grumo di sangue. –Io non lo rifarei se fossi in te.-
L’uomo
bruno
ancora in piedi, inclinò la testa da un lato. –E
per quale motivo non dovrei rifarlo?-
Mellifluo si
tirò in piedi. Si pulì la bocca con una manica e
gli sorrise. –Perché anche tu
sai che la prossima volta potresti non sopravvivere…- e,
senza aggiungere altro,
si avviò verso i sotterranei.
-Pensi di
farmi paura, biondone?!- Cassio gli gridò dietro sollevando
un pugno verso di
lui. -…e adesso, dove stai andando?!-
-Da Tamiara.
Non mi sta forse cercando?-
Cassio
fissò
le spalle dell’uomo scomparire inghiottite
dall’oscurità dei sotterranei.
Strinse il pugno con forza. –Farai un’altra brutta
fine, Mellifluo. Te lo
prometto.-
***
Ron era seduto su
una panchina di marmo
nella base: gli occhi puntati sul selciato e l’aria severa
stampata sulla
faccia. Non riusciva a togliersi dalla testa quello che aveva visto
qualche ora
prima: Hermione che si allenava con un altro. Per non parlare, poi, dell’altro e delle sue odiose mani
che si
appoggiavano sempre sulle spalle minute della giovane.
“Non ce
la
faccio. E’ più forte di me. Sono geloso”.
Ron era
completamente immerso nei suoi pensieri, quando una testa si
affacciò sulla sua
spalla: una cascata di boccoli castani ed un piacevolissimo profumo.
-Ehilà,
tutto
bene?-
Ron avrebbe
riconosciuto quella voce squillante tra mille. Sbuffò
all’interessamento che
avvertiva nel tono della nuova arrivata.
-Stavo meglio
qualche ora fa.-
Hermione si
accomodò sulla panchina, sorpassandola e sedendosi a
cavalcioni sul marmo.
Fissò i suoi occhi scuri sul profilo di Ron, mentre un
sorriso sfrontato
troneggiava sulle sue labbra.
Ron la
scrutò
con la coda dell’occhio e, quando lo scorse, le
domandò seccato. –Cos’è quel
sorriso?-
La bruna si
strinse nelle spalle. –Nulla.-
Ron
trovò
quella risposta così dannatamente irritante.
–Nulla? Da quando ti conosco non
c’è mai stata un’espressione del tuo
volto che non riconducesse ad altro.-
voltò la testa per guardarla bene in viso. –Sputa
il rospo.-
Hermione non
poté evitare al suo sorriso di allargarsi. Sapeva che non
era una cosa carina,
ma non poteva farne a meno. –Sei geloso.-
Il rosso le
lanciò un’occhiataccia. –Ho quasi
picchiato Dimitri. Questo non vuol dire
essere geloso.-
-No?- Hermione
fece una faccetta ingenua. –E cosa vuol dire?-
-Che avevo
bisogno di sgranchirmi le mani.-
Un venticello
gelido corse tra di loro, facendoli rabbrividire.
Le foglie
cadute dagli alberi fremettero indifese.
Hermione
incrociò le braccia sul petto per riscaldarsi, prima di
rispondergli. –La
prossima volta che vorrai fare palestra…- e quel discorso le
ricordò un altro
fatto molto tempo prima. -…invitami ad allenarmi con te,
prima che lo faccia
qualcun altro.-
Ron
sentì un
pugno diretto in pieno stomaco: Hermione, con le sue parole, riusciva
sempre a
centrare il punto. La guardò di sottecchi, poi,
grugnì una risposta che
assomigliava vagamente ad un –Vedremo.-
Hermione
rimase in silenzio per un po’. Adorava stare accanto a Ron in
quel modo: i loro
lunghi silenzi non erano mai momenti sprecati.
-Chi porterai
al matrimonio di Harry e Ginny?- Ron aveva voltato la testa per
guardarla, di
nuovo.
Fu il turno di
Hermione di avvertire un colpo in pieno stomaco.
Perché
Ron le
poneva domande di cui già sapeva la risposta?
La ragazza
avrebbe tanto voluto portare lui al
matrimonio, ma sapeva che questo le sarebbe stato impossibile.
Così, senza di
Ron e con un Dimitri vagamente in collera, non le restava altra
possibilità che
andare da sola.
-Me stessa.-
ed Hermione fece un sorriso rassegnato. –Tu, invece, ci
verrai con Taissa?-
Ron
annuì, avvertendo un moto di soddisfazione
nel venire a conoscenza della solitudine della ragazza. –Con
chi altri?-
Hermione
sentì
il cuore arrivarle nello stomaco. Fece una smorfia con le labbra,
infastidita.
–Certo, se non hai proprio altre ragazze da portare.-
Ron la
fissò.
Vide il nervosismo della giovane accrescere secondo dopo secondo.
“Ora chi è che
fa la gelosa?”
Così,
le si
avvicinò appena con un sorrisetto, identico a quello di
Hermione di pochi
minuti prima e le chiese. –Sei gelosa anche tu?-
-No.-
Ron
ridacchiò.
–Sì.-
Hermione
strinse i pugni sul grembo. –No!-
-Sì.-
-NO.-
-Sì.-
-Sì, LO
SONO!-
Hermione, alla fine, esplose. Voltò la testa da un lato
indignata. Aveva le
guance che le scoppiavano dal rossore. -…e non me ne
vergogno. Al contrario di
qualcuno, io ho accettato i miei sentimenti per te, con tutto quello
che
comportano.-
Ron
aggrottò
le sopraciglia, contrariato da quelle parole. –Cosa stai
insinuando, Hermione?-
Hermione
sbuffò. –Quello che ho detto. Tu non accetti
quello che provi per…- trattenne
il fiato. -…me.-
Il rosso
irruppe in una risata gelida, di gola, priva di allegria.
Un’arida, antipatica
risata di scherno. Si
voltò verso di
lei; l’afferrò dagli avambracci e puntò
con determinazione i suoi occhi blue e
tempestosi in quelli marroni di Hermione. –Adesso ascoltami,
bene, perché questo
discorso lo farò una sola volta.- Strinse le dita attorno
alle braccia della
ragazza, affondandole nella
stoffa del
cappotto. –Non osare mai, mai e, poi, mai insinuare una cosa
del genere. Non ci
provare nemmeno, perché non te lo permetto; non ti permetto
di offendere me ed
i miei sentimenti per te.- Fece una pausa che durò qualche
attimo, dando il
tempo ad Hermione di assimilare le sue parole. Prese, poi, un respiro
profondo,
prima di continuare. -L’unico, che è sempre stato
sicuro dei suoi sentimenti
per te, ero io; l’unico, che ha sempre avuto il batticuore ad
ogni tuo sguardo,
ero io; l’unico, che ha sempre voluto passare il resto della
vita con te, ero
io; sono stato io a chiederti di sposarmi, non tu. Tu
sei quella che è scappata via.- e
l’ultima frase di Ron fu accompagnata da uno
sguardo profondamente addolorato e stanco.
La bruna fu
investita da una doccia di acqua fredda. Sentì
l’aria mancarle.
La
serietà
dello sguardo con cui Ron le aveva parlato, l’aveva fatta
tremare. Aveva
avvertito, di nuovo, tutto il peso delle sue azioni, di quello che
n’era
conseguito e del dolore che aveva provocato.
Ron le aveva
parlato con sincerità, mostrandole il suo cuore martoriato.
Lei a quella
vista non aveva resistito e i suoi occhi si erano riempiti di lacrime
amare.
–Mi
dispiace
di essere scappata, Ron. Te l’ho detto e te lo ripeto. Mi
dispiace. Mi dispiace
di essere stata debole e di averti causato dolore. Io non volevo,
davvero.- Hermione
avvertì la pressione delle dita di Ron farsi più
lieve. –L’essere fuggita,
però, non significa che io non fossi sicura di amarti, anzi,
io ne ho sempre
avuto la certezza.-
-Perdonami, ma
mi risulta difficile crederti.- Ron le lasciò andare le
braccia con uno sbuffo.
–Chi ama è sicuro e anche
se ha paura,
Hermione, l’accetta ed inizia a crescere e a convivere con
essa.-
Hermione
sentì
l’atmosfera raggelarsi, tutto d’un tratto.
Ron non la
guardò per dei lunghi attimi, in modo che, quella frase,
rimanesse sospesa
nell’aria per un po’.
-Mi dispiace-
Hermione aveva interrotto il loro silenzio. Aveva un tono afflitto,
stanco e
paurosamente rassegnato.
Ron ne fu
colpito così tanto che si voltò a guardarla.
-E’
l’unica
cosa che posso fare: dispiacermi. Questo, però, non
cancellerà quello che ho
fatto, lo so benissimo.- sospirò, tirando su col naso,
sperando che quelle
punture di spilli che avvertiva negli occhi la lasciassero in
pace.–…ma se tu
continuerai ad ergere un muro attorno al tuo cuore, contro di
me… come
riuscirò, mai, a farti capire che sono cresciuta, Ron?
Così facendo, io ho
perso prima d’iniziare a combattere.-
Il vento
freddo spirò tra i capelli di Hermione, sfiorandole le
lacrime che finalmente
aveva lasciato cadere. Vibrò per qualche secondo attorno
alla giovane, prima di
dirigersi verso Ron che avvertì il profumo di Hermione nel
vento e sentì una
fitta di dolore allo stomaco.
-Dimmi se i
miei sforzi potranno portare mai a qualcosa. Dimmi se di quei
sentimenti che
avevi per me una piccola scintilla vive ancora nel tuo cuore. Dimmi se
quei
sentimenti sono più forti della rabbia e del rancore che
provi per me…-
Ron
sentì la
saliva prosciugarsi nella sua bocca. Abbassò lo sguardo
sulla punta delle sue
scarpe, senza risponderle.
Hermione
sentì
quel silenzio pesarle addosso come un macigno. Trattenne un singhiozzo,
stringendo i pugni. Il suo sguardo, all’improvviso, divenne
vacuo. Annuì a se
stessa, alzandosi.
-Ho capito,
Ron.- fece uno sforzo enorme per evitare che la sua voce tremasse.
–Scusami se
ho insistito…-
Ron non
riuscì
nemmeno a richiamarla che lei era già corsa via.
***
Mancava ormai poco
tempo al matrimonio
di Harry Potter e Ginny Weasley.
I preparativi
fervevano impazienti e la sposa diventava giorno dopo giorno sempre
più
impegnata, sempre più stressata, sempre meno trovabile.
Così, chi voleva parlarle
doveva rincorrerla nei camerini per la prova dell’abito od
accompagnarla a
ritirare i fiori o le decorazioni o qualsiasi cosa riguardasse il
giorno del
suo matrimonio.
-Miss Weasley,
potrebbe evitare di respirare per un secondo.-
Ginny era in
piedi su uno sgabello, mentre la sarta le faceva qualche modifica al
corpetto.
Dalla precedente prova dell’abito, aveva perso paurosamente
peso. Il troppo
stress le aveva sempre procurato problemi.
-Dovresti
rilassarti un attimo, Gin.- Maggie era seduta su un divanetto nella
sartoria. Si
passò una mano tra i capelli stranamente mossi e
sbuffò. S’iniziava seriamente
a preoccupare per Ginny. –Oltre al tuo bellissimo vestito da
sposa, vorremo
vedere anche te attraversare la navata della chiesa, sai?-
La rossa
rilasciò il fiato prima di risponderle. –Certo che
lo so, ma non riesco a
rilassarmi.- si rimirò un attimo allo specchio. La stoffa
lavorata del corpetto
le cingeva il busto con grazia, la seta della gonna luccicava sotto le
luci.
Ginny quasi
aveva paura di toccarla. Notò il contrasto che il rosso dei
suoi capelli faceva
col bianco dell’abito e sorrise: Harry l’ adorava.
Maggie
osservò
l’abito con gli occhi che le scintillavano: era davvero bello
e a Ginny stava
benissimo.
-Qualcuno ti
ha dato conferma dell’invito?-
Ginny
rilasciò
i capelli sulle spalle nude. Li aveva tirati su un secondo per
assicurarsi che
la scelta dell’acconciatura alta fosse stata giusta.
–Sai che non saremo
tantissimi, Maggie. La maggior parte degli invitati li vedo tutti i
giorni e
nessuno mi ha negato la sua presenza.-
Maggie
annuì.
Da quello che ricordava, la lista degli invitati non era lunghissima.
Ginny ed Harry,
in questo, erano stati molto discreti. Solo gli amici e i parenti
più stretti.
In fondo,
l’ultima guerra aveva loro strappato quasi tutti.
-Chi ti
accompagnerà all’altare?-
Ginny scese
dallo sgabello, passandosi una mano sul collo. –Bella
domanda, Mag.- gli occhi
azzurri della rossa scintillarono di nostalgia. –Avevo sempre
pensato che
sarebbe stato mio padre ad accompagnarmi. Me l’ero immaginato con gli occhi
umidi e il sorriso
allegro…- sospirò rassegnata, prima di
continuare. -Poi, però, la guerra me
l’ha portato via.- tacque per un attimo e sul volto di Maggie
si disegnò
un’espressione triste. -…e ora non so proprio chi
scegliere tra i miei
fratelli.-
Maggie
inclinò
la testa. –Nel mondo dei babbani, è il fratello
più grande ad accompagnare la
sorella all’altare, in questi casi.-
Ginny fece un
sorriso dolce. –Anche nel mondo magico.-
-Beh, allora
fallo fare a Charlie. E’ una tradizione.-
-Sì, lo
so.-
Ginny alzò gli occhi al cielo. –Ma vedi per tanto
tempo Charlie non c’è stato e
Ron è stato un eccellente sostituto. Per la miseria, la
testa mi dice un nome,
il cuore un altro. Non voglio scegliere tra i miei fratelli. Ho paura
che possano
prenderla male.-
Maggie le fece
un sorriso pacato. –Non credo i tuoi fratelli possano
arrabbiarsi. Mi sembrano
persone molte intelligenti da capire che non possono accompagnarti in
due.-
-Lo so.-
-Ma?-
-Ma se non
scegliessi Charlie, potrebbe pensare che io non l’abbia
ancora perdonato per
essere scomparso per così tanto tempo; nello stesso modo, se
non scegliessi
Ron, potrebbe pensare che io non gli sia grata di essermi stato accanto
per
tutti questi anni…-
Maggie si
grattò la nuca. –Vuoi chiederlo a Draco?-
Ginny
scoppiò
in una risata nervosa. Poi, tacque pensandoci su. –Credo che
i miei fratelli mi
ucciderebbero.-
-Beh, era
un’idea.-
-Grazie.-
Maggie fece
una smorfia con le labbra, inclinando la testa. –Sai cosa
farei io?-
Ginny si era
sfilata il vestito, ritornando agilmente nei suoi jeans.
–Cosa?-
-Darei retta
al mio cuore. E’ sempre la scelta migliore.-
La rossa
annuì, con un sorriso. –Speriamo.-
Maggie le
sfiorò il braccio in segno di conforto.
–Andrà tutto bene.-
***
Draco
era arrivato da
pochi minuti a casa di Anne.
Angelia
l’aveva chiamato disperata: Lily aveva avuto un incubo
terribile e non riusciva
a tranquillizzarla.
Quando
il ragazzo entrò nella stanza della bambina,
avvertì l’atmosfera elettrica che
la sovreccitazione dei poteri di Lily produceva.
-Draco…-
Angelia si alzò dal pavimento, accanto al letto, andandogli
incontro. –Non
riesco ad avvicinarla. Trema come una foglia e non so che fare. Ho
provato con
tutti gli incantesimi tranquillizzanti ma non succede nulla…-
Il
biondo annuì, rivolgendo lo sguardo alla piccola che era
rannicchiata su se
stessa, su un angolo del materasso. Il suo cuore fu serrato in una
morsa
d’acciaio.
-Dov’è
Anne?-
Angelia
divenne rossa. –E’…è uscita.
Non sono riuscita a rintracciarla.-
Draco
avvertì ancora una volta lo stomaco contrarsi e, poi, il
cuore pompò molto
sangue verso la sua faccia che divenne rossa. Si accovacciò
sul pavimento,
cercando d’ignorare il nervosismo che gli scalpitava dentro.
Lily era più
importante in quel momento.
-Ehi,
principessa…-
Angelia
rimase indietro. Gli occhi pieni di lacrime e una mano sulla bocca.
Lily
si abbracciava la testa e non sembrava avesse avvertito il richiamo di
Draco.
-Principessa,
sono io, Draco.-
Al
nome dell’uomo, Lily alzò timidamente la fronte.
Lo scrutò con i grandi occhi
vivaci, ma non disse nulla.
-Non
mi riconosci?-
Lily
continuava a fissarlo. –Draco…- disse, poi, con un
filo di voce. –E’ morto.-
Draco
sentì una doccia di acqua fredda investirlo mentre Angelia
dietro di lui
scoppiava a piangere.
-No,
non sono morto, tesoro. Sono qui, davanti a te. Se allunghi una mano
puoi
stringere la mia.- l’uomo appoggiò le sue dita
eleganti sulla coperta. –Dai,
prova.-
Lily
s’irrigidì. –Se mi muovo il buio
m’inghiotte.-
Draco
negò con la testa. –No, non lo farà. Ci
sono io qui con te.-
Lily
dilatò gli occhi. Lo fissò per un paio di secondi
senza alcuna espressione,
prima di allungare titubante una manina verso quella
dell’uomo.
Quando
a pochi centimetri, Draco gliel’afferrò, per paura
di un ripensamento, Lily
sussultò. Sbatté le palpebre un paio di volte
prima di metterlo a fuoco.
-Draco…-
alcune lacrime si erano affacciate ai suoi occhi. -…sei
vivo!- e la sua
disperazione si sciolse in un fiume in piena di lacrime e singhiozzi.
L’uomo
la tenne stretta a sé, accarezzandole la schiena con
dolcezza. Avvertiva il
petto di Lily alzarsi ed abbassarsi velocemente mentre piangeva. La
cullò a
lungo, baciandole i capelli di tanto in tanto.
Lily
non accennava a rilassarsi, nonostante tutto. Stringeva le mani a pugno
mentre
il suo corpo fremeva di terrore.
-Stai
calma, principessa.- Draco le parlò con
tranquillità. –Ci sono io con te.-
Solo
un’ora più tardi, dopo gli inumani sforzi di
Angelia e Draco, Lily riuscì a
calmarsi e a ritrovare un sonno tranquillo.
Il
biondo rimase a vegliarla per un po’; una mano affusolata
accarezzava la fronte
asciutta di Lily.
-E’
stato terribile.- disse Angelia qualche
minuto dopo, mentre sprofondava nel divano. Aveva
già abbastanza
problemi di suo, senza doversi accollare anche quelli degli altri.
–Mi ha fatto
tanta tenerezza.-
Draco
annuì, mentre scrutava il buio fuori la finestra.
Le
dieci erano già passate da un pezzo e di Anne non si era
vista nemmeno l’ombra.
In
piedi davanti la porta, l’uomo sembrava ancora nervoso e
preoccupato.
-Quando
pensa di degnarci della sua presenza, tua cugina?-
Angelia
riaprì di scatto gli occhi che aveva chiuso per un attimo.
–Mary Anne tornerà
tra poco.- gli rispose senza scomporsi. –E’ uscita
per svagarsi un po’.-
Draco
sbuffò. Continuava a percorrere in lungo e in largo il
piccolo ingessino,
borbottando qualcosa a denti stretti.
Angelia
era rimasta seduta sul divano per un po’. Tentando di
rimanere vigile, aveva
iniziato a leggiucchiare una rivista; alla fine, però, il
sonno aveva avuto la
meglio e aveva deciso di ritirarsi nella sua camera.
-Draco,
io vado a letto. Se, però, tu vuoi rimanere, fa pure.-
Draco
annuì. –Perfetto, buona notte Angelia.-
-Buona
notte, Draco.- mentre saliva le scale la donna trattenne una risatina.
In cima
alla scalinata, si voltò a guardarlo un attimo e, scotendo
la testa, scomparve
dietro l’angolo del corridoio.
–Giovani…-
Draco
era sempre più nervoso. Ogni minuto che trascorreva, lo
mandava sempre più su
di giri. Dove diavolo era andata Anne? Dopo una mezz’ora
passata in piedi
dietro la porta decise di spostarsi nel salotto, almeno per sedersi un
paio di
minuti. Non appena si fu seduto sul bracciolo del divano, il rombo del
motore
di un’auto invase il silenzio della notte.
Si
catapultò alla finestra, quella che dava sul vialetto,
già con un sopraciglio
inarcato. Scostò una tendina di pizzo e, quando scorse la
bocca di quel tipo
pressata sulla guancia di lei vide rosso.
Non
gli era mai successo di perdere la calma, mai. In tutti quegli anni di
“bontà”,
si era sempre dimostrato un tipo molto pacato
e, a tratti, quasi distaccato dalle situazioni che lo
circondavano.
Era
razionale, freddo. Sarebbe stato un Malfoy perfetto se solo un cuore
non gli
avesse battuto prepotentemente nel petto.
In
quel momento, però, non riuscì a trattenersi. Si
catapultò alla porta e l’aprì
con uno scatto.
Anne
ancora nell’auto sobbalzò, come fosse stata
scoperta con le dita nella
marmellata; David assunse un cipiglio inverosimilmente infastidito.
-Mary
Anne ho bisogno di parlarti.-
Il
viso della bruna s’incendiò. Recuperò
la sua borsa sul sedile posteriore, prima
di uscire dall’auto.
David
Sadsnow inarcò un sopraciglio.
-Ti
chiamo domani, David…- lo liquidò prima che il
giovane provasse a scendere
dalla macchina.
Anne
camminò con calma lungo il vialetto, avvertì il
rombo dell’auto, prima che
Sadsnow lasciasse la villa.
Draco
la guardava avanzare: gli occhi di ghiaccio fissi sulla figura minuta
di Anne;
non si perdeva un solo movimento; quelle mani sottili percorrevano
troppo
velocemente la chioma scura.
Non
bisognava conoscerla bene come Draco, per capire che fosse arrabbiata.
-Bentornata,
Mary Anne.-
La
bruna gli lanciò un’occhiata velenosa, prima di
fermarsi a pochi passi
dall’entrata che lui occupava. –Che ci fai qui,
Draco?-
L’uomo
si strinse nelle spalle. –Mentre tu eri fuori a
fare…- serrò i pugni lungo i
fianchi. –a fare la gattina con quel tipo, Lily ha avuto uno
dei suoi
attacchi.-
Anne
si allarmò, immediatamente. Superò lui e
l’ingresso, iniziando a correre su per
le scale. Draco, però, la fermò. –Ora
sta bene. E’ inutile che vai in camera
sua; rischi di svegliarla.- fissò la schiena di Anne che
ancora indossava il
cappotto. –Avresti dovuto esserci prima.-
La
ragazza si voltò di scatto. Quelle frasi le avevano fatto
male.
Draco
le parlava come se a lei non fosse mai importato nulla di Lily, come se
fosse
stata una sorella degenere.
-Non
ti permetto di parlami così.- aveva gli occhi blue e grandi
pieni di lacrime.
Scese i gradini che la separavano da Draco, che aspettava alla base
della
scala, con un braccio appoggiato al corrimano. –Non hai il
diritto di farlo.-
gli disse, puntandogli un dito contro.
Draco
vide la rabbia che scalpitava nei suoi occhi, nei suoi gesti.
Vacillò un
momento, per poi riprendere il controllo di se stesso. Sentiva qualcosa bruciargli
dentro, ogni volta
che l’immagine di Anne e Sadsnow gli tornava alla mente.
-Io
ho tutto il diritto di parlarti in questo modo!- scostò
bruscamente il dito che
Anne gli aveva puntato contro. –Voglio bene a Lily almeno
quanto te e, inoltre,
io ci sono sempre quando lei ha bisogno.- cercò lo sguardo
di Anne furente. -Anche
sta sera c’ero. Tu non puoi dire lo stesso.-
Mary
Anne avvertì le sue guance incendiarsi. Le lacrime che
avevano inumidito i suoi
occhi, erano aumentate ed avevano spinto le prime giù dalle
sue ciglia, lungo
le guance.
Draco
sentì quel bruciore diminuire, improvvisamente. Come se la
sofferenza di Anne
avesse alleviato la sua.
-Vattene,
Draco.-
Il
biondo sentì le guance incendiarsi. Sbatté le
palpebre un paio di volte come
per somatizzare quello che Anne gli aveva detto.
-In
questa casa non sei più il benvenuto.-
Draco
trattenne il fiato. Non riuscì a fare nient’altro
che fissare i capelli della
ragazza che le erano scesi sul viso, celandoglielo.
-Non
tornare, non sentire la mancanza di Lily perché non la
rivedrai più. Non
cercarmi perché non mi troverai. Questo è un
addio definitivo.- Anne alzò il
viso dopo aver parlato: i suoi lineamenti erano induriti dalla rabbia e
dal dolore
che stava provando. Lo guardò negli occhi per qualche
istante poi gli voltò le
spalle e iniziò a salire le scale.
Quando
fu scomparsa nel corridoio buio, Draco riprese a respirare.
Osservò le scale
appena percorse da Anne per qualche secondo, poi, senza fare una piega
si
smaterializzò.
Se
solo l’avesse seguita per tentare di spiegarle la sua
reazione, perché si fosse
così arrabbiato nel non trovarla a casa quella sera,
l’avrebbe trovata seduta
sul pavimento mentre piangeva disperata ed in silenzio.
***
Quando
Ginny varcò la
soglia della Tana, trovò tutte le luci spente, come se in
casa non ci fosse
stato nessuno.
Sul
tavolino del salone c’erano due tazze che avevano
l’aria di essere lì da
qualche giorno.
Ginny
sospirò sconsolata, per poi chinarsi ed afferrare i manici
dei due calici nel
tentativo di mettere un po’ di ordine. In effetti, ora che
guardava meglio,
c’erano anche alcuni vestiti sparsi un po’ ovunque,
naturalmente sporchi.
-Ma
quei due non cambieranno mai?-
Così, inizio a raccogliere anche
gli indumenti.
Poi, trovò un paio di riviste sotto il divano e decise di
metterle al proprio
posto nel portariviste che si
trovava
appena una manata più lontano del pavimento sotto il divano.
Passò
un abbondante quarto d’ora in quella stanza rassettando,
spolverando e
risistemando la posizione degli oggetti sul
tavolino, proprio come piaceva a sua madre.
Poi,
con una valanga di vestiti sporchi che aveva trovato addirittura sotto
la
cenere del camino spento e sui primi gradini delle scale che
conducevano ai
piani superiori, si avviò verso la cucina per lavare le due
solitarie tazze.
Spalancò
la porta e quasi le venne un colpo.
Ron
era lì addormentato, con la testa appoggiata sul piano del
tavolo ed una
bottiglia di burrobirra ancora piena accanto.
Ginny
sorrise.
A
Ron non era mai piaciuto mangiare o bere da solo, era sempre stato un
tipo
pieno di amici, di fratelli...
-Ehi,
Ron?- Ginny aveva appoggiato i vestiti di Charlie e Ron su una sedia e
si era
sporta sul tavolo per toccargli un braccio. Lo scosse brevemente.
Ginny
aspettò un secondo, sapendo che di lì a poco,
come a scoppio ritardato, Ron
sarebbe sobbalzato, svegliandosi. Fece un sorriso quando il fratello si
comportò esattamente come aveva previsto.
-Oh,
Merlino!- gracchiò Ron con la voce impastata dal sonno. Si
guardò intorno per
un attimo, poi concentrò lo sguardo su sua sorella che
ancora lo guardava.
–Ginny sei tu…-
-Sì,
Ron, sono io. Altrimenti chi? Questa casa è così
sporca che qualsiasi altra
persona scapperebbe a gambe levate.-
Ron
annuì con fare vago. –In effetti,
l’abbiamo un po’ trascurata.-
-Io
direi un bel po’-.
Ginny
si sedette sulla sedia di fronte a quella di Ron. Appoggiò
le mani sul tavolo e
lo fissò esplicita.
Ron
fece un’espressione innocente, inclinando la testa ed
inarcando un sopraciglio.
–Cosa c’è?-
-Questa
è la domanda che io
dovrei rivolgere
a te.-
-…perché?-
Ginny
appoggiò
il mento sulla mano sinistra dove spiccava un bell’anello di
fidanzamento.
Ron fu
abbagliato per un attimo dallo scintillio del diamante che Harry aveva
regalato
a sua sorella.
-Perché
ti
conosco come le mie tasche…e perché hai inarcato
un sopraciglio alla mia
domanda. Lo fai sempre quando è successo qualcosa.-
Ron
inarcò un
sopraciglio. –Non è vero.-
Ginny rise.
–Sai che è vero, quindi, non perdere tempo a
cercare di depistarmi.-
Il ragazzo
rivolse gli occhi al cielo, ormai sconfitto. Ginny riusciva a metterlo
K.O. nel
giro di due frasi.
-Davvero,
Ginny, non voglio parlarne.-
La sorella si
rizzò sulla sedia. –Sapevo che era successo
qualcosa!- disse trionfa. Si sporse
un po’ sul tavolo desiderosa di sapere. –Lo so che
ti va di parlarne, Ron. Non
fare il prezioso.-
-Ginny…-
si
lamentò Ron stanco.
La rossa
sorrise. –Ok, ok… se non ne vuoi parlare, posso
almeno provare ad indovinare?-
Ginny fece una
faccia così tipicamente Weasley che Ron non
riuscì a dirle di no.
Così
con un
cenno vago del capo, il rosso acconsentì.
-Bene!- la
ragazza si sfregò le mani. –Per caso centra una
ragazza bruna, simpatica,
intelligente che tu praticamente adori da quando eri alto
così?- Ginny mimò con
la mano un’altezza microscopica.
Ron fece
un’aria strana. –Non sono mai stato alto
così!-
Ginny sorrise.
–Sì, invece. Ho visto delle foto di quando avevi
pochi mesi.-
-Non conoscevo
ancora Hermione quando avevo pochi mesi.-
Ginny
ridacchiò. –Ma già l’adoravi.-
Ron non
riuscì
a ribattere. In effetti, non ricordava un solo momento della sua vita
in cui
non avesse ritenuto Hermione una ragazza fantastica. Nonostante le loro
scaramucce del periodo di Hogwarts, l’aveva sempre
considerata una tra le
persone più importanti della sua vita.
Così,
Ron si
appoggiò afflitto sul tavolo.
-Centro.-
mormorò Ginny.- Allora, cosa è successo con lei?-
Ron non
alzò
lo sguardo. Bofonchiò qualcosa contro il tavolo.
–Nulla. Sono semplicemente un
idiota.-
-Questo
è
sicuro.-
-Sei di grande
aiuto, Ginny.-
La rossa
incrociò le braccia sul petto. –Beh, se parli ad
intervalli non capirò cosa
vuoi dire nemmeno il giorno di Natale.-
Ron rimase in
silenzio per un paio di secondi, poi dopo l’ennesima occhiata
ammonitrice di
Ginny, iniziò a parlare. –Ho detto ad Hermione che
non l’amo più. O meglio non
l’ho detto esattamente… ma quando lei me
l’ha chiesto… io non le ho risposto e
lei ha tirato le somme…-
Ginny si
pietrificò. Allargò piano, piano gli occhi prima
di schiarirsi la voce. –Beh,la
faccenda può essere vista da due punti di vista.-
-Quali?!-
-Se hai detto
la verità, ti sei finalmente tolto un peso dalla coscienza.
Se, invece, non è
così, hai combinato davvero un bel macello, Ronnie.-
Ron si
passò
frustrato le mani tra i capelli, digrignando i denti infastidito.
–Come potrei
risolvere questo macello?-
Ginny si
strinse nelle spalle. –Potresti cercare
di far capire ad Hermione che l’ami ancora.-
A quelle
parole Ron avvertì un brivido risalirgli la schiena. Era
strano sentirle di
nuovo, dopo tanto tempo. Dette
ad alta
voce facevano ancora più paura e più effetto.
-Va da lei.
Parlale. Spiegale.- Ginny lo guardava con serietà. I lunghi
capelli rossi e
mossi le scendevano sulle spalle come lingue di fuoco.
-Io…-
Ginny
batté un
pugno sul tavolo. –RONALD BILIUS WEASLEY. Alza il culo da
quella sedia e vatti
a scusare con Hermione, immediatamente.-
-Ma…-
cercò di
obbiettare il rosso.
La ragazza,
però, sembrava irremovibile.
-Muoviti e fai
vedere a tutti che uomo sei.- Ginny non aggiunse altro, a parte un
piccolo
sorriso. Prese i vestiti da lavare e si allontanò verso la
lavanderia,
lasciando Ron solo in cucina.
Alzarsi da
quella sedia non fu mai stato più difficile.
Ron sentiva la
gola secca e le mani sudate. Perché doveva essere
così agitato al pensiero di scusarsi
con Hermione. Perché non poteva essere tranquillo,
flemmatico, sicuro di sé?
Sospirò
afflitto al pensiero di quello che l’aspettava e, dopo aver
dato un’ultima
occhiata alla lavanderia dove Ginny stava facendo il bucato, si
smaterializzò.
Pop.
***
Hermione aveva gli
occhi rossi e gonfi
quella sera: occhi che si vedeva avevano versato molte lacrime. Era
rannicchiata sul piccolo divanetto del suo soggiorno, ricoperta fino
alla testa
da un plaid che aveva tutta l’aria di essere caldo e
confortante.
Si stringeva
con forza le gambe al petto, mentre con gli occhi mezzi chiusi guardava
le lingue
di fuoco danzanti nel camino.
Fuori dalla
sua finestra il mondo sembrava girare come al solito. I clacson delle
macchine
arrivavano attutiti, i rombi dei motori facevano tremare un
po’ i vetri ma lei
era come se non udisse niente.
Era ferma in
quella posizione da quando era uscita dalla doccia.
I pezzi del
suo cuore infranto pareva si fossero conficcati nel suo stomaco,
provocandole
un dolore acuto ogni volta che si muoveva, parlava, pensava.
“Non mi
ama
più”.
Era un mantra
che prepotentemente la sua mente continuava a ripeterle ogni volta che
il viso
di Ron le ricompariva davanti agli occhi.
Era quasi
sprofondata nel sonno, ormai priva di forza dopo aver pianto ed essersi
disperata per tutta la serata, quando il campanello della porta
d’ingresso
riecheggiò nelle sue orecchie.
Sembrava un
suono lontano, come quello dei clacson delle auto giù in
strada. Pensò
d’ignorarlo e lasciarsi sopraffare finalmente dal sonno ma il
trillo si fece
più insistente e la recuperò a forza dalle
braccia di Morfeo.
Così,
si alzò
con uno sbuffo dalla poltrona e percorse il breve corridoio che la
separava
dall’entrata.
Arrivò
alla
porta, quando ormai il dito del visitatore non si staccava
più dal campanello.
-Eccomi.-
gridò, verso chi attendeva sul pianerottolo.
Aprì la
porta
con slancio e rimase di sale quando riconobbe il suo ospite.
-Dimitri.-
disse e il suo tono sembrò deluso per un secondo.
–Che ci fai qui?- Gli chiese
cercando di produrre un effetto piacevolmente sorpreso nella sua voce.
Dimitri le
sorrise. Alzò una bottiglia di vino italiano e le rispose.
–Mi dispiace per
quanto è successo questa mattina. Volevo scusarmi con te.-
La
guardò
intensamente per un attimo: un paio di occhi scuri e gentili, un paio
di occhi
marroni e non azzurri, un paio di occhi gentili non tempestosi. Dimitri
non
Ron.
Hermione
sentì
un’ondata di calore bruciarle le guance. Abbassò
il suo sguardo, imbarazzata da
tanta gentilezza. –Non avresti dovuto. Sta mattina non
è stata solo colpa tua.-
-Invece,
dovevo scusarmi. Almeno per la mia parte di colpa.- Dimitri si
schiarì la voce,
prima di aggiungere. –Tu mi piaci, Hermione. Non farei mai
nulla per ferirti.
Ci tengo a te.-
Hermione
alzò
di scatto gli occhi a quelle parole. Il viso le stava andando in fiamme
e,
anche se avesse voluto, non sarebbe riuscita a sopprimere il leggero
sorriso
che le affiorò sulle labbra. Scosse la testa, per negare
quello che aveva
sentito. –Io… io non so che dire. Mi sento
lusingata e per me sei una persona
speciale, però, io sono innamorata di un altro.-
Dimitri
inghiottì il vuoto, ma non sembrò affatto
sorpreso da quella rivelazione. –Lo
so.- le disse, infatti. –Ma io posso aspettare.-
-Io non voglio
che tu lo faccia!- esclamò Hermione indignata. Aveva
già tanti problemi
sentimentali, le mancava solo un corteggiatore sulla corda.
-Ma io
sì…-
Hermione
sbuffò. Si passò le mani tra i capelli,
tirandoseli indietro. –Dimitri, io ho
già trovato l’uomo della mia vita… e
sicuramente non sarà colto quanto te,
gentile quanto te, educato quanto te… ma io lo amo. Potrei
separarmi da lui
anche per mille anni ma il mio sentimento non cambierebbe. La
lontananza
aumenterebbe solo la voglia che ho di amarlo. Mi dispiace dirti queste
cose, ma
non voglio illuderti.-
Dimitri aveva
ascoltato in silenzio. Non aveva battuto ciglio alle dichiarazioni di
Hermione
e quando questa aveva smesso di parlare, era rimasto immobile per
qualche
secondo.
-Capisco-,
disse, infine, come se nulla fosse successo. –e me ne
rammarico.-
Hermione lo
guardava apprensiva. Non credeva che la sua reazione fosse una semplice
dichiarazione di rammarico. -…-
-Vorrei tanto
averti conosciuto prima di lui, Hermione.- le fece un sorriso e la
ragazza
rimase basita. –Magari, ora, parleresti con lui di me in
questi termini.-
Hermione
annuì
vagamente ancora poco convinta della reazione di Dimitri.
-Comunque,
posso offrirti almeno la mia amicizia?-
-Certo.-
Dimitri
sorride. –Posso entrare e proporti un bicchiere di vino?-
Hermione lo
guardò in viso: aveva un’espressione
così tranquilla che non seppe trovare un
buon motivo per rifiutare. Così si scostò
dall’entrata e lo fece accomodare.
***
Ron si
smaterializzò sul pianerottolo di
Hermione. Lungo la strada si era fermato a comprarle un mazzo di
violette.
Nulla di particolare o romantico. Le aveva sempre regalato fiori per
chiederle
scusa e fare la pace.
Si
sentì
vagamente a disagio quando si voltò verso la porta
dell’appartamento indeciso
se suonare o lasciar perdere.
Sbuffò
un paio
di volte, mentre si guardava intorno. Poi, alla fine con un sospiro
pigiò il
pulsante del campanello.
Il suo cuore
accelerò d’improvviso i battiti.
Avvertì
dall’altra parte il rumore di qualche passo, poi la porta si
aprì.
-Weasley.- lo
accolse freddamente una voce maschile.
Ron era
rimasto pietrificato sull’uscio. Non poteva credere ai suoi
occhi.
Cosa diavolo
ci faceva quel bulgaro a casa di Hermione?!
-Bulgaro.- lo
salutò a sua volta, con un tono vagamente offensivo.
Dimitri fece
un mezzo sorriso, sicuro di sé. –Cosa ci fai tu
qui?-
Quella domanda
urtò non poco l’orgoglio di Ron. Lui aveva tutti i
diritti di trovarsi a casa
di Hermione.
Al contrario,
Dimitri era una nota stonata lì.
-Sono venuto a
trovare Hermione.- gli rispose, facendo un passo per entrare.
Dimitri,
però,
lo fermò. –Hermione sta dormendo.- un altro
sorriso trionfo. –Abbiamo passato
una tranquilla serata. Abbiamo bevuto vino e parlato degli ultimi libri
letti.-
Ron
s’ingelosì. Sapeva che con lui Hermione mai
avrebbe bevuto vino e parlato di
libri. Lui era più tipo da burrobirra e barzellette.
-Hm…-
-Poi, alla
fine è crollata addormentata sul divano.- Dimitri
incrociò le braccia sul
petto.
–L’ho
dovuta
portare in braccio fino in camera da letto.-
Ron
sentì la
rabbia montargli dentro. Solo lui poteva prendere in braccio Hermione e
metterla a letto… nessun altro.
Dimitri stava
continuando a parlare di quanto fosse stata bella la serata appena
trascorsa,
quando Ron gli tirò in mano i fiori.
-Dà,
questi
fiori ad Hermione da parte mia.- poi, gli puntò un dito
contro. -Poi, prendi le
tue cose e vattene.-
L’occhiata
che
Ron gli rivolse, lo fece rabbrividire.
Dimitri non aveva
mai avuto paura di nessuno e nemmeno di Ron. Ogni volta,
però, che si toccava
il tasto Hermione, quest’ultimo diventava così
furente da incutergli timore.
-D’accordo.-
bofonchiò Dimitri, tornando nel soggiorno di Hermione.
Si
guardò un
attimo intorno poi tirò fuori la bacchetta e
trasfigurò il
tappo di sughero della bottiglia di vino in
un foglietto. Scrisse sopra il suo nome e lo appoggiò tra i
fiori.
Poi, con un
sorriso sghembo, prese il suo giaccone e raggiunse Ron sul
pianerottolo,
rimasto lì per assicurarsi che lasciasse davvero
l’appartamento di Hermione nel
giro di qualche minuto.
***
Mellifluo era di
nuovo appollaiato
sull’albero di fronte alla stanza di Angelia. La guardava
dormire attraverso la
finestra.
Non riusciva a
capire per quale motivo sentisse la necessità di recarsi
lì, ogni giorno, solo
per guardarla dormire.
La fissava, la
rimirava e la trovava incredibilmente bella. Ogni volta che scorgeva un
particolare nuovo sul suo volto addormentato sentiva il cuore
accelerare i
battiti.
Quel piccolo
frammento di ricordo che l’ultima sua visita alla donna gli
aveva donato,
l’aveva spinto a recarsi lì tutti i giorni
successivi.
In quel
momento, quasi ricordava vagamente di aver già visto in un
altro contesto
quella bellissima donna bruna.
Sospirò
indeciso se avvicinarsi, saltando sul tetto, oppure allontanarsi
definitivamente e lasciarla in pace. Era ancora incerto sul da farsi
quando
Angelia si mosse nel sonno.
Il cuore di
Mellifluo si era bloccato, come il suo respiro. Non aveva avuto
l’istinto di
nascondersi, anzi, voleva che lei si svegliasse e lo riconoscesse
magari, così,
avrebbe posto la parola fine a tutta quella storia che gli procurava
non solo
uno stress mentale ma anche un dolore fisico.
Senza
volerlo quasi, si lasciò guidare dal suo
istinto, saltando come un felino sul tetto di
quell’abitazione. Camminò con un
passo felpato fino alla finestra di Angelia. Riuscì a
sedersi sul davanzale e
sorrise. Non sapeva cos’era quella sensazione assurda, ma gli
era venuto
naturale distendere le labbra sui denti.
Si accorse che
la finestra non era stata chiusa così
l’aprì un po’, per udire il respiro di
Angelia.
Era piacevole
d’ascoltare ed aveva un bel ritmo regolare, senza sbalzi.
-Devo essere
malato…- sussurrò quando tirò fuori
dal suo mantello un foglio bianco sul quale
era riuscito a ritrarre Angelia. Diede un’occhiata al suo
disegno e ne rimase
affascinato anche lui. L’aveva ritratta sorridente, con i
suoi occhi grandi
spalancati. Alle spalle della donna c’erano delle colline
viste dall’alto,
dietro le quali un sole stava tramontando. I raggi colpivano i capelli
di
Angelia creando giochi di chiaro scuro che lui era riuscito a rendere
benissimo. Sembrava che non avesse fatto altro che ritrarre quella
donna nella
sua vita, tanto conosceva il suo viso e le sue espressioni.
Allungò
una
mano nella stanza appoggiando il suo capolavoro sulla scrivania sotto
la
finestra. Rimase ancora per un po’ e quando di nuovo il
dolore alla testa lo
colpì si dileguò, senza lasciare altro che quel
ritratto.
Il mattino
successivo la casa gialla a NewFreedom fu risvegliata da un urlo di
dolore e
disperazione che Angelia non era riuscita a soffocare.
Continua…
***
SCUSATEMI,
DI NUOVO.
Non sono
riuscita a
postare prima nemmeno questa volta. Mi sento una schiappa. Incapace
schiappa
che vi fa aspettare così tanto per un capitolo di soli 30
pagine. Anche una
pagina al giorno sarei riuscita a scriverlo nel giro di un mese.
Invece… non
voglio nemmeno controllare a quando risale il mio ultimo aggiornamento.
*Sospira
tristemente*
Spero che
questo chap
vi sia piaciuto e non vi preoccupate, non ho intenzione di abbandonare
il mio
sequel! Che scherzate?! Io adoro scrivere su questi
giovanetti… e lo farò
ancora per almeno altri 15 chaps… don’t worry!
Beh, che
altro dire se
non darvi appuntamento al prossimo chap: “Questo matrimonio
non ha da farsi!”
Ora vi lascio ai vostri saluti personali del tutto meritati, visto il
tempo che
vi ho fatto aspettare.
Un bacio
grande,
grande…
Angèle
^________^
Giuly
Weasley Perfetto
decisamente perfetto è il tuo
commento, tesorino. Grazie per la tua gentilezza e per aver letto
questo
capitolo. Anch’io ormai non frequento più molto
spesso EFP. Che vuoi gli
impegni aumentano man mano che si cresce ed ormai sono un po’
adulta e piena
d’impegni… ^___________^ . Che dobbiamo fare.
Grazie, ancora, un bacio,
Angèle
J
Liserc
Oh,
ecco chi sei. Pensavo fossi una nuova
lettrice, invece sei una cara vecchia amica.
Grazie, tesoro, ma credimi non c’è
nulla da invidiare. Non è che sia
bravissima. Eheheh. Spero che anche questo chap ti sia piaciuto. Spero
di
sentirti presto, un kiss,
Angèle
J
MaryPotter92
Vuoi
sapere se ho letto le tue recensione di
DAAB? Ma certo! Io faccio sempre un salto a controllare le mie storie.
Non sono
presentissima come una volta, ma ci sono ugualmente. Ti ringrazio
davvero per
apprezzare i miei personaggi le mie coppie ed il mio modo di scrivere.
Mi fa
davvero piacere. Spero cha anche questo chap sia di tuo gradimento. Un
bacio
grande,
Angèle
J
p.s.
anche a me
sta antipatica
Taissa…
FedeHermy
Sono
sicura che in questo chap magari
qualche errorino riuscirai a trovarlo. *Ridacchia* Naturalmente spero
di no. Mi
fa piacere dare ai miei “lettori” chap sempre ben
scritti. M’innervosisco tanto
ogni volta che dopo averlo pubblicato trovo degli errori. Mi esce il
fumo dalle
orecchie!!!! Cmq, grazie della recensione cara e non disperare. Ci sono
e ci
sarò ancora per un bel po’. Ciaooooooooooooo!!!!
AngèleJ
JulyChan Dunque, vediamo di rispondere alle tue
domande. TJ e Maggie hanno 20-19 anni. Il trio più Draco
hanno 26 anni. Ginny
ed Anne 25. Edward ne ha 3, Lily 7-8. Taissa 28, Charlie una trentina.
Dimitri
29. Angelia 28, Mellifluo 33. Tamiara 27 e Cassio 30. hanno tutti
più o meno la
stessa età. Hermione è stata via per 3 anni.
Non
è che mi è stato
detto, semplicemente so che non sono brava con
l’azione… ehehe, tutto qui.
Ti ringrazio
per
l’incoraggiamento. Ti mando un bacio grande.
AngèleJ
Funkia Ciao piccoletta! E’ da un po’
che io e te
non ci sentiamo. Sai che ho cambiato contatto msn? Ora mi puoi trovare
a questo
indirizzo angelewg87@hotmail.it.
Spero vivamente leggerai questo cap così ci potremmo mettere
in contatto.
Altrimenti non so proprio come fare. Ti mando un bacio. Spero di
sentirci
presto e grazie per la recensione,
AngèleJ
Meggie TESORO *____________*! Posso dire che per
me è un onore leggere i tuoi commenti?!? Grazie, grazie,
grazie mille della tua
ripetitività, sei adorabile. Spero vivamente che anche
questo chap ti sia
piaciuto. Ti ringrazio ancora e ti mando un bacio,
AngèleJ
Vale *______________*
Sai quanto amo le tue storie, le tue
recensioni e te da 1 a 10? 100000000000000000000000000!!! Tesoro che
bello
sentirti! Non vedevo l’ora di pubblicare per poter scambiare
4 chiacchiere con
te *_______________*. Sapere che la mia storia è di tuo
gradimento mi fa
toccare il cielo con un dito sai che m’ispiro spesso a te per
Ron ed Hermione,
no?
*Arrossisce*…
cmq,
grazie della recensione e dei complimenti. Non vedo l’ora di
risentirti… un
bacio grandissimo,
AngèleJ
Karry D’accordo,
d’accordo…la tua tagliente
ironia me la merito tutta. Hai ragione, Lily ormai sarà
diventata nonna con
tutto il tempo che vi faccio aspettare…-_____________-!!
Cmq, in effetti
anch’io pensavo fosse un po’ troppo dialogata,
però, boh, mi è uscita così e
non c’è stato verso di migliorarla.
Cercherò nelle prossime scene di lotta di
mettere meno dialoghi e più azione. Ti ringrazio per la
recensione e per i tuoi
consigli, un bacio graaaaaaaaaaande,
AngèleJ
Robby Ciau tesoro, ma che bella recensione lunga,
lunga che mi hai lasciato. Me felice! Spero davvero lo spero con tutta
me
stessa che anche questo chap ti sia piaciuto e che troverai del tempo
per
recensirlo. Mi diverte leggere i tuoi commenti, sempre ricchi e belli
lunghi!
Oh, che soddisfazione… cmq, grazie delle belle parole. Sei
stata gentilissima.
Ti mando un bacio grande,
AngèleJ
EDVIGE86 Ed il premio della lettrice più dolce
lo
vince Edvige86! Ciao, tesoro! Guarda se il chap è arrivato
questa settimana e
non la prossima è merito tuo. I tuoi commenti mi hanno
spronato. La voglia di
leggere che traspariva dalle tue parole mi ha spinto a scrivere anche
quando
non avrei dovuto. Volevo aggiornare ed accontentarti, perché
avevi ragione. Era
davvero passato troppo tempo. Spero che non ti deluderò con
questo capitolo.
Davvero. Ti ringrazio tantissimo per la pazienza, ti mando un abbraccio
affettuoso, tesoro,
AngèleJ
Ehehe, anche
per oggi
ho finito. Ringrazio davvero tutti quanti per la pazienza che avete
dimostrato
e se vorrete aiutare questa povera pazza a scrivere più in
fretta che ne dite
di lasciarmi un commentino?
So che non
dovrei
chiedervi niente, però, tentar non nuoce.
Grazie in
anticipo,
Vostra
AngèleJ
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Eddai, cliccate!!! *_______________*