Busta Blu e carta da lettere Arancione con Tiramisù
Dedicata a Pao e Cami,
che come me amano questo ragazzo.
Aveva perso.
Per l’ennesima
volta aveva perso.
Guardò
sconsolata i suoi disegni,
le sue grafiche, il suo lavoro e per l’ennesima volta le
uniche parole che le
vennero in mente furono “ho perso”.
Di nuovo.
Non si era mai aspettata
di
vincere, non consciamente almeno, ma una parte di se’, una
piccola parte di se’
stessa, continuava a sognare e sperare.
In fondo,
si ripeteva,
non
c’era niente di male in questo.
Una delle sue
più care amiche
le aveva telefonato per tirarla su di morale, anche lei
conscia che se non si
suicidava lo faceva per il suo gatto e perché nessun uomo
valeva tanto.
Eppure…
Eppure ci sperava.
Troppo forse.
Prese di scatto la borsa
e
acchiappò l’mp3, maledicendo ancora una volta la
neve caduta pochi giorni
prima.
Le strade erano
ricoperte di
fanghiglia, la neve rimaneva alta solo dove la gente non ci passava
sopra, ma
tutto il resto aveva perso il suo colore candido e solo uno sottile
strato di
ghiaccio le ricordava perennemente che avrebbe dovuto comprarsi quei
dannati
stivali prima o poi.
Continuava a rimandare
con tutte
le scuse più banali che potessero venirle in mente, quando
la realtà era una e
una soltanto: gli stivali che piacevano a lei costavano quanto la
vendita di un
polmone e quasi sicuramente non avrebbero passato l’esame
accurato del suo MR
polpaccio, professore di stivaloggiologgia plurilaureato e con
all’attivo una
percentuale del 98,7% di bocciature.. Con lui o avevi una buona
circonferenza o
non passavi. Letteralmente.
Camminando nervosamente
si
ripromise per al centesima volta di andare almeno a provarne un paio.
Almeno,
si disse, se
dovessi
cadere posso sempre dire che non ho trovato gli stivali adatti, non che
non sono
proprio andata a cercarli.
Dopo solo due,
fortunatamente,
quasi-scivoloni raggiunse il sainsburys e con passo deciso scandaglio
il
reparto dolci, pregando tutti i santi di questo mondo e di qualcuno
vicino che
ci fossero i savoiardi.
Ovviamente
impiegò una buona
mezz’ora a trovarli in quella accozzaglia di biscotti ma alla
fine, vittoriosa,
tornò a casa con la refurtiva e l’intenzione di
preparare il tiramisu per
strafogarcisi tutta la sera e cercare di dimenticare che no, non aveva
vinto.
Di nuovo.
La sua amica Pao le
aveva
lasciato un altro messaggio in segreteria e mentre calciava via le
scarpe
ascoltò l’ennesimo effluvio di parole che la sua
amica le aveva gentilmente
scaricato addosso per tirarla su di morale.
- Non ti devi
demoralizzare, sono
sicura che hanno pescato a caso, insomma, ma hai visto chi ha vinto?
Anche solo
una caramella disegnata da te sarebbe stata più bella di
quell’orripilante semi
ritratto. Non ti devi buttare giù, settimana prossima arrivo
a Londra e la
scandagliamo tutta per trovarlo! Appena vedrà i tuoi lavori
si innamorerà della
tua bravura e, incidentalmente, di te.
Andò avanti
così per un po’, poi
stranamente il silenzio. La vibrazione del cellulare
l’avvisò che non era
finita lì.
“La tua
segreteria fa schifo,
avrò detto si e no cinque parole e subito si è
arrestata. Comunque non ti
suicidare, Cami sta facendo ricerche, vedi che trova dove abita! Vado a
bloccare Maali prima che si mangi Panna in un boccone, ci
sentiamo!”
Accese il computer e
mentre
aspettava che questo caricasse mise sul tavolo gli ingredienti.
Uova, zucchero,
mascarpone,
fruste elettriche (che non sono un ingrediente ma per me è
come se lo fossero)
caffè e savoiardi. Tre terrine ben separate, il cestino
della spazzatura,
miracolosamente vuoto, sotto il tavolo e la caffettiera che impaziente
aspettava che quella scriteriata la usasse.
Dodici mesi a Londra e
mai nessun
caffè.
Sua madre
l’avrebbe diseredata
per una cosa del genere.
Quando il computer gli
richiese
la password mise l’unica cosa che nessuno si sarebbe mai
aspettato e poi via a
guardare Hellboy.
Dopo mezz’ora
sia la crema che il
caffè erano pronti.
Come al solito aveva
fatto le
dosi per quattro, per la felicità della sua dieta,
completamente dimentica del
fatto che viveva da sola quindi, pensierosa, prese dei bicchieri di
cristallo,
dono di sua nonna e resistenti anche all’uranio 51, e fece
pure delle
mini-porzioni da smerciare in giro fra amici e colleghi.
Quand’ebbe
finito si lanciò sul divano e
aspettò che il dolce si fosse raffreddato per bene.
Non lo poteva soffrire.
Onestamente, se avesse
potuto, si
sarebbe lanciata con una moto in corsa sull’agenzia di
modelli più famosa di
Londra e avrebbe guardato con grande soddisfazione l’intero
edificio avvolto
dalle fiamme, prima di girarsi e buttargli sopra anche un paio di
granate.
Il concorso era
semplice: mandare
i propri lavori sull’attore fautore dei suoi più
recenti incubi e pregare in
urdu di vincere. In palio un’intera giornata con
l’uomo che le aveva tolto il
sonno più di un anno prima.
Tom Hiddleston.
Non che lui sapesse
della sua
esistenza. Figuriamoci.
E non che lei ne fosse
innamorata. Troppo acida e coi piedi per terra per non notare il fatto
che una
alta quanto lei gli sarebbe passata sotto le gambe senza che lui
neanche se ne
accorgesse, quindi niente sogni ad occhi aperti ma ricerche degne di un
agente
di Scotland Yard.
A lei l’SD6 le
faceva una pippa.
Tutto quello che lui
aveva fatto
lei l’aveva visto. L’aveva prima apprezzato, poi
ammirato e poi idolatrato.
Insomma, un uomo con indosso un vestito da duemila sterline che non si
pone il
minimo problema a mettersi in ginocchio ad autografare un cartellone
può essere
considerato un dio.
Quantomeno il SUO dio.
Aveva studiato a fondo
il bando
del concorso e c’era stata su un mese a fare lavori a mano e
al computer. Alla
fine aveva mandato una copia del portfolio e aveva pregato tutti i
santi in
paradiso, compresi quelli ancora in processo di beatificazione, di
avere anche
solo una possibilità.
Dialogo fra sordi, manco
a dirlo.
Facebook si
avviò automaticamente
e dopo cinque minuti si ritrovo ad ammirare con faccia sconsolata la
miriade di
notifiche che non aveva letto.
Dopo tre giorni ne aveva
le
scatole piene.
Come avessero fatto
quella manica
di pazzi che aveva fra i suoi contatti a sapere TUTTI che lei stava
partecipando al concorso era un mistero secondo solo a “Ma il
cantante die
Tokio Hotel è un lui o una lei?*” e ancora non
aveva avuto risposta al
riguardo.
Stava per togliere la
pagina di
internet quanto le arrivò un nuovo messaggio privato.
Cami: L’ho
TROVATOOOOO!!!!! Kentish Town, Northcote
road, flat 1b N24FD!
Alzò gli
occhi al cielo.
Stjarna: Cami dai,
è impossibile…
Cami: NOOOOO! Ho
controllato nel
loro sistema elettorale ti dico che abita lì!!!!!! Guarda tu
stessa!
Aprì
l’allegato con uno sbuffo,
sicura che fosse l’ennesima boiata messa in piedi dalle fan
quando…
Thomas William
Hiddleston – 31/34 anni – Actor
– Dramatic school of Westminster - Kentish Town, Northcote
road, flat 1b N24FD
Porca merda,
l’aveva trovato!
***
Di norma era contraria a
certe
cose. Non sopportava i fans che in barba al rispetto della privacy dei
loro
idoli si mettevano di fronte alla loro casa e suonavano il campanello e
se
avesse potuto avrebbe fatto piazza pulita con un bel lanciafiamme, che
le
avevano detto funzionava poco ma faceva sempre un bel po’ di
scena.
Certo,
si disse, se
vuoi fare
male ricorri al c4, quello è sempre apprezzato dai
più…
Di norma quindi lei non
avrebbe
preso la cartelletta dei suoi lavori, non si sarebbe infagottata
neanche fosse
in procinto di andare in Alaska e non sarebbe uscita di casa
acchiappando al
volo uno dei bicchieri di tiramisù, conscia del fatto che
l’aspettava mezz’ora
di tube e non aveva ancora messo niente dentro lo stomaco.
Destinazione: Kentish
Town.
Di norma non
l’avrebbe fatto. Ma
come si soleva dire “Se Maometto non va alla montagna, la
montagna va da
Maometto”.
Fuori casa la
temperatura era
scesa ulteriormente e si maledisse per non essersi spalmata di grasso
di foca
prima di uscire ma constatò felice che almeno il suo
tiramisù non si sarebbe
squagliato facilmente. Insomma, un pelo più freddo e avrebbe
fatto la fine di
Jack del Titanic.
In metropolitana la
gente non ti
invogliava ad essere più carina e gentile,
tant’è che Ale si rammaricò per
l’ennesima volta che seminare il panico fra la gente con un
lanciarazzi fosse ancora
un reato punibile per legge. Nonostante tutto però, si
sedette quieta e aspettò
che le novantanove, o giù di lì, fermate che
l’aspettavano trascorressero in
fretta.
Ringraziando Odino
nessuno aveva
tentato il suicidio quel giorno, non avevano sbagliato ad interpretare
i
segnali della metro (che poi lei si era sempre domandata come cacchio
facessero
i macchinisti a sbagliare. O è verde o è
rosso…) e non c’erano ritardi di
sorta.
Abitava a Wimbledon, e
per
arrivare a Kentish Town avrebbe dovuto prendere la district line,
già
abbastanza lenta di per se’ e poi cambiare con la nera.
Il folder che aveva in
mano
pesava una quintalata e più si avvicinava a Camden Town,
più sentiva che ogni
singolo disegno, ogni singola grafica aumentava di peso, facendole
perdere la
presa mentre il tiramisù era completamente dimenticato in
una busta rigida,
tanto, se quei dannati bicchieri erano sopravvissuti a ben dieci
traslochi,
sarebbero sopravvissuti certamente ad ogni sussulto della metro.
Quando infine
arrivò la sua
cartelletta nera sembrava pesare come un triceratopo nei suoi anni
migliori.
Con sforzo disumano si
fece coraggio,
brandì il suo cellulare a mò di spada e mise il
postcode della
probabile/impossibile casa di Tom Hiddleston. Quindici minuti a piedi e
poi
avrebbe lasciato il folder pure per terra perché tanto non
avrebbe mai avuto il
coraggio necessario per suonare e darglielo di persona.
Già si vedeva
fare una cosa del
genere e l’unica cosa che le veniva in mente era lui che
usciva di casa
incazzato come un t-rex digiuno da due mesi per essere stato disturbato
nella
quiete di casa.
No. Decisamente no.
Nel frattempo si era
pure messo a
nevicare e nonostante lei avesse un’ottima circolazione, le
sue mani sembravano
cubetti di ghiaccio mentre teneva in mano il cellulare per seguire la
mappa.
Tutta quella fatica e
poi magari
avrebbero pensato che fosse un pacco bomba…
Durante il cammino
beccò aperto
un Paperchase, si fiondò dentro e comprò una
busta da lettere colorata, blu per
rimandare ai suoi occhi (Dio
quanto sto
diventando patetica), e carta da
lettere arancione, che tanto per lei i
suoi capelli non erano rossi, erano arancioni e non gliene fregava un
tubo di
ciò che pensavano gli altri per lei sarebbe stato sexy anche
con i capelli
viola.
Prese la penna che aveva
sempre
con se’ e scrisse con una scrittura un filo più
leggibile di quella dei dottori
“Per Tom Hiddleston. NON è un pacco bomba, non
contiene veleno, non c’è traccia
di antrace e può essere maneggiato senza problemi
perché non l’ho cosparso di
peperoncino.”
Valutò la
scempiaggine appena
scritta e trovandola stupida abbastanza si decise e
l’appiccicò al suo folder.
In fondo, uno dei motivi
per cui
le piaceva Mr Hiddleston era il suo senso dell’umorismo e il
fatto che stesse
sempre ridendo.
Con passo svelto
calcolò che alla
sua meta mancavano cinque minuti scarsi e si preparò
spiritualmente al fatto
che per ben cinque secondi avrebbe respirato più o meno la
stessa aria del suo
attore preferito.
Che l’aria
fosse uguale su tutto
il globo non aveva decisamente importanza per lei, stava già
andando in grave
debito d’ossigeno al pensiero che FORSE sarebbe stato a casa,
FORSE sarebbe
passato davanti alla finestra e FORSE l’avrebbe scorta, e
FORSE avrebbe deciso
di uscire cinque secondi a parlare con quel puffo imbacuccato che
decisamente
aveva l’aria losca che solo una fan poteva avere.
Niente da dire, a lei
Spielberg
faceva una pippa per copioni e film mentali.
Doveva solo girare
l’angolo
quando notò una palla di pelo che zompettava per strada, del
tutto ignaro della
macchina che arrivava.
Era quasi impossibile
notare quel
gatto, era troppo bianco, troppo peloso perché si potesse
distinguere dalla
neve ma lei lo vide perché il suo occhio era allenato a
notare gli spostamenti
della sua palla di pelo che si divertiva a tenderle gli agguati,
specialmente
quando scendeva le scale.
Si consolò
pensando che comunque,
se stava sul marciapiede dove la neve era più alta, non
sarebbe andato a finire
per strada, dove sicuramente sarebbe stato messo sotto da una qualsiasi
macchina o ciclista.
Aveva sul serio appena
formulato
quel pensiero che il gatto decise che scivolare fosse un’idea
brillante.
Impiegò solo
un attimo a capire
che la macchina, sebbene non stesse andando a velocità
sostenuta, non avrebbe
fatto in tempo a fermarsi e la palla di pelo sarebbe finita sotto le
ruote e
impiegò anche meno ad agire.
Corse con
l’intento di spaventare
il gatto per farlo fuggire dall’altra parte o almeno
acchiapparlo al volo prima
che fosse troppo tardi, ma si era completamente dimenticata che lei,
nonostante
i buoni propositi, non aveva comprato quei dannati stivali, non aveva
le scarpe
anti scivolo e per terra la neve aveva ghiacciato.
Lanciandosi in avanti
fece appena
in tempo a recuperare il gatto che poi prese una storta colossale e
scivolando
sull’asfalto andò a sbattere prima sulla macchina
e poi sul marciapiede.
Con la testa annebbiata
e il
fianco destro che le gridava vendetta si rese vagamente conto che la
sua
cartelletta era rimasta indietro, incolume. Poi chiuse gli occhi.
***
Quando gli
riaprì la prima cosa
che le venne in mente fu che era ora di mettere sotto i denti qualcosa.
Le scoppiava la testa,
segno che
il digiuno prolungato stava avendo la meglio su di lei e sentiva male
ad
altezza stomaco.
Sicuramente poteva fare
il
funerale al suo tiramisù.
- Stai ferma, ho
chiamato
un’ambulanza.
Qualcuno con una gran
bella voce
le parlava, ma onestamente non le interessava cosa avesse da dire.
Iniziava a sentire
freddo, quello
vero di quando ti buttano la neve dentro la maglietta e tu declami
tutti i
santi del paradiso in ordine alfabetico e stava per controllare che la
sua
sciarpa fosse ben stretta al collo quando si accorse che
c’era un motivo se
aveva freddo e decisamente era un motivo valido per preoccuparsi.
- Porca merda, che male…
- Non ho capito
ciò che hai
detto, ma stai tranquilla, ho già chiamato
l’am…
Un ricordo, un piccolo
ricordo le
venne in mente e come un fascio di luce la riempì portando
in superficie tutto
il resto.
Doveva parlare inglese.
Era a
Londra, era in missione e si doveva sforzare di parlare inglese. Tom.
Il
folder. Aveva perso. Di
nuovo.
Con sforzo sovrumano
dirottò lo
sguardo al suo soccorritore e con voce appena accennata mise su un paio
di
parole in inglese.
- Per cortesia il mio
folder
nero.
L’uomo la
guardò con sguardo
interrogativo e lei prese a fissarlo con occhi socchiusi.
- Fa’ niente,
faccio da me.
Lasciando basito il suo
soccorritore puntò i gomiti per terra e facendo leva
alzò il busto.
Il gatto era incolume e
le
leccava piano la mano. Per tutta risposta lei si mise ad accarezzargli
la
testolina bianca.
- Rimani dove sei,
adesso
arrivano i soccorsi vedrai che poi starai meg…-
Niente, dialogo fra
sordi. Ale si
alzò, si stiracchio sentendo ogni centimetro di pelle urlare
e con passo
claudicante raggiunse il folder dove lo aveva fatto cadere. Poi
tornò indietro
e si sedette sul marciapiede.
- Non ti preoccupare per
me sono
abbastanza coriacea. Non ti devi dare colpe, il gatto è
scivolato e non avresti
fatto in tempo a fermarti, io invece potevo almeno evitare una
disgrazia. Vedi,
ora il gatto sta bene.
Lo indicò
mentre pacifico
rimaneva lì nelle vicinanze.
- Sono diretta a casa di
una
persona, devo consegnargli una cosa. Bhè
in realtà devo lasciargliela sul portone di casa, non ho
nessuna intenzione di
disturbarlo suonando il campanello. Insomma, sarà Tom
Hiddleston ma è pur sempre
una persona normale… almeno spero.
Silenzio
dall’altra parte.
-
C’è stato un concorso e, accidenti che male la testa,
e io come
al solito ho perso e lo trovo veramente ingiusto perché ci
sono stata su un
mese. Poi lui so che ci tiene all’Unicef, volevo veramente
vincere e dargli
l’unica cosa che una come me può dare ad un grande
come lui, il mio unico
talento e invece… ma sai che gli somigli proprio? Hai il suo
stesso taglio di
capelli!
Ale si premette forte le
mani
sugli occhi ma proprio non riusciva a snebbiarseli.
- E niente, allora una
mia amica
ha fatto una ricerca e sembrerebbe che pel di carota viva qui vicino.
Non so
che ne pensi di tutta la situazione, ma ti posso assicurare chiunque tu
sia,
che non avrei neanche bussato. Avrei mollato il malloppo lì
e poi, ACCIDENTI!
Il tiramisù!
Si guardò
attorno frenetica nella
disperata ricerca della sua busta rigida che scorse vicino alle ruote
della
macchina. Fece per rialzarsi ma il suo soccorritore la precedette.
- Grazie, sei molto
gentile. Sai,
sono italiana e tutti pensano che io debba essere una grande cuoca, ma
la triste
verità è che a parte poche cose, detesto
cucinare. Però mi piace da morire il
tiramisù. Vedi? – Tirò fuori dal
sacchetto il bicchiere – miseria, devo
veramente dire a mia nonna che questi bicchieri resisterebbero alla
bomba
atomica. Guarda, neanche un graffio!
Tirò via con
scrupolosa
attenzione la pellicola trasparente con cui aveva chiuso il bicchiere e
mostrò
ad un esterrefatto soccorritore il suo contenuto.
- Ho dimenticato il
cucchiaio…
non posso mangiarlo. Peccato. Dio, oggi è stata una giornata
orribile. Vedi,
hai mai tenuto a qualcosa intensamente e voluto che accadesse? Quanto
è
ingiusto, ho perso. Di nuovo. Sarà la duecentesima volta che
provo, non vinco
niente. Eppure io sono brava! Certo, se mi chiedi di dipingere sarei
capace di
rovinare qualsiasi superficie eppure…
- Comunque io sono una
brava
ragazza. Non lo disturberei al signor Hiddleston, ci mancherebbe.
Chissà quante
fan assatanate gli sono piombate addosso di recente, io no, non lo
farei mai.
Vede, c’è una mia amica in Italia, completamente
cotta di lui, ma lei è più
intraprendente di me, lei si immagina di beccarlo e di parlarci ed
è sicura che
ci scapperebbe anche un caffè… e invece niente,
io che sono qui non riesco
neanche a trovare il coraggio di suonare il campanello e dargli di
persona il mio
lavoro. Anche perché diciamocelo, è bello e
bravo, ma suppongo che si
incazzerebbe di brutto se qualcuno invadesse la sua privacy.
- Forse… - rispose
lui, capendo che la ragazza si
trovava in stato di shock.
- Vedi che ho ragione?
Anche tu
lo pensi. Sai, ho un gatto a casa. Non potevo permettere che questa
palla di
pelo si facesse male… Poi ho preso anche un bigliettino per
spiegare che il mio
folder non è un pacco bomba, e ho finito per scrivere un
mucchio di
scempiaggini, sull’antrace e sul peperoncino… dio,
pagherei oro per vedere la
sua faccia mentre legge una cosa così stupida.
- Posso vedere?
Lei glielo
passò e riprese come
se niente fosse.
- Mi sta scoppiando la
testa… ah
il mio cellulare… lo vedi? Forse è il caso che
chiamo qualcuno per avvisarlo,
certo, non mia madre o mi lincia. Ah devo anche andare a casa di
Tom… senti,
puoi avvisare l’ambulanza che sto arrivando? Vado e torno,
tanto glielo lascio
fuori dal cancello… Scusa mi dai il bigliettino? Come mai
ridi?
Il ragazzo le
passò il
bigliettino dopo averlo messo nella busta blu, ma poi
all’ultimo minuto lo
tenne.
- Facciamo
così, tu mi dai l’indirizzo
e lo porto io dopo che siamo andati all’ospedale, ti va?
Ale lo guardò
come se fosse un
marziano.
- Senti, non so neanche
chi tu
sia, va bene che gli somigli ma secondo te do ad un possibile maniaco o
male
intenzionato l’indirizzo di Tom Hiddleston? Non se ne parla
neanche. Vedi, lui
è più di un attore. Mi piace perché
sta sempre sorridendo e anche tu sorridi
sempre, anche se mi viene il dubbio che sia perché sto
dicendo un sacco di
scemenze, e poi è sempre così carino con tutti!
Mi ricordo di una intervista in
cui il giornalista è arrivato e lui stava mangiando
cioccolatini… che tenero!
Accidenti, potevo comprargliela una scatola di cioccolatini, ma poi
chissà che
idea si sarebbe fatto… Aspetta dammi il biglietto!
Quasi glielo
strappò di mano e
con scrittura sbilenca aggiunse:
“Scusa per i
cioccolatini, domani
vado e faccio una donazione all’Unicef!”
Il ragazzo si mise a
leggere e
scoppiò a ridere.
- Si guarda…
capirà sicuramente
che sono una brava persona e non ho cattivi intenti! - Continuò
Ale, sicura di se’ stessa.
- Ma gli hai lasciato un
numero
di telefono o… -
Ale lo guardò
allucinata.
- Ma stai scherzando?! A
parte il
fatto che non chiamerebbe mai, no che non gli lascio il numero di
telefono!
Vivrei con la tensione che MAGARI un giorno potrebbe rispondermi e
magari
ringraziare e dirmi che sono la donna della sua vita e… no,
sto scherzando,
potrebbe dirmi che gli sono piaciuti i miei lavori ma non ce la farei,
capisci,
lui è il mio attore preferito, gli voglio bene anche se
magari è una gran
bastardo, ma no, non posso lasciargli il mio numero sarebbe troppo
sfacciato!
- Beh, alla fine gli
lasci un
regalo, dovresti dargli modo di risponderti no? –
Continuò lui che nel
frattempo si era seduto di fianco a lei, sulla neve, ringraziando il
cielo di
essersi messo la giacca lunga.
- Si ma io non ce
l’ho proprio il
coraggio. Mi sarebbe piaciuto vincere il concorso una giornata con lui,
ma la
triste verità è che probabilmente me la sarei
fatta sotto dalla paura. E se poi
mi trova noiosa? Io non sono una che parla tanto e…-
- Tesoro, credimi, non
si
direbbe.
-… e tesoro
lo lasciamo a quando
ci saremo sposati ti va? Anche perché se dici tesoro mi
viene in mente Tremotino
e io ho una cotta assurda per lui, che è troppo cattivo ma
anche troppo scemo
per non essere adorato. Bhè poi c’è
anche quel gran pezzo di… vabbè lasciamo
stare.
Più parlava
più le si annebbiava
la testa ma sembrava non riuscire a fermarsi.
- Mi sa che facevo prima
ad
andarci a piedi all’ospedale. Adoro Camden ma quando si
tratta di passarci in
mezzo è peggio che in Cina. Scusa posso? Inizia a girarmi la
testa…
Si appoggiò
alla sua spalla e
chiuse gli occhi.
- Accidenti, dovevo
proprio farmi
male oggi… ma devo portargli questa cartelletta nera, poi
chissà se sarà in
casa… accidenti adesso sta girando Thor 2, potrebbe essere
nel Surrey e non a
casa… merda, e se quando arriva non c’è
più il mio folder?
Il ragazzo
posò la mano sulla sua
testa e si accorse che era sporca di sangue. Cercando di mantenere lui
stesso
la calma la tranquillizzò.
- Adesso arriva
l’ambulanza,
andiamo in ospedale e controlliamo che tu non abbia niente che non va,
quando
ti sei ripresa glielo porti. Tanto dubito seriamente che venda casa nel
giro di
due giorni.
- Hai anche la voce come
la sua…
hai ragione farò così. Se hai da fare vai pure,
non ti preoccupare. Dubito di
riuscire a muovermi…
- Figurati. Grazie per
aver
salvato il gatto. Non ci avrei dormito la notte.
- Grazie a te per essere
rimasto
ad ascoltarmi.
Quando
l’ambulanza arrivò la
trovò seduta sul marciapiede, con un gatto bianco
appollaiato sulle gambe e Tom
Hiddleston che teneva una busta blu in mano che cercava di sorreggerle
la
testa.
Un momento prima che
l’ambulanza
si chiudesse Ale riaprì gli occhi.
- Gli somigli veramente
tanto.
Tom sorrise debolmente.
- Lo so.
***
- La ragazza della
stanza 7 sta
dando problemi.
Il medico
alzò gli occhi al cielo
e sospirò.
- Di nuovo.
L’infermiera
sorrise.
- Già.
Con nessuna voglia di
ricominciare il battibecco si diresse verso la stanza, pronto a sedarla
se
fosse stato necessario.
Non fece neanche in
tempo ad
entrare.
- Senti lo so che sto
rompendo l’anima
a tutti e credimi, mi pesa, ma io devo tornare a casa. Mi è
arrivato un
messaggio e DEVO avere accesso o al pc o alla televisione e lo so che
questo
non è un albergo, quindi preferisco tornare a casa. Firmo
quello che c’è da
firmare e me ne vado. Visto? Non è un’idea
geniale? Andiamo, lo so che vi
volete liberare di me e non vi biasimo quin…
- Ti posso far avere un
laptop
per CINQUE minuti se prometti di farci fare il nostro lavoro e di
lasciare in
pace i…
- No, è
evidente che io e te non
ci capiamo. Tom Hiddleston oggi è in televisione con una
intervista a sorpresa.
Io sono chiusa qua, se l’intervista dura per venti minuti, mi
spieghi come
pensi che io possa fare l’indifferente e accontentarmi di
cinque minuti?
Sospiro sconsolato
dall’altra
parte.
- Hai sbattuto la testa,
ti fa
male
stare al computer.
- A lei fa sicuramente
male
mangiare i panini di Subway eppure lo fa’ quindi eccoci qui.
- Io non rischio di
avere
mancamenti per aver mangiato un panino. - gli fece notare lui
gentilmente.
- Beh oddio, non ne
sarei così
sicura se fossi in lei…
Il medico rimpianse i
cari buoni
vecchi metodi dove si minaccia di morte il paziente e armato di
pazienza si
sedette di fianco alla ragazza.
- Hai subito uno shock.
Non ti
ricordi niente dell’incidente, non ti ricordi niente del
gatto che, fra le
cose, sto tenendo io fintanto che tu non ti riprendi e io non posso
peggiorare
la tua situazione mandandoti a casa.
- Bene allora, mi dia il
computer
e non se ne parla più. Rimarrà il nostro segreto.
Il medico la
guardò negli occhi
poi con un sospiro sconsolato le propose un patto.
- Io porto il computer,
tu non ne
parli con nessuno, guardi l’intervista, non stressi
più gli infermieri e ci fai
lavorare in pace per i prossimi due giorni. Abbiamo un accordo?
- Oh come Tremotino! Va
benissimo. Ma l’intervista la voglio vedere almeno due volte
perché non sono
inglese e non sono sicura di capire tutto alla prima.
- Niente da fare,
prendere o
lasciare.
Ale lo guardò
male ma infine
sorrise e gli strinse la mano.
- Abbiamo un accordo.
Da quando si era
risvegliata in
ospedale era stata un coacervo di nervi. Il suo cellulare aveva esalato
l’ultimo
respiro proprio nel momento in cui Pao la informava che Tom aveva
lasciato un
tweet in cui annunciava l’intervista per il giorno dopo,
ossia quel
giorno,
e da allora non aveva dato
pace
a nessuno. Aveva fatto domande sull0incidente perché non si
ricordava
effettivamente niente e solo dopo un bel po’ si
ricordò che quel giorno stava
andando a lasciare il suo folder nero a casa del suo Tom preferito.
Folder che
per inciso era alla sua destra, con ancora una busta da lettere blu
appiccicata
sopra.
Il suo
tiramisù era sparito,
probabilmente lo aveva perso mentre il gatto per cui era stata
ricoverata in
ospedale era a casa del medico che le aveva detto chiaro e tondo che si
doveva
riprendere in fretta, che lui il gatto in casa non lo poteva tenere o
sua
moglie divorziava.
Quando infine il laptop
gli
arrivò era ricominciato il mal di testa ma si
guardò bene dal dirlo.
Fu un razzo a connettere
e ci
mise dieci minuti per trovare l’intervista online.
Felice come non mai si
poggiò al
letto e si perse nel suo mondo.
***
- Che cosa ci
può dire dei suoi
progetti futuri? Dei suoi impegni con l’Unicef…
- Prima devo finire di
girare
Thor 2, poi c’è in programma un viaggio in Guinea
per l’Unicef. Le mie fan sono
adorabili, sono riuscite a creare un topic in mio onore solo per i
ragazzi
bisognosi in Africa, sono veramente orgoglioso di loro. Sto progettando
un
viaggio in Asia, per tre settimane sarò fuori dal mondo e
non sentirò nessuno,
ma prima ci sono da finire le riprese, poi c’è il
concorso sul miglior lavoro
su Tom Hiddleston, che francamente è imbarazzante, sembra
quasi un elogio a me
stesso ma specifico che non è stata una idea mia e tutti i
lavori valutati
servono per un futuro sito internet a scopo benefico, e poi due mesi di
pausa
prima del tour mondiale per promuovere Thor2.
- Le sue fan si sono
impegnate
molto per quel concorso vero? Cosa può dire a chi ha
partecipato?
- Siete grandi. Sul
serio. Siete
state grandi, un’autentica ispirazione per me. Vi siete
impegnate così tanto
per questo concorso che non saprei che fare per ringraziarvi tutte come
si
deve.
- Vorrebbe aggiungere
qualcosa?
Tom guardò
con fare imbarazzato la
telecamera e annuì.
- Vede, due sere fa
è successa
una cosa molto strana. Stavo tornando a casa e ho quasi spaccato la
testa ad
una ragazza che per salvare un gatto non ha esitato un attimo a
lanciarsi sulla
neve. Lei continuava a parlare di me e io non sapevo come fare
a…
Ale bloccò
l’intervista.
Le si stava di nuovo
annebbiando
la testa.
- Non dovresti stare al
computer
sai?
Si potrebbe dire che Ale
alzò lo
sguardo lentamente e in stato di shock si fosse messa a piangere, ma la
verità
è che niente ti prepara ad una cosa del genere quindi con
poca grazia si voltò
verso la voce che aveva osato disturbarla mentre guardava Tom
Hiddleston e
pronta ad abbaiare contro chiunque si fosse messo davanti lei e il pc
si
preparò a lanciare un missile terra aria con una qualche
cattiveria ben
calibrata che avrebbe fatto vittime e nessun prigioniero.
Vide il suo bicchiere di
tiramisù
senza tiramisù dentro e un biglietto rovinato, come se ci
fosse caduta sopra
dell’acqua, arancione. Dello stesso colore dei capelli di Tom
se Tom non fosse
stato sul set di Thor2 e non avesse dovuto tingerli di nero.
Alzando lo sguardo
corrugò la
fronte per cercare di capire il tassello mancante e quando mise a fuoco
gli
occhi sorridenti di Tom poté solo rimanere a bocca aperta.
-… dirle che
ero lì con lei,
almeno per scusarmi di quello che era successo, ma niente, lei
continuava a
parlare e mi diceva che somigliavo davvero tanto a me stesso, poi
coccolava il
gatto e mi parlava del concorso che non aveva vinto e lì mi
sono incuriosito e…
-
Ale si voltò
verso l’intervista
che era ripartita quando aveva fatto ricadere la mano sul pc e poi,
finalmente,
ricordò.
- Dimmi solo che non ho
detto
qualcosa di scandalosamente volgare e poi potrò morire in
pace.
Tom continuò
a sorriderle e si
fece avanti. Prese una sedia e si sedette vicino a lei.
- No, sei stata molto
carina. Su una
cosa avevi ragione, tesoro, non parli tanto.
- Tesoro lo lasciamo per
quando
ci saremo sposati, cosa che non accadrà
nell’immediato futuro.
Sfortunatamente.
Lui scoppiò a
ridere.
- Me l’hai
detto anche dopo aver
dato una bella botta alla mia macchina e successivamente al marciapiede.
- E ti pareva, avevo
l’occasione
per fare una bella figura e l’ho bruciata.
Tom continuò
a sorriderle.
- Credimi, hai fatto la
migliore
delle impressioni.
Ale non osava alzare lo
sguardo.
SAPEVA che sarebbe diventata di otto gradazioni diverse di rosso e
voleva
evitare.
- Prima di tutto tieni,
questi
sono per te. – Le porse una scatola di cioccolatini gigante,
che lei, presa com’era
a non credere di avere davanti Tom Hiddleston, non aveva minimamente
notato.
- Grazie per i
cioccolatini che
non hai portato, li ho apprezzati comunque. Come ho immensamente
apprezzato il
tuo tiramisù, il tuo bigliettino e il fatto che tu non abbia
dato il mio
indirizzo in giro, anche mentre avevi la testa annebbiata dalla botta
presa.
- Figurati, non
c’è di che.
Tom la guardò
pensieroso poi le
prese la mano fra le sue e si sporse in avanti.
- Se potessi passare un
giorno
con ognuna di voi mi riterrei l’uomo più fortunato
della terra per avere fan
così speciali che si preoccupano anche di non disturbarmi a
casa quando in
realtà l’unica cosa che vorrebbero è
scambiare due chiacchiere con me che,
credimi, sono esattamente come tutti i ragazzi che ci sono
là fuori. Non posso.
Quello che posso però fare, almeno per te, è
un’eccezione.
Indicò la
cartelletta nera che
lei non aveva neanche controllato mentre era in ospedale e
continuò.
- I tuoi lavori sono
eccezionali
e sebbene io non conosca neanche il tuo nome, mi farebbe piacere se
potessimo
passare un giorno insieme, come se tu avessi vinto veramente. Cosa che,
perdonami se te lo faccio notare, sarebbe avvenuta sicuramente se non
fosse che
nella foga di mandare un intero portfolio su di me non ti fossi
accidentalmente
dimenticata di mettere cose banali come nome, cognome e indirizzo.
Ale si voltò
di scatto.
- Eggià. Sono
passato dall’agenzia
per vedere un po’ dei lavori ed è saltato fuori
che hanno dovuto dare la
vittoria alla seconda classificata perché la prima non aveva
messo il bando del
concorso firmato e compilato dentro il folder.
Tom continuò
a sorriderle.
- Ora. Visto che so che
ti piace
Tremotino possiamo fare un accordo.
Ale non fece nessuna
fatica a
stare in silenzio.
- Ci vediamo il 15
Febbraio alla
mia agenzia, ore dieci, e passiamo una intera giornata insieme.
- Cosa vuoi in cambio?
Tremotino
voleva sempre qualcosa in cambio. - Gli ricordò
lei.
Tom prese il bicchiere
lavato e
glielo mise in grembo.
- Mi devi fare un
tiramisù
gigantesco perché questo è stato il
più buono che abbia mai mangiato. Abbiamo
un accordo?
In grave carenza di
ossigeno e
con il mal di testa quadruplicato per l’emozione Ale prese in
mano il bicchiere.
Poi lo posò sul comodino, si voltò verso Tom e
tendendogli la mano che lui
prontamente afferrò gli rispose:
- Abbiamo un accordo. - E finalmente gli sorrise.
Fine
***
* Sono una grande fan dei Tokio Hotel, quindi mi prendo la licenza di prenderli in giro ogni volta che posso xD
Note: Tom Hiddleston NON abita più a Kentish Town. Ha venduto la casa nel 2011 quindi se avete letto questa storia e pensate di venire a Londra per passargli sotto casa cercate meglio. E ovviamente passatemi l'informazione nel caso XD
La protagonista si chiama Ale perché il gruppo di pazze è composto da Pao, Cami, Ali, Ale ed Eli. Ale contenteva sia il mio nome che quello di Eli e Pao e Cami sono già dentro la storia.
Maali e Panna esistono veramente. La prima è una tigre, se la lasciassimo fare ucciderebbe un toro. La seconda vive placida e coccolata da tutti. Se rinasco voglio essere un gatto.
Grazie a chiunque leggerà la storia^^
LadyNot... quella che è in attesa del guardaroba e sembra che viva in un campo profughi.