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Autore: Belarus    23/01/2013    1 recensioni
« Allô? » domandò garbatamente la cornetta.
« Francis! Disturbo? » gongolò mentre Gilbird svolazzava sopra la sua testa.
« Oui! » cinguettò lezioso.
« Maledetto depravato levati da sopra di me! »
Pour Hope *-*
{PruIta-GerIta-Spamano-FrUk}.
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bad Friends Trio, Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice:
Si le metto prima perché sono più importanti e il mondo deve sapere ù_ù Questa storiella è dedicata alla mia adorabile ballerina sculettante, Hope *-* che ha preso 30 all’esame e per cui la mia demenza senile ha partorito questo – con l’adorabile aiuto di Francis ancora turbato dalla sconvolgente notizia dell’amore di Gil per Feli -. Quindi spero che ti piaccia cara * lancia bacio *!


#01. Occorrenti: Francia e filastrocca – Needed: France and Nursery rhyme


Era rimasto con il viso appiccicato alla finestra della cucina per più di un quarto d’ora, dopo che loro erano spariti sull’auto nuova che avevano dato in dotazione al suo fratellino per buona condotta. Quando finalmente era riuscito a staccarsi dal vetro, aveva il viso deformato come se avesse dormito in chissà quale posizione equivoca. Durante il suo incontro ravvicinato con l’infisso della cucina, aveva avuto il tempo di escogitare un piano, uno di quelli intelligenti che usava solo per le occasioni importanti, uno di quelli che al piccolo Ludwig facevano venire i crampi allo stomaco come se avesse mangiato crauti andati a male. Lasciò cadere con delicatezza la tazza di cereali nel lavabo – che andò in frantumi e che per chissà quale droga di seconda scelta aveva deciso di mangiare – e si lanciò con entusiasmo verso il telefono che giaceva tristemente abbandonato sul tavolo. Compose il primo numero che gli veniva in mente sghignazzando in preda al compiacimento personale, già pregustava la propria schiacciante vittoria.
« Allô? » domandò garbatamente la cornetta.
« Francis! Disturbo? » gongolò mentre Gilbird svolazzava sopra la sua testa.
« Oui! » cinguettò lezioso.
« Maledetto depravato levati da sopra di me! »
« Era un modo di dire! Il magnifico me non disturba mai, dovrebbe essere un onore per te! » abbaiò sconvolto.
« Agli amici si dice sempre la verità… come posso essere utile al magnifico toi? »
« Riabbottonati quegli schifosi pantaloni! »
« Voglio il numero dell’italiano e che mio fratello sia occupato fuori di casa per un paio di giorni! »
La sua stupenda e soave risata venne fuori come un fiume in piena che rianima, riecheggiando l’intera Nazione. Gilbird zampettò piano tra la sua zazzera, mentre lui strappava dal frigo un rapporto di un generale e lo girava per prendere nota del numero. Sarebbe stato un delizioso passatempo per almeno un intero week-end. Francis dalla parte opposta tossicchiò dubbioso.
« Ad Antonio non piacerà per niente questa cosa, verrà a picchiarti di certo! »
« Oh my God! »
« Non voglio il numero di Romano! Voglio quello di Feliciano! »

*-*-*-*-*


Tecnicamente, ma i tecnicismi non erano affare suo, lui non avrebbe dovuto essere lì a consolarlo. Tecnicamente aveva anche detto di non volersi immischiare in quella faccenda, ma con Romano che piangeva a chilometri da casa sua, non poteva di certo restarsene a strigliare tori nel giardino e mangiare churros in piazza. Quando aveva sentito la sua voce urlare imprecazioni udibili sino a Madrid, gli erano tornate in mente le meravigliose nottate d’inferno passate a cercare di farlo dormire con la formula magica che si tramandava di generazione in generazione lì in Spagna. Era stato ben felice di raggiungerlo e trovarlo esattamente dove lo immaginava, a inveire contro il mondo intero come se fosse l’unica cosa che gli avessero insegnato a fare – cosa di cui Antonio pareva non curarsi più di tanto -.
« Romano! Stai bene? » domandò apprensivo posandogli una mano sulla spalla.
Mano che non gli fu miracolosamente tranciata via, forse per la gravità della situazione.
« E’ finita la pasta! Ti sembra che io stia bene brutto idiota?! » lo afferrò malamente dal bavero.
In effetti, quella domanda era assurda, ma tecnicamente era una domanda di circostanza. Era palese che ci fosse qualcosa che non andava, ma non poteva certo presentarsi da lui minacciando il vuoto, sarebbe stata una scena da idioti o da eroi – dipendeva dai punti di vista come tutto -. Aprì bocca con l’intenzione di scusarsi, ma fu consapevole nell’istante stesso in cui parlò che Romano lo avrebbe affettuosamente insultato comunque.
« No, ma… puedo aiutarti?! » sorrise aspettandosi l’ennesimo strattone.
« Davvero puoi? » domandò speranzoso Romano.
E fu allora che lo vide, il suo piccolo Romano mentre strillava e distruggeva metà Spagna che per grazia de Dios s’incantava come ipnotizzato mangiucchiando l’ennesimo pomodoro, in braccio a lui ancora sporco di terra. Sorrise attirandolo a sé, l’ennesimo pugno gli fece emettere un commovente verso incomprensibile.
« Non provare a rifilarmi quella tua stupida formula magica che rallegra la gente! Voglio la mia pasta io! »
« S-sei cresciuto Romano! » lo strinse ancora.
« Fortunatamente sì, quindi vedi di piantarla di dondolarmi! »




  
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