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Autore: Eruanne    25/01/2013    7 recensioni
E se non fossero soltanto i tredici Nani conosciuti ne "Lo Hobbit" a partire per riconquistare Erebor, strappata ai suoi abitanti dal drago Smaug? Se alla Compagnia di Thorin si aggiungesse un nuovo membro che non è propriamente accettato dagli altri e soprattutto dal loro re per un evento cruciale accaduto durante la battaglia? La loro missione sarebbe compromessa o i conflitti potrebbero risolversi col tempo e la fiducia?
Questa fan fiction ripercorre la trama del primo film e del libro, e a me non resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO CINQUE


Accanto al letto e con Iris in mano, stava Thorin; Karin percorse con lo sguardo il profilo del re, la fronte ampia, il naso lungo e dritto, le labbra sottili che quasi formavano un'unica linea seminascosta dalla barba scura, domandandosi cosa ci facesse in camera sua. Avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, farsi ridare la spada e scacciarlo malamente da lì, ma non lo fece. Rimase ferma, la mano ancora attaccata alla maniglia in una presa ferrea; chiuse la porta dietro di sé, il battito del cuore come unico rumore. Sapeva che lui l'aveva sentita arrivare, probabilmente già da quando aveva messo piede in corridoio con gli altri, ma non aveva detto una sola parola, né spostato il capo verso di lei.

Si mosse leggermente a disagio, spazientita da quel silenzio opprimente.

Dopo quelli che sembrarono minuti infiniti, la voce di Thorin le giunse alle orecchie.

<< Non credevo di rivedere così presto questa spada. E nemmeno te >>.

<< La stirpe di Gorin è difficile da cancellare >> rispose calma e glaciale, così come le si era rivolto. Thorin alzò un angolo della bocca in una specie di sorriso, continuando a tenere lo sguardo sul filo della lama.

Il ricordo del loro litigio tornò prepotentemente alla mente della ragazza: si morse il labbro inferiore, nervosa, mentre non poteva fare a meno di pensare alla frase che gli aveva rivolto.

E guardami, maledizione!”

Quanto avrebbe desiderato potergliela urlare anche adesso: lo detestava quando si comportava così, come fosse una persona qualunque che non meritava di essere notata, di essere vista.

<< Quando leggo la parola Lealtà, mi domando a chi la deve questa spada >>.

A Karin sembrò un discorso assurdo: cosa pretendeva? Che gli rispondesse come se non fosse accaduto nulla?

<< Iris è fedele a me, così come io lo sono a lei >>.

<< La lealtà è sempre andata ad un re >> mormorò, la voce bassa e profonda. Karin non capì se, anche adesso, stesse parlando della spada. O di lei.

<< Ho smesso di esserti leale quando mi hai bandita; lei ed io abbiamo fatto un patto e, finora, mi ha servita bene >>.

<< Tu cosa avresti fatto? >> le chiese a bruciapelo, spiazzandola; ora, il suo desiderio era stato esaudito, la stava guardando. Così intensamente e disperatamente che sembrò trafiggerle l'anima.

<< Se ti fossi trovata al mio posto ed io al tuo? >> continuò, appoggiando la spada sopra il letto e girandosi verso di lei: ora, erano di fronte.

Ma il rancore e la rabbia sorda che provava nei suoi confronti superava di gran lunga ogni altro sentimento avesse provato per lui: la ferita non si era ancora rimarginata, bruciava ancora.

<< Ti avrei ascoltato, decidendo di conseguenza >>.

<< Non ho avuto scelta >>.

<< No, non è vero! >> ecco, stava nuovamente per perdere la calma al contrario del nano che, invece, manteneva una certa compostezza: ancora per poco.

<< Avevi la possibilità di cambiare decisione, ma non l'hai fatto; nel tuo cuore, la reputavi la scelta giusta >> mai come in quel momento si sentì disperata. Anche il solo pronunciare la verità faceva più male di qualsiasi gesto, di qualsiasi silenzio.

<< Ci sono scelte che richiedono sacrifici >>.

Il cuore di entrambi sembrò sussultare in sintonia: quanto poteva essere devastante una frase?

<< Ero questo, per te? Un sacrificio? Qualcosa di cui sbarazzarsi al primo sbaglio? >>.

<< Sbaglio? Karin, tu ci hai traditi! >>.

<< Non ho avuto scelta >> ripeté, sulla scia di Thorin; il corpo iniziò a tremare << non l'ho veramente avuta; tu... tu non hai idea di ciò che ho passato, sia prima che dopo l'esilio. Tu non sai quali cose... non sai niente! >>.

<< TACI! >> gridò lui, furioso, scattando in avanti e afferrandole il braccio in una morsa ferrea; la strattonò ad un nonnulla dal suo viso, facendole male.

<< Sai cosa è successo dopo il tuo esilio? >> le chiese adirato, talmente vicino che lei poté sentire il suo alito sul volto << Tutto ciò a cui tenevo e che amavo si è spezzato, come una martellata troppo potente su una lama debole >> la voce, rimasta alta per gran parte della frase, si affievolì in un sussurro; sembrò tornare in sé, rendendosi conto di quanto fosse vicina la traditrice, lasciandola andare. Indietreggiò di un paio di passi, senza smettere di guardarla.

<< Mio padre ed io aiutammo il re a condurre il popolo a Moria, ma non sapevamo che gli Orchi si erano già appropriati della nostra terra. Combattemmo con tutte le nostre forze, subendo molte perdite; il capo degli Orchi, Azog il Profanatore, era determinato ad uccidere tutti i nani: iniziò dal sovrano, decapitandolo >> si fermò, lo sguardo sofferente nella sua profondità; Karin si rese conto che, ora, la distanza tra loro si era accorciata: si chiese quando si fosse avvicinato. O forse era stata lei a muovere qualche passo nella sua direzione?

<< Quando fece rotolare la sua testa a terra, un furore mai provato prima mi pervase; l'avrei ucciso, lo desideravo più di qualsiasi altra cosa, in quel momento: era il mio unico pensiero. La rabbia che sentivo mi impediva di pensare con lucidità; fui sul punto di venir sconfitto dall'orco ma, grazie ad un pezzo di quercia che trovai, continuai a resistere finché con un colpo netto non gli staccai la mano. Se ne andò reggendosi il moncherino del braccio >> aggiunse sprezzante << e noi, con nuovo vigore e forza, riuscimmo a cacciarli. Quel giorno vincemmo, ma non ci furono né canzoni né festeggiamenti: molti avevano perso i loro familiari ed i pochi sopravvissuti piangevano lacrime amare.
Mio padre Thrain impazzì dal dolore per la perdita subita, e se ne andò; non ho mai saputo se fosse ancora vivo. Nemmeno adesso >>.

Mi dispiace”

La sua mente riuscì a formulare quest'unica frase che, in circostanze diverse, sarebbe riuscita a pronunciare; ma non era una circostanza normale. Proprio no; rimase dritta, le braccia lungo i fianchi e la fronte aggrottata, gli occhi che, suo malgrado, non riuscivano a staccarsi da quelli azzurri e tormentati di Thorin.

<< Ora conosci la mia storia. Perciò, non provare mai più a dirmi che non so nulla, perché te ne farò pentire >>.

Le si avvicinò a passi pesanti, schivandola all'ultimo per uscire dalla stanza: quando le passò accanto, le sfiorò inavvertitamente una spalla con il braccio. Solo quando sentì la porta chiudersi, Karin espirò, come se avesse trattenuto il fiato per tutto quel tempo; ripensò alle parole di Thorin, ed al fatto di non essere riuscita a spostare lo sguardo altrove: entrambi si erano ancorati uno negli occhi dell'altra, come se in quei pochi minuti tutto il resto fosse svanito. La memoria le fece il pessimo scherzo di farle rivedere altri infiniti sguardi come quello, e ricordò altre sensazioni ben più piacevoli di quelle che provava ora. Si morse il labbro inferiore, chiudendo gli occhi: perché, perché le era scivolato tutto dalle dita così velocemente? La sua vita, i suoi affetti, il suo onore... tutto era svanito, perduto.

Se si fosse trovata al posto di Thorin, avrebbe davvero preso una decisione diversa dall'esilio? Sì, continuò a ripetersi: perché se lui avesse commesso quel terribile sbaglio, lei avrebbe ascoltato il suo cuore, non l'orgoglio ferito; avrebbe ricordato ciò che rappresentava, decidendo di testa sua, non sotto consiglio di altri che non sapevano, non capivano. Dopo l'esilio si era chiesta mille volte se si fosse pentito, se sarebbe partito per cercarla e riportarla a casa, ma non era accaduto: le lacrime che aveva versato, le preghiere che aveva sussurrato nell'oscurità della notte erano rimaste inascoltate; e un'immensa rabbia, un odio che mai avrebbe pensato di possedere si era impadronito di lei, facendole dimenticare gli anni passati a Erebor, gli anni passati con lui. Aveva sepolto le emozioni palpitanti, gli sguardi complici, i gesti dolci, le risate spensierate, tutto; aveva trasformato la sua anima, la sua essenza. Ma, nei sogni, tentava ancora di scappare da quel mero destino: lì era ancora Karin di Erebor, che passeggiava per le grandi sale di pietra, nascondendosi di volta in volta dietro una immensa colonna solo per sfuggire al suo sguardo, che saltava cercando di parare dei fendenti mentre rumori di lame cozzavano insieme, che beveva da un grosso boccale di birra finendo col tossire convulsamente, le risate che le rimbombavano nelle orecchie. Ma poi, quando si svegliava, tornava bruscamente alla realtà: non un suono le giungeva, solo un vuoto e freddo silenzio; la solitudine la ghermiva e la cullava come una madre fa col figlio, stringendola nel suo abbraccio che sapeva di oppressione e sofferenza. E lì, allora, rammentava che Karin di Erebor era morta: esisteva solo la Traditrice, l'Esiliata senza nome.

Strinse i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nella carne, sentendo bruciare là dove si era ferita: probabilmente si era riaperta.

Riaprì gli occhi, vedendo una piccola bolla rossa sulla fasciatura fresca, che aveva cambiato da poco; sospirò affranta, abbassando il capo. Doveva smetterla di crogiolarsi nei ricordi, non sarebbe servito a niente: anche se fosse riuscita a ristabilire il proprio onore perduto e quello del suo clan, nulla sarebbe tornato come prima, lo sapeva bene. Il passato e quello che era accaduto... bé, era passato. Eppure, da quando faceva parte della Compagnia, le era ripiombato addosso come una valanga; le bastava guardare gli altri nani per far riemergere ogni emozione sopita: le bastava guardare Thorin.

Represse un ringhio frustrato, sbattendo i pugni sul tavolo: prima o poi sarebbe impazzita, lo sapeva. E la corazza che tanto ostentava e di cui si vantava sarebbe crollata in mille pezzi.

Sarebbe fuggita anche subito, se non avesse avuto uno scopo da raggiungere ma, per il momento, si sarebbe accontentata di uscire dalla stanza per fare quattro passi e calmarsi.

Decisa, spalancò la porta e marciò nel corridoio talmente in fretta che, per poco, non si scontrò con un'alta figura vestita di grigio.

<< Oh, andiamo di fretta? >> la domanda gioviale le fece alzare gli occhi verso Gandalf, un sorrisetto piuttosto compiaciuto sulle labbra << Stavo giusto venendo da te >>.

<< Oggi è la mia giornata fortunata >> sbottò sarcastica << la giornata delle visite >>.

<< Posso entrare un attimo in camera? >> le chiese, come se non l'avesse nemmeno udita.

Karin annuì, tornando tra quelle quattro mura che, ormai, costituivano la sua prigione: fece un cenno allo stregone perché si accomodasse sulla sedia di legno, mentre lei si sedette sul materasso del letto.

Gandalf si accese la pipa e, poco dopo, piccoli cerchi di fumo si disperdevano per la stanza: Karin restò a guardarli in silenzio, aspettando che l'ospite prendesse la parola per primo.

<< Non ho avuto modo di parlare a quattrocchi con te, e me ne scuso. Come ti senti? Eravamo tutti preoccupati >>.

<< Sto meglio >> replicò asciutta; sperò che la bugia lo convincesse, ma capì subito d'aver fallito.

Gandalf la guardò attentamente, un sopracciglio alzato in modo scettico.

<< Ho incontrato Thorin, poco fa; era venuto da te? >>.

Karin annuì, senza parlare.

<< Era molto preoccupato, sai; è venuto a farti visita anche ieri sera, mentre dormivi >>.

Un sottile senso di disagio le artigliò il cuore, facendole spostare lo sguardo verso lo stregone che, invece, continuava a sorriderle affabile, contento d'avere la sua attenzione.

<< Preoccupato? >> Karin emise un verso incredulo e sprezzante << E' molto più facile che faccia amicizia con un elfo! E poi, non mi pareva lo fosse così tanto >>.

<< Thorin ha un modo molto particolare di esternare i suoi sentimenti; specie se si tratta di te >>.

La ragazza fece finta di non aver udito, ed agitò la mano come a voler scacciare una creatura molesta.

<< E poi perché mai dovrebbe temere per me? Era solo un lieve malore >> disse, la voce improvvisamente tremante e incerta.

Gandalf rimase in silenzio per alcuni secondi, decidendo di assecondare il suo cambio d'argomento << Non è del tutto esatto; sappiamo entrambi che non era un “lieve malore”, come l'hai chiamato tu. Ma qualcosa di più profondo e terribile >> ora aveva smesso di sorridere e fumare, e l'osservava con occhi azzurri indagatori, sguardo che a Karin non piacque. Scattò in piedi, furente ed allarmata al tempo stesso.

<< Cosa vorresti dire, Gandalf? Tu cosa sai? >>.

<< Tranquilla, non serve agitarsi in questo modo. Ora ti spiegherò tutto ma, ti prego, siediti >>.

La ragazza, a malincuore, fece come ordinato, aspettando trepidante.

<< Poco dopo aver finito di cenare, tutti si sono avviati verso le loro stanze, esausti dalle fatiche sopportate negli ultimi giorni; sono stato chiamato da Kili, perché aveva sentito dei rumori strani provenire dalla tua stanza: urla e gemiti soffocati, disse, così mi sono permesso d'entrare. Ti giravi e rigiravi sul materasso, tremante e sudata, in preda a dolorosi incubi: non ho provato a svegliarti, sarebbe stato peggio. Ho mandato il giovane nano a chiamare Thorin e, nel frattempo, ti ho preso il polso e messo una mano sulla fronte per farti calmare: ed è stato allora che li ho visti >>.

Karin non fece nulla per reprimere il brivido gelido che le percorse il corpo e, istintivamente, si portò le mani alle braccia, stringendo la stoffa che le copriva.

<< Cosa hai visto? >> sussurrò, incapace di guardarlo: temeva la risposta che gli occhi e le labbra dello stregone le avrebbero dato.

<< Frammenti dei tuoi incubi >> rispose, la voce improvvisamente stanca e vecchia << ricordi orribili, che mai nessuno dovrebbe possedere >>.

<< La tua pietà non li cancellerà; nulla potrà farlo >>.

<< Lo so, ma la mia non era pietà: so che non la vuoi, non la vorrebbe nessuno >>.

<< Chi altri sa quello che è successo? >> chiese con voce incolore, come se stesse parlando del trascorrere del tempo.

<< Solo io li ho visti. E nella stanza eravamo Thorin, Kili e il sottoscritto, anche se poi il giovane nano è stato rimandato a letto >>.

Karin capì alcune cose inspiegabili che l'avevano tormentata durante tutta la giornata << Ora capisco perché lui e Bilbo continuavano a lanciarmi strane occhiate, sia stamattina che oggi >>.

<< Bilbo? >> chiese incredulo lo stregone.

<< Sì, a quanto pare Kili l'ha messo al corrente; o ha origliato senza essere visto >> disse, massaggiandosi le tempie.

L'altro si passò una mano sulla barba grigia, pensieroso.

<< Nessun altro deve saperlo, Gandalf. Voglio che questo fatto venga dimenticato, per quanto possibile >> sapeva che era una pretesa assurda, non dopo che quattro persone erano a conoscenza di parte del suo segreto. Ma, se non avessero parlato, forse se ne sarebbero dimenticati. E ci sarebbe riuscita anche lei.

<< Come vuoi. Ma sappi che, adesso, non sei più nella foresta da sola. Fai parte di una compagnia, con individui che, bene o male, stanno imparando a conoscerti e rispettarti. Agendo di testa tua e pensando solo a te stessa, stai minando la fiducia che ripongono in te; non dico di metterli al corrente subito ma, prima o poi, dovrai dare spiegazioni >>.

Karin rimase in silenzio, non sapendo che dire: portò un braccio indietro, riconoscendo il manico di Iris; se la portò accanto, sfiorando i punti dove Thorin l'aveva impugnata, ma si ritrasse quasi subito, come se si fosse scottata. Sospirò per l'ennesima volta.

<< Ma non sono venuto qui solo per dirti questo: tra poco potremo proseguire il viaggio verso Erebor >>.

<< Davvero? >> chiese stupita; in parte, sentì un lieve sollievo alleggerirle il cuore.

<< Oh sì. Il piano sarà molto semplice: domani verrà costituito il Bianco Consiglio, a cui dovrò partecipare; ci sono fatti di cui devo mettere al corrente il capo del mio ordine, Saruman il Bianco. Nel frattempo, voialtri potrete lasciare Gran Burrone – in tutta segretezza s'intende. Mi aspetterete alle Montagne Nebbiose >> si alzò dalla sedia, riponendo la lunga pipa dentro la tasca. << Bene, non ti ruberò altro tempo: mi aspetta una serata piena di rivelazioni >> le fece l'occhiolino e sorrise di fronte alla sua espressione perplessa, avviandosi poi verso la porta.

Quando si ritrovò di nuovo sola, si prese un po' di tempo per rimuginare su quanto aveva udito; sarebbero andati via da lì e, forse, gli incubi avrebbero smesso di perseguitarla. Doveva solo mettere più leghe possibili da Gran Burrone, e dagli elfi che vi abitavano. Con un moto di stizza ripensò ai fatti della sera precedente, dandosi della stupida per essersi fatta vedere così fragile e debole e, soprattutto, per non ricordare alcunché. Anche dopo essersi presa la testa tra le mani ed aver serrato gli occhi, non riusciva a rammentare. Concluse che, per il momento, avrebbe agito di testa sua, non dicendo nulla. Quando si sarebbe presentata l'occasione di rivelare la verità, bé... ci avrebbe pensato allora.

Il suo ultimo pensiero, mentre si affacciava alla finestra e la spalancava, si rivolse inavvertitamente alla frase dello stregone.

Era molto preoccupato, sai; è venuto a farti visita anche ieri sera, mentre dormivi”

Quindi, era per questo che l'aveva scoperto in camera sua: era così preoccupato che non aveva perso tempo a polemizzare, sia sulla spada che su di lei. Eppure una parte di lei si sentiva... felice; era una sensazione vaga e molto lontana, perfino sconosciuta. Non ricordava l'ultima volta in cui si era sentita così ma, di sicuro, era successo prima di tutto ciò che l'aveva portata nell'oblio. Non aveva idea di quanto fosse costato a Thorin presentarsi lì, mettendo da parte orgoglio e risentimento, guardarla negli occhi e raccontarle ciò che aveva vissuto.

Non era stato facile nemmeno per lui, a conti fatti: si era ritrovato a governare un popolo senza patria in un perenne esilio, senza una figura paterna a sostenerlo. Il fato non era stato clemente. Anche lui aveva sofferto, e soffriva tutt'ora; e lei si sentì tremendamente in colpa per questo. Forse Thorin aveva sempre avuto ragione: avrebbe dovuto lottare di più, resistere.
No
concluse: lei non aveva colpa, aveva fatto tutto quello che aveva potuto, anche se non le avevano lasciato scelta, togliendole la libertà.

Fece passare lo sguardo sulla valle e i sentieri che si districavano sotto di lei; le lanterne vennero accese da alcuni elfi, e mandarono bagliori biancastri illuminando di poco il paesaggio. La notte trasformava quel luogo in qualcosa di surreale, ma aveva anche qualcosa di terribilmente inquietante.

Non vedeva l'ora di andarsene.



Il giorno dopo, uno strano fermento scuoteva i nani: a colazione si lanciarono brevi ma penetranti occhiate, capendosi al volo. Sarebbero partiti di lì a breve, dovevano solo aspettare l'occasione giusta; fuori, sotto un padiglione di pietra dalla cupola intarsiata e dalle colonnine tortili intrecciate con foglie verdi, si erano riuniti per discutere gli ultimi dettagli; si erano tutti accesi la loro pipa, ed ascoltavano in silenzio le parole di Thorin, che li raccomandava di essere pronti, con i propri bagagli in spalla e le armi al fianco.

<< E per le provviste, come facciamo? >> chiese Bombur, piuttosto preoccupato; alcuni scossero la testa a mo' di rimprovero, Kili e Fili ridacchiarono.

<< Ci ho già pensato io >> disse Nori, pulendo con aria noncurante la pipa << diciamo che i nostri gentilissimi ospiti ci hanno offerto molto cibo per il viaggio >>.

<< Hai rubato dalle loro dispense? >> Bilbo era a dir poco stupefatto << Ma come hai fatto? >>.

Il nano scrollò le spalle << Non è stato difficile. E poi, anche a Vicolo Cieco credo d'aver preso in prestito qualche posata, o qualche bicchiere, ma non te ne sei accorto. Direi che il vero scassinatore non sei certo tu, hobbit >>.

Il volto di Bilbo divenne di un rosa acceso, indignato fin nella punta delle orecchie << Ma come... >>.

<< Silenzio, voi due! >> esclamò Thorin, mettendo fine ad ogni altra frase.

<< Se la fortuna ci assiste, dovremmo trovarci vicino alla pietra grigia quando... cosa c'era scritto di preciso sulle rune, ragazzo? >>.

<< Sta vicino alla pietra grigia quando picchia il tordo e l'ultima luce del sole che tramonta nel giorno di Durin splenderà sul buco della serratura >> recitò il re << Ma non sono molto ottimista in questo momento, amici miei; non credo che la fortuna potrà assisterci. Ora ci conviene andare nelle nostre stanze: quando verrà il momento d'andare verrete chiamati >>.

Si congedarono da quella sorta di riunione, ed ognuno tornò ai propri alloggi per prepararsi, un leggero senso d'inquietudine e d'ansia che non li abbandonava.

Karin passeggiava nervosamente per la stanza, in un'attesa febbrile che la consumava: non riusciva a stare ferma, mentre il fodero di Iris non faceva che rimbalzarle sul polpaccio; lanciava continue occhiate fuori, nella speranza di vedere qualcuno farle un cenno, oppure di intravvedere l'alta figura dello stregone insieme a Elrond, così da poterle dare conferma della fuga. Invece nulla, tutto taceva. Ed il suo nervosismo aumentava di minuto in minuto.

Passarono ore, ed il sole si levò alto nel cielo; era sempre più inquieta: forse qualcosa era andato storto, e la partenza era stata rinviata... ma, anche in quel caso, l'avrebbero avvertita. Vero? Per un attimo si immaginò d'essere rimasta sola a Gran Burrone, mentre gli altri avevano già messo più leghe possibile da lì: impossibile pensò Bilbo non l'avrebbe permesso; né Balin, Kili o Fili.

Ma, d'altronde, che ruolo avevano nella compagnia? Per quanto potessero opporsi, non erano loro a prendere le decisioni...

Un lieve bussare alla porta la fece sobbalzare spaventata, tanto era immersa nei pensieri; scattò veloce alla maniglia, afferrandola e tirando, senza nemmeno chiedere chi fosse: si trovò Bilbo, uno strano luccichio negli occhi grigi. Per un fugace momento fu tentata di saltargli al collo ed abbracciarlo, per poi tirargli un pugno sul volto, visto lo spavento che si era presa; invece lo strattonò dentro, guardando se ci fossero elfi nei paraggi.

<< Finalmente! >> esclamò spazientita << Si può sapere quando ce ne andiamo da qui? Credevo che... oh, non importa! Allora? >>.

<< Mi hanno appena avvisato, e sono subito corso qui. Ci siamo >>.

Karin lo osservò attentamente, accigliata << Cosa c'è che non va? Non sembri entusiasta >>.

<< Non lo sono, in effetti >> sospirò lo hobbit, il volto triste.

La ragazza incrociò le braccia al petto aspettando che continuasse, ma l'altro non lo fece; alzò un sopracciglio, chiaro invito a spiegarsi meglio; Bilbo intuì, schiarendosi la voce.

<< No, è che... insomma... bé, questo posto mi piaceva >> disse, evitando di guardarla negli occhi: perché sapeva che non vi avrebbe letto nulla di buono.

Karin rimase senza parole, non credendo alle sue orecchie; d'accordo, forse lei aveva tutte le ragioni del mondo per odiare quelle creature ed ogni gesto che compivano, ma arrivare a comprendere perché Bilbo volesse rimanere lì non le fu difficile: buon cibo – e abbondante – luogo magico, creature dalla voce melodiosa e dalla conoscenza pressoché infinita, pace e tranquillità. Esatto opposto di ciò che aveva trovato in compagnia di quattordici nani.

<< Vuoi rimanere? >> chiese tagliente; non avrebbe voluto usare quel tono di voce, ma le era uscito spontaneo, senza rendersene conto.

<< No, no, dico davvero! Solo che mi ero abituato a tutte le comodità >>.

<< Stare qui non è come essere tornato a casa >> ribatté piccata << quindi, tanto vale che vieni con noi: prima partiamo e prima finirà questa missione >>.

<< Lo so che non sarà mai come essere tornato nella Contea! >> esclamò lo hobbit << Ma è così impossibile chiedere un po' di pace in un luogo che può dartela? E poi, chi mi assicura che tornerò? Questo è un viaggio suicida! Perché ce l'hai tanto con gli elfi? >> cercò di darsi una calmata, capendo di aver alzato il tono di voce; rimase perplesso, totalmente sconcertato: perché erano finiti a litigare?

Vide Karin osservarlo con occhi infuocati, scintillanti di rabbia; spostò lo sguardo altrove che non fosse il suo viso, mordendosi la lingua: aveva compromesso il loro rapporto con quelle frasi?

Accidenti a lui, a lei, e all'intera Terra di Mezzo!

<< Hai ragione, Bilbo; Questa è una vita perfetta per te, dico davvero: ma tu hai dato la tua parola, ed essa è impressa in chiare lettere, nero su bianco. Devi aiutarci, senza di te la compagnia perderebbe un valido membro >>.

<< Valido membro? >> ripeté lui, incredulo << Non vengo visto così dagli altri >>.

<< Chi ci ha aiutati con i Troll, capendo di dover prendere tempo? Se non ci fossi stato tu ora saremmo nel loro stomaco >> gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla << e sono certa che ci aiuterai ancora, in futuro: è vero, non è detto che tornerai a casa, ma ti giuro che farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti a fare ritorno nella Contea. Combatterò fino alla morte, se sarà necessario >>.

<< Non serve morire, davvero; ma grazie comunque, lo apprezzo molto >> le sorrise, e lei fece altrettanto; Bilbo si sentì meglio, sollevato sia dalle sue parole che dal sorriso: con una punta d'orgoglio, constatò che era l'unico che aveva ricevuto il privilegio di vederlo. O, almeno, era stato il primo da quando l'avevano esiliata. Perché ormai era certo che, molto tempo prima, altri sorrisi disarmanti e profondamente sinceri erano stati rivolti a Thorin.

E, di nuovo, dovette compiere uno sforzo per non chiederle qualcosa di più. Su di lei. Su di loro.


La Compagnia al completo – ma senza Gandalf – si trovò nella piccola sala che precedeva il corridoio delle stanze; si aggirarono furtivi lungo i corridoi aperti, guardando in ogni direzione alla ricerca di elfi: non incontrarono nessuno, fatto che li allarmò e consolò contemporaneamente. Ora all'aperto, procedettero con più cautela, avanzando però ad un passo più spedito nel timore di venir scoperti e mandare tutto all'aria; ripercorsero il cortile di pietra, passando accanto alle alte statue, e si diressero verso il sentiero ripido che li avrebbe riportati nelle pianure desolate e rocciose delle Terre Solitarie.

Bilbo si girò un'ultima volta a contemplare Gran Burrone, le mani che stringevano il bastone con cui si aiutava a camminare; i riflessi del sole giocavano a riflettersi sull'acqua delle cascate, creando di volta in volta alcuni arcobaleni, che coloravano la valle o le rocce: il palazzo sembrava risplendere di luce propria, mandando lampi bianchi, così abbaglianti che ti costringevano a stringere gli occhi. Gli parve di sentire gli elfi cantare, voci melodiose ed eteree che si perdevano nell'aria; mai come in quel momento il suo cuore parve gonfiarsi di nostalgia.

<< Avanti, signor scassinatore; non perdere il passo >> lo redarguì Thorin, svegliandolo dai suoi pensieri: mancavano solo loro due, il mantello di Karin era svanito con un fruscio dentro l'angusta apertura che li aveva condotti lì. Con un cenno d'assenso, lo hobbit si impose di camminare, mettendo un piede davanti all'altro: se fosse rimasto ad ammirare ancora un po' quel luogo, probabilmente avrebbe deciso di rimanere.


Camminarono a lungo, le Montagne Nebbiose che si avvicinavano sempre più, minacciose e fredde; nonostante si trovassero ancora sulle pianure tirava un vento freddo, quello che ti entra nelle ossa e là rimane, per quanto tu possa essere vestito.

Poi la pianura lasciò il posto alle rocce aspre e, i nani più lo hobbit, presero un sentiero che li avrebbe portati su, sempre di più, in un cammino tortuoso e solitario; l'aria si fece gelida, il passo più stretto sul fianco della montagna: se avessero compiuto un passo falso, o fossero inciampati o scivolati su una pietra, sarebbero precipitati in un dirupo via via sempre più profondo e buio.

A questa situazione se ne aggiunse un'altra, molto più spiacevole: una pioggia violenta e spietata non diede loro tregua per giorni. Dormirono poco niente, cercando di ripararsi come potevano, calando meglio i cappucci sui volti, stretti gli uni agli altri per cercare un po' di calore. Ma non funzionò granché.

Il povero Bilbo rivolgeva spesso il pensiero verso casa o, anche, a Gran Burrone: sembravano passati anni da quando aveva raccolto in fretta e furia alcune cose da riporre nello zaino, temendo di arrivare troppo tardi per raggiungerli; pensò con nostalgia alla tavola imbandita dell'Ultima Casa Accogliente, al lieve tepore che poteva trovare solo sotto delle coperte, al fuoco che scoppiettava allegro nel camino e, per qualche attimo, poté quasi percepirne il calore attraversargli le membra. Ma una folata di vento lo fece ripiombare alla brusca realtà: rabbrividì più volte, battendo i denti così forte che temette di romperseli; girò il capo sia a destra che a sinistra, osservando i volti dei nani: erano per lo più abbattuti e desolati, infreddoliti fin nel midollo. Eppure, la tenacia nel proseguire cercando di raggiungere la meta spronandosi a vicenda, scatenava in lui un'ammirazione sconfinata! Non aveva mai incontrato nessuno con uno spirito di rivalsa così forte; lo facevano sentire così piccolo ed insignificante rispetto alla loro forza d'animo! Ma, qualche volta, trovava dentro di sé un coraggio ed un'intraprendenza che non avrebbe mai pensato di possedere. E tutto grazie a quei compagni che erano piombati in casa sua: certo, non riusciva ancora a considerarli amici - o almeno non tutti – dato che lo vedevano ancora restio ad avventure e desideroso di tornare a casa, ma in cuor suo sperava davvero di risultare migliore ai loro occhi.

Perso com'era nei suoi ragionamenti, non si accorse che gli altri si erano fermati, andando a sbattere contro la schiena di Bofur; l'altro parve non accorgersene, la testa rivolta verso l'alto, la bocca spalancata dallo stupore. Seguendolo, Bilbo rimase di stucco a sua volta nel vedere cosa ci fosse: un gigante. Un gigante di pietra!

<< Per la barba di Durin! Allora le leggende dicevano il vero! >> esclamò forte Bofur, per farsi sentire in quella tempesta.

Rimasero attoniti e stupefatti a guardarlo, finché quello non staccò un grosso pezzo di roccia, scagliandolo verso di loro. Bilbo udì grida ed imprecazioni, e non si accorse di urlare di paura a sua volta, terrorizzato; venne schiacciato contro la parete dal braccio di qualcuno, mentre dall'alto piovevano massi grandi come la sua porta di casa.

<< ATTENTI!!! >>.

Qualcuno urlò quest'avvertimento, ma non seppe dire chi o perché: poi, la stessa montagna parve tremare.

Sentì un forte dolore alle costole e, girandosi verso destra, vide che Karin gli aveva appena sferrato una gomitata, indicandogli convulsamente il cielo: lì per lì non capì ma poi, seguendo il suo dito, sentì gli occhi spalancarsi ed il fiato mancargli.

Il gigante di pietra non mirava a loro, ma ad un altro che era dietro la loro montagna! Ora ce n'erano due, ed entrambi si lanciavano i macigni come fossero sassetti leggeri: non aveva mai visto uno spettacolo del genere, stupefacente e terrificante insieme.

Era una battaglia. Una lotta tra quelle immense creature.

E loro, sfortunatamente, erano capitati nel mezzo.


Continuava a piovere, e lampi e tuoni illuminavano e saturavano l'aria; il vento feriva gli occhi, costringendoli a tenerli socchiusi. Oltretutto erano impossibilitati a muoversi: anche se si fossero avventurati lungo il sentiero, erano costretti a fermarsi per ripararsi dai massi che cadevano senza sosta, lanciati dagli sfidanti.

Cercavano di schivarli il più possibile, ma più di una volta avevano trattenuto il respiro, consci che un lieve movimento avrebbe potuto portarli giù, nell'abisso.

Karin maledì quella dannata situazione, gridando di dolore quando un sasso grosso come il suo pugno le precipitò addosso, ferendole una spalla.

Improvvisamente, sentì la roccia spaccarsi sotto i suoi piedi; guardando verso il basso, notò una profonda crepa che andava ingrossandosi sempre più, mentre le gambe prendevano due diverse direzioni: possibile dovesse proprio spezzarsi sotto di lei?

Sentì due diverse prese sulle braccia, una più forte e l'altra debole: Kili e Bilbo cercavano di portarla dalla loro parte, per evitare che precipitasse; tutto accadde così velocemente che non ebbe bisogno di pensarci: il corpo agì da solo, portandola a saltare dalla parte del nano.

Ora il gruppo era diviso, e tutti si chiamavano disperati. Non poteva esserci situazione peggiore, pensò Karin. Ma dovette ricredersi molto presto.

Il punto dov'erano iniziò a tremare e sgretolarsi: urlò come mai in vita sua, spaventata da quello che stava per accadere; indietreggiò senza motivo, finendo addosso a Kili, ma non ci fece caso. Erano troppo impegnati a cercare di reggersi l'un l'altro, mentre il loro macigno veniva alzato: erano spacciati, se il gigante li avesse lanciati sarebbero morti!

Invece non accadde: l'altro gigante fu più veloce, passando al contrattacco; tirò un masso, mancando di parecchi metri il loro aguzzino. Seguendone la traiettoria, videro con sgomento che i giganti erano aumentati: ora, erano tre!

La lotta si fece più serrata, ma loro rimasero ad oscillare avanti e indietro, ancora nelle “mani” del gigante: era la loro occasione, dovevano fuggire. Se fossero riusciti a raggiungere un'altra sporgenza o crepa, sarebbero scampati.

<< SALTATE!!! >>.

L'ordine che l'altro gruppo urlava li spronò ad agire: ma quando si prepararono, il masso si spostò veloce verso il fianco della montagna, portandoli a scontrarsi con esso. Karin chiuse istintivamente gli occhi, vedendo la sua fine farsi vicina, troppo vicina.

<< KILI!!! >> udì la voce di Thorin chiamare il nipote, sorpresa: non doveva essere morta, in teoria?

Aprì gli occhi, vedendo che era riuscita ad infilarsi in una apertura della montagna, abbastanza spaziosa per starci comoda; ebbe un'improvvisa voglia di ridere alla morte scampata, ma sentì qualcuno tirarla fuori, il braccio stretto in una morsa: il volto stravolto di Kili entrò nel campo visivo, ma le concesse un breve sorriso, felice anche lui d'essere ancora vivo. Ora dovevano solo raggiungere gli altri, poco lontani. Camminarono a ridosso della roccia, venendo aiutati dall'altro gruppo: Bilbo le tese una mano, aiutandola a schivare una crepa; finalmente erano in salvo.

Più o meno.

Un fulmine colpì la cima della montagna staccando altri pezzi di roccia, che rotolarono giù; fu una questione di un attimo, per Karin: una volta riabbassato il capo, vide che Bilbo era sparito, e Bofur gridava qualcosa, seguito da quelli che stavano vicini.

<< Bilbo, aggrappati! >>.

<< BILBO!!! >> gridò, con quanto fiato le rimaneva: lo hobbit era attaccato disperatamente al bordo della roccia, il volto sconvolto, incapace perfino di urlare per chiedere aiuto. Si accucciò immediatamente per aiutarlo, tendendogli la mano.

<< Avanti, afferrala! >> sentiva il cuore rimbombarle nelle orecchie, ogni fibra del corpo alla disperata ricerca di mantenere i nervi saldi: perché non la prendeva? Cosa aspettava, di cadere?

<< Bilbo, dai! DAI! >>.

Lui parve riscuotersi, e sbatté le palpebre, confuso: staccò una mano, intrecciando le dita con le sue. Karin si sentì sollevata, ma fu troppo presto per cantar vittoria: percepì il vuoto sotto le ginocchia, e lo stomaco le arrivò alla gola, mozzandole il respiro. Che stava succedendo?

Si vide inclinarsi verso Bilbo che, d'altro canto, gridava atterrito il suo nome, senza lasciare la presa: ma allora perché si stava avvicinando a lui invece che tirarlo a sé?

Poi d'improvviso capì: stava cadendo anche lei, sarebbero precipitati entrambi nel vuoto. La roccia doveva essersi sgretolata, ed ora sarebbe morta: buffo come il suo attaccamento alla vita diventasse più forte di qualsiasi altra cosa, perfino della paura; eppure, non ci aveva mai tenuto davvero, alla sua vita.

La gravità la chiamava, ma qualcosa sembrò volerla trattenere; sentì uno strattone allo stivale, all'altezza della caviglia: cercò di voltare il capo, riconoscendo parzialmente gli avambracci scoperti e tatuati di Dwalin. L'aveva afferrata in tempo per il piede, salvando lei e lo hobbit: ma non avrebbe resistito per molto, da solo; erano troppo pesanti anche per lui.

<< Non lasciare la mia mano! >> gridò a Bilbo, troppo spaventato per parlare.

Scosse la testa, dicendole poi qualcosa, che non riuscì a cogliere: le fischiavano le orecchie, poiché era a testa in giù.

<< Riesci a portarmi verso sinistra? Thorin >> non terminò la frase che l'altra aveva spostato la testa, vedendo che il re era da quella parte, ed era sceso poco più in basso per aiutarli; Karin valutò che, in linea d'aria, era un'ottima posizione per atterrare. Doveva solo avere abbastanza forza da muovere Bilbo, facendolo oscillare verso la salvezza.

Gli afferrò entrambe le mani, iniziando a dondolare il busto prima a destra e poi a sinistra: l'altro la aiutò, adattandosi ai movimenti; sentì che anche Dwalin li accompagnava per facilitarli, e gliene fu immensamente grata.

Continuarono finché non oscillò abbastanza da permettere a Thorin di prenderlo, sotto le grida e i richiami degli altri, che aiutavano Dwalin a reggerli; finalmente Bilbo fu in salvo, venendo afferrato in tempo dal nano, che lo issò su senza tanti complimenti. Ora veniva il difficile: toccava a lei.

<< AVANTI! >> la richiamò Thorin, protendendosi per prenderla: ormai era sul bordo della rupe.

Karin voltò il capo verso Dwalin, facendogli un cenno perché l'oscillasse un po' di più: il nano lo fece e, ad un urlo della ragazza, la lasciò andare.

Il panico le fece salire un'adrenalina mai provata prima.

<< KARIN!!! >> Thorin urlò con quanto fiato aveva in gola, vedendo la ragazza volare verso di lui, le braccia tese.

Tutto sembrò svolgersi al rallentatore: Karin, dopo l'iniziale ascesa, ora iniziava a scendere verso il basso; se non fosse riuscita ad afferrargli le mani, sarebbe caduta.

Il nano cercò di sporgersi ancora: il cuore rallentò la sua folle corsa quando non riuscì a prenderle una mano.

L'aveva persa, sarebbe morta.



Invece non accadde: le dita le afferrarono l'altro arto in una morsa ferrea; con quanta forza aveva – poca, ormai – tirò, portandola tra le sue braccia. Arretrò addosso alla roccia sentendo la schiena dolergli dal colpo preso, schiacciato com'era tra la montagna e il corpo di lei; Karin tremava forte, le mani chiuse a pugno che gli artigliavano la pelliccia e una mano, il volto seppellito nel suo petto. Senza rendersene conto spostò il braccio libero, posandolo sulle spalle di lei, scosse dal terrore della morte.

Rimasero così per lunghi secondi, i cuori che avevano ripreso a battere veloci, ripensando a quegli interminabili momenti nei quali Karin aveva rischiato di perdere la vita: lei ansimava, gli occhi ancora serrati che non volevano aprirsi. Godette del tepore che emanava il corpo di Thorin, incurante dell'odore penetrante di sudore o della pioggia o del vento attorno, sentendolo vivo. Una sensazione che avrebbe dimenticato se non fosse riuscita a prendergli la mano: aveva temuto il peggio quando lui aveva mancato la presa; gli occhi le si erano sbarrati, il respiro le era mancato, la testa aveva iniziato a vorticare veloce. Quante questioni sarebbero rimaste sospese, il suo scopo si sarebbe frantumato in schegge di vetro: invece si era salvata. Lui l'aveva salvata. E ora la stava abbracciando.

<< E' finita >> un sussurro lieve, ma che ebbe il potere di scuoterla: alzò gli occhi, scontrandosi con lo sguardo sollevato di Thorin, nella profondità della freddezza che li contraddistingueva.

Rimase a guardarlo inebetita, ancora troppo sconvolta per ciò che aveva appena passato: fu sempre lui a condurla delicatamente su, dagli altri; venne subito circondata da dodici nani e da Bilbo, tutti ansiosi di appurare la sua salute. Rimase in uno stato quasi catatonico mentre veniva trascinata dentro una grotta umida e fredda ma, almeno, erano al riparo dalla pioggia e dal vento.

<< Niente fuochi >> ordinò Thorin a Gloin e Oin << non sappiamo cosa nascondano queste caverne, nella loro profondità >>.

La fecero sedere, mentre gli altri prendevano posto, accasciandosi pesantemente, stremati ed esausti; non parlarono, cercando di dormire e riprendere le forze, cercando di dimenticare un poco la loro disavventura.

Karin sprofondò in un sonno nero e buio, svegliandosi dopo alcune ore, una smorfia di dolore dipinta in viso: per sbaglio si era girata dalla parte della spalla contusa. Diede un'occhiata fuori, notando quanto fosse ancora più buio; gemette debolmente, scostandosi la camicia e il corpetto di cuoio, notando un esteso livido violaceo dove l'aveva colpita il sasso, più altri graffi lungo le braccia e le gambe.

Grugnì piano quando provò a muovere il braccio colpito capendo che, forse, era meglio se l'avesse lasciato stare.

Sentendo qualcuno muoversi, spostò il capo verso l'imboccatura della caverna, riconoscendo l'imponente figura i Dwalin, seduto a terra ed intento a fare la guardia; ormai il sonno non l'avrebbe colta per un po', quindi si alzò il più silenziosamente possibile e, schivando varie teste e grossi stivaloni, lo raggiunse, sedendosi accanto.

Gli sorrise appena, guardandolo negli occhi << Grazie, Dwalin. Per prima: se non ci fossi stato tu adesso non sarei qui >>.

Lui borbottò qualcosa in risposta, cercando di far piano per non svegliare nessuno. Poi rimase in silenzio per un po'.

<< Anche se l'ho fatto, non cambia nulla. Tu rimani la traditrice >> disse, infine.

Karin gli rivolse un'occhiata di fuoco, mordendosi la lingua dal nervosismo << Dovresti conoscermi abbastanza da sapere che questo non è vero! >> sussurrò di rimando, iniziando ad arrabbiarsi.

Dwalin le restituì lo sguardo, per nulla intimorito dal tono che aveva usato << Ti sei rivelata diversa da come ti conoscevo; mi fidavo. Thorin si fidava >>.

La ragazza si passò una mano sul collo, massaggiandoselo << Prima di giudicare dovreste sentire come sono andate veramente le cose; se solo sapeste... >> lasciò la frase in sospeso, gli occhi neri lontani e duri   << ma non è questo il momento >>.

<< Come pretendi il perdono se non vuoi parlarci del passato? Così facendo rimarrai per sempre una rinnegata >> sbottò, gli occhi scintillanti di rabbia che, ormai, conteneva a stento; Karin decise che era ora di concludere il discorso.

<< Non temere, presto lo saprai; e poi potrai pensarla come più ti pare! Volevo solo ringraziarti per avermi salvata ma, forse, ho commesso un errore venendo qui >> si alzò prima che potesse replicare, tornando veloce al suo giaciglio, schiumante di collera; strinse il mantello con foga, cercando di riaddormentarsi, ma non ci riuscì: le ore si susseguirono e, ora, di guardia stava Bofur. Percepì qualcosa mentre la stanchezza sembrò prenderla, come qualcuno che avesse deciso di andarsene, ma veniva trattenuto: forse se lo immaginò, ma le parve fosse Bilbo. Avrebbe voluto alzarsi, ma le membra erano così stanche e pesanti che non riuscì: poi, le palpebre si abbassarono, finalmente...

<< Svegliatevi! >>.

L'ordine di Thorin la fece scattare seduta, appena in tempo per vedere una crepa crearsi vicina a lei e la sabbia che, veloce, scendeva nella fessura: ma cosa era?

Non riuscì a darsi una risposta che il suolo si aprì, inghiottendoli e portandoli nell'oscurità.

Scivolarono rapidi su dei canali stretti e lisci che li portarono giù, sempre più giù nelle profondità della montagna; urlarono durante tutta quella folle corsa, agitando le braccia e le gambe, cercando di fermarsi. Caddero ancora, ancora e ancora, non trovando appigli per aggrapparsi: l'oscurità si dipanò, vedendo una specie di porta spalancarsi ed una luce sinistra color rosso li accolse. Finalmente si fermarono, ammucchiandosi l'uno sopra all'altro, ma non riuscirono a liberarsi, o a spostarsi. Dando una rapida occhiata attorno, Karin vide che erano finiti dentro una grossa gabbia fatta di lunghe ossa mostruose intrecciate tra loro: la faccenda le piacque ancora meno.

Erano in trappola.

Di nuovo.








CANTUCCINO DELL'AUTRICE

Puff puff puff, che partoooo!!! mamma mia, cancellavo e riscrivevo, ricominciando da capo ç__ç

Buonasera/notte ^^, perdonate l'ora, ma sono qui a postare il quinto capitolo *____*, dove ne succedono delle belle!!!

Come vi è sembrato? Spero di essere riuscita a rendere un po' di emozioni e sensazioni dei protagonisti, più una visione di quello che trovano nel loro cammino: che mi dite dei giganti di pietra? Ci può stare come descrizione o il mio cervello è totalmente fuso XD? Deluse dal dialogo Thorin/Karin (chi sa di essere presa in causa se ne renda conto ;)))))

Bene, quindi come sempre vi esorto a lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate! Anche voi che leggete solamente, fatevi sentire: mi sarebbe d'aiuto per capire se sto seguendo il sentiero giusto verso Erebor XD XD XD!!!

Ringrazio tantissimo le persone che l'hanno inserita nelle liste delle storie preferite, seguite e ricordate (scusate se non vi elenco ç___ç ) e un grazie di cuore a chi ha recensito: Lady of the sea, jaybeautifldarkangel, LadyGuns56, BringMeToLife, Helianto, nini superga, erica0501, MrsBlack090 e Carmaux_95.

Thaaaaaanks ragazze, alla prossimaaaaaa!!! :* :*

Anna <3

  
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