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Autore: GiadaGrangerCullen    25/01/2013    3 recensioni
Storia che descrive molti attimi, spezzoni di varie vite immaginate dalla protagonista e sullo sfondo, la nascita di una storia d'amore.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Davide,
sperando che trovi un po' di senso in questa storia insensata. Buon mesiversario amore mio! <3










Nei film la neve era sempre mostrata come una bellissima coltre bianca, candida e portatrice di silenzio e felicità; veniva sempre tralasciata la sua parte negativa, la poltiglia fangosa che si crea quando inizia a sciogliersi, le lastre di ghiaccio iperscivolose sui marciapiedi. Nei film le strade erano sempre sgombre e la neve, confinata sui tetti degli edifici, sugli alberi e nelle aiuole, creava un'atmosfera magica. Laura non negava che tutto questo fosse meraviglioso, ma esisteva anche l'altro lato della medaglia, soprattutto nel suo piccolo paese di periferia, dove la neve cadeva una volta l'anno e creava solo che disagi. I veicoli spazzaneve non esistevano, le spargisale arrivavano sempre troppo in ritardo, perché dopotutto nessuno si aspettava che la neve arrivasse sul serio anche quell'anno, e così le strade diventavano vere e proprie piste per gli autoscontri. Sotto questo punto di vista la neve era insopportabile.

Sembrava impossibile, ma proprio quel giorno, quando il vialetto d'ingresso era più ghiacciato di un campo da Hockey, lei era in ritardo. Uscendo di casa con la giacca in mano, mettendosi la sciarpa con una mano, mentre con l'altra teneva la borsa semiaperta dalla quale rischiavano di cadere tutti i libri, scivolò e cadde a terra, prendendosi una bella botta sul sedere. Impacciata si sbrigò per finire di vestirsi, chiuse la borsa e si rialzò, e fra una sdrucciolata e l'altra riuscì ad arrivare alla stazione. Purtroppo il suo treno era già partito; quella giornata non stava iniziando bene. Si sedette su una panchina e sospirò, non le rimaneva che aspettare un'ora l'arrivo del treno successivo.

Passare gran parte della giornata sui mezzi, o nelle stazioni, era il topos dei pendolari e Laura non ne poteva più: non vedeva l'ora di finire quella dannata Università e di andarsene per sempre da quell'Italia che non le dava nessuna soddisfazione. Ora però non voleva pensare alla solita noiosa routine quotidiana, doveva trovare qualcosa per impiegare quell'ora di pausa, quell'ora di attesa.
Iniziò a guardarsi in giro, c'era un vecchio poco lontano, che camminava su e giù aspettando. Aveva in mano un ombrello blu, che teneva con la punta in alto come fosse un fucile con baionetta, forse, s'immaginava Laura, per ricordare i tempi antichi durante i quali aveva partecipato alla leva, o magari aveva anche combattuto in qualche guerra. Aveva proprio l'aspetto di un vecchio soldato. Chissà che storie aveva passato! Se lo immaginava da giovane, mentre obbligato a seguire l'accademia militare si sentiva un po' ribelle, lo immaginava nei giorni di permesso che si precipitava a casa a trovare la sua bella... o forse aveva visto fin troppi film.

Succedeva troppo spesso che lei, quando non aveva nulla da fare si mettesse ad osservare la gente.

Eccoli lì, alla sua sinistra, due dolci innamorati abbracciati. Un treno si stava avvicinando, e lui la strinse forte. Lei piangeva, anche da lontano si riuscivano a scorgere le sue lacrime. Non sentiva le dolci parole che si sussurravano nelle orecchie, ma immaginava promesse di un ritorno, si sarebbero rivisti. Ostentavano sorrisi, ma avevano la tristezza negli occhi. Poi lui salì sul treno e lei, seguendo il suo profilo dal finestrino, lo osservava e si muoveva come fossero legati da un filo invisibile. C'erano parole dolci attraverso il vetro, c'era la nostalgia, perché già non potevano più abbracciarsi. Il vagone iniziò a muoversi sempre più veloce. Era un rincorrersi vano, un inseguire ciò che non si poteva raggiungere, solamente per non perdere l'ultimo sguardo della persona amata. Ella si fermò, si arrese e rimase lì, ferma, a fissare il treno che lentamente spariva alla vista. Immobile per non crollare, voltava le spalle a Laura che indiscretamente la osservava. Dopo qualche minuto si scrollò le spalle, si girò e velocemente si diresse nell'edificio, probabilmente verso i servizi, dove da sola non avrebbe dovuto più nascondere il suo dolore e magari avrebbe potuto parlare al telefono con il suo innamorato, per ripetersi a vicenda quanto già sentissero la mancanza l'uno dell'altra.

Laura, sebbene non ci tenesse a soffrire, un po' li invidiava: avrebbe voluto avere qualcuno da amare, anche a costo di doverne sentire la mancanza, avrebbe voluto essere a suo volta amata. Questi pensieri, però, non erano quelli che al momento preferiva, perché la opprimevano. Perciò riprese a guardarsi intorno.

Un gruppo di turisti appena arrivato si stava muovendo disordinatamente; ognuno inciampava nei bagagli dell'altro. Una vecchietta si lamentava dei suoi reumatismi, ma nessuno sembrava ascoltarla, tutti erano troppo indaffarati a cercare di capire cosa avrebbero dovuto fare in quel momento, dov'era la loro guida o altre cose che portavano al disorientamento totale. Un uomo urlò che forse avevano sbagliato fermata, che erano scesi troppo presto, una donna abbastanza in carne gli rispose sbraitando ancora più forte, che no, erano nel posto giusto e urtò per sbaglio una ragazza che imprecò sottovoce, mentre vacillando si rimetteva in equilibrio.

A Laura non piaceva tutto quel trambusto, decise che era meglio trovare un'attività produttiva, quindi si alzò. Entrò nella sala d'attesa e lì, seduto sulla panchina nell'angolo riconobbe un viso familiare. Era lui, il ragazzo che incontrava ogni giorno in treno. Quello che l'aveva sempre colpita, perché leggeva sempre e spesso lei contemplava la copertina dei suoi libri, pensando a quanto interessanti fossero, qualora li avesse già letti, oppure ripromettendosi di fare una visita in biblioteca per allargare la sua cultura. Quel ragazzo che una volta le aveva chiesto se poteva sedersi accanto a lei, quello con la voce tremendamente dolce e dannatamente sensuale. Quel ragazzo che lei segretamente ammirava. Si era fermata a fissarlo senza rendersene conto, solitamente riusciva a non farsi notare, ma ora lui la guardava con stupito interesse.
“Ehm... ciao.” disse lei. “Anche tu in ritardo?”

Doveva pur dir qualcosa per smorzare la tensione.

 

 

 

 

Una bambina piangeva da dentro una culla, reclamando sua madre.

Laura si alzò svogliatamente dal divano, dove sedeva abbracciata a suo marito, Mattew. Prese in braccio la piccola Silvia e tornò a sedersi. Il papà le prese una manina e lei la strinse. Aveva un visino così tenero, come solo i neonati potevano avere, degli occhi così grandi che sembravano fin sproporzionati nei suoi lineamenti, ma per loro rimaneva la creatura più bella dell'universo. Ringraziavano ancora quel giorno di neve che li aveva portati a parlarsi in stazione.








Bonsoire! Eccomi qui con una nuova originale, che lo ammetto mi piaciucchia, nonostante non abbia senso compiuto. Ammetto che inizialmente, appena ho iniziato a scrivere, non avevo idea di dove volessi andare a parare, ma poi è uscita questa.
Mi lasciate un commentino?
Grazie a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere.
GGC :D

   
 
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