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Autore: Tomi Dark angel    26/01/2013    5 recensioni
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e…
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dean si mosse appena nel dormiveglia che lo costringeva in un limbo informe ma rilassante. Annusò un dolce profumo di vento e aghi di pino, odore che la sua mente attribuì a un profondo senso di libertà. Le sue dita strinsero delicatamente qualcosa di così morbido da apparire quasi inconsistente, come una nuvola soffice, ma difficile da afferrare perché troppo delicata. Per un attimo, Dean pensò di trovarsi davvero nel cielo.
Aprì lentamente un occhio nella penombra della stanza. Era ormai sera, ma nonostante le luci spente, qualcosa rischiarava la stanza. Un mare di piume argentate, lunghe e sottili lo copriva dal freddo, avvolgendolo in un morbido tepore luminoso.
Dean riconobbe quelle piume, perciò spostò lo sguardo alla ricerca del loro padrone, che trovò poco lontano da lui, con solo un’ala sfoderata dal corpo, seduto compostamente su una sedia accanto al letto, le gambe leggermente divaricate, le mani appoggiate sulle ginocchia e la schiena dritta. Castiel volgeva lo sguardo all’esterno, oltre la finestra che mostrava piccoli fiocchi di neve che scendevano lentamente dal cielo in danze ondeggianti, e i suoi occhi blu splendevano di una calma forzata dietro alla quale si intravedeva un accenno di preoccupazione e quasi paura.
-Cass?- chiamò Dean con voce impastata dal sonno. Castiel parve non udirlo. –Cass!-
Finalmente l’angelo distolse lo sguardo dalla finestra per posarlo sull’umano accoccolato sotto la sua ala.
-Che stai combinando?-
-Pensavo.-
-E devi farlo seduto lì sopra? Voi pennuti non sentite mai freddo?-
-Non molto.-
-Non molto? Allora un po’ di freddo lo senti. Se è così, sei un coglione.-
Castiel corrucciò le sopracciglia, stranito. Dean sorrise e rotolò su un fianco, dandogli le spalle. –Muoviti, ma non farci l’abitudine. Intesi, solo per questa notte, Lilly.*-
Dean rimase immobile mentre l’ala sopra di lui si muoveva, agitata dagli spostamenti del padrone. Castiel si sdraiò al suo fianco e con un fruscio manifestò anche un’altra ala, facendola scivolare sotto il corpo di Dean con tanta delicatezza che se il cacciatore non avesse avuto gli occhi aperti non se ne sarebbe accorto.
Entrambe le ali li strinsero in un bozzolo di piume caldo e soffice come un sogno. Dean rotolò nuovamente sul fianco opposto per trovarsi premuto contro il corpo di Castiel, che lo guardò interdetto quando il cacciatore gli passò un braccio intorno ai fianchi per premerselo addosso.
-Ora mi dici che cos’hai, coglione piumato?- mormorò nel suo orecchio, facendolo rabbrividire.
-Niente, Dean.- rispose Castiel, ma Dean accentuò la presa sui suoi fianchi.
-Ripetilo in modo convincente.-
-Niente, Dean.-
-Era un modo di dire, Cass. Adesso sputa il rosp… volevo dire, dimmi cosa c’è che non và o ti spiumo penna dopo penna, e ora ne hai il doppio rispetto a prima, perciò avrò il doppio del lavoro da fare.-
Castiel mosse appena le ali, lasciando che le morbide piume carezzassero la pelle di Dean con un tocco leggero come aria calda e profumata. Il cacciatore inspirò ancora quell’odore magnifico, lasciando che questo arrivasse al cervello, laddove la memoria avrebbe potuto imprimerlo per sempre.
-Non sono pronto.- mormorò Castiel, gli occhi fissi sul soffitto. –Non voglio. Essere un arcangelo comporta troppe responsabilità, troppi poteri. Queste stesse ali sembrano pesare come non avrei mai immaginato. Pesano di nuovi compiti, nuovi rischi da correre, proprio adesso che sentivo di poter cominciare ad assaporare la pace. Per qualche istante la mia mente è stata sgombra, pulita di qualsiasi problema che non fosse… la troppa felicità che provavo. Mi sentivo rinato, completamente libero di ogni catena, ma adesso questa stessa libertà contribuisce a incatenarmi nuovamente.-
Castiel socchiuse gli occhi mentre la mano che aveva appoggiato sul suo stesso petto si stringeva in un pugno convulso. Per un attimo il suo viso si contrasse di rabbia prima di tornare a rilassarsi.
-Forse è troppo chiedere la pace. Forse è per questo che non abbiamo un’anima vera e propria… perché non possiamo bearci di un paradiso personale, tranquillo. Invidio voi umani: per quante sofferenze dobbiate patire, alla fine per voi ci sarà sempre una destinazione, un luogo dove tutto finirà e sarà quieto, in un modo o nell’altro. Noi angeli invece sappiamo che non esistono traguardi o fine percorso. Noi saltiamo ostacoli, li aggiriamo, ma non possiamo mai permetterci di cadere, o spariremmo per sempre. Non c’è paradiso o inferno per un corpo senz’anima. Adesso io sono coinvolto in una nuova guerra che potrebbe uccidermi da un momento all’altro… e sono debole, Dean. Queste sono solo ali, un po’ di piume in più che comportano un grado maggiore che in realtà non avverto nella pelle… provo troppi sentimenti per poter andare avanti, non sono il soldato che dovrei essere. Non più.-
Dean guardò Castiel, ma il suo viso restava imperscrutabile, apparentemente insensibile a qualsiasi sentimento. L’angelo stava lottando per trattenere i sentimenti, ma sentiva come una voragine inarrestabile al centro del petto. Era vulnerabile, debole… stanco.
-Hai finito di compiangerti?- disse Dean all’improvviso. Castiel lo guardò, incrociando i suoi occhi di giada. Lo sguardo di Dean era risoluto e quasi arrabbiato. –Finora abbiamo avuto migliaia di problemi, Apocalisse compresa, e li abbiamo sempre affrontati. Quando ti incontrai dicesti che l’armageddon non poteva essere fermato, ma poi fosti tu stesso a ricrederti. Hai abbandonato il paradiso, hai corso il rischio di diventare umano e hai combattuto al nostro fianco per difenderci. Non so tu, ma io questo lo chiamo essere il soldato perfetto. Saper combattere non significa essere una macchina da guerra, ma un essere vivente con carne e sentimenti al loro posto che conosce il peso delle armi e le maneggia con parsimonia. Tu sei questo, Castiel. Sei perfetto nel tuo provare sentimenti e sei forte di questi sentimenti stessi. C’è bisogno che sia io a dirtelo, coglione piumato?-
Castiel strabuzzò leggermente gli occhi. Dean accostò il viso al suo, lo sguardo bruciante di rabbia e desiderio.
-E poi ci siamo noi. Ci sono io. Fattelo bastare.-
Finalmente, Dean si fiondò sulle sue labbra, e per lui fu come tornare a respirare. Con un solo movimento salì a cavalcioni del bacino di Castiel, bloccandogli contemporaneamente i polsi sul materasso ancor prima che l’angelo riuscisse a comprendere cosa stesse accadendo. La lingua di Dean schiuse prepotentemente le labbra di Castiel per giocare con la sua, intrecciandole in una danza affannata e bisognosa. Il cacciatore fece scivolare una mano sulla base di una delle ali di Castiel per accarezzarla, affondando le dita nelle piume soffici. Inaspettatamente, Castiel inarcò la schiena e gemette in modo osceno nella bocca di Dean.
Decisamente, quello doveva essere il punto debole dell’angelo. A sorpresa, Dean strinse una parte del grosso muscolo dell’ala, troppo grande per essere circondato interamente dalle dita del cacciatore.     
-Dean!- si lasciò sfuggire Castiel, aggrappandosi ai fianchi del ragazzo. La sua pelle emanò la tipica delicata luminescenza, subito imitata dalle ali mentre il secondo paio d’appendici piumate sgusciava fuori dalla pelle di Jimmy Novak. In pochi istanti il pavimento e i muri furono invasi da un mare di piume argentate che, troppo grandi per distendere le ali completamente in quello spazio ristretto, si ripiegavano contro i muri fin sopra al soffitto. A Dean parve di trovarsi in un’immensa scatola piumata.
-Siamo sensibili in certi punti, mi sembra di capire.- mormorò Dean con voce sensuale, sfregando il bacino contro quello di Castiel e facendolo gemere nuovamente. A quel punto, l’angelo gli morse la mascella e fece scorrere la lingua fino all’orecchio di Dean, giocando col lobo. Il cacciatore sbarrò gli occhi, sorpreso.
Alla faccia del verginello!
La porta si spalancò con un tonfo, lasciando entrare una bambina completamente fradicia con addosso soltanto un gigantesco accappatoio che la faceva incespicare ad ogni passo seguita da Bobby, anche lui bagnato, ma vestito e sconvolto. Aveva i capelli appiccicati al volto, alcuni bottoni della camicia totalmente strappati e le maniche che grondavano acqua.
-Bambina pestifera, torna qui!!! FERMATI, ACCIDENTI!!!- urlò il vecchio cacciatore mentre la piccola per poco non inciampava nelle ali di Castiel. Trovandosi con davanti un immenso tappeto piumato, decise scientemente di tuffarsi di pancia, ma Castiel non gradì il gelo dell’acqua tra le piume sensibili. Inspirò bruscamente una boccata d’aria e ritrasse l’ala, facendo rotolare la bambina su un fianco, fino al bordo frastagliato dell’ala, che intanto si era sollevata da terra. La piccola si trovò sospesa nel vuoto per qualche istante, ma Castiel distese l’altra ala appena in tempo e lei atterrò in un nuovo materasso piumato, battendo le mani e ridendo divertita.
-Che cazzo succede, dannazione?!- urlò Dean, non gradendo per niente la brusca interruzione. Nel mentre, Castiel aveva abbandonato il capo contro il cuscino, rilasciando un sospiro di sollievo.
Dean cercò di scendere dal letto, ma era impossibile con le ali di Castiel che occupavano l’intera stanza.
-Questa bambina è un inferno! Non te ne fai niente di Lucifero se c’è lei! Questa è l’incarnazione del male, un wendigo formato bimba, la regina dei demoni degli incroci travestita da angioletto spiumato! Ne ho viste di pesti, ma questa le batte tutte! Mi ha allagato il bagno, e che cazzo!- esclamò Bobby, gesticolando verso la bambina che ancora ridacchiava, accarezzando estasiata le piume di Castiel, che rabbrividì e si morse le labbra per trattenere un gemito vergognoso. Avvampò, e questo fu troppo per il povero Dean: non gli importava che si trattasse di un cucciolo d’uomo dal viso particolarmente dolce. Poteva anche essere la regina del paradiso e dell’inferno contemporaneamente, ma non le avrebbe permesso di toccare Castiel in quel modo.
-Va bene, adesso basta, Terminator!- esclamò, scansando con malgarbo le ali di Castiel per allungarsi e afferrare l’accappatoio della bambina, che si trovò per aria in pochi istanti, trattenuta da un Dean particolarmente furioso.
-Stammi bene a sentire, mocciosa! Questo non è un parco giochi e tu non dovresti stare qui! Appena metto le mani su quella stronza di Samantha gli do tanti di quei calci da fargli passare la crisi mestruale una volta per tutte!-
Ma Dean non aveva ancora finito di parlare che due piccole manine si erano appoggiate sulla sua mascella, sollevandogli il volto con gentilezza.
Quella fu la prima volta che Dean posò veramente gli occhi sulla piccola Mary, così dolce… così simile a Mary Winchester. La mente bastarda del cacciatore sovrappose istantaneamente l’immagine di quel viso di bambina a quello dell’ormai adulta donna che lo aveva stretto tra le braccia quando era piccolo.
-Ehi idiota, esci dal mondo delle favole e restituiscimi la strega cattiva.- lo esortò Bobby, prendendo tra le braccia la piccola Mary, che appena si trovò contro il petto del vecchio cacciatore strillò e tese le braccia verso Dean in una richiesta disperata. Bobby inarcò le sopracciglia.
-Sembra che tu abbia fatto colpo, playboy.- disse, tendendogli la bambina, che si arpionò al collo di Dean prima che questi potesse protestare.
-Ma che… no, non se ne parla!- esclamò lui, staccandosela di dosso con parecchia fatica. Mary gonfiò le guance ed assunse un’espressione corrucciata, con tanto di labbro tremulo.
-Oh, non fare così con me, signorina! Non sono un parco giochi e qui non sei a Hogwarts, perciò tornatene da dove sei venuta, e in fretta!-
Tese la bambina a Bobby, ignorando i suoi continui gemiti di protesta mentre il vecchio cacciatore la prendeva e se la portava al petto, uscendo dalla stanza e lasciandosi alle spalle una scia bagnata dovuta agli abiti zuppi d’acqua.
-Non ci posso credere, l’ha fatta restare!- esplose Dean, scendendo dal letto con qualche difficoltà dovuta alle ali di Castiel ancora leggermente spiegate. –Aspetta che…-
Si udì un grido, seguito da uno sparo e dal rumore di vetri in frantumi.
Dean e Castiel si lanciarono una fugace occhiata prima che il primo si lanciasse oltre la soglia e l’altro sparisse dalla stanza per poi riapparire in piedi nel salotto, le ali leggermente spalancate, ma abbastanza grandi da schiacciare Dean, Sam, Bobby e Mary contro il muro. Sindragon balzò fuori dal nulla, seguito da Gabriel, che apparve accanto al fratello, il corpo proteso verso Sam nel chiaro intento di proteggerlo.
Non ci fu bisogno di combattere semplicemente perché non c’era nessuno abbastanza in forze per lottare.
L’uomo che avevano davanti era in condizioni pietose: aveva i capelli biondi scompigliati e rossi di sangue, il petto squarciato da una grossa ferita, gli occhi verdi iniettati di sangue che si fissarono quasi follemente in quelli puri di Castiel.
-C… Castiel…-
-Damabiah…-**
Castiel afferrò l’angelo ferito prima che questi crollasse riverso in un mare di sangue. Lo adagiò delicatamente al suolo, tenendogli la testa per aiutarlo a respirare.
-Fratello… ci… ci hanno attaccati.- esalò l’angelo tra una convulsione e l’altra. Castiel socchiuse gli occhi in un’espressione addolorata.
-È stato Raphael?-
-Cre… credeva che… avessimo il… il calice. Qualcuno l’ha… trafugato e l… lui se ne è accorto a… adesso.-
Gabriel sbatté le palpebre, confuso. –Trafugato? Cioè, qualcuno ha fottuto il calice al fottitore?-
Ma Castiel non lo ascoltava. Afferrò il capo di Damabiah e lo costrinse a guardarlo. Occhi freddi di soldato morente e occhi azzurri di sentimenti a metà tra l’umano e l’angelico si incontrarono.
-Resta con me, fratello. Non dormire.- lo pregò Castiel, scuotendogli appena il capo. Lui tossì un grumo di sangue e grazia luminosa.
-È tardi… so… sono mor… morti tutti…- Damabiah guardò Castiel con occhi confusi nei quali già si leggeva l’impronta di vacuità che accomunava i morti. –De… deve finire così, ca… capitano? Finirà nel sa… sangue? Non… non arrenderti, almeno… almeno tu. Ti a… abbiamo seguito fin qui, e se fosse stato possibile a… avremo continuato a farlo. Prosegui tu il ca… cammino. Sei la nostra… speranza. Trova il Graal.-
-Resta sveglio, fratello! Continueremo insieme, non…-
-Stammi vicino… almeno o… ora. Fratello mio… capitano… Castiel.-
Damabiah strinse debolmente la mano di Castiel, guardandolo con occhi speranzosi, eppure tanto spaventati. La paura della morte era uguale per tutti, presente come il respiro nella vita di ogni essere vivente: anche un angelo, in punto di dipartita, avrebbe guardato all’oblio con terrore, rassegnato al dover fare i conti col nulla che lo attendeva. Damabiah aveva paura come un bambino, e come un bambino tremava, ancora disperatamente aggrappato alla vita.
Castiel si chinò sul fratello e strinse al petto il capo fragile di Damabiah mormorando qualcosa in enochiano, la voce arrochita dal dolore.
-Sii libero, fratello… la libertà esiste per ognuno di noi, se la si sa trovare.- mormorò infine Gabriel, chinando il capo.
Castiel e Damabiah chiusero gli occhi contemporaneamente, il secondo rilasciando un sospiro sfinito e tremante. La mano che stringeva quella di Castiel scivolò via, sfuggente alla stretta lieve dell’altro angelo e cadde a terra con un tonfo che sapeva di gong mortale.
Ci fu un lampo di luce che imprimeva a fuoco il dipinto nerastro di due immense ali spiegate sul pavimento e sui muri della stanza.
Damabiah spirò così, nel silenzio e nel dolore di una guerra insensata. Era stato un soldato, un angelo, una creatura che nella sua inconsapevolezza aveva vissuto e amato a modo suo un Padre che forse per pietà o per puro atto irrisorio l’aveva richiamato a sé definitivamente, spegnendo in lui la fiammella del respiro. Quelle ali spezzate dall’indissolubilità della guerra, frantumarono anche una piccola parte del cuore di Castiel che non era rimasto con loro, che non aveva lottato al loro fianco.
Mentre lui baciava Dean, i suoi fratelli morivano.
Mentre lui stringeva a sé il suo umano, gli altri angeli lo invocavano disperati poco prima di spirare.
Castiel non ebbe neanche la forza di piangere. I suoi occhi rimasero immutati, vuoti, mentre le palpebre si rialzavano per scoprire le iridi vuote d’emozioni, desolate di ogni lucentezza. Doveva andare. I suoi fratelli, o almeno ciò che ne restava, avevano bisogno di lui.
Si rialzò lentamente in piedi.
-Gabriel.- chiamò senza voltarsi. –Seppellisci quest’uomo. Per noi era soltanto un corpo, ma ha ospitato gli ultimi attimi della vita di nostro fratello.-
-Ehi, cosa hai intenzione di fare?- esclamò Dean, facendosi avanti.
Castiel non lo guardò, incapace di alzare gli occhi perché troppo pesanti di vergogna. –Dove è giusto che stia. Ho fatto un errore a venire… i sentimenti sono solo una distrazione.- Detto questo, Castiel scomparve con un frullio d’ali, lasciandosi alle spalle il silenzio e la rabbia di Dean.
-Testa di cazzo piumata, torna qui!- urlò alla stanza. –CASTIEL, MALEDIZIONE!!!-
-È inutile chiamarlo, zuccherino.- mormorò Gabriel, chinandosi per raccogliere con delicatezza il corpo che era appartenuto momentaneamente a Damabiah. Il sangue gli colò lungo gli avambracci, inzuppandogli la giacca e la camicia, ma Gabriel non ci fece caso. –Portate via la gattina trovatella, l’abbiamo già traumatizzata abbastanza.-
Gabriel uscì all’aria aperta, cercando in tutti i modi di essere forte. Aveva conosciuto con Damabiah e lo ricordava ancora come un piccolo angelo particolarmente insicuro, quasi puerile nella sua paura di non essere un buon figlio, di essere inadeguato.    
Adesso che ne è della tua insicurezza, fratello?
I piedi di Gabriel affondarono nella neve alta passo dopo passo mentre l’arcangelo si allontanava sotto lo sguardo attonito dei Winchester. Bobby aveva portato via la piccola Mary, ma ormai il danno era fatto: aveva visto la morte e non avrebbe mai dimenticato.
-Vai da lui, Sam.- mormorò Dean, guardando le spalle di Gabriel, al cui seguito trottava con una certa difficoltà Sindragon.
-No, adesso hai più bisogno tu di me…-
-Ti ho detto vai!-
Dean alzò la voce mentre incrociava lo sguardo del fratello. Sam lesse nei suoi occhi una stoica resistenza al dolore che cercava di assalirlo, ma era certo che in un modo o nell’altro Dean avrebbe ceduto a quella fragilità che aveva sempre albergato in lui, seppur racchiusa in una gabbia di freddo acciaio che ne confinava i dannosi effetti.
-Si risolverà tutto.- mormorò, voltandosi. –Ricordi quando è morto papà? Abbiamo sofferto, ma alla fine abbiamo trovato la forza di andare avanti grazie all’appoggio reciproco. Ci è voluto del tempo, ma poi le cose si sono aggiustate. Castiel ricorderà presto di essersi appena lasciato alle spalle la sua ancora di salvezza e tornerà. Tu però ricorda: anche gli angeli possiedono le loro debolezze, per quanto forti possano sembrare. Sta a te comprendere e saper andare avanti, anche perché Castiel non ci riuscirà tanto facilmente da solo.-
Ma Dean l’aveva già oltrepassato, dirigendosi verso l’Impala, le chiavi in mano e il capo chino. Sam guardò suo fratello allontanarsi e pregò Castiel, per quanto lontano fosse, di vegliare su di lui.
§§§§
Bastò uno schiocco di dita, e la pila di terra crollò a picco sul corpo dell’uomo. Nevicava ancora, ma nonostante tutto Gabriel si era rifiutato di schermarsi con le ali. Il gelo del ghiaccio sulla pelle gli faceva bene, lo faceva distrarre dal dolore che gli opprimeva il petto ma che non avrebbe mai voluto manifestare a Sam, appoggiato mollemente contro il cofano di un auto. Non si era portato un ombrello, perciò aveva i capelli bagnati appiccicati al viso o scompigliati dall’umidità, ma non staccava gli occhi da lui. Non parlava, non sorrideva. Semplicemente, pareva aspettare qualcosa; una sua reazione, uno scatto d’ira, o forse che la sua grazia esplodesse, distruggendo ogni cosa nel raggio di miglia, come successo nella lotta contro Ramiel.
-Ti prenderai un malanno, zuccherino. Torna in casa.- disse Gabriel, senza guardarlo.
-Anche tu, quindi rientriamo insieme.-
-Sto bene, ricorda che sono un arcangelo.-
-E io un cacciatore. Sei comunque nel corpo di un essere umano, e se ti dessi un’occhiata ti accorgeresti di avere le mani vicine all’ipotermia.-
Sam raggiunse Gabriel incespicando nella neve che gli inghiottiva i piedi ad ogni passo. Afferrò le mani dell’arcangelo e se le portò al ventre, infilandole nella gigantesca tasca della sua felpa invernale. Immediatamente la pelle bollente di Sam riscaldò le mani congelate di Gabriel, abbracciandole in un morbido tepore che lo fece rabbrividire e chiudere gli occhi in un’espressione finalmente rilassata.
-Va meglio?- sorrise il cacciatore, divertito dall’espressione dell’arcangelo, che annuì lentamente. Sam infilò le mani nella tasca e afferrò quelle di Gabriel in una stretta gentile, che sapeva di incitamento a farsi coraggio.
Finalmente, Gabriel incrociò lo sguardo di Sam e vi lesse tutto l’affetto che provava per lui. Quelle iridi brillanti, miste alla stretta lieve delle dita affusolate sui suoi palmi lo riportarono lentamente alla ragione, come ergendosi tra lui e la sofferenza di aver perso un fratello tanto caro.
Sam non parlò, semplicemente perché il suo silenzio valeva più di mille parole. Gli accarezzò una guancia e gli baciò delicatamente un angolo delle labbra come una madre paziente in attesa delle confessioni del figlio. Tuttavia, Gabriel non aveva nulla da confessare, perché ogni verità si leggeva chiaramente nei suoi occhi liquidi di dolore e sollievo per il piccolo miracolo umano che lo stava sfiorando come a volerlo sollevare dalle sue colpe: mai come in quel momento, i ruoli di angelo e uomo parevano invertiti.
-Qualunque difficoltà si prospetti sul tuo cammino, non aggirarla. Affrontiamola insieme, tu e io. Se ci sporcassimo le mani di sangue… non sarà poi così difficile lavarcele a vicenda, non ti pare?- mormorò Sam, e Sindragon, che fino a quel momento aveva assistito alla scena con fare muto, abbaiò. Sam rise. –Vedi? Sindragon mi sta dando ragione, perciò vedi di farlo anche tu o non avrai mai un Behemah Aqedà.-
-È una minaccia, zuccherino?-
-Mmm… sì.-
Sam appoggiò la fronte contro quella di Gabriel ed entrambi sorrisero, fradici e infreddoliti, certo, ma felici.
-Sei l’umano più strano che abbia mai visto, cherì.- ammise Gabriel con leggerezza.
-Disse l’uomo con le ali e la pelle luccicante alla Edward Cullen…-
-Cosa?! Non sono una palla da discoteca!-
Sam rise nuovamente, quando qualcosa di pesante si appoggiò sulle sue spalle e lo spinse in avanti, facendo combaciare le sue labbra con quelle di Gabriel.
Cane pestifero!Pensò il cacciatore quando vide Sindragon tornare a quattro zampe e allontanarsi al trotto nella neve alta.
Tuttavia, Gabriel non fu tanto dispiaciuto dell’inaspettato contatto. Strinse a sé il possente corpo di Sam, facendoli incastonare come due perfetti pezzi di un puzzle e insinuò la lingua nella sua bocca con la solita dolcezza che lo contraddistingueva. La reazione del cacciatore non si fece attendere: premette una mano sulla nuca dell’arcangelo e gli cinse i fianchi con un braccio, strusciando il bacino contro il suo. Si staccò dalle sue labbra bollenti per passare la lingua umida lungo l’intero collo di Gabriel, benedicendo l’avventatezza dell’arcangelo che gli aveva impedito di infilarsi una di quelle felpe che non lasciavano scoperto nemmeno un millimetro di pelle.
Gabriel gemette e inclinò il capo dalla parte opposta, facilitando la bollente esplorazione di Sam lungo il suo collo, dove il cacciatore s’interruppe solo per lasciarvi un morso possessivo che gli arrossò la pelle. Gabriel si aggrappò a lui, mordendosi a sangue le labbra. Sam leccò quell’unica goccia scarlatta scaturita dal morso di Gabriel e riprese possesso delle sue labbra, impedendogli di azzannarsi ancora.
-Queste sono mie.- mormorò in un soffio il cacciatore alla bocca schiusa dell’altro, accarezzandogli i fianchi con un tocco lascivo.
-E tutto questo è mio.- sussurrò Gabriel, facendo scivolare le mani al collo di Sam.
Si udì un tintinnio cristallino che fece sussultare il cacciatore. Con qualche difficoltà, Sam abbassò lo sguardo sul sottile collare nero rifinito in oro che aveva allacciato al collo. Al suo centro vi pendeva un piccolo campanellino dorato, fonte del rumore appena udito.
-Cos…- balbettò Sam, sfiorando il campanellino con aria stordita. Gabriel ridacchiò.
-Ricordi quando ti dissi che se non facevi attenzione sarei stato costretto a metterti il guinzaglio? Be’, visto che tu sei più gatto che cane quantomeno adesso hai il collare.-
-Non se ne parla! Non andrò in giro con un collare addosso!-
-Oh, suvvia, mon amour! Poteva andarti peggio, ero indeciso tra il collare con i diamanti e il fiocco rosso e questo qui! Non puoi lamentarti!-
Sam scrollò violentemente il capo e cominciò a tastare il collare alla disperata ricerca della fibbia. Fece scorrere le dita lungo la sottile striscia di cuoio rifinito, ma quando raggiunse la cinghia, scoprì di non riuscire a spostare la linguetta di cuoio.
-Che diavolo… pestifero di un arcangelo, liberami subito!- esclamò Sam, arrabbiato. Gabriel assunse un’aria da cucciolo bastonato.
-Ma sei così carino! Non potrei mai rovinare una così bella opera d’arte. E poi…- disse, accostando le labbra all’orecchio di Sam. –Scommetto di riuscire a fartelo piacere.-
Gabriel chinò appena il capo per addentare con delicatezza il collare di Sam e strattonarlo leggermente, facendo tintinnare il campanellino. Fece scorrere le mani congelate lungo il collo del cacciatore, che rabbrividì, e non certo per il freddo.
-G… Gabriel, non cambierò idea… toglimelo subito!- esclamò, cercando di fingersi deciso. Si costrinse a non guardare in faccia l’arcangelo, cosa che si rivelò impossibile quando questi strattonò ancora il collare, facendogli chinare appena il capo e gli occhi. Gabriel lo fissava con un accenno di sorriso e uno sguardo lascivo a dir poco indecenti.
All’improvviso si udì un leggero abbaiare. Gabriel si staccò dal collare di Sam e si voltò verso Sindragon che cercava di raggiungerli nonostante la neve che quasi gli impediva il passaggio.
-Che succede?- chiese Sam, fissando la grossa sagoma del cane nero. Gabriel corrucciò le sopracciglia.
-Io… devo andare.- sussurrò, appena Sindragon li raggiunse.
-Cosa? Aspetta un attimo, non…-
Ma il cane si era già impennato per sfiorare una spalla dell’arcangelo con una delle zampe anteriori. Gabriel lanciò un’ultima occhiata a Sam e prima che questi potesse reagire, si scrollò la zampa di Sindragon dalla spalla e scomparve, portandosi dietro un mucchio di domande rimaste congelate sulle labbra del cacciatore.
§§§§
L’inferno. Gabriel si trovava all’inferno, o almeno, così credeva. Si guardò intorno, abbracciando con lo sguardo l’immensa distesa annerita che si srotolava a vista d’occhio per miglia e miglia.
Vedeva il bianco del ghiaccio e della neve del Polo Nord ormai anneriti da crateri e bruciature.
Sentiva l’aria un tempo gelida di quel posto farsi bollente e rarefatta.
Avvertì il sapore della bile in bocca quando posò lo sguardo sui migliaia di corpi straziati riversi al suolo ai cui lati si stendevano, invisibili ma impresse a fuoco nel nero della cenere sottostante, le ali immense che un tempo erano appartenute ad angeli vivi, pulsanti di Grazia. I suoi fratelli.
Gabriel avanzò lentamente, affondando i piedi nel sangue viscoso. Era ancora fresco, tanto era il calore che aleggiava nell’aria.
-Castiel…-
Gabriel sfoderò le ali con uno scatto violento che smosse l’aria mefitica di quel luogo di morte. Un battito di piume dorate, un balzo del corpo e l’arcangelo si librò leggero, unica macchia di luce e colore in un cimitero oscuro d’anime infrante.
Gabriel varò leggermente, stupendosi di quanta difficoltà avessero i suoi polmoni ad inspirare aria. Era come trovarsi in una bolla di vetro, un luogo dove il silenzio e la staticità facevano sembrare l’ambiente irreale, come appartenente ad un incubo.
L’arcangelo fece scorrere gli occhi sulla distesa, cercando di trattenere i conati di vomito che squassavano il suo tramite umano. Per decine di miglia c’erano corpi di uomini e donne riversi in un mare di sangue, chi con il ventre squarciato, chi con la testa staccata dal collo, e così via. Alcuni avevano gli occhi spalancati sul vuoto terrore della morte che era venuta a prenderli, e a Gabriel parve addirittura che alcuni di loro lo guardassero con fare accusatorio, rabbioso:
Dov’eri mentre i nostri fratelli ci massacravano?, parevano dire quegli occhi vitrei.
Gabriel fu costretto a calare di quota. Nonostante l’immensa potenza delle sei gigantesche ali dorate, si sentiva troppo stanco per volare. Crollò a terra e cadde in ginocchio, tossendo sfinito. Quel posto lo faceva star male, soffocava la sua Grazia. Si sforzò di respirare con pochi, pesanti ansimi.
Un rumore lo distrasse, spingendolo sulla difensiva. Aprì una mano, pronto a richiamare a sé la sua spada da arcangelo per neutralizzare qualsiasi nemico, ma non ce ne fu bisogno: Castiel stava fermo a poca distanza da lui e gli dava le spalle, il capo chino sul corpo impalato di una donna che Gabriel riconobbe come il tramite di Eyael.***. Quell’angelo era stato suo sottoposto, suo fratello… suo amico. Cos’era invece, adesso? Niente. Eyael non esisteva più.
-Fratello…- mormorò Gabriel, alzandosi faticosamente in piedi. Nonostante Castiel non avesse manifestato le ali, vide alle sue spalle una cerchia di piume argentate sporche di sangue e cenere. Da quanto erano lì? Da quando CASTIEL, era lì?
Gabriel lo affiancò, privo anche della forza di parlare. Avrebbe voluto consolarlo come il fratello maggiore che era, ma si sentiva stanco, svuotato di ogni energia. Si passò una mano sul viso prima di posare lo sguardo su Castiel, i cui occhi riflettevano la stessa morte che lo attorniava.
-Dovevo essere con loro.- mormorò con voce roca, ma Gabriel scosse il capo.
-Non potevi saperlo, non hai fatto niente di male.-
-Invece sì. Avrei dovuto immaginare che Raphael e i suoi si sarebbero accorti presto dell’inganno. È colpa mia, e degli innocenti hanno pagato il prezzo della mia stupidità.-
Gabriel spiegò lentamente un’ala per poggiarla sulle spalle di Castiel in un gesto confortevole, che lo incitava a farsi coraggio. L’angelo non reagì.
-Dov’è Dio, Gabriel? Dov’è mentre i suoi figli si massacrano a vicenda? Dov’è mentre questi invocano il suo nome quando muoiono?- esalò Castiel, chiudendo gli occhi sconfitto. Si guardò le mani sporche del sangue dei suoi fratelli.
Quando era arrivato, aveva trovato Eyael ancora vivo e aveva cercato di salvarlo, ma era stato tutto inutile. L’angelo era spirato davanti ai suoi occhi, lanciandogli un ultimo sguardo spaventato identico a quello che aveva esibito Damabiah prima di spirare, e Castiel era rimasto lì, con le mani e il trench sporchi di sangue innocente, invocando l’intervento di suo Padre. Aveva sprecato la voce per ore e ore, ma nessuno gli aveva risposto. Aveva sbattuto le ali infuriato, graffiandole contro le rocce appuntite e le spade angeliche ancora infisse nei corpi dei suoi fratelli, ma niente.
-Non so dove sia, non so nemmeno se ci sia davvero, ma non possiamo disperare.- rispose Gabriel, guardando corrucciato il corpo di Eyael.
“Prosegui tu il cammino. Sei la nostra speranza”
Ricordò la preghiera di Damabiah, il suo sguardo fiducioso che si rifletteva nelle iridi disperate di Castiel, e allora capì: quegli angeli, quelle creature morte lì, combattendo per ciò in cui credevano, avevano fiducia in loro. Avevano sperimentato la paura della morte, ma non si erano tirate indietro e avevano sollevato le spade in nome dei loro fratelli, combattendo fianco a fianco fino all’ultimo respiro. La speranza le aveva condotte fin lì e li aveva sollevati in difesa del bene reciproco. Per amore dei propri fratelli, essi avevano lottato ed erano morti, ma se esisteva un dopo per loro angeli senz’anima, allora Gabriel fu certo che li attendeva un nuovo, luminoso paradiso.
Si voltò verso Castiel e gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo.
-Non te lo permetto, Castiel.- ringhiò. –Non ti permetto di scappare da ciò che sei. Tu hai guidato questi angeli in passato, e adesso insieme a me guiderai le sorti di questa guerra. Guardali!- urlò, voltandogli il capo verso la distesa di morte che li attorniava.
-Guarda cosa significa combattere per ciò in cui si crede! Loro hanno lottato fino alla fine, e lo farebbero di nuovo se ciò significasse seguire te e i loro ideali. Ti arrendi così, Castiel? Vuoi tradirli tutti quanti?-
Castiel sbarrò gli occhi, il corpo scosso dai tremiti. Pensò a Dean, ai continui sacrifici che compiva per Sam. Aveva avuto davanti a sé un esempio lampante di amore fraterno e speranza nel domani e non ci aveva fatto caso, anzi: gli aveva voltato le spalle con poche, gelide parole.
-Io… sì… hai ragione.- mormorò Castiel. –Non può finire così, non ora. Combatteremo, e lo faremo per ricordare a noi stessi che siamo liberi, che possiamo scegliere la nostra strada come hanno fatto i nostri fratelli. Io… credo di averla scelta tempo fa, quando all’inferno vidi per la prima volta il mio protetto.-
Con un fruscio, le quattro ali di Castiel scivolarono fuori dalla pelle di Jimmy Novak, stiracchiandosi all’aria aperta per metri e metri di ampiezza. Il loro luccichio, misto a quello dorato di Gabriel, rischiarò l’oscurità di quel luogo.
-Grazie, fratello.- asserì Castiel e Gabriel annuì, spiegando le ali a sua volta. L’arcangelo si inginocchiò ai piedi di Eyael per bagnarsi le dita di quel sangue versato ingiustamente, sangue innocente di qualcuno che confidava nella speranza.
Avrebbero lottato, qualunque fosse stato l’esito della battaglia, e l’avrebbero fatto perché era giusto, perché sapevano che la loro forza era tutta lì, nell’appoggio reciproco e nella speranza che li levava in volo ogni giorno. Erano fratelli, erano soldati. Eppure, al contrario dei normali soldati angelici, loro avevano qualcosa di più: provavano sentimenti.
-Credo che sia meglio ripulire questo posto.- disse Gabriel, guardandosi intorno.
Contemporaneamente, i due angeli sbatterono le ali con forza, come se volessero spiccare il volo, e la potenza generata dal movimento delle piume misto alla forza esplosiva della loro Grazia diede vita a una folata di vento profumato di fiori, incenso e speranza rinata.
La cenere fu spazzata via, lasciando il posto al candore del ghiaccio e della neve, come un uomo improvvisamente ripulito di ogni peccato.
L’aria rarefatta si dissolse per essere sostituita dal gelo e dal vento pulito che sapeva di natura e fiori di campo.
Le nuvole nere sgombrarono il cielo per lasciare il posto a un cielo limpido, nella cui volta celeste splendeva un sole che all’istante bucò con forza l’ultima resistenza di nubi nere come il carbone. I raggi piovvero dal cielo bagnando un panorama nuovo, ricostruito, dove i cadaveri venivano seppelliti nella neve, che in pochi istanti si frammentava di fiori appena nati, boccioli verde smeraldo che secondo dopo secondo spiegavano le foglie e si schiudevano come tante gemme luminose ormai padrone sul rosso macabro del sangue.
Finalmente, la vita si risvegliava e reclamava ogni supremazia sulla morte da poco scesa in quello che era stato un tetro campo di battaglia, ma che adesso si era trasformato in un’immensa distesa di neve decorata da fiori ed edera appena nata.
In mezzo a quello spettacolo, si ergevano immense due creature dall’aria bellissima e terribile. Occhi blu e occhi verde-dorato fissarono il cielo sovrastante mentre le ali immense e indistruttibili come diamanti appena lavorati, si immobilizzavano a mezz’aria, riflettendo tutto intorno uno spettro di luci cangianti, piccoli frammenti che danzavano sull’erba e sulla neve come schegge di Grazia riflessa.
-Dimmi una cosa, fratello.- mormorò una delle due creature, quella con le ali dorate. –Sei stato tu, vero? Hai trafugato il Graal quando ti sei scontrato con Raphael. Gliel’hai strappato di dosso durante l’impatto e lui non se ne è accorto perché l’hai sostituito mentre cadevate e lui perdeva i sensi.-
L’altro angelo annuì lentamente, socchiudendo gli occhi blu cobalto.
-Dov’è adesso?- chiese ancora il primo.
Una folata di vento scompigliò loro i capelli, accarezzando le piume dalla bellezza statuaria.
-Dean.- mormorò l’angelo dagli occhi blu. –L’ho dato a Dean.-
 
Precisazioni:
*Intesi, solo per questa notte, Lilly: richiamo a una scena di Lilly e il vagabondo nella quale la piccola Lilly, allora ancora cucciola, dorme per la prima volta nel letto dei padroni, che s’illudono di aver fatto una semplice eccezione. In realtà il cane dormirà nel loro letto per tutti gli anni a venire.
**Damabiah: letteralmente, il suo nome significa “Dio fonte di saggezza”. Angelo appartenente al coro degli angeli e protettore di uno degli elementi capitali presenti sulla Terra. L’acqua. Noto per la sua vivacità di spirito, si ritiene che Damabiah fosse uno degli angeli più giovani, nonché una delle ultime creazioni angeliche di Dio.
***Eyael: letteralmente, il suo nome significa “Dio delizia dei bambini e degli uomini”. Terzo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Giove.


Angolo dell’autrice:
ZAN-ZAN-ZAAAAAAAAN!!!!!!!! *Musichetta drammatica*
Ebbene sì, il calice è in mano del nostro inconsapevole Dean, che quando scoprirà la fregatura avrà tutti i diritti di spennare Cass…
Gab: aspetta, davvero?! E io che ho riempito l’intero paradiso di buche, pensavo che Raphael l’avesse seppellito lì! Adesso tutti pensano che sia passata una talpa!
Aspetta, avete le talpe in paradiso?
Gab: abbiamo i cani, secondo te non possiamo avere le talpe? I Behemah Aqedà cosa sono, secondo te? Bah, in ogni caso una talpa come animale da compagnia sarebbe una fregatura, ci si troverebbe delle gallerie anche tra le piume delle ali… ora che ci penso, Uriel aveva una talpa! No, aspetta… lui aveva un pidocchio come Behemah… ohohohoh, e poi si chiedono perché è pelato e perennemente incazzato! * rotola *
Fingerò di non aver sentito… comunque ora si spiegano molte cose… ehm, dicevamo? Ah, il capitolo, giusto.
Allora, ammetto che questo scempio di storia diventa sempre più un mattatoio di angeli, ma dovevo smuovere un po’ la situazione prima che diventasse statica e pure polverosa. Che ci volete fare, esigenze di copione.
Nel prossimo capitolo però, Dean e Castiel avranno di che litigare: che fine ha fatto Samael? Era tra i corpi della battaglia o è riuscito a fuggire? Ohohohoh, vi lascio con questo dubbio e vi chiedo gentilmente di farmi sapere cosa ne pensate, visto che ci tengo davvero molto ai vostri commenti, che ogni volta mi aiutano a scrivere. Un bacione, e spazio ai ringraziamenti dei miei angioletti più belli (e sopravvissuti al massacro XD)

Sherlocked: eheh, la piccola Mary in realtà è un angioletto solo quando le conviene, ma devo dire che secondo me anche un Dean alle prese con la bambina non è male. Io mi sono divertita un sacco! (Parla per te! Questa str… amba di bambina mi ha pisciato sulla maglietta! Nd Dean) Comunque, come puoi vedere, Cass ha ancora qualche carta da scoprire, e lo stesso vale per il nostro Gabriel e per i Winchester, che non smettono mai di stupirci. Ottimo cara, allora se Gabe non ritorna si organizza una spedizione di massacro! Prepara i forconi, io prendo le torce! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto e sarò monotona, ma non posso che continuare a ringraziarti per la voglia di scrivere che mi trasmettono i tuoi commenti bellissimi. Grazie, e a presto!
 
lady peace: oh, non è successo nulla di grave, tranquilla! Anzi, la tua bellissima recensione mi ha fatto brillare gli occhi! Sì, ammetto che le descrizioni delle ali e dei personaggi mi sono particolarmente care, anche perché non ho mai trovato un film-serie televisiva che le illustrasse come le immagino io. Accidenti, sono angeli o no? Devono avere delle ali splendide, non sono mica semplici pennuti! Io… veramente non so come ringraziarti per tutti i complimenti che mi hai fatto. Leggendo il tuo commento sono rimasta col sorriso sulle labbra! Grazie, dunque. Grazie per aver contribuito alla realizzazione di questo nuovo capitolo! A presto, spero di leggere ancora la tua splendida opinione!
xena89: oh, grazie per gli auguri! Mi sto impegnando per combattere la febbre, ma piano piano sta passando. A causa della malattia ho avuto problemi a scrivere, ma con un po’ di sacrifici ce l’ho fatta. Meritate tutti gli sforzi di questo mondo, con la gentilezza che infondete nelle recensioni che mi lasciate. Perciò torno a ringraziarti e a sperare di non averti deluso con questo nuovo capitolo! Spero di sapere presto cosa ne pensi, un bacio e un abbraccio virtuali, ma fortissimi!

Tomi Dark Angel
  
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