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Autore: Meow_    26/01/2013    6 recensioni
Alzai lo sguardo verso lo specchio. Avevo la faccia ricoperta di sangue, ma non riuscivo a capire da dove venisse.
-
Pensai di essere impazzita, di avere le allucinazioni.
-
«Queste occhiaie! E la faccia, guardami, sono color morte!»
«Stai impazzendo»
«Seriamente non vedi niente di strano?»
«No»
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Perché?







Avevo paura. Correvo più veloce che potevo per andare via da quel maledetto palazzo, che mi aveva fatto una cattiva impressione sin da subito. Lungo la strada urtavo persone, ma non mi importava, non chiedevo nemmeno scusa; l’unica cosa che mi interessava era tornare a casa il più presto possibile.
Le parole dello psicologo mi rimbombavano nella testa. Davvero ne sapesse più di quanto pensassi? E se era così, com’era possibile? O forse ero io che non mi ricordavo di avergliene parlato, perché in realtà stavo diventando matta e non mi rendevo più conto di ciò che facevo?
Non riuscivo a trovare le risposte. Forse stavo esagerando, ma non mi sembrava di aver perso il controllo della mia mente.
E poi, anche se avessi esagerato, non c’era niente che potesse giustificare quella reazione, il suo sguardo. O forse stavo immaginando anche quello?
Scossi la testa e cercai di non pensarci. Con un po’ di fortuna, in qualche giorno avrei dimenticato tutto. Non sarei mai più tornata in quel palazzo e avrei continuato la vita di sempre, senza che quelle domande assurde mi tormentassero.

Correvo ormai da tempo, e normalmente sarei già stata senza fiato, ma in quel momento non mi rendevo nemmeno conto di quanto stessi correndo. Me ne accorsi solo quando arrivai, finalmente, a casa mia, e mi fermai, facendo una fatica immensa a respirare. Cercai in fretta le chiavi dentro la borsa, ma quando le trovai mi tremavano le mani e dovetti fare numerosi tentativi prima di riuscire ad infilarle.
Perché avevo così paura? In fondo non era successo niente di così spaventoso, ma io morivo di paura. In effetti ero sempre stata una persona molto paurosa, ma mai fino a quel punto. Era più una cosa istintiva, e io non riuscivo a capirne il motivo.

Entrai a casa, facendo anche le scale di corsa, sempre per quella stupida paura che s’era impossessata di me. Suonai il campanello di casa a lungo e più volte, dimenticandomi di avere le chiavi in borsa.
Mia madre non apriva, e il panico stava iniziando ad invadermi, finché dopo due o tre minuti la porta si aprì.
Entrai velocemente e mi lasciai cadere su un divano, riprendendo finalmente un respiro normale. Mia madre mi guardò sospettosa, ma non disse niente finché io non fui tornata completamente a respirare normalmente.
«Che ti succede? Perché hai il fiatone?» mi chiese.
«Sono venuta di corsa» spiegai io, iniziando a pensare ad una scusa plausibile.
«Non potevi prendere il pullman?» continuò lei.
Scossi la testa, ma non risposi.
«Mi vuoi spiegare che succede?» chiese lei, iniziando ad innervosirsi.
Ecco uno dei motivi per i quali io e lei non andavamo d’accordo: pretendeva di sapere sempre tutto, e di avere chiara ogni situazione. Per lei non era accettabile il fatto che avessi corso perché mi andava, voleva a tutti i costi sapere il perché.
«Il dottore… Lui mi ha… Spaventata» confessai infine, certa che la risposta non sarebbe piaciuta a mia madre.
«E cos’avrebbe detto di tanto spaventoso?» chiese lei, con tono lievemente ironico.
«Ha parlato di un particolare che non gli avevo raccontato. Come gliel’ho fatto notare mi ha sbattuta fuori» risposi. Sapevo già come avrebbe reagito mia madre.
Lei mi guardò per un attimo, poi fece schioccare la lingua e riprese a fare ciò che stava facendo prima che arrivassi.
«Ma ti prego, ne ho abbastanza delle tue fesserie. Forse uno psicologo non fa al caso tuo, perché ormai sei irrecuperabile. Ho una figlia che si inventa le cose» disse in tono acido, l’ultima frase più rivolta a se stessa che a me.
L’avevo immaginato, ma quelle parole mi fecero male lo stesso. Era così difficile capire che non stavo mentendo? O forse era davvero come diceva lei?
In ogni caso, io mi sentivo abbandonata, e allo stesso tempo avevo paura per quello che mi succedeva. Non era normale, me ne accorgevo anche da sola.
Contro la mia volontà, iniziarono a scendermi delle lacrime. Appena mi sentii bagnare le guance corsi in bagno, per evitare l’ennesima sgridata di mia madre. Iniziavo ad odiarla.
Mi asciugai le lacrime, ma quando guardai le mie mani notai una cosa che mi spaventò parecchio: erano rosse. Mi guardai allo specchio e capii, per quanto la cosa fosse assurda. Piangevo lacrime rosse, ‘lacrime’ che avevano tutto l’aspetto di essere sangue. Le occhiaie erano sempre al loro posto, ormai ero sicura che non se ne sarebbero mai andate di lì.
Il terrore mi invase di nuovo. Piansi fino a non avere più ‘lacrime’ da piangere, e infine mi lavai la faccia, guardando con orrore il lavandino che diventava rosso ogni volta che mi sciacquavo.
Cosa mi stava succedendo? Perché ero l’unica a vedere quelle cose? Perché proprio io? Probabilmente non l’avrei mai saputo.
Passai tutto il resto della sera chiusa in camera, tormentandomi con quelle domande.


La mattina del giorno seguente mi sveglia, come sempre, di cattivo umore. Mi trascinai automaticamente verso il bagno, e quando alzai gli occhi assonnati verso lo specchio, notai una fantastica sorpresa: le occhiaie erano sparite. Il mio viso era perfettamente normale.
In un primo momento pensai che fosse solo un sogno, e dopo essermi accertata di essere sveglia, credeti che fosse solo uno scherzo degli occhi appannati dal sonno.
Dopo che mi lavai la faccia, con acqua che era veramente acqua, potei ammirare la fantastica normalità del mio viso.
Non mi sembrava vero, ormai mi ero rassegnata all’idea delle occhiaie. Il mio viso, che non mi era mai piaciuto, ora mi sembrava bellissimo, senza quelle orribili occhiaie.
Per la prima volta dopo tanto tempo fui contenta di dover uscire di casa. Le altre persone non si sarebbero accorte del cambiamento, ma io, per la prima volta, non avrei avuto paura di farmi vedere in pubblico. Ero davvero felice.

Arrivai a scuola, dopo che durante tutto il tragitto avevo osservato il mio normalissimo volto, e andai subito a cercare la mia migliore amica.
Era seduta su una panchina, da sola, e leggeva. Quando arrivai non dissi nulla, per vedere dopo quanto tempo mi avrebbe notata.
Dopo ben due minuti si accorse della mia presenza, mi salutò senza alzare lo sguardo, perché stava finendo di leggere una pagina.
«Hai studiato per…» iniziò a chiedere, ma si interruppe quando alzò lo sguardo, e urlò.
Mi voltai di scatto, convinta che stesse succedendo qualcosa dietro di noi, ma non c’era niente di strano.
Quando tornai a guardarla, lei mi fissava, terrorizzata.
«A-a-avevi ragione» balbettò.
«Su cosa?» chiesi, allarmata. Era davvero spaventata.
«Quando p-parlavi di o-occhiaie. L-le v-vedo anche io, adesso» rispose.
Il mondo mi crollò addosso, e non scherzo.
Finalmente erano sparite, e ora lei le vedeva? Che razza di scherzo era quello?
«Non sei per niente divertente!» sbottai, convinta che mi stesse facendo un brutto scherzo.
«S-sono seria, g-guardati» disse, e mi porse uno specchietto.
Mi guardai, e come pensavo non c’era nemmeno l’ombra di un’occhiaia.
«Non ho niente! Le ho avute questi giorni, ma oggi sono scomparse. Cosa stai dicendo? Non ho nulla!» dissi, mentre gli occhi diventavano lucidi. Mi succedeva sempre quando mi innervosivo.
A quel punto lei urlò di nuovo, e mi guardò, se possibile, ancora più spaventata.
«Che c’è?» chiesi, brusca.
Lei non rispose, ma indicò gli occhi.
Mi asciugai le lacrime con una mano, e quando la guardai vidi che le lacrime erano perfettamente trasparenti. Niente più rosso, niente sangue.
«Cos’ho che non va?» chiesi di nuovo, mentre le lacrime ritornavano.
Lei non disse niente, ma urlò. Mi sentii così sbagliata, così mostruosa. Perché quando le vedevo io, nessuno le vedeva, e quando le vedevano gli altri, io ero l’unica a non vederle?
Iniziai a farmi prendere dal panico, realizzando che se le vedeva lei, le vedevano tutti. In pochi minuti la gente si era moltiplicata, e notai che un gruppetto di ragazzi si avvicinava alla nostra panchina, attirato dalle urla della mia amica.
Dovevo scappare, nessuno doveva vedermi in quelle condizioni, nessuno. Mi fermai a pensare un attimo a che cosa fare, ma ormai era troppo tardi. Il gruppo di ragazzi ci aveva raggiunte, e stavano urlando. Le lacrime mi scendevano sempre più copiose, e dunque ormai la mia faccia doveva essere ricoperta di sangue.
Cosa c’era di sbagliato in me?
Tutte le persone intorno a noi urlavano, e io mi sentivo girare la testa, incapace di fare qualcosa. La gente era sempre più numerosa, quando all’improvviso tutto divenne silenzioso.
Potevo ancora vedere le loro facce piene di terrore, le loro bocche spalancate dalle urla, ma io non sentivo più nulla. Il mondo sembrava essersi spento, e io sentivo l’equilibrio mancare sempre di più, finché mi ritrovai a terra e persi conoscenza. 





Ciao a tutti. Non aggiornavo da tipo... Troppo tempo, e mi dispiace. Purtroppo l'ispirazione era venuta a mancare, e piuttosto che scrivere un capitolo orrendo ho preferito aspettare. 
Ringrazio chi è stato così paziente da aspettare tutto questo tempo. So che dopo un'attesa del genere probabilmente v'immaginavate chissà quale meraviglia di capitolo, ma questo è tutto. Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno.
Ringrazio come sempre chi ha letto e recensito lo scorso capitolo, chi ha la storia tra seguite, preferite e ricordate.
Non mettetevi scrupoli e ditemi cosa ne pensate di questo capitolo.
Ora vi saluto, e spero che il prossimo non arrivi dopo mesi. 
Grazie ancora a tutti, un bacio e a presto.


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